La Tim post scorporo della rete si avvicina alla fine del tunnel. Dopo anni di perdite ingenti, infatti, il gruppo guidato da Pietro Labriola comincia a vedere la luce e nel 2024 non solo ha ridotto drasticamente il rosso di bilancio a 364 milioni (-67%), ma dal secondo semestre dell’anno, vale a dire il primo dopo l’effettivo scorporo della rete che è avvenuto il primo di luglio, ha riassaporato l’utile per 139 milioni. Quest’ultimo dato fa ben sperare in vista di quest’anno, dove il management conta di tornare a far girare cassa e agganciare il pareggio di bilancio se non un profitto netto. Il consiglio d’amministrazione, che si è riunito ieri per approvare i conti sotto la presidenza di Alberta Figari, ha confermato i risultati preliminari e approvato il bilancio consolidato con «il miglioramento del business, post cessione di NetCo, che ha portato un significativo aumento della marginalità operativa e un ritorno all’utile consolidato nel secondo semestre dell’esercizio». I ricavi di gruppo sono arrivati a 14,5 miliardi (+3,1%), il margine operativo lordo (Ebitda) al netto dei contratti di locazione di 3,7 miliardi (+10,1%) e il debito after lease a 7,2 miliardi (sceso di oltre 13 miliardi grazie all’incasso dei proventi della vendita della rete fissa al consorzio guidato dal fondo americano Kkr).
Ieri il titolo ha guadagnato circa l’1% a 0,258 euro per azione, in leggera ripresa dopo diversi giorni di turbolenza. Il tramonto dell’ipotesi di Opa, infatti, ha fatto diminuire l’appeal speculativo del titolo, oltre al fatto che il risveglio bellicista di Vivendi ha gettato nuovi segnali di incertezza sui prossimi passaggi societari. Poste, che ha rilevato il 9,8% che era di Cassa depositi e prestiti, ha già iniziato a dialogare con il primo socio francese il cui assenso è fondamentale su questioni come la remunerazione dei soci, l’accorpamento delle azioni e anche la conversione delle azioni risparmio. Ma anche la stessa approvazione del bilancio.
Lo slittamento al 24 giugno dell’assemblea dei soci è funzionale a riagganciare il dialogo tra tutti i soci. Non è pensabile, del resto, che si arrivi a un nuovo stallo dopo che l’azienda si sta riprendendo. Vivendi, pur essendo aperta a valutare le proposte della società guidata da Matteo Del Fante, rimane in prima battuta interessata a vendere la propria quota. Anche se la cosa potrebbe richiedere tempi non brevi, sebbene la coppia Cvc e Iliad non abbia del tutto abbandonato l’idea di arrivare in prospettiva a rientrare in partita. La notizia, però, è che ora i soci transalpini – che hanno depositato il ricorso alla sentenza di primo grado sulle modalità di vendita della rete – sono disposti anche a valutare di rimanere nell’azionariato. La cosa però non potrebbe prescindere da un ripensamento dell’attuale board, che quanto meno dovrà aprirsi all’ingresso di un rappresentante di Poste la quale ha intenzione di diventare sempre più rilevante nelle decisioni societarie.
Proprio Poste non avrebbe un sentimento di chiusura all’idea di un rinnovamento anche profondo del board, che potrebbe riguardare anche i vertici dell’azienda. Questo, infatti, sarebbe il prezzo dei francesi per appianare le tensioni.