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Industria, fatturato ancora in calo nel 2024. Ecco le cause della crisi


Il 2024 è stato un anno complesso per l’industria italiana, con un calo significativo del fatturato e una contrazione persistente della produzione. Secondo i dati Istat, il fatturato dell’industria in senso stretto registra una flessione annua del 4,3% al netto degli effetti di calendario, più accentuata rispetto al -0,7% del 2023. Anche i volumi seguono la stessa traiettoria negativa, con un -3,2% nell’anno rispetto al -1,2% dell’anno precedente. I dati grezzi mostrano un calo del 3,4% in valore e del 2,3% in volume, segnalando un peggioramento progressivo nel corso dell’anno, più accentuato per la componente interna.

Le cause del rallentamento

Questa debolezza è il risultato di diversi fattori concomitanti. La stagnazione dei consumi interni, confermata da vendite al dettaglio in crescita solo in valore (+0,7%) ma in calo in volume (-0,4%), riflette la difficoltà delle famiglie a sostenere la domanda reale.

Anche l’export, tradizionale punto di forza del sistema produttivo italiano, ha subito una lieve contrazione (-0,4%), con cali marcati verso mercati chiave come Germania (-5%), Usa (-3,6%) e Francia (-2,1%). Tutt’altro che trascurabili le flessioni verso Paesi extra-Ue che un tempo erano un tradizionale sbocco del made in Italy, ma che ora si trovano sull’altro versante geopolitico, ossia Cina (-20%) e Russia (-7,2%). Le difficoltà verso Germania e Francia rischiano di accentuarsi ulteriormente se lo scenario macroeconomico europeo resterà negativo, con una domanda debole e prospettive di crescita limitate. Ancora più preoccupante la situazione con gli Stati Uniti: i dazi del 25% imposti dall’amministrazione Trump sulle importazioni dall’Europa potrebbero aggravare il calo del 2024, rendendo ancora più difficile la competitività delle imprese italiane su uno dei mercati più importanti al mondo.

I settori più colpiti

Dal punto di vista produttivo, la flessione dell’output industriale (-3,5% annuo) è diffusa in quasi tutti i comparti, con cali a doppia cifra per tessile (-10,5%) e trasporti (-11,3%). Unica eccezione il settore alimentare, che resiste alla crisi, mentre l’energia cresce del 5,5%, trainata da dinamiche globali. La contrazione produttiva è ormai strutturale, con 23 mesi consecutivi di calo, segnale evidente di un sistema industriale che fatica a trovare un nuovo equilibrio.

Il paradosso occupazionale

Nonostante questo scenario difficile, il mercato del lavoro tiene. Gli occupati crescono dell’1,2% su base annua (+274mila unità), con un aumento significativo dei contratti permanenti (+687mila). La disoccupazione, pur con un tasso del 6,2%, resta sotto controllo, e questo paradossalmente attenua l’impatto della crisi industriale sulla società, evitando che la sofferenza produttiva si traduca immediatamente in un’emergenza sociale.

Uno scenario fragile

Il rischio, però, è che questa resilienza occupazionale sia temporanea. Se la domanda interna non riparte e l’export continua a faticare, le imprese potrebbero trovarsi costrette a ridurre ulteriormente gli investimenti e, nel medio termine, anche i livelli occupazionali.

La questione, quindi, è se il sistema Italia riuscirà a reggere questa fase di debolezza o se sarà necessario un intervento strutturale per rilanciare la competitività industriale e accompagnare la transizione verso modelli più orientati all’innovazione. Un passaggio che potrebbe non essere indolore.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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