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“Effetti negativi rilevanti”: cosa rischia l’Italia con la guerra dei dazi


Rischiamo la botta. L’applicazione dei dazi preannunciati dall’amministrazione Trump nei confronti dell’Ue “potrebbe avere effetti rilevanti sul nostro Paese“. Un’analisi svolta dall’Istat in un focus contenuto nella nota sull’andamento dell’economia mette in guardia l’Italia sulle possibili conseguenze di un’improvvida guerra commerciale tra Stati Uniti ed Europa. Il folle gioco delle ripicche incrociate prospetta infatti ripercussioni negative per tutti e in particolare su una nazione, come la nostra, attestatasi tra i campioni europei dell’export.

Nel 2024 – ricorda al riguardo l’Istat – oltre il 48% del valore dell’export italiano è stato indirizzato al di fuori dell’Ue, una quota superiore a quelle tedesca, francese e spagnola. Tra i principali partner commerciali, gli Stati Uniti hanno assorbito circa il 10% delle vendite all’estero dell’Italia, e più di un quinto di quelle di prodotti italiani destinati ai mercati extra europei. L’Italia, come la Germania e in misura minore la Francia, nel 2024 ha registrato un avanzo commerciale nei confronti degli Usa, fornendo un forte contributo al surplus del Vecchio Continente. Il surplus italiano – si legge nell’analisi effettuata dall’Istat – ha riguardato maggiormente i settori manifatturieri della meccanica, dell’alimentare, delle bevande e del tabacco, ma anche il tessile, l’abbigliamento, pelli e accessori e mezzi di trasporto.

Ora però gli scenari potrebbero cambiare. Sul futuro degli scambi europei – sottolinea l’Istat – pesano infatti “numerosi rischi al ribasso, tra cui gli attriti commerciali internazionali e la possibile escalation delle tensioni geopolitiche che creerebbero nuovi ostacoli alle catene globali di distribuzione e approvvigionamento“. Inoltre, l’uso crescente di politiche industriali “introverse” in molti Paesi e gli orientamenti protezionistici nella politica commerciale, soprattutto degli Stati Uniti, potrebbero “influenzare negativamente la crescita del commercio nel breve e medio termine“. E nel vortice rischia di finirci inevitabilmente anche l’Italia.

In questo contesto – dice ancora l’Istat – “uno sguardo al grado di esposizione degli scambi dell’Italia, in termini merceologici e geografici, appare rilevante per comprendere quanto i provvedimenti di natura tariffaria annunciati dalla nuova amministrazione Usa possano incidere sull’andamento dell’export italiano nei prossimi mesi“.

L’Istituto nazionale di statistica, in questo senso, non fa la Cassandra a vuoto ma analizza lo scenario internazionale proiettandolo poi sull’Europa. “L’entrata in vigore, seppur ancora parziale, dei dazi statunitensi del 25% verso le importazioni di Canada e Messico, e l’ulteriore 10% imposto ai prodotti cinesi, suggerisce una crescente probabilità di escalation nelle tensioni commerciali. Queste ultime si aggiungono alle preesistenti turbolenze geopolitiche e potrebbero incidere negativamente sulla domanda mondiale, l’inflazione e le catene globali del valore“, osserva ancora l’Istat nella nota in cui analizza il contesto internazionale “caratterizzato da un’elevata incertezza“.

L’inflazione, infine, non è più riconosciuta come il problema economico principale a livello internazionale ma “continua a rappresentare un rischio rilevante“. In questa fase, spiega l’Istat, “le pressioni al rialzo sui prezzi sono limitate ma non trascurabili e nuovi rischi inflazionistici, legati allo scenario economico e geopolitico, stanno emergendo“. A inizio anno, a ogni modo, l’inflazione in Italia, seppure in leggero rialzo, è rimasta inferiore a quella media dell’area euro. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo ha segnato, sia a gennaio sia a febbraio, un incremento tendenziale del 1,7%.

La crescita economica dell’area euro è stata rivista al rialzo nell’ultimo trimestre dell’anno, con prospettive in moderato miglioramento.

Tuttavia, il dinamismo economico in Europa è risultato sensibilmente inferiore a quello di altre aree, quali Stati Uniti e paesi asiatici. Nel 2024 il Pil dell’Italia è cresciuto in volume dello 0,7%, mostrando una progressiva decelerazione nel corso dell’anno.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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