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    È il giorno del telescopio spaziale Euclid

    Caricamento playerAlle 17:11 (ora italiana) di oggi un razzo Falcon 9 della compagnia spaziale privata SpaceX trasporterà oltre l’atmosfera terrestre Euclid, il nuovo telescopio spaziale dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), per studiare due delle caratteristiche più sfuggenti dell’Universo: la materia oscura e l’energia oscura. Condizioni del meteo permettendo, il lancio avverrà da Cape Canaveral in Florida (Stati Uniti) e il telescopio impiegherà circa un mese per raggiungere il proprio punto di osservazione a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra. La missione è molto attesa perché potrebbe offrire dati importanti per capire meglio l’evoluzione e la struttura dell’Universo.OscuroSiamo fatti di materia e circondati dalla materia, di conseguenza ne abbiamo un’esperienza diretta in ogni istante della nostra esistenza, tanto da non farci nemmeno caso. La materia è tantissima, ma in termini cosmologici – cioè dello studio dell’Universo nel suo complesso – è poca roba: si stima che costituisca meno del 5 per cento dell’Universo conosciuto. Tutto il resto, secondo le teorie più condivise, è formato per il 25 per cento circa di materia oscura e per il 70 per cento di energia oscura. Entrambe sono completamente invisibili sia ai nostri occhi sia agli strumenti e non sappiamo nemmeno di preciso che cosa siano né come funzionino. Al tempo stesso, siamo ormai abbastanza certi che esistano, perché in loro assenza non si potrebbero spiegare alcuni dei fenomeni che invece riusciamo a osservare e che conosciamo ormai piuttosto bene.Rappresentazione schematica di che cosa si intende per “materia” in rapporto alle altre forme “oscure” ipotizzate (ESA)Quando nel Novecento si iniziarono a calcolare le caratteristiche dell’Universo, e ad applicare modelli teorici per spiegarne le peculiarità, divenne evidente che la quantità di materia che ci è visibile non era sufficiente per spiegare il modo in cui l’Universo è strutturato e sta insieme.Un esempio che viene spesso utilizzato per dare l’idea del problema parte dalle galassie, i grandi sistemi che comprendono stelle, pianeti e materiale interstellare soprattutto sotto forma di gas e polveri. La quantità di materia osservabile di una galassia è però relativamente poca: sulla base delle conoscenze di cui disponiamo, non è sufficiente per far sì che le stelle che ne fanno parte restino insieme senza sparpagliarsi per l’Universo (c’è una stretta relazione tra massa e gravità). Uno dei modi per trovare una spiegazione è ipotizzare che ci sia qualcos’altro dentro e intorno alle galassie che ne favorisce la coesione. Qualcosa che non emette o riflette luce e che non si fa rilevare, ma che comunque esiste e aggiunge ulteriore massa: la materia oscura.La galassia NGC 5005 visibile nella costellazione dei Cani da Caccia (NASA, ESA e L. Ho, Peking University; Gladys Kober, NASA/Catholic University of America)La sua esistenza aiuterebbe a spiegare molte cose, ma non tutto sul funzionamento dell’Universo. Circa un secolo fa l’astrofisico statunitense Edwin Hubble scoprì che l’Universo si sta espandendo mentre studiava il modo in cui appaiono le galassie più distanti da noi. Quasi 70 anni dopo, si sarebbe scoperto che l’Universo è in una fase di espansione accelerata, cioè che la velocità a cui si sta espandendo aumenta nel tempo. Era una scoperta rivoluzionaria e inattesa, perché contraddiceva alcune parti del modello teorizzato fino ad allora per descrivere l’Universo, secondo il quale la gravità avrebbe via via portato l’espansione a rallentare.Da quella scoperta è passato circa un quarto di secolo e ancora non sappiamo che cosa determini l’accelerazione, ma ci sono comunque diverse teorie. Una delle più condivise ipotizza che ci sia un particolare tipo di energia – cioè l’energia oscura – che contrasta in qualche modo la gravità e che fa sì che l’Universo acceleri nella propria espansione. È una forma di energia ipotetica che sarebbe distribuita omogeneamente nello Spazio e che come nel caso della materia oscura non riusciamo a rilevare direttamente.Studiare qualcosa che non è osservabile è molto difficile, ma nel corso del tempo chi si occupa di astrofisica ha trovato qualche soluzione. Una di queste è raccogliere dati estremamente precisi su quello che invece riusciamo a osservare e confrontarlo con ciò che dovrebbe succedere secondo i modelli teorici, in modo da capire che cosa manca nella realtà per completare il quadro. Il telescopio spaziale Euclid avrà proprio questo compito: effettuare misurazioni molto precise e di una enorme porzione di cielo per trovare indizi su ciò che nemmeno i suoi strumenti possono vedere.Com’è fatto EuclidEuclid è stato costruito da Thales Alenia Space a Torino e da Airbus Defence and Space a Tolosa, in Francia. Il telescopio vero e proprio è un cilindro alto circa 4 metri con un diametro di 1,2 metri ed è collegato al “modulo di servizio”, una base rettangolare che contiene al proprio interno sistemi per gestire e trasmettere verso la Terra i dati raccolti, per la propulsione e per la distribuzione dell’energia elettrica. Telescopio e base messi insieme fanno raggiungere a Euclid un’altezza di 4,7 metri e una larghezza di 3,7 metri. La massa complessiva è di 2 tonnellate, più o meno quanto un SUV di grandi dimensioni.Il telescopio spaziale Euclid nelle ultime fasi di preparazione: si notano il telescopio vero e proprio (il cilindro bianco centrale) e i pannelli fotovoltaici (ESA)A un lato del modulo di servizio è assicurato un grande pannello che serve a proteggere il telescopio spaziale dalla radiazione solare e a raccogliere l’energia elettrica, attraverso pannelli fotovoltaici, per alimentare i sistemi di Euclid. Lo schermo ha la funzione di evitare che si scaldino troppo i due principali strumenti del telescopio, che devono funzionare rispettivamente a -120 e a -180 °C.Lo strumento VIS (VISible instrument) serve per realizzare immagini nello spettro visibile, cioè la porzione di luce che riusciamo a cogliere con i nostri occhi. NISP (Near-Infrared Spectrometer and Photometer) è invece uno strumento per le osservazioni nell’infrarosso, la parte della radiazione elettromagnetica che non riusciamo a vedere perché ha una frequenza inferiore a quella della luce visibile. Entrambi gli strumenti sono stati forniti dallo Euclid Consortium, una collaborazione internazionale di scienziati cui partecipano 14 paesi europei e altri gruppi di ricerca da Stati Uniti, Canada e Giappone. Il progetto ha coinvolto più di duemila persone con vari gruppi di ricerca e di lavoro anche in Italia.Superata l’atmosfera terrestre, Euclid inizierà un lungo viaggio che gli permetterà di raggiungere il punto di Lagrange “L2” a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra, in direzione opposta rispetto al Sole. È un punto di osservazione particolare che in sostanza permette di seguire la Terra a grande distanza, in modo da compiere osservazioni nello Spazio profondo. L2 è utilizzato spesso per questo tipo di missioni e da più di un anno ospita anche il James Webb Space Telescope, il telescopio spaziale più potente e che compie attività di osservazione in buona parte diverse da quelle che farà Euclid.Il viaggio di Euclid verso L2 durerà circa un mese. Una volta arrivato a destinazione il telescopio attiverà i propri strumenti e seguiranno un paio di mesi di test e di calibrazioni. Terminata questa fase di avvio, a ottobre il telescopio sarà pronto per iniziare a osservare e rilevare dati su galassie lontane miliardi di chilometri. Il suo obiettivo sarà mappare circa un terzo del cielo, creando una mappa tridimensionale molto precisa, che potrà essere impiegata per calcolare l’espansione dell’Universo.Il telescopio spaziale sfrutterà anche un effetto particolare chiamato “lente gravitazionale”, che si verifica quando la luce emessa da una galassia arriva distorta a chi la sta osservando a grandissima distanza, a causa delle concentrazioni di materia che trova lungo il proprio percorso. Questa materia che devia la luce è costituita da altre galassie – che possono quindi essere osservate – e per una parte consistente dalla materia oscura, che non può essere invece rilevata.Grazie a misurazioni molto accurate si può ricostruire quanta materia sia necessaria per determinare una lente gravitazionale, indagare quanta materia “normale” sia stata coinvolta e dedurre quanta materia oscura abbia contribuito al fenomeno. In questo modo si può inferire la presenza della materia oscura e soprattutto scoprire come è distribuita nella porzione di Universo osservato.I datti raccolti da Euclid saranno processati dalla parte scientifica dello Euclid Consortium e messi poi a disposizione della comunità scientifica. Immagini, dati sulla luminosità delle galassie e molto altro potranno essere utilizzati per nuove ricerche e per pianificare future nuove missioni spaziali, alla ricerca di cosa non riusciamo a vedere. LEGGI TUTTO

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    Il primo volo commerciale di Virgin Galactic, oggi

    Oggi Virgin Galactic, la società per il “turismo spaziale” del miliardario britannico Richard Branson, effettuerà il proprio primo volo commerciale verso lo Spazio con un equipaggio che comprende tre italiani dell’Aeronautica Militare e del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), che fanno parte della missione Virtute 1. La partenza è in programma per le 17 (ora italiana) da Spaceport America, la base di lancio della società costruita nel deserto del New Mexico (Stati Uniti). Se la missione avverrà senza imprevisti, nei prossimi mesi Virgin Galactic inizierà a gestire periodici voli spaziali con biglietti da 250mila dollari per persona.Virtute 1 è una missione con scopi scientifici, quindi diversa dai voli spaziali che saranno organizzati in futuro e pensati più che altro per consentire ai passeggeri di Virgin Galactic di sperimentare per qualche minuto gli effetti della quasi totale assenza di peso. La missione è stata finanziata dall’Aeronautica Militare in collaborazione con il CNR, in una iniziativa insolita per l’Italia che di solito collabora con attività più strutturate e di lungo periodo con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) attraverso la propria Agenzia Spaziale Italiana (ASI).Nei pochi minuti in cui l’equipaggio sarà negli strati più alti dell’atmosfera saranno effettuati tredici esperimenti negli «ambiti della termofluidodinamica, della biomedicina e dello sviluppo di materiali innovativi e sostenibili», dice il comunicato stampa dalla missione. I partecipanti indosseranno inoltre tute con alcuni sensori per valutare gli effetti del volo spaziale sul loro organismo.Dell’equipaggio fanno parte il colonnello Walter Villadei, che dal 2021 ha avviato la formazione come astronauta professionale; l’iniziativa fa parte del suo addestramento in vista di una futura missione sulla Stazione Spaziale Internazionale. Insieme a Villadei a bordo ci saranno il tenente colonnello Angelo Landolfi dell’Aeronautica e Pantaleone Carlucci, ingegnere e ricercatore del CNR. Saranno accompagnati da un istruttore e da quattro piloti di Virgin Galactic.