Oggi è una banca che la prossima primavera staccherà oltre 1 miliardo di dividendi e che alza l’asticella per il 2024 verso un utile ante imposte di 1,3-1,4 miliardi. In pochi avrebbero scommesso quando nel novembre di due anni fa l’istituto guidato da Luigi Lovaglio e presieduto da Nicola Maione, era in affanno per chiudere l’aumento di capitale da 2,5 miliardi per finanziare il suo piano industriale. Qualcuno osserverà che l’innalzamento dei tassi della Banca centrale europea ha dato una mano, ma ad oggi il vento buono è rimasto e la rete di consulenti finanziari porta fieno in cascina sul fronte delle commissioni: oltre 1 miliardo, in crescita del 10,7% su un anno fa. Ancora solido anche il margine d’interesse, a 1,76 miliardi (+4,7%). Segnali che questa Mps non è più un fuoco di paglia. Nei 9 mesi, infatti, l’utile netto è stato di 1,56 miliardi, un dato però che senza benefici fiscali si attesterebbe a 1,09 miliardi (+4,7% su anno) con un dato relativo al terzo trimestre di 390 milioni (+5,7%) e 407 di risultato netto.
Sono tutti dati superiori alle stime degli analisti e Lovaglio prevede un quarto trimestre «che non sarà diverso» dai precedenti. Ora i riflettori sono sul collocamento di almeno una parte della quota residua del 26,7% in mano al Tesoro che dovrebbe arrivare entro il mese. «Non siamo il Mef», ha detto Lovaglio, ma «l’unica cosa che posso dire è che» al ministero «hanno dimostrato di sapere cosa stanno facendo», quindi «lasciamoli lavorare». Il banchiere ha definito l’Opa di Bpm su Anima «un’operazione interessante» mentre pensa al riscatto del 50% della joint venture assicurativa con Axa.
Su questo punto, il direttore finanziario Andrea Maffezzoni ha stimato come conseguenza di un eventuale riacquisto della quota il Monte un beneficio, in termini di utili aggiuntivi, di «60-80 milioni annui». Il titolo, intanto, ieri è cresciuto del 3,1% a 5,37 euro.