Il rinvio dell’utilizzo delle imposte anticipate (Deferred tax assets, Dta) è una misura che potrebbe avere significative implicazioni finanziarie. È quanto si legge in una memoria depositata dall’Abi presso la commissione Bilancio della Camera in merito alla manovra. «Complessivamente il maggior gettito derivante dal posticipo dell’utilizzo delle imposte anticipate è nell’ordine dei 4 miliardi di euro», afferma l’Abi aggiungendo che questo «meccanismo di rinvio nel tempo del recupero fiscale relativo a componenti negativi di reddito» produce un effetto di maggiorazione delle entrate per lo Stato, ma rappresenta anche un costo per le banche, che già versano ampiamente alle casse pubbliche tramite l’addizionale Irap.
L’Abi ha ricordato come le banche paghino già un significativo carico tributario. L’associazione, peraltro, ribadisce la necessità di preservare l’equilibrio fiscale in un contesto di incertezza economica, che comporta inevitabili pressioni anche sulle banche. Occorre sottolineare, infatti, come su oltre 40 miliardi di utili nel 2023 gli istituti italiani abbiano versato all’erario circa 8,1 miliardi per un tax rate prossimo al 20 per cento.
Un ulteriore tema di rilievo per l’associazione presieduta da Antonio Patuelli riguarda l’abrogazione dell’Aiuto alla crescita economica (Ace), considerato un intervento strategico per la crescita patrimoniale delle imprese. «Con l’abrogazione dell’Ace è venuto meno uno strumento importante», evidenzia la memoria, auspicando la reintroduzione dell’incentivo. Secondo l’Abi, «meccanismi come l’Ace – o incentivi analoghi – producono benefici diretti sulle imprese (patrimonializzazione, crescita dimensionale, accesso al credito, maggiore capacità di investimento, resilienza) con effetti positivi sull’economia nel suo complesso». La leva fiscale, rimarca la Confindustria delle banche, è «determinante per una sana e duratura crescita economica», poiché la solidità finanziaria delle imprese è un elemento imprescindibile per l’economia nazionale. A questo proposito è stata sottolineata, infine, l’opportunità di rendere strutturale il Fondo di garanzia per le Pmi, che scade il 31 dicembre 2024. Occorre un adeguato rifinanziamento per il 2025, per garantire che le banche e le imprese possano programmare la propria attività con certezza.
Un’altra area critica rilevata riguarda i collegi dei revisori delle società che ricevono contributi pubblici. La manovra prevede la presenza di rappresentanti del Mef. Secondo l’Abi, è opportuno che «vengano esclusi i soggetti privati dall’applicazione di queste disposizioni».
Una sua applicazione alle società private, si legge nella memoria, introdurrebbe problematiche di costituzionalità e minerebbe la libertà di iniziativa economica.
Secondo l’Abi, il rischio è che venga a crearsi un «doppio binario» di competenze tra il sindaco di nomina ministeriale e gli altri membri del collegio, nonché un sovraccarico normativo per il monitoraggio e la rendicontazione dei contributi statali, «già ampiamente e dettagliatamente disciplinati».