Occhio per occhio, dazio per dazio. La guerra commerciale tra l’Aquila e il Dragone che si sta combattendo a colpi di rialzi ha scandito l’andamento dei mercati.
Cosa è successo in meno di quarantotto ore? Prima gli Usa hanno imposto a Pechino un dazio aggiuntivo del 50% questa settimana in aggiunta alle due precedenti tariffe del 34% e del 20% portando così il dazio totale contro la Cina al 104 per cento. Ieri mattina Pechino ha risposto alzando le proprie tariffe sui beni «Made in Usa» dal 34% all’84% con effetto dalle ore 12 di oggi. Le Borse europee sono state così colpite dalle vendite anche ieri e hanno perso altri 466 miliardi.
A Milano il FtseMib ha ceduto il 2,75% (ma in recupero dopo aver perso oltre il 4% nel corso della seduta) in linea con le altre piazze del Vecchio continente, ancora in balia della tempesta scatenata da dazi e controdazi. Parigi ha lasciato sul terreno il 3,34%, Francoforte il 3%, e Londra ha archiviato la giornata in calo del 2,92 per cento. Al suono della campanella è partita in rosso anche Wall Street, a parte il Nasdaq che spinto dai titoli tech ha avviato la seduta in leggero rialzo. Mentre da Trump arrivava lo #statesereni: «Tranquilli, tutto andrà bene, questo è il momento migliore per acquistare!», ha scritto il presidente americano sul suo social Truth, riferendosi ai forti cali dei titoli in Borsa negli ultimi giorni.
Qualche ora dopo si è capito il perché: poco prima di cena ore italiane e poco dopo ora di pranzo a New York, ecco l’ennesimo colpo di scena di : pausa immediata di 90 giorni sui dazi reciproci, tranne che per quelli contro la Cina che, anzi, sono stati alzati al 125 per cento. Gli indici Usa hanno preso il volo. Il Dow Jones è subito schizzato del 7%, l’S&P 500 di oltre l’8% e il Nasdaq dell’11%, segnando l’aumento maggiore dal 2020. I prezzi del petrolio, che erano in forte difficoltà all’inizio della sessione, si sono impennati e il Brent è salito del 4% sopra i 65 dollari. L’indice Vix, il cosiddetto indice della paura (se il Volatility Index esplode al rialzo, vuol dire che i trader stanno vendendo quello che hanno in portafoglio), è crollato di quasi il 30 per cento.
«Grazie a nome di tutti gli americani», scrive su X Bill Ackman, il numero uno del fondo Pershing Square, che da due giorni chiedeva alla Casa Bianca di sospendere l’entrata in vigore dei maxi dazi. La sua proposta è passata. Ma a Wall Street si ragiona sulle vere ragioni che hanno spinto Trump a sospendere i dazi reciproci per tre mesi. Potrebbe essere stato il crollo dei titoli di Stato Usa (considerati un porto sicuro in fase di turbolenza sui mercati) il campanello d’allarme che ha fatto cambiare idea al presidente. Il terremoto in Borsa degli ultimi giorni si era infatti allargato ai treasuries mandandoli in picchiata, con un balzo dei rendimenti che ha trascinato con sé i Btp italiani facendo così schizzare lo spread a 130.
Proprio i treasuries potrebbero essere un possibile mezzo di ritorsione dei cinesi. Perché Pechino ha in mano 761 miliardi di dollari di titoli di Stato americani. Trump lo sa bene: puoi pure fare il bullo, ma troverai sempre qualcuno più bullo di te.