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    Federalismo fiscale e disuguaglianze territoriali: l’allarme della Corte dei Conti

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    La Corte dei Conti suona l’allarme. Durante l’audizione presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, ha evidenziato le persistenti disuguaglianze territoriali in Italia, con una forte correlazione tra reddito e disponibilità dei servizi pubblici. Secondo la magistratura contabile, le principali cause di questo divario sono la carenza di infrastrutture, il persistente gap tra Nord e Sud e le differenze tra aree urbane e interne.Infatti, nonostante l’esistenza di strumenti come il Fondo perequativo, le politiche attuali non sono riuscite a riequilibrare efficacemente queste disparità, poiché gli investimenti tendono a concentrarsi nelle aree economicamente più forti. “I Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep) potrebbero compensare le diverse capacità fiscali di regioni e comuni, ma la loro attuazione è ancora in fase di sviluppo, sebbene si registrino progressi nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) per quanto riguarda asili nido e assistenti sociali”, evidenzia la Corte dei Conti.La riscossione dei tributi locali e il crescente tax gapUno dei problemi strutturali evidenziati dalla Corte riguarda la difficoltà cronica nella riscossione dei tributi locali. La situazione è aggravata sia da fattori sociali, “come l’incapacità economica di una parte della popolazione in alcune aree, sia da inefficienze organizzative. Ciò comporta un crescente tax gap, ossia la differenza tra le imposte effettivamente incassate e quelle teoricamente dovute”.In questa direzione, nel 2023 si è registrata un’inversione di tendenza nella capacità di riscossione di due tributi fondamentali per i Comuni: l’Imu è passata dal 93% del 2022 all’87%, mentre la Tari ha subito un calo dell’1,7% su base annua. “La ridotta capacità di accertamento fiscale e le inefficienze amministrative hanno portato all’accumulo di crediti di dubbia esigibilità, riducendo le risorse disponibili per la spesa pubblica”, aggiunge la Corte dei Conti.Ritardi nell’attuazione del Pnrr e le criticità del sistemaUn altro punto critico riguarda l’avanzamento dei progetti finanziati con le risorse del Pnrr e del piano nazionale complementare. La Corte dei Conti ha espresso preoccupazioni sui tempi di realizzazione degli interventi, sottolineando la scarsa capacità di completamento entro le scadenze previste. “Tra i fattori che rallentano il processo ci sono la carenza di personale qualificato, le difficoltà nell’approvvigionamento dei materiali e la complessità normativa”.Le problematiche includono anche un’instabilità normativa crescente, il proliferare del contenzioso legale, i ritardi nelle autorizzazioni e le difficoltà nella gestione delle piattaforme informatiche di monitoraggio dei progetti. La Corte sottolinea l’importanza di un maggiore coordinamento tra strumenti e fondi, come il Pnrr, il Fondo per la perequazione infrastrutturale e i programmi di coesione nazionali ed europei, al fine di garantire un utilizzo più efficace delle risorse.Finanza pubblica e riforma fiscale: luci e ombreIl quadro di finanza pubblica presenta elementi contrastanti. Da un lato, nel 2024 si registra una crescita del pil dello 0,7%, superiore alle recenti previsioni (0,5%) ma inferiore alle stime del Governo (1%). L’inflazione si è stabilizzata intorno al 2%, spingendo la Bce a ridurre i tassi di interesse. Tuttavia, l’indebitamento netto per il 2024 si attesta al 3,4% del Pil, con un avanzo primario dello 0,4%. Il debito pubblico, pur essendo aumentato al 135,3% del pil, è risultato inferiore alle attese.La riforma fiscale in corso prevede diversi interventi, tra cui la riduzione delle imposte sul lavoro e l’aumento temporaneo della tassazione sul capitale. “Tuttavia, il disavanzo aumenterà di 0,4 punti percentuali nel 2025 e di 0,6 punti nel 2026 e 2027, con un impatto significativo sulle entrate e sulle spese pubbliche. Il rientro del deficit sotto il 3% del Pil è stato posticipato dal 2025 al 2026”.Verso un federalismo fiscale più equo?Un altro tema rilevante è la necessità di armonizzare la normativa sui tributi locali con quella nazionale. Il governo sta lavorando a un decreto che estenderà ai comuni principi di compliance fiscale e contraddittorio tra fisco e contribuenti, favorendo strumenti di adempimento spontaneo e definizione agevolata. Inoltre, si sta valutando la possibilità per gli enti locali di acquisire il potere di transazione sui tributi per le imprese in difficoltà. LEGGI TUTTO

