La ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità: “Siamo andati al cuore del problema, cioè che a uccidere le donne sono gli uomini e sono gli uomini perché c’è un rapporto malato, l’idea di un’oggettivazione, di una mancanza totale di rispetto per la libertà della donna”. Sulla disparità salariale: “Paghiamo la maternità, è quella che viene chiamata la maternity penalty”
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“Il femminicidio come reato autonomo è una cosa molto importante, diverso dall’omicidio”. A dirlo è la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità Eugenia Roccella che – ospite a Sky TG24 nella giornata dell’8 marzo – ha ricordato come “gli omicidi di donne nella violenza domestica, in generale nei rapporti, dopo un rapporto che si spezza o anche semplicemente per disaccordi familiari, sono sempre uomini che uccidono le donne con una frequenza che non siamo riusciti ancora a fermare nonostante ci sia stato subito un primo intervento legislativo appena insediati come governo”.
“Un uomo può lasciare, una donna no”
“Veniamo da una serie di leggi contro la violenza che si sono susseguite nel tempo, la legge anti-stalking, il Codice Rosso, questa volta siamo andati al cuore del problema, cioè che a uccidere le donne sono gli uomini e sono gli uomini perché c’è un rapporto malato – ha spiegato Roccella – Un’idea del rapporto che affonda le radici nella storia e che vuol dire che gli uomini possiedono ancora le donne, l’idea di un’oggettivazione, di un possesso, di una mancanza totale di rispetto per la libertà della donna. Un uomo può lasciare, una donna no, è una traditrice che deve essere punita”. “Anche le ragazze a volte purtroppo confondono il controllo, il possesso, la gelosia, con un atto d’amore e invece non lo è, invece sono a volte segnali estremamente preoccupanti”, aggiunge la ministra. “Non parliamo poi della violenza economica, anche quella è un indice molto significativo di violenza che può sfociare poi in violenze più gravi”.
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“Un atto legislativo forte serve a cambiare la cultura del Paese”
“Introducendo il reato di femminicidio abbiamo fatto anche un’operazione culturale importante”, dice poi Roccella rispondendo a una domanda relativa alle opposizioni secondo cui la deterrenza non alberga nell’aumentare le fattispecie di reato. “Quando sono state eliminate le attenuanti per il delitto d’onore si pensava che, soprattutto in alcune zone del Paese, sarebbe rimasta l’abitudine perché era radicata nella cultura. Non è stato così – prosegue la ministra – Una riforma, un atto legislativo forte serve anche a cambiare la cultura del Paese. Noi con l’istituzione del reato autonomo di femminicidio diciamo che deve cambiare nel profondo la relazione fra uomo e donna, diamo una spinta verso questo cambiamento. Non è la stessa cosa l’uccisione di un uomo o di una donna perché quella della donna è accompagnata dal senso di possesso, dal diniego per la libertà, dal rifiuto della libertà femminile: è questo che viene punito, la discriminazione, l’odio nei confronti delle donne”.
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“Sul lavoro le donne pagano la maternità”
Interpellata poi sulle differenze salariali fra donne e uomini, Roccella osserva: “Sono prodotte molto dalla maternità, quando una donna sceglie di avere un figlio molto spesso – addirittura una su cinque – lascia il lavoro. Il problema è non soltanto dare aiuti, ma anche avere intorno un clima amichevole nei confronti della maternità, in particolare nelle aziende. Paghiamo la maternità, è quella che viene chiamata la maternity penalty, cioè la penalizzazione della maternità, su questo stiamo molto intervenendo e ci sono segnali incoraggianti, per esempio la certificazione di genere per le aziende che rispettano una serie di requisiti anche sul piano della genitorialità era un obiettivo Pnrr e dovevamo certificare 800 aziende entro il 2026: ne abbiamo certificate quasi 7mila entro quest’anno”.
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“Va riaffermato il valore sociale della maternità”
Roccella sottolinea poi che “la denatalità in qualche modo accompagna lo sviluppo, dobbiamo fare in modo che lo sviluppo tecnologico, dei diritti ed economico sia accompagnato da riforme e cambiamenti che creino un clima amichevole nei confronti della genitorialità e in particolare della maternità. Ovvero che essere madre non comporti una differenza troppo pesante anche di stili di vita, non soltanto di conciliazione fra vita e lavoro ma proprio anche che essere madre sia una questione anche socialmente considerata, prestigiosa, che non sia una scelta solo individuale”. “Il valore sociale della maternità deve essere riaffermato – sottolinea la ministra – Un tempo c’era ma con la retorica della maternità, non abbiamo amato affatto il ‘viva le mamme’ dell’800 ma dobbiamo trovare una nuova centralità della genitorialità”.
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