Un calo dell’8,15% delle azioni di Mediobanca in Borsa in assenza di un «venerdì nero» o di una pandemia, non aveva precedenti. Fino a ieri. Quando, dopo la diffusione dei conti trimestrali, il mercato ha travolto il titolo sotto una valanga di vendite. A pesare è stata la revisione al ribasso della guidance sul margine di interesse per l’intero esercizio 2024-2025, ora atteso sullo stesso livello dello scorso anno contro una stima precedente per una crescita tra l’1% e il 3%. Il punto sono stati dunque i ricavi: sia il margine di interesse, sia le commissioni sono state inferiori al consensus, che stimava rispettivamente 495 e 243 milioni. Il margine di intermediazione si è attestato a 864,6 milioni (+0,1%), con margine di interesse a quota 485 (-2,2%) e commissioni a 231,2 milioni (+28,6%).
La banca ha spiegato che la «temporanea» riduzione del margine di interesse è legata ad «azioni mirate a favorire la crescita ricorrente futura» e agli «spread ai minimi storici nel segmento corporate e nei mutui». Ma non è bastato a frenare le vendite, favorite anche dalle prese di beneficio dopo l’ottima performance del titolo nel 2024, partito da 11,2 euro e arrivato a superare i 16 euro il 18 ottobre scorso. Ieri le azioni hanno chiuso a quota 14,36 euro.
Tornando ai numeri della trimestrale al 30 settembre, Piazzetta Cuccia ha registrato un utile netto di 330 milioni, in calo del 6,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ma superiore ai 319 milioni previsti dal consensus degli analisti. Un calo che deriva in buona sostanza dal minor contributo di Generali (di cui Mediobanca controlla il 13,1%) secondo il metodo del patrimonio netto, calato a 105,4 milioni contro 138,4 milioni, «in parte assorbito dai maggiori apporti degli altri investimenti della divisione» Insurance. Per le altre divisioni, il Wealth management ha chiuso il trimestre con un utile di 53 milioni (+6,4%), il Cib con 56,9 milioni (+19%), il Credito al consumo con l’utile netto record di 101,9 milioni (+5,5%). Quanto alla solidità patrimoniale, il coefficiente Cet 1 è migliorato al 15,4% con la generazione di 70 punti base di capitale nel trimestre. Risultati che sia dal lato commerciale, sia da quello industriale hanno soddisfatto l’Ad Alberto Nagel (in foto), per «la crescita di tutte le divisioni, consolidando le principali iniziative del piano 23-26». Mentre sul margine d’interesse Nagel non si è detto preoccupato, nell’attesa della «ripresa degli spread creditizi».
Infine il tema del futuro assetto di Generali, che in primavera dovrà rinnovare il cda. Ebbene Mediobanca non si sta «attrezzando» per la presentazione di una lista di candidati: «Abbiamo ancora da capire – ha detto Nagel – come si andrà a definire il quadro di regole che riguardano l’elezione del cda e poi quelle che saranno le intenzioni del cda di Generali». La partita entrerà nel vivo nel 2025, con Francesco Gaetano Caltagirone (terzo socio con il 6,9%) che dovrà decidere se tornare all’attacco dopo la sconfitta della lista presentata nel 2022 e con il gruppo Del Vecchio (secondo azionista con il 9,9%) che dovrà decidere che strada seguire. Anche sapendo che difficilmente sarà dalla loro parte il gruppo Benetton (4,8% del capitale).
Sia Caltagirone sia gli eredi Del Vecchio hanno disertato l’assemblea di Mediobanca di fine ottobre (dove sono entrambi soci rispettivamente al 7,6 e 19,8%), mandando l’ennesimo segnale di freddezza e distanza. Ma per prevedere i prossimi sviluppi è ancora troppo presto.