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Accordo per nomine in vertici Ue, Meloni in Parlamento prima del Consiglio europeo

La premier tiene le comunicazioni alla Camera (dove sta parlando ora) e al Senato (nel pomeriggio) in vista del Consiglio europeo di domani e dopodomani. Si fa strada il pacchetto con la riconferma di Ursula von der Leyen in Commissione, Costa al Consiglio e Kallas alla direzione della politica estera. Passa la strategia Macron-Scholz del prendere o lasciare per blindare l’intesa. Garantita all’Italia una vicepresidenza, con Fitto in pole

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La presidente del Consiglio Giorgia Meloni oggi è impegnata in Parlamento, dove tiene le comunicazioni prima del Consiglio europeo del 27 e 28 giugno. Ora sta parlando alla Camera, mentre alle 15 si sposta al Senato. A Montecitorio, dopo il suo intervento seguirà il dibattito e poi la replica della presidente del Consiglio. Al termine l’Aula dovrà votare le risoluzioni presentate dai gruppi parlamentari. Il tutto mentre sembra sempre più definito il pacchetto di nomine ai vertici Ue, con la riconferma di Ursula von der Leyen alla Commissione, Costa al Consiglio e Kallas alla direzione della politica estera.

Meloni: “Tutti d’accordo su necessità cambiamento politiche Ue”

“Il nuovo Parlamento” che si insedierà a metà luglio è “frutto delle indicazioni espresse nelle urne, che hanno rappresentato una tappa molto importante nella storia d’Europa da cui trarre importanti indicazioni” date anche da “tutte le forze politiche: in questi mesi tutti hanno sostenuto la necessità di un cambiamento nelle politiche Ue, nessuno ha detto che sarebbe stato sufficiente mantenere lo status quo. Tutti hanno concordato su un punto: l’Europa deve intraprendere una direzione diversa rispetto al posizionamento preso finora”, ha esordito la presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla Camera nelle comunicazioni in vista del Consiglio europeo. “La disaffezione” dei cittadini verso l’Ue si è “materializzata anche in un’astensione” che “non può lasciare indifferente” la classe dirigente che in Ue sembra “tentata dal nascondere la polvere sotto il tappeto continuando con logiche deludenti”.


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I nuovi vertici europei

Ieri da Bruxelles sono arrivate le indiscrezioni di un accordo “chiuso” sui nuovi vertici comunitari. Emmanuel Macron e Olaf Scholz hanno spinto per arrivare a un’intesa di principio, che ha preso forma in videoconferenza, unendo le loro due voci e quelle degli altri negoziatori dell’asse europeista formato da Popolari, Socialisti e Liberali. Il volto della nuova Commissione europea, salvo colpi di scena, sarà ancora quello di Ursula von der Leyen. Accanto alla Sptizenkandidatin del Ppe, a prendere le redini della politica estera comunitaria sarà la premier estone liberale Kaja Kallas. Mentre il socialista portoghese Antonio Costa orchestrerà i lavori del Consiglio europeo. Un trio al quale con tutta probabilità si affiancherà la maltese Roberta Metsola – in quota Ppe – per il bis all’Eurocamera.

L’asse Macron-Scholz

Questi nomi giravano da settimane ma i Popolari puntavano al rialzo, sull’onda del trionfo elettorale, avanzando la richiesta di una staffetta alla guida del Consiglio europeo rischiando così di far saltare l’intero tavolo. I sei negoziatori – al fianco di Macron e Scholz, anche Pedro Sanchez, Kyriakos Mitsotakis, Donald Tusk e Mark Rutte – si sono ritrovati per un round ristretto con lo stesso pacchetto di candidati sul tavolo. Alla fine lo stallo è stato superato e la bozza di accordo potrà ora approdare sul tavolo dei leader dei Ventisette domani a Bruxelles per il via libera finale. Con o senza l’appoggio dei Conservatori di Giorgia Meloni o di Viktor Orban.


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Meloni fuori da trattativa

La premier italiana non ha preso parte alla trattativa. Un’esclusione che, dopo la scia di malumori dell’ultima settimana, è stata comunque mitigata con una rassicurazione chiave: von der Leyen negozierà a porte chiuse con lei il prezzo del sostegno di Roma a un accordo per cui comunque basterà la maggioranza qualificata (almeno 15 Paesi rappresentanti il 65% della popolazione Ue) e sul quale dunque nessun leader avrà il potere di veto. In cambio, la garanzia è che Meloni “otterrà un portafoglio di peso” nella prossima Commissione, come da sua richiesta. All’Italia è destinata comunque una vicepresidenza della Commissione di peso e i meloniani, al Pe, proveranno ad alzare la posta in cambio del loro sì. Ma questa è una parte del negoziato che riguarda von der Leyen.

Cosa farà l’Italia

Il ministro Raffaele Fitto, che concentra le deleghe degli Affari europei, delle politiche di coesione e del Pnrr, resta il candidato numero uno a lasciare Roma per Bruxelles, per andare a ricoprire quell’incarico “di peso” che la premier ha rivendicato per l’Italia nelle ultime settimane. La sua partenza, peraltro, non creerebbe scompensi nel governo perché l’ipotesi che continua ad essere più accreditata è che le sue deleghe restino a Palazzo Chigi (affidate agli attuali sottosegretari alla presidenza o a un nuovo sottosegretario ad hoc) senza prevedere alcun “rimpasto” di governo. “Nessun rimpasto”, ha detto d’altronde più volte la premier. In ogni caso se ne parlerebbe parecchio più avanti, visto che il percorso per la formazione del nuovo esecutivo europeo andrà avanti fino all’autunno. Le trattative sulle deleghe sarebbero ancora aperte. L’Italia punterebbe al bilancio, sommato a coesione e Pnrr, e a una “vicepresidenza esecutiva”, che stando a fonti europee citate da Bloomberg, sarebbe stata “offerta in cambio di un sostegno all’accordo”.


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