Tempi agitati nel mondo del credito, con l’Italia divenuta epicentro di un risiko bancario che travalica i confini nazionali e innesca scosse telluriche fino in Francia e in Germania. La protagonista assoluta è Unicredit, seconda banca italiana, che ha lanciato un’offensiva in terra tedesca portandosi la scorsa settimana al 28% di Commerzbank dopo essersi lanciata in un’offerta pubblica di scambio sul Banco Bpm alla fine di novembre. Il Financial Times ha intervistato sull’attuale momento delle banche europee Carlo Messina, ceo del primo istituto italiano e di uno dei principali a livello continentale, interpellandolo sulla possibilità di un intevento sulle operazioni bancarie in atto da parte dei governi di Berlino e di Roma.
«Sono gli azionisti, coloro che investono nelle aziende, a determinare il loro futuro», ha detto al riguardo Messina. «I governi non possono scegliere in base al loro gradimento, dovrebbero intervenire solo nei casi in cui è in gioco la stabilità finanziaria», sottolinea l’amministratore delegato di Intesa. «È chiaro che oggi siamo in una fase in cui il consenso politico è costruito sulla difesa dei propri confini nazionali in alcuni settori, ma Unicredit possiede già una grande banca tedesca (Hvb, ndr)». Quanto all’Italia, il banchiere ritiene che a prescindere da come andrà a finire l’Ops su Bpm «emergerà comunque un terzo big player, poiché il mercato lo cercherà». Un evento non osteggiato da Intesa Sanpaolo, che tra l’altro è l’unica grande banca italiana ad aver realizzato con successo un’acquisizione importante come quella di Ubi Banca, avvenuta nel 2020. «Consideriamo positivamente un maggiore consolidamento e una maggiore concorrenza nel settore bancario italiano poichè ciò è fondamentale per garantire solidi investimenti nella sicurezza informatica e nella tecnologia, che contribuiscono alla forza dell’economia italiana».
Sta di fatto che, almeno per quanto riguarda Unicredit, l’istituto guidato da Andrea Orcel ha di fronte a sé molti ostacoli per riuscire a centrare i suoi due obiettivi o, comunque, almeno uno dei due. Non è un buon segnale che il governo tedesco abbia parlato di azione «scoordinata e ostile» da parte dell’istituto italiano, che ha dapprima rastrellato a luci spente un ulteriore 4,5% sul mercato dopo aver preso il 4,5% messo sul mercato dal governo federale e poi, attraverso derivati in attesa dell’ok della Banca centrale europea a salire fino al 29,9%, ha piazzato altre due zampate non autorizzate fino all’attuale 28%. Mentre in Italia ha creato dibattito l’intervento a gamba tesa sul tentativo di terzo polo bancario tra Bpm-Mps, che avrebbe portato in dote anche Anima (l’asset manager sotto Opa da parte dell’istituto guidato da Giuseppe Castagna).
Messina, allora, fa notare il metodo differente da lui seguito ai tempi dell’operazione Ubi: quell’operazione è avvenuta «rispettando le posizioni delle diverse autorità e ricevendo il pieno consenso del mercato», ha detto, quasi a dare un consiglio al collega Orcel, che in passato ha invitato a casa sua a mangiare un piatto di spaghetti cacio e pepe. Un metodo che ha premiato, visto che negli gli ultimi dieci anni, sotto la guida di Messina, la capitalizzazione di Intesa è più che raddoppiata, avvicinandosi ai 70 miliardi.