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Referendum 2025, si vota in primavera. Le possibili date e i quesiti

La Consulta, il 20 gennaio, ha bocciato il referendum abrogativo sull’Autonomia differenziata delle Regioni, ma ha promosso i quattro sul lavoro e quello sulla cittadinanza per gli extracomunitari. I referendum 2025 si terranno in primavera, con la data che ancora deve essere scelta dal governo. Per legge, comunque, il voto deve svolgersi in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno 2025. 

No ad accorpamento con le amministrative

Quello che, al momento, è certo è che non ci sarà l’accorpamento dei referendum con le elezioni amministrative: le urne per le comunali si sarebbero dovute aprire in autunno visto che nel 2020 si è votato a settembre, a causa della pandemia da Covid-19, ma il Viminale ha deciso di far slittare il tutto al 2026 per permettere un riallineamento con il classico calendario.

Il referendum sulla cittadinanza

Il referendum sulla cittadinanza punta al dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la presentazione della domanda di concessione della cittadinanza da parte dei maggiorenni. Tra i promotori c’è +Europa. I proponenti vorrebbero quindi ridurre il periodo di residenza legale continuativa necessario per richiedere la cittadinanza, abbassandolo da 10 a 5 anni. In molti Paesi europei, come Francia e Germania, il periodo di residenza necessario per ottenere la cittadinanza è già ora di 5 anni. “Il riconoscimento della cittadinanza, nel rispetto dei valori della Costituzione, non viziato da tempi di permanenza nel nostro Paese inutilmente lunghi e da meccanismi penalizzanti, renderebbe più facilmente partecipi gli immigrati di una sfida sul futuro dell’Italia che è di tutti”, sostiene il deputato di +Europa Benedetto Della Vedova. 

I referendum sul lavoro

Via libera anche ai quattro quesiti sul lavoro proposti dalla Cgil. Si chiede, come prima cosa, l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti del Jobs act. Nello specifico, si vogliono cancellare le norme sui licenziamenti che consentono alle imprese di non reintegrare una lavoratrice o un lavoratore licenziato in modo illegittimo nel caso in cui sia stato assunto dopo il 2015. Il secondo quesito è invece sulla cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese. Si punta ad alzare le tutele per chi lavora in aziende con meno di 15 dipendenti, eliminando il limite massimo di sei mensilità all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato. Il terzo quesito punta all’eliminazione di alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine. Mentre il quarto riguarda l’esclusione della responsabilità solidale di committente, appaltante e subappaltante negli infortuni sul lavoro. Si vogliono tagliare le norme che impediscono, in caso di infortunio sul lavoro negli appalti, di estendere la responsabilità all’impresa appaltante.

Stop a referendum per l’Autonomia

Il quesito sull’Autonomia differenziata, che è stato dichiarato inammissibile dalla Consulta, mirava invece ad abrogare interamente la legge Calderoli, ma per questo i giudici della Consulta hanno rilevato che “l’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari. Ciò pregiudica la possibilità di una scelta consapevole da parte dell’elettore”, quindi “il referendum verrebbe ad avere una portata che ne altera la

funzione, risolvendosi in una scelta sull’autonomia differenziata, come tale, e in definitiva sull’art. 116, terzo comma, della Costituzione”: ciò “non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo eventualmente di una revisione costituzionale”. 


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Landini: “Ora sì ai 5 referendum”

Per i quattro quesiti referendari sui temi del lavoro, promossi dalla Cgil, e quello sulla cittadinanza “si aprirà una grande stagione di partecipazione che metterà al centro le persone e le loro libertà sul lavoro e nella vita”, ha detto il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, dopo la decisione della Consulta, spiegando che “inviteremo a votare cinque sì”. 

Il tema del quorum

Sulla validità dei referendum, comunque, incombe il quorum. Per la validità della consultazione referendaria popolare, infatti, è necessario che si rechino alle urne metà degli aventi diritto al voto più uno. Ciò significa che dovrebbero andare a votare più di 25,5 milioni di persone, cioè appunto più della metà dei 50,86 milioni di aventi diritto.

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