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«L’augurio che faccio a tutti noi e alla comunità nazionale per il 2025è mettere nello zaino solo quello che è davvero utile per andare più veloce e riuscire a vedere quello che è davvero essenziale». Così Giorgia Meloni a Roma, all’inaugurazione di piazza Pia per il Giubileo Salvini era lì, al fianco della premier. Quell’invito ad andare veloce è stato un modo per ribadire che per adesso non c’è tempo né bisogno di cambiare caselle nel governo. E’ stato un nuovo stop all’ipotesi abbozzata dal segretario della Lega che, nelle ore successive all’assoluzione per il caso Open Arms, ha fatto capire che potrebbe mettere in conto l’idea di tornare a fare il ministro al Viminale.
Separazione delle carriere dei magistrati alla Camera l’8 gennaio
Di ritorno dalla Lapponia, Meloni ha cominciato a “mettere nello zaino” ciò che ritiene utile. Per il 2025 dovrà far fronte alle riforme. A partire dalla separazione delle carriere dei magistrati, che per altro è il primo provvedimento all’ordine del giorno alla Camera alla ripresa dei lavori, l’8 gennaio. A chiederne l’immediata approvazione il ministro della giustizia Cardio Nordio, Forza Italia , e lo stesso Salvini.
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La frenata dell’autonomia differenziata
Del resto l’autonomia differenziata ha subito una brusca frenata ad opera della Corte costituzionale: che ci sia o meno il referendum abrogativo della legge Calderoli a giugno – e su questo è atteso per metà gennaio il giudizio definitivo sull’ammissibilità sempre da parte dei giudici costituzionali – dopo la sentenza 192 del 14 novembre scorso della legge Calderoli resta ben poco. Con la conseguenza che il processo di differenziazione ne risulterà in ogni caso ridimensionato nella portata e rallentato nei tempi.
Le convergenze sulla riforma della giustizia
La riforma Nordio sulla separazione delle carriere è invece attesa in Aula alla Camera subito dopo la pausa natalizia. Ed è una riforma che gode di un vento migliore sia rispetto all’autonomia differenziata, ribattezzata “spacca Italia” dall’opposizione, sia rispetto al premierato caro a Giorgia Meloni, a sua volta fermo a Montecitorio dopo il primo controverso sì del Senato nel giugno scorso. Se infatti permane l’ostilità delle toghe con il niet dell’Associazione nazionale magistrati, anni e anni di inchieste sulla politica finite nel nulla hanno sensibilizzato anche parte dell’opposizione: a favore ci sono Azione di Carlo Calenda e Italia Viva di Matteo Renzi, a sua volta appena uscito indenne dall’inchiesta su Open dopo 5 anni di indagini.
I nodi irrisolti del premierato
Avanti tutta con la riforma della giustizia, dunque. Delle tre riforme che formavano il patto iniziale tra i tre partiti della maggioranza, e che avrebbero dovuto viaggiare assieme, la riforma Nordio sembra essere quella sul binario più semplice. Dell’autonomia si è detto. Quanto al premierato, la lunga pausa di riflessione è stata determinata sia dai nodi irrisolti – in primis la legge con cui eleggere il premier – sia dalla possibile concomitanza con il referendum sull’autonomia differenziata. Se infine si andrà al voto popolare a giugno, Meloni non ha alcuna intenzione di aggiungere altra carne divisiva al fuoco delle opposizioni. Se invece a breve arriverà lo stop al referendum da parte della Consulta, allora la “riforma delle riforme” potrà riprendere con più tranquillità il suo cammino.