Si alza il velo sulla nuova creatura marchiata Generali-Natixis, rivelando alcuni dettagli inediti rispetto a all’impalcatura anticipata. All’alba di ieri è arrivato un corposo comunicato per raccontare al mercato l’operazione. L’intesa – non vincolante – prevede la nascita di una nuova società con una governance paritetica: per i primi 5 anni il ceo di Bpce (la capogruppo di Natixis), Nicolas Namias, sarà il presidente; il ceo delle Generali, Philippe Donnet (in foto), sarà vicepresidente. Mentre le redini saranno affidate a Woody Bradford, attuale ceo di Generali Investments Holding e Philippe Setbon, oggi ceo di Natixis IM, sarà il suo vice. Il cda sarà di 13 persone: 5 di Generali, 5 di Bpce e 3 indipendenti. Il mandato di Bradford potrà essere rinnovato per altri 5 anni, mentre negli ultimi cinque anni dell’intesa (che ha un orizzonte di 15 anni) ancora non si sa cosa succederà. «In dieci anni, verosimilmente ci metteremo d’accordo con Bpce per la nomina del prossimo ceo», ha spiegato in conferenza stampa Donnet, «Woody avrà il tempo di preparare un successore interno». I due soci avranno poteri di veto su alcune questioni strategiche come aumenti di capitale, fusioni e acquisizioni. L’azienda partirà a inizio 2026, dopo il vaglio delle autorità e del governo italiano per quanto riguarda il golden power.
Nessuna traccia, però, di una exit strategy: «Non si può parlare del divorzio nel giorno del matrimonio, non è bello», dribbla la domanda Donnet. E non c’è molta voglia di scendere nel dettaglio riguardo ai rilievi del collegio sindacale, che aveva evidenziato i tempi stretti di approvazione di un’operazione così importante: «La netta maggioranza del cda ha espresso grande soddisfazione per l’operazione e per aver fornito loro, per tempo, informazioni di qualità». Nessun commento sulla missiva che i soci Caltagirone (con il 6,6%) e Delfin (9,9%) – entrambi contrari – avrebbero recapitato a ciascun consigliere circa la possibilità di un’azione di responsabilità.
La nuova società avrà sede in Olanda, ad Amsterdam, una scelta destinata a fare discutere che il numero uno del Leone spiega come un compromesso tra Milano e Parigi, oltre all’innegabile convenienza «per la gestione di una holding». Svelati anche i fondamentali economici: le masse gestite saranno di 1.900 miliardi (circa 1.300 di Natixis e 630 da Generali). Su questo punto, però, Generali nel tempo continuerà a fare affluire nuova raccolta per 15 miliardi (quindi più dei 7 miliardi trapelati) in 5 anni al fine di avviamento e accelerazione alle società che faranno parte della nuova piattaforma. «Non sono soldi che paghiamo a terzi, ma risorse che investiamo nelle nostre società», afferma Donnet. I ricavi totali stimati della nuova realtà – che diverrebbe tra i primi asset manager in Europa – saranno di 4,1 miliardi con 700 milioni di utile. Ai fini di aggiustamento di prezzo per l’operazione, per il 2026 e 2027 Bpce avrà un dividendo preferenziale di 125 milioni, mentre a Generali andrà il rimborso del prestito da 230 milioni per acquisire l’americana Mgg. Le società stimano energie – a dire il vero non molto elevate – che inizialmente saranno di 210 milioni, conseguenza anche della decisione di mantenere separata la proprietà degli asset. Un assetto che suscita l’interrogativo se le cose rimarranno così anche in futuro. Donnet però respinge con sdegno i timori circa la perdita di sovranità sul risparmio italiano in capo a Generali: «È una bufala che i risparmi degli italiani andranno in Francia, rimarranno di Generali».
Rassicurazioni, infine, anche per quanto riguarda l’acquisto di titoli di Stato italiani: «Continuerà a essere regolamentato dal cda delle Generali, che si riunisce in Italia ed è fatto da cittadini italiani. Aggiungo che questa alleanza ci darà accesso al mercato americano, il più grande al mondo, ed è un’opportunità unica per attrarre investimenti anche sui Btp».