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PA: via libera al nuovo contratto ministeri, aumenti da 165 euro al mese

È stato firmato all’Aran, dopo il via libera della Corte dei Conti, il rinnovo del contratto delle Funzioni centrali (ministeri e agenzie governative), un accordo che interessa circa 195.000 lavoratori del comparto pubblico, tra ministeri, agenzie fiscali e enti pubblici non economici. L’intesa, valida per il triennio 2022-2024, prevede un aumento medio di 165 euro al mese a regime e introduce novità come la sperimentazione della settimana lavorativa corta e l’estensione dello smart working. Tuttavia, la firma ha diviso il mondo sindacale.

Le novità del contratto

L’Aran ha sottolineato che l’accordo, firmato da Fp-Cisl, Confsal Unsa, Flp e Confintesa Fp (che rappresentano il 54,6% dei lavoratori), comporta un incremento del 6% delle retribuzioni, con gli aumenti che saranno erogati in busta paga tra febbraio e marzo 2024. Tra le misure previste ci sono:

La sperimentazione della settimana corta, con l’articolazione di 36 ore settimanali su quattro giorni, su base volontaria. L’estensione dello smart working, che consentirà di lavorare da remoto per un numero di ore maggiore rispetto a quelle in presenza. Un maggiore supporto ai lavoratori con particolari esigenze familiari o di salute, inclusa l’erogazione del buono pasto anche durante le giornate di lavoro da remoto. L’introduzione di una clausola di “age management” per valorizzare le diverse generazioni presenti nelle amministrazioni. Un sistema di incentivi per il personale con incarichi di posizione organizzativa per almeno otto anni e l’ampliamento dei permessi per visite mediche per i lavoratori over 60.

Zangrillo: “Un passo avanti”

Il ministro per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, ha espresso soddisfazione per la firma, definendola “un importante passo avanti nel percorso di miglioramento della Pa”. “Il nuovo contratto – ha dichiarato – oltre a migliorare le condizioni economiche, risponde alle esigenze di una pubblica amministrazione sempre più orientata all’innovazione, alla flessibilità e al benessere lavorativo. Gli aumenti previsti, pari a 165 euro medi mensili per tredici mensilità, includono anche circa mille euro di arretrati fino a dicembre 2024”.

Zangrillo ha poi ribadito l’impegno del governo per il settore pubblico: “Convocherò a breve il tavolo con i sindacati per dare seguito a quanto previsto nel contratto. Mi auguro che anche le sigle non firmatarie decidano di condividere un percorso che ci conduca al rinnovo 2025-2027”.

Cisl: “Risposte concrete ai lavoratori”

Anche il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, ha espresso soddisfazione per l’accordo: “La sottoscrizione definitiva del Ccnl 2022/2024 delle Funzioni Centrali è motivo di grande soddisfazione perché ai quasi 200.000 lavoratori del settore vengono finalmente date le risposte attese in termini di miglioramenti economici e normativi”.

Sbarra ha inoltre sottolineato l’importanza di guardare avanti: “È tempo di avviare rapidamente il negoziato per il rinnovo del Ccnl 2025/2027, per il quale le risorse sono già allocate in legge di Bilancio. Una situazione mai avvenuta prima che dimostra un impegno concreto per i lavoratori del settore pubblico”.

Le critiche di Cgil, Uil e Usb

Non tutti, però, condividono l’entusiasmo. Le federazioni dei pubblici impiegati di Cgil, Uil e Usb non hanno firmato l’accordo, definendolo insufficiente rispetto all’inflazione. In una nota congiunta hanno affermato: “Per la prima volta, gli aumenti stipendiali non recuperano il maggiore peso dell’inflazione registrato nel triennio di riferimento”.

Secondo le sigle contrarie, l’incremento contrattuale copre solo il 5,78% dell’inflazione, lasciando i lavoratori con una perdita netta: “Dal 2021 ad oggi, un funzionario perde in media 146,51 euro al mese, un assistente 120,65 euro, e un operatore 114,62 euro”.

Critiche sono state mosse anche alla sperimentazione della settimana corta, che, senza una riduzione dell’orario di lavoro complessivo, viene definita una “settimana densa”. “Costituirà un ulteriore elemento di discriminazione, in particolare per le donne, sulle quali grava la maggior parte del lavoro di cura”.

Un contesto sindacale diviso

Il rinnovo del contratto delle Funzioni centrali arriva in un momento in cui una parte del mondo sindacale, in particolare la Cgil, la Uil e i sindacati di base, continua a protestare contro i ritardi nei rinnovi contrattuali per altri settori come sanità, enti locali e scuola. Questi settori, infatti, restano senza un contratto aggiornato anche a causa dello stallo nelle trattative determinato, in passato, dalle posizioni più rigide delle medesime sigle sindacali, che hanno di fatto bloccato i negoziati.

Il rinnovo rappresenta l’unica eccezione in un panorama contrattuale complesso e frammentato. L’accordo per le Funzioni centrali, infatti, potrebbe fungere da modello per gli altri comparti della Pubblica amministrazione, ma la situazione resta critica. La mancata intesa nel settore sanitario e le difficoltà nei comparti della scuola, enti locali e ricerca mettono a rischio il rinnovo dei contratti di oltre 2,3 milioni di dipendenti pubblici.

La spaccatura tra i sindacati, acuita dalla stagione elettorale per il rinnovo delle Rsu prevista per metà aprile, complica ulteriormente il quadro. Per il comparto sanità, ad esempio, i negoziati sembrano bloccati a tempo indeterminato, con oltre 581.000 lavoratori in attesa. Situazione simile per gli enti locali e la scuola, dove la minoranza sindacale, pur forte, detiene un potere di veto che rallenta ogni progresso. In pratica, sono bloccati 5,1 miliardi di aumenti contrattuali.

Eppure, la legge di Bilancio 2025 offre una nota di speranza, avendo stanziato in anticipo 11,6 miliardi per i prossimi due rinnovi contrattuali fino al 2030.

Tuttavia, come osserva una dichiarazione congiunta dell’Aran e dei sindacati firmatari del contratto delle Funzioni centrali, la priorità resta accelerare i controlli per avviare le trattative per il triennio 2025-2027.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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