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Orcel e Vincenzi sentiti in Procura a Milano. I pm indagano sulla cessione delle quote Mps


Vanno avanti le indagini sul risiko bancario da parte della Procura di Milano. Secondo quanto emerge, ci sarebbe già una serie di testimonianze, tra cui quelle di Andrea Orcel, numero uno di Unicredit, e di Stefano Vincenzi, group legal e general counsel di Mediobanca, agli atti della indagine della Procura di Milano che vuole fare luce sul collocamento dello scorso novembre, da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze, del 15% di Mps, l’istituto di credito senese salvato grazie all’intervento pubblico.

L’operazione, del valore di un miliardo e 100 milioni di euro, è avvenuta attraverso una procedura di Accelerated book building (Abb). A coordinare e gestire il collocamento della quota è stata Banca Akros, banca d’affari controllata da Banco Bpm, che nell’ambito dell’operazione ha acquisito un 5% di Mps, seguita dal 3,5% finito alla Delfin della famiglia Del Vecchio e un altro 3,5% al gruppo Caltagirone. Mentre un ulteriore 3% è stato rilevato da Anima, gruppo dei fondi poi acquisito da Bpm.

Le audizioni si sono concentrate sui meccanismi dell’Abb, le dinamiche in generale, con i dettagli dell’operazione di sette mesi fa e le sue ripercussioni. Secondo l’Ansa, uno dei primi manager ad essere auditi a inizio primavera è stato Orcel, impegnato in un braccio di ferro con il governo sulla scalata a Bpm. L’ad di Unicredit, come emerso da ricostruzioni del Financial Times, ha espresso critiche per gli ostacoli in alcune operazioni di fusioni bancarie, che sarebbero state inserite anche in un esposto a Consob. Esposto nel quale sarebbe stato dedicato un passaggio anche all’Abb di novembre evidenziando proprio il ruolo di Akros e che gli acquirenti Bpm e Anima fanno parte dello stesso gruppo. Di recente, invece, i pm Giovanni Polizzi e Luca Gaglio – che con l’aggiunto Roberto Pellicano e il procuratore Marcello Viola coordinano l’inchiesta delegata al Nucleo Speciale di Polizia valutaria della Gdf – hanno sentito Vincenzi. È lui che, per conto di Mediobanca, tra la fine di febbraio e gli inizi di marzo ha firmato una querela per diffamazione nei confronti di di Osvaldo De Paolini, vicedirettore del Giornale, da cui poi è generato il fascicolo in cui ci sarebbero già alcuni indagati.

Intanto, nella giornata di ieri il numero uno di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, ha ribadito di non voler prendere parte al risiko: «Non ho nessuna intenzione di posizionare la banca in questi combattimenti veramente da Far West».

Nell’atto di Piazzetta Cuccia, depositato ai pubblici ministeri ai quali sarebbero stati consegnati anche gli esposti presentati a Consob e Bce, nello spiegare i motivi della denuncia, è stato descritto anche il contesto: ci sarebbe un elenco delle operazioni a partire dal 2019, quando il gruppo Caltagirone comincia ad acquistare azioni Generali e Delfin di Mediobanca (va però detto che già nel 2022 Ivass e Consob erano state sollecitate da Generali e Mediobanca senza, senza però ravvisare violazioni degli obblighi di comunicazione o asimmetrie informative) fino ad arrivare al 2023 e 2024, quando il Mef colloca il pacchetto di Mps per scendere sotto la soglia del 20% nel rispetto degli

accordi presi con Bruxelles in tre operazioni Abb diverse. Nell’ultima, secondo la denuncia di Mediobanca, la vendita sarebbe avvenuta senza comunicazioni attraverso Bloomberg, canale usato per questo tipo di operazioni.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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