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    “Buco delle Asl in Puglia”: arriva in soccorso l’extragettito di 129 milioni

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    Arrivano buone notizie sul “buco” della sanità pugliese che sarà coperto, almeno per il 50% circa, dall’extragettito, cioè l’eccedenza delle entrate derivanti dai tributi statali. Si parla di 129 milioni di euro “raccolti” in Puglia nel 2024 e la Regione è stata autorizzata dal governo a impiegare queste risorse per ripianare, almeno in parte, il deficit sanitario accumulato nel 2024.Le altre risorseAltri 50 milioni circa sono stati già accantonati in via cautelativa, dalla Regione stessa lo scorso dicembre, quindi restano da coprire altri 70-80 milioni, a seconda di quanto sarà il disavanzo accertato. Nonostante le Asl non abbiano ancora trasmesso i bilanci definitivi del 2024, il buco nei confronti della sanità dovrebbe aggirarsi sui 240 milioni, anche se dall’assessorato alla Sanità filtra ottimismo e sono sicuri che questa cifra possa essere ulteriormente assottigliata. Ma anche fosse confermata la cifra la Regione si troverebbe a “cercare” solo 70 milioni per pareggiare i conti e non la cifra intera.Le possibili fonti di coperturaLe ulteriori fonti potrebbero arrivare quindi da diversi fronti, a cominciare dal payback, ma non potranno essere utilizzati fondi europei. Un’ulteriore via potrebbe essere data dal bilancio autonomo da dove è molto probabile, che alla fine vengano prelevati altri 30-40 milioni. L’obiettivo finale di aprile è quello di arrivare al tavolo con i ministeri dell’Economia e della Salute con il pareggio di bilancio, altrimenti diventerebbe complicato uscire dal Piano di Rientro. Il governatore Michele Emiliano e l’assessore alla Sanità, Raffaele Piemontese, hanno gettato acqua sul fuoco certi che: “come ogni anno il debito verrà ripianato”.Il deficit sanitarioNonostante gli interventi e gli aggiustamenti su spesa farmaceutica e mobilità passiva, due delle voci che maggiormente incidono ma non le uniche, il deficit sanitario anche nel 2024 è esploso. Tra le concause, però, anche il rinnovo del contratto dei medici; le assunzioni di nuovo personale; la battaglia sul riparto del fondo sanitario nazionale, considerato iniquo dalla Regione; lo scontro sul payback farmaceutico – la Regione per questo sostiene di aver perso 200milioni di euro dal 2019 al 2023 nella distribuzione del fondo – l’aumento dei costi energetici.A ben guardare però la situazione rispetto al 2022 quando si toccarono i 450 milioni di “rosso” è positiva, anche se non c’è stato il progresso che era pure atteso. Ritornando all’anno di maggior “criticità” c’è comunque da dire che i costi maggiori furono dovuti a fattori “esterni”, dal Covid all’aumento imprevisto di energia elettrica e gas, quindi non preventivabili, ma comunque vennero registrati anche 255 milioni di “sprechi”, tanto che la Regione fu costretta a intervenire e correre immediatamente ai ripari con una serie di misure per stringere la cinghia. A cominciare dallo stop delle assunzioni, al giro di vite sulla spesa farmaceutica, passando per il blocco degli investimenti e persino dalla “riorganizzazione della rete ospedaliera e di quella territoriale, al fine di concentrare l’erogazione di specifiche attività di particolare complessità nelle sole strutture di riferimento”.Il finanziamento più importanteIl maggiore finanziamento dal fondo sanitario nazionale per la Puglia fu come detto, nel 2022 di 260 milioni ma, allo stesso tempo, le Asl dovettero sopportare costi aggiuntivi pari a 710 milioni: 110 di costi energetici, 50 milioni costi Covid non coperti da finanziamenti specifici, 105 milioni per il rinnovo del contratto collettivo nazionale, 100 milioni per la stabilizzazione del personale impegnato nell’emergenza Covid. LEGGI TUTTO