🇮🇹 Ciao, #Galactic01!Meet the crew from the @ItalianAirForce & @CNRSocial_. On June 29, they will take-off to conduct more than a dozen experiments in space, which will examine how microgravity effects the human body and other materials. Learn more about their roles and sign… pic.twitter.com/1CKq2FTKtn— Virgin Galactic (@virgingalactic) June 26, 2023Il volo sarà effettuato a bordo di SpaceShipTwo – VSS Unity, uno “spazioplano” che si comporta come un aeroplano, capace però di raggiungere gli strati più alti dell’atmosfera. Viene trasportato a 15mila metri da un aeroplano più grande, poi si sgancia e prosegue il proprio volo fino a raggiungere gli 80mila metri circa di altitudine. Dopo qualche minuto nel quale i membri a bordo galleggiano liberi all’interno della cabina, lo spazioplano effettua un rapido rientro sulla Terra, atterrando poi come un normale aeroplano.(Virgin Galactic)Virgin Galactic esiste dal 2004 e lo sviluppo dei suoi spazioplani ha richiesto diverso tempo, anche a causa di un grave incidente nel 2014, nel quale era morto uno dei piloti che stavano partecipando a un volo sperimentale. All’epoca Branson aveva promesso di far parte di uno degli equipaggi dell’ultima fase di test, prima di avviare i voli commerciali per i clienti. Il test era stato eseguito con successo nell’estate del 2021 con l’obiettivo di trasportare i primi clienti a partire dal 2022, ma a causa di alcuni problemi tecnici e di autorizzazioni da parte del governo degli Stati Uniti si erano resi necessari vari rinvii fino al primo volo commerciale di oggi.VSS Unity e sullo sfondo Spaceport America (Virgin Galactic)A pieno regime, Virgin Galactic effettuerà almeno un volo al mese e la società dice di avere ricevuto prenotazioni e manifestazioni di interesse da parte di un migliaio di clienti. L’azienda non è comunque l’unica a offrire servizi di questo tipo: il settore del cosiddetto “turismo spaziale” si sta espandendo e comprende già da qualche anno Blue Origin, la compagnia spaziale fondata dall’ex CEO di Amazon Jeff Bezos. Entrambe le aziende offrono voli suborbitali: i loro veicoli superano gli strati più alti dell’atmosfera e poi tornano indietro compiendo un volo parabolico, senza effettuare un’orbita (cioè un giro completa) intorno alla Terra.Virgin Galactic dice di condurre spedizioni “nello Spazio”, ma non tutti sono convinti che possano essere definiti in questo modo. Per l’Agenzia federale per l’aviazione degli Stati Uniti, lo Spazio inizia oltre gli 80 chilometri di altitudine quindi dove arriva lo spazioplano dell’azienda, mentre convenzioni più condivise internazionalmente identificano l’inizio dello Spazio oltre la cosiddetta linea di Kármán, a 100 chilometri di altitudine. LEGGI TUTTO

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    Vedremo aurore boreali in posti in cui normalmente non si vedono

    Nel prossimo paio di anni le aurore polari saranno visibili con maggiore frequenza in cielo e spesso a latitudini più basse del solito, a causa di una maggiore attività del Sole. Negli ultimi mesi gli avvistamenti sono già stati segnalati in numerose aree del Regno Unito e in alcune parti della Germania e della Polonia, quindi molto più a sud dei paesi scandinavi dove solitamente vengono avvistate le aurore in Europa. Lo scorso 23 aprile la caratteristica colorazione del cielo notturno, con colori dal verde al viola, era stata segnalata anche nella parte meridionale degli Stati Uniti con avvistamenti in California e in Arizona.Le aurore boreali (quelle che si verificano nell’emisfero sud si chiamo invece aurore australi) sono dovute alla grande quantità di particelle che emette il Sole e che in parte raggiungono il nostro pianeta. I protoni e gli elettroni iniziano il loro viaggio dalla corona, la parte più esterna dell’atmosfera del Sole nonché una delle sue aree più calde. Si generano in un processo altamente energetico che consente loro di sfuggire alla forte gravità esercitata dal Sole e di confluire nel plasma, un particolare tipo di gas ionizzato.Il flusso di particelle dal Sole è continuo e viene chiamato “vento solare”. Quando arriva in prossimità della Terra, incontra il campo magnetico terrestre che impedisce a queste particelle di arrivare direttamente sul nostro pianeta, dove potrebbero causare non pochi problemi alle piante e agli animali, ma non solo.Questo scudo magnetico planetario si chiama magnetosfera e consente di deviare le particelle e in condizioni normale di tenerle alla larga. Le cose si complicano però quando il Sole entra ciclicamente in fasi in cui è più attivo del solito e produce colossali eventi come una “espulsione di massa coronale”, una grande emissione di particelle che alle osservazioni appare come una sorta di fiammata filamentosa che supera per dimensioni quelle della Terra.La conseguenza è che il vento solare si rinforza, un po’ come una improvvisa e forte folata di vento, con una quantità molto più grande del solito di particelle che raggiungono la magnetosfera producendo una tempesta magnetica. Il vento solare deforma sensibilmente il campo magnetico e ciò fa sì che le particelle riescano a superare lo scudo, raggiungendo i due poli magnetici della Terra. È per questo motivo che le aurore sono visibili soprattutto avvicinandosi ai poli del pianeta.Quando si trovano in una zona compresa tra i 300 e 30 chilometri di altitudine, le particelle che hanno viaggiato dal Sole fino a noi incontrano gli atomi di ossigeno e azoto che si trovano nell’atmosfera. L’incontro con le particelle solari altamente energetiche fa sì che gli atomi di ossigeno e azoto emettano fotoni, che possiamo considerare come piccole unità di energia sotto forma di luce.La luce è colorata a seconda degli elementi coinvolti. Gli atomi di ossigeno sono responsabili delle tinte verdi e rosse che si osservano in cielo durante un’aurora, mentre l’azoto dei colori come il blu che virano verso il violetto. C’è una certa variabilità nella colorazione di un’aurora a seconda della concentrazione dei due elementi e di altre variabili, come per esempio l’osservazione nel cuore della notte quando è buio o intorno al tramonto e all’alba, quando ci sono altri effetti ottici legati alla rifrazione dei raggi solari.(Getty Images)Il fenomeno nell’atmosfera si riduce via via e nel corso di qualche ora scompare, mentre intanto la magnetosfera recupera lentamente la propria solita configurazione. L’area in cui un’aurora è osservabile dipende quindi molto dalla latitudine a cui ci si trova e dall’attività solare. Viste dallo Spazio, le aurore appaiono come due grandi ciambelle luminose intorno ai poli.(NOAA)Poiché il fenomeno è strettamente legato all’attività solare, è possibile fare previsioni piuttosto accurate nel breve periodo sulla presenza o meno delle aurore e sulla loro estensione. La National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), l’agenzia statunitense che tra le varie cose si occupa dei fenomeni atmosferici, offre un servizio di previsione sulle aurore, ma ci sono diversi altri siti che offrono informazioni e mantengono un archivio degli eventi passati.Le previsioni si basano in parte sulle conoscenze dei fenomeni solari e sulla ciclicità nell’attività della nostra stella. Il campo magnetico del Sole si inverte ogni undici anni in corrispondenza del massimo del ciclo solare, quando è appunto maggiore l’attività solare. Nell’attuale ciclo iniziato nel 2019 questa circostanza si dovrebbe verificare tra quest’anno e il 2026, secondo le analisi e le previsioni più condivise dai gruppi di ricerca.Come avvenuto già in passato, una maggiore attività solare si traduce in un’aumentata possibilità di avvistare le aurore, anche se molto difficilmente alla latitudine cui si trova il nostro paese. Nella notte tra il 17 e il 18 novembre 1848 ne fu osservata una a Napoli, con cronache di avvistamenti anche a Roma, come testimoniato dalla rivista dell’epoca L’Album: «Un non piccolo numero di persone anche ancor si trovava per le vie rallegrate in quella sera da una imponente festosa dimostrazione, rimaneva estatico a contemplare quel brillantissimo chiarore che rallegrava l’invidiato cielo di Roma».In generale, le stagioni migliori per osservare le aurore nel nostro emisfero sono la primavera e l’autunno, soprattutto in prossimità degli equinozi. Il prossimo autunno potrebbero quindi essere visibili a latitudini più basse del solito, anche se i luoghi dove osservarle con maggiore certezza rimangono i paesi scandinavi per l’Europa, l’Alaska e il Canada settentrionale per il Nord America. LEGGI TUTTO

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    Il lander della società spaziale privata giapponese Ispace si è probabilmente schiantato sulla Luna

    La società spaziale privata giapponese Ispace ha detto che il tentativo di far atterrare sulla Luna il suo veicolo lunare Hakuto-R M1 è fallito: a pochi metri dalla superficie lunare le comunicazioni con il robot (lander) si sono interrotte, cosa che ha fatto presumere che sia precipitato e si sia quindi distrutto. Se la missione fosse stata completata, questo sarebbe stato il primo lander privato a raggiungere la superficie della Luna.Durante la trasmissione in diretta dell’evento il fondatore e amministratore delegato di Ispace, Takeshi Hakamada, aveva ipotizzato che la missione non fosse andata a buon fine. Dopo alcune ore, un comunicato diffuso dall’azienda ha confermato «un’elevata probabilità» che alla fine il lander si sia schiantato sulla superficie lunare.A oggi nessun veicolo di una società spaziale privata è riuscito ad allunare, mentre ci sono riuscite solo le agenzie spaziali di tre paesi: quella dell’ex Unione Sovietica, la NASA (Stati Uniti) e la CNSA (Cina). Nell’aprile del 2019 il lander israeliano Beresheet precipitò sulla superficie lunare durante una missione che aveva l’obiettivo di compiere alcune rilevazioni sulla Luna. Giovedì scorso invece è esploso poco dopo il lancio un prototipo di Starship, l’enorme astronave progettata dalla società spaziale privata statunitense SpaceX, che dovrà essere impiegata per il primo allunaggio con equipaggio del programma lunare Artemis (previsto non prima della fine del 2025).– Leggi anche: L’astronave Starship è esplosa poco dopo il lancio (AP Photo/ Eugene Hoshiko) LEGGI TUTTO

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    Il primo lancio nello Spazio di Starship

    Caricamento playerDopo le 14 di oggi (ora italiana), la società spaziale privata statunitense SpaceX, fondata nel 2002 da Elon Musk, tenterà per la prima volta di raggiungere lo Spazio con la sua enorme astronave Starship. Il test servirà a verificare la capacità del sistema di lancio, che comprende il razzo più potente mai realizzato nella storia delle esplorazioni spaziali. Sull’esito dell’esperimento ci sono molte incertezze: il lancio potrebbe essere rinviato per problemi tecnici o legati al meteo, oppure potrebbe concludersi prima del previsto con una grande esplosione. Il test è però considerato essenziale per dimostrare le capacità di Starship, che dovrà essere impiegata per il primo allunaggio del programma lunare Artemis e un giorno per trasportare i primi esseri umani su Marte, forse.Il lancio è in programma da Boca Chica, una piccola località in Texas a pochi chilometri di distanza dalla costa del Golfo del Messico. SpaceX ha costruito lì Starbase, cioè la propria base di sviluppo e lancio di Starship, costruendo nuovi edifici e hangar a partire dal 2014. Sempre nella zona, negli ultimi anni SpaceX aveva condotto test su alcune versioni di prova della propria astronave, tra grandi esplosioni e un solo tentativo riuscito di riportare al suolo l’intero veicolo spaziale.I test con i primi prototipi di Starship erano iniziati a marzo del 2019, con modelli via via più grandi e simili alla versione finale dell’astronave, che assomiglia a quella di Tintin nel racconto a fumetti Obiettivo Luna. Il veicolo spaziale è alto 50 metri, più o meno quanto un palazzo di 15 piani e ha un diametro di circa 9 metri, con una punta a cono che ricorda vagamente quella degli Space Shuttle. Utilizza sei motori che vengono alimentati con ossigeno liquido e metano liquido. Nelle intenzioni di SpaceX, all’interno di Starship potranno essere trasportati satelliti di grandi dimensioni, moduli per stazioni spaziali ed equipaggi in viaggio verso la Luna o Marte.Una delle versioni di Starship verso la rampa di lancio nel luglio del 2022 (SpaceX)Starship da sola pesa 100 tonnellate, che diventano 1.300 con l’aggiunta del propellente, di conseguenza ha bisogno di una forte spinta per superare l’atmosfera terrestre e raggiungere lo Spazio. Quella iniziale è fornita da Super Heavy, un razzo alto quasi 70 metri con 33 motori, sempre alimentati da ossigeno liquido e metano liquido. Il lanciatore spinge Starship oltre l’atmosfera, poi compie una manovra per tornare sulla Terra come fanno già i razzi Falcon 9 che SpaceX impiega ormai da tempo per trasportare i satelliti in orbita e gli equipaggi verso la Stazione Spaziale Internazionale.In una ventina di anni di esistenza, SpaceX ha perfezionato un sistema per rendere parzialmente riutilizzabili i propri Falcon 9, invece di doverne costruire di nuovi per ogni lancio come i concorrenti, riducendo sensibilmente i costi per i lanci spaziali e rendendoli molto più frequenti. Con Starship la società vuole raggiungere il passo successivo: avere un sistema di lancio completamente riutilizzabile. Anche Starship, come Super Heavy, avrà la capacità di tornare sulla Terra con un atterraggio controllato, di essere rifornita e di tornare nello Spazio un po’ come fanno gli aeroplani. È un obiettivo estremamente ambizioso e per questo il test di oggi è così importante.Tra sabato e domenica, SpaceX ha condotto le ultime verifiche e ha posizionato Starship e Super Heavy nella loro configurazione finale, con l’astronave sopra il lanciatore. Messi insieme, raggiungono un’altezza di quasi 120 metri e sono visibili a chilometri di distanza nell’area di Boca Chica. La rampa di lancio stessa è particolare: oltre a essere enorme ha due grandi bracci meccanici che in futuro saranno utilizzati per bloccare il sistema di lancio al suo rientro sulla Terra. Informalmente viene chiamata “Mechazilla”, che ricorda Mechagodzilla, il grande robot utilizzato per difendere il Giappone in varie opere di fantasia su Godzilla. I due bracci meccanici sono chiamati spesso “chopsticks”, bacchette in inglese, perché un giorno pinzeranno i razzi di ritorno un po’ come si fa con un involtino primavera.Super Heavy, il grande cilindro metallico in basso, collegato a Starship su Mechazilla con i suoi due bracci meccanici (SpaceX)Per il lancio di oggi Mechazilla sarà comunque impiegato solo per la partenza di Starship e Super Heavy, ma non per il recupero che non è previsto in questo primo test. SpaceX accenderà i 33 motori di Super Heavy poco dopo le 14 e il grande razzo spingerà Starship per tre minuti, bruciando le migliaia di tonnellate di propellente nei suoi serbatoi, prima di staccarsi dal resto dell’astronave e tornare sulla Terra, effettuando un atterraggio controllato che lo porterà nelle acque del Golfo del Messico e debita distanza da Boca Chica. Super Heavy si inabisserà e non sarà riutilizzato: le versioni future torneranno invece alla rampa di lancio per essere impiegate nuovamente.La separazione è necessaria perché una volta esaurito il propellente Super Heavy diventerebbe un’inutile zavorra per il resto di Starship. È per questo motivo che in generale i razzi perdono via via i pezzi (“stadi”) man mano che effettuano la loro ascesa verso l’ambiente spaziale.Dopo la separazione, Starship accenderà i propri motori e si spingerà oltre l’atmosfera terrestre raggiungendo una velocità di poco inferiore a quella che le consentirebbe di inserirsi in un’orbita per iniziare a girare intorno alla Terra. A poco meno di dieci minuti dal lancio, l’astronave spegnerà i propri motori spingendosi fino a un’altitudine di 230 chilometri. Il piano della missione non prevede che Starship effettui un’orbita completa: quando sarà in vista delle isole Hawaii, effettuerà una manovra per rientrare nell’atmosfera e tuffarsi nell’oceano Pacifico.Il rientro sarà una delle operazioni critiche del test, perché servirà per verificare la tenuta e l’efficacia delle piastrelle isolanti che costituiscono lo scudo termico di Starship. In sua assenza, l’astronave non potrebbe reggere le alte temperature che si sviluppano mentre si attraversa ad alta velocità l’atmosfera. Il rivestimento a piastrelle di materiale isolante ricorda quello impiegato dagli Space Shuttle, ma con alcuni nuovi accorgimenti per ridurre i rischi di incendi e malfunzionamenti che in passato avevano riguardato quei veicoli spaziali.Nel complesso, il test servirà per verificare il sistema di separazione di Super Heavy da Starship e la capacità dell’astronave di raggiungere l’ambiente spaziale, compiere un volo quasi orbitale e superare poi il rientro nell’atmosfera. Il lancio sarà inoltre importante per verificare i sistemi di Super Heavy, mai lanciato prima e probabilmente una delle più grandi incognite di tutto il test.Il grande razzo utilizza 33 motori controllati da migliaia di sensori, di conseguenza prima del lancio potrebbero emergere problemi e imprevisti su alcuni dei sistemi di bordo. Un test di accensione dei motori effettuato in precedenza non aveva comportato imprevisti, ma ciò non esclude che qualcosa possa andare storto nelle ultime verifiche a ridosso del lancio. Le condizioni meteorologiche, soprattutto legate ai venti in alta quota, potrebbero inoltre rendere necessario un rinvio del lancio. Elon Musk, il CEO di SpaceX, ha stimato che ci sia un 50 per cento circa di probabilità di successo, ma secondo diversi osservatori è probabile che abbia mantenuto più basse del solito le sue stime in genere ottimistiche per non creare troppe aspettative.In passato Musk aveva in più occasioni promesso un imminente primo volo orbitale di Starship, senza che questo poi avvenisse. Oltre agli imprevisti tecnici, lo scorso anno si erano aggiunti alcuni problemi burocratici per l’ottenimento delle autorizzazioni da parte del governo statunitense per effettuare i test sperimentali. La Federal Aviation Administration, agenzia governativa che si occupa dell’aviazione civile negli Stati Uniti, aveva indicato numerose attività da svolgere per ridurre l’impatto dei test, anche dal punto di vista ambientale. SpaceX aveva seguito le indicazioni ottenendo infine un’autorizzazione per cinque anni lo scorso 14 aprile.La rampa di lancio a Starbase a Boca Chica, Texas, Stati Uniti (SpaceX)La pressione nei confronti di SpaceX è piuttosto alta, soprattutto per le grandi aspettative che ripone la NASA nel nuovo sistema di lancio. L’agenzia spaziale statunitense ha dato un appalto da 2,9 miliardi di dollari a SpaceX per sviluppare Starship come veicolo da trasporto per compiere gli allunaggi, a cominciare dalla missione Artemis 3 in programma non prima della fine del 2025. Prima di allora, l’intero sistema di lancio dovrà dimostrare non solo di essere completamente riutilizzabile, ma sicuro e affidabile per il trasporto di esseri umani.SpaceX intende sperimentare tutti i sistemi più volte nei prossimi anni attraverso missioni per il trasporto di materiale in orbita, a cominciare dai propri satelliti Starlink, impiegati per fornire connessioni a Internet dallo Spazio per le aree della Terra non raggiunte dai cavi di fibra ottica o dai ripetitori dei telefoni cellulari. Nei programmi di SpaceX c’è inoltre l’impiego di Starship come astronave per compiere un giro intorno alla Luna, senza raggiungere il suolo lunare, nel quale saranno coinvolti comuni passeggeri e non astronauti di professione.Quando e se Starship avrà dimostrato di essere affidabile, SpaceX sperimenterà una variante del sistema che prevederà di fare rifornimento in orbita dell’astronave, in modo da avere propellente a sufficienza per raggiungere Marte. Musk sostiene da tempo che la specie umana debba diventare “multiplanetaria” e che debba quindi fondare una colonia su Marte. Nonostante abbia illustrato in più occasioni i suoi piani, il programma per raggiungere questo obiettivo è ancora piuttosto vago e da definire, ammesso sia praticabile. Anche quel piano dipenderà da come andranno le cose oggi. LEGGI TUTTO

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    La sonda spaziale JUICE ha iniziato il proprio viaggio verso Giove

    Alle 14:14 di venerdì (ora italiana) la missione JUICE dell’Agenzia spaziale europea è partita dalla base di lancio di Kourou nella Guyana francese (a nord del Brasile) su un razzo Ariane 5, iniziando un viaggio che la porterà a raggiungere Giove nel luglio del 2031. Il lancio è avvenuto regolarmente dopo il rinvio di giovedì a causa delle condizioni meteorologiche.– Leggi anche: Che cosa farà JUICE nei prossimi anniRaggiunto il pianeta più grande del Sistema solare, JUICE effettuerà numerosi passaggi ravvicinati per raccogliere dati su Europa, Callisto e soprattutto Ganimede, offrendo nuovi importanti dettagli sulle lune ghiacciate di Giove. Le sue osservazioni saranno preziose non solo per scoprire le loro caratteristiche, ma anche per capire meglio come si possa formare la vita su mondi diversi dal nostro.Another view of @ariane5 #VA260 liftoff and ascent. For real-time mission updates, follow @Arianespace and @ESA_JUICE 👍 pic.twitter.com/1YCuYhPr2h— ESA (@esa) April 14, 2023 (ESA) LEGGI TUTTO

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    Il lancio di JUICE verso le lune di Giove è stato rinviato

    Nel gennaio del 1610, Galileo Galilei notò grazie al suo telescopio quattro corpi celesti nelle vicinanze di Giove, il pianeta più grande del Sistema solare. Dopo avere ipotizzato che potessero essere stelle, le osservò per qualche giorno notando che si muovevano intorno a Giove e arrivò alla conclusione che dovessero essere delle lune in orbita intorno al pianeta. Galileo aveva compiuto la prima osservazione scientifica documentata dei satelliti che in seguito sarebbero stati chiamati Europa, Io, Callisto e Ganimede, noti appunto come satelliti galileiani (o medicei) per ricordare il famoso astronomo.Dopo oltre quattro secoli, tre di quelle lune così distanti e remote stanno per essere visitate da JUICE (JUpiter ICy moons Explorer), una nuova sonda dell’Agenzia spaziale europea (ESA) le cui osservazioni saranno preziose non solo per scoprire le loro caratteristiche, ma anche per capire meglio come si possa formare la vita su mondi diversi dal nostro.Il lancio di JUICE era previsto per le 14:15 di oggi dalla base di lancio di Kourou nella Guyana francese (a nord del Brasile) su un razzo Ariane 5, ma è stato rinviato pochi minuti prima della partenza a causa della presenza di fulmini nelle vicinanze della rampa di lancio. L’ESA ha confermato che tenterà il lancio venerdì pomeriggio: se non ci saranno ulteriori rinvii, la sonda inizierà un lungo viaggio sfruttando la spinta gravitazionale di Venere e della Terra, arrivando nelle vicinanze di Giove nel luglio del 2031. Negli anni seguenti effettuerà numerosi passaggi ravvicinati per raccogliere dati su Europa, Callisto e soprattutto Ganimede, offrendo nuovi importanti dettagli sulle lune ghiacciate di Giove.A differenza della Terra, Giove non è roccioso: è una gigantesca palla di gas formata per lo più da idrogeno ed elio. Considerate le sue dimensioni, gli astronomi ritengono che sia stato il primo pianeta a formarsi nel sistema solare, quando inglobò gli avanzi dei gas che avevano costituto il Sole.Giove impiega 12 anni per compiere un giro intero intorno alla nostra stella e ruota velocemente su se stesso: un giorno dalle sue parti dura appena 10 ore. È il più grande e ingombrante corpo celeste nelle nostre vicinanze: sarebbero necessari 11 pianeti come il nostro messi in fila per coprire il suo diametro, e ne servirebbero 300 per ottenere una massa pari alla sua.Il James Webb Space Telescope (JWST) nell’agosto del 2022 ha osservato il pianeta Giove in grande dettaglio mostrando le colossali tempeste e le enormi aurore che si producono nella sua atmosfera (NASA, ESA, CSA, Jupiter ERS Team; Judy Schmidt)Nel corso dei tempi siderali la grande massa di Giove ha attratto a sé numerosi satelliti naturali, che gli orbitano intorno costituendo una sorta di piccolo sistema solare. Il pianeta ha almeno 95 satelliti e le lune galileiane sono tra i corpi celesti più grandi e conosciuti della sua collezione. Io è arida e non suscita molto interesse, mentre si ritiene che Callisto, Ganimede ed Europa abbiano enormi oceani protetti da uno spesso guscio di ghiaccio esterno. La probabile presenza dell’acqua è ciò che incuriosisce di più i gruppi di ricerca, perché la vita per come la conosciamo non può farne a meno, dunque potrebbe essere un buon indizio per trovare tracce di vita al di fuori della Terra.Con oltre quattro metri di lunghezza e quasi tre di altezza, JUICE è più ingombrante di un’automobile e ha una massa intorno alle 2,4 tonnellate, incluso l’adattatore che mantiene collegata la sonda al razzo Ariane 5, che avrà il compito di spingerla oltre l’orbita terrestre. La sonda ha inoltre un carico di quasi 3,7 tonnellate di propellente, da utilizzare per compiere le numerose manovre previste nel suo lungo viaggio di avvicinamento a Giove e in seguito alle sue lune.JUICE, in un’elaborazione grafica al computer con i pannelli solari aperti (ESA)A una distanza media di 780 milioni di chilometri, il Sole dalle parti di Giove appare come un debole puntino luminoso. Per cogliere quanti più raggi possibili e alimentare in questo modo i suoi sistemi, JUICE potrà fare affidamento su 85 metri quadrati di pannelli solari, i più grandi mai realizzati per una sonda interplanetaria. Partiranno ripiegati su loro stessi, per poterci stare all’interno dell’Ariane 5, e si apriranno circa un’ora e mezza dopo il lancio come due “ali” a forma di croce. Sulla Terra così tanti pannelli potrebbero essere sufficienti per alimentare più abitazioni, ma nelle vicinanze di Giove sono appena sufficienti per un microonde (850 W).Anche comunicare con la Terra da un luogo così distante non è semplice. Nelle due settimane dopo il lancio, JUICE attiverà le proprie antenne per l’invio dei dati che raccoglierà nel corso della missione. Il sistema principale è una grande parabola di 2,5 metri di diametro, che in alcune fasi del viaggio fornirà riparo ad altri strumenti della sonda dalle radiazioni solari. JUICE ha memorie per conservare i dati per alcuni giorni prima di inviarli verso la Terra, così come un set di batterie per avere energia elettrica anche nelle fasi in cui i suoi pannelli non potranno raccogliere la luce solare.Le principali strumentazioni della sonda sono protette da numerosi strati di materiale isolante, soprattutto per ridurre gli sbalzi di temperatura nel corso della missione. Quando si avvicinerà a Venere per ricevere la spinta gravitazionale per proseguire il viaggio, JUICE sarà esposta a temperature fino a 250 °C, mentre nei paraggi di Giove arriverà a -230 °C. Il campo magnetico prodotto da Giove è inoltre tra i più intensi di tutto il Sistema solare, circostanza che ha reso necessaria l’aggiunta di materiali isolanti per consentire al computer di bordo di funzionare normalmente.Il viaggio di JUICE (linea bianca) verso Giove (ESA)I vari sistemi isolanti saranno necessari per assicurare il funzionamento degli strumenti scientifici di bordo. Grazie a Janus, una telecamera ad alta risoluzione costruita dall’italiana Leonardo con la collaborazione dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), saranno scattate immagini dei satelliti rendendo evidenti le caratteristiche del rivestimento ghiacciato delle lune. Altri strumenti consentiranno di studiare gli strati più esterni delle loro atmosfere, di calcolare lo spessore dello strato di ghiaccio superficiale e dei loro oceani sotterranei e il campo magnetico di Ganimede, l’unica luna nel Sistema solare ad averne uno.Ganimede sarà il principale obiettivo della missione. Il campo magnetico fa sì che nella sua atmosfera si verifichino le aurore, il fenomeno che avviene anche sulla Terra e che è dovuto alla presenza di gas che eccitati dai raggi solari si illuminano. Le aurore sulla luna di Giove si concentrano nelle aree dei due poli, ma sono disturbate dalla presenza del campo magnetico di Giove. Quando questo cambia, fa oscillare le aurore di Ganimede avanti e indietro. Osservando i dati raccolti in passato su queste oscillazioni, i ricercatori si sono accorti che non avvengono in modi coerenti con quelli che ci si aspetta da un corpo celeste interamente solido. Il tipo di oscillazioni delle aurore di Ganimede è invece compatibile con un corpo celeste che possiede una grande riserva di acqua allo stato liquido, che non è visibile con osservazioni dirette perché nascosta da un enorme guscio ghiacciato.Ganimede (NASA)JUICE effettuerà 12 passaggi ravvicinati arrivando a una distanza di 400 chilometri (potrebbe spingersi fino a 200, se ci saranno le condizioni). I vari passaggi consentiranno di raccogliere dati sul campo magnetico di Ganimede, sul suo oceano nascosto e sul modo in cui interagisce con Giove. Da questi dati i gruppi di ricerca potranno inoltre trarre informazioni per comprendere se il satellite fosse o sia abitabile, cioè compatibile con la vita.La superficie di Callisto è considerata una delle più antiche del Sistema solare: ne porta visibilmente i segni, che potrebbero offrire indizi importanti per ricostruire le caratteristiche di Giove miliardi di anni fa. Europa, invece, è il sesto satellite naturale più grande di tutto il sistema solare. Ha un diametro di 3.122 chilometri (circa un quarto di quello della Terra) e appare come una grande palla di neve: la sua superficie, spessa e ghiacciata, ricopre un gigantesco oceano che si stima contenga il doppio di tutta l’acqua degli oceani terrestri. Lo spessore dello strato di ghiaccio non è noto, ma dalle osservazioni e da movimenti della luna si ipotizza una profondità di diverse decine di chilometri. E proprio questa crosta ghiacciata così spessa ha finora reso impossibile uno studio più approfondito di Europa, che tra qualche anno JUICE dovrebbe favorire.Callisto (NASA)Europa è da tempo ritenuto un corpo celeste molto promettente per lo studio della vita fuori dalla Terra, per questo un’altra missione gestita dalla NASA si occuperà di studiarne ulteriormente le caratteristiche. La sonda Europa Clipper partirà dalla Terra il prossimo anno e raggiungerà il suo obiettivo nel 2030, con qualche mese di anticipo rispetto a JUICE. Sia ESA sia NASA stanno inoltre valutando la progettazione di robot automatici per esplorare la superficie delle lune galileiane.Europa (NASA)Giove e il suo ricco sistema di lune attirano da sempre l’attenzione di astronomi e astrofisici. Il primo passaggio ravvicinato al grande pianeta gassoso fu realizzato 50 anni fa dalla sonda Pioneer 10 della NASA, seguita negli anni seguenti dalle sonde Voyager, Ulysses, Cassini-Huygens e New Horizons. Tra il 1995 e il 2003 molti dati furono raccolti dalla sonda Galileo in orbita intorno a Giove, mentre altre importanti osservazioni sono state effettuate negli ultimi anni dalla sonda Juno.JUICE renderà possibili analisi più accurate, ma la sola presenza di acqua su un corpo celeste non implica necessariamente che ci sia anche la vita. Oltre a ossigeno e idrogeno, gli elementi che costituiscono l’acqua, sono necessarie altre sostanze come il carbonio, l’azoto e il fosforo, solo per citarne alcune. La loro presenza sulla Terra ha portato ai risultati che vediamo oggi, ma non è scontato che su Ganimede ci siano gli stessi elementi e in quantità adeguate. La luna dovrebbe avere un nucleo ricco di ferro: se l’oceano sotterraneo fosse in diretto contatto si potrebbero formare condizioni più favorevoli alla vita, se invece fosse isolato da un altro strato di ghiaccio ci sarebbero meno probabilità.Trovare indizi su luoghi compatibili con la vita, almeno per come la conosciamo, non è comunque semplice e anche per questo avere un sistema come quello di Giove nel nostro vicinato cosmico può essere utile per imparare qualcosa su mondi ancora più lontani. Negli ultimi anni grazie a nuovi sistemi di osservazione è stato possibile scoprire migliaia di esopianeti, cioè di pianeti che si trovano all’esterno del nostro Sistema solare.Molti di questi sono giganti gassosi come Giove, quindi ostili alla vita, ma hanno probabilmente satelliti che orbitano loro intorno e in alcuni casi con caratteristiche paragonabili a quelle delle lune galileiane. Capire come funzionano e se siano effettivamente abitabili potrebbe offrire nuovi importanti spunti su cosa potrebbe esserci su mondi lontanissimi da noi, talmente distanti da non potere essere raggiunti in tempi ragionevoli con una sonda. LEGGI TUTTO