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    Energia, le mosse del governo su gas e nucleare. Pichetto: “Rincaro bollette è il tema dei temi”

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    Il rincaro delle bollette energetiche è “il tema dei temi”. Il ministro Gilberto Pichetto Fratin lo ha definito così, ribadendo il senso di un’urgenza non più procrastinabile. Per l’esponente del governo italiano, che già nelle scorse ore aveva sollecitato l’Ue a intervenire con misure ad hoc, il problema va affrontato “partendo dal prezzo del gas”. E con azioni destinate ad avere un effetto nell’immediato e non solo sul lungo periodo.”Sul fronte all’energia – ha infatti ribadito il ministro dell’ambiente a Bruxelles – c’è la doppia via, quella del medio e lungo termine, dove l’azione fondamentale è con i contratti per differenza, i contratti a termine, e quindi creare le condizioni, anche rispetto alla formula di determinazione del prezzo, per avere un maggiore equilibrio”. Purtroppo, ha però aggiunto Pichetto Fratin, “noi siamo ancora in condizioni”. Per cui, “con questa formula di determinazione del prezzo a livello europeo, noi abbiamo il gas che produce il 40% della nostra energia e pesa nel determinare il prezzo per il 70-75%. Questa è una struttura che si porta anche dietro una spinta inflattiva sul prezzo delle rinnovabili”. Per l’esponente di governo bisogna dunque agire “partendo dalla considerazione del prezzo del gas”.Nella propria analisi di contesto, Pichetto Fratin ha anche chiarito che il problema in Italia non riguarda i quantitativi di gas grazie alle pipeline di Algeria e Libia e il Tap, con l’impianto di rigassificazione a Ravenna che entra in funzione tra pochi giorni. “Abbiamo preoccupazioni per il prezzo del gas”, ha rimarcato: il Ttf (la ‘borsa’ olandese dove si fa il prezzo, ndr) infatti “risente certamente delle condizioni esterne che determinano anche attività speculative, gli stessi commissari che si occupano di questo settore dicono che è necessaria la massima trasparenza sulla determinazione del prezzo”. Lo ha indicato il ministro di energia e ambiente Pichetto Fratin. Il ministro ha poi attestato che l’Italia “si è affrancata totalmente dal gas russo, da Tarvisio abbiamo avuto qualche afflusso poi girato all’Austria”.Il governo si è fatto dunque promotore di proposte a Bruxelles per intervenire sul rincaro delle bollette, ma al contempo ha riaffermato la volontà di dotare l’Italia del futuro di una risorsa energetica importante come il nucleare di nuova generazione. Niente mega-centrali come accadeva nel passato, per intenderci. Al riguardo – ha spiegato Pichetto Fratin – l’esecutivo intende creare il “quadro giuridico” necessario a “mettere in condizione il Paese, quando sarà il momento, di scegliere se adottare o meno le tecnologie che saranno disponibili per produrre energia nucleare, anche sulla base dei costi”. LEGGI TUTTO

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    Fintecna, un piano per razionalizzare la gestione delle procedure di amministrazione “antiche”

    Da sinistra Antonino Turicchi e il ministro Adolfo Urso

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    Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, insieme all’amministratore delegato e direttore generale di Fintecna, Antonino Turicchi, ha presentato un piano ambizioso per razionalizzare la gestione delle procedure di amministrazione straordinaria più datate, alcune delle quali risalgono a oltre vent’anni fa. L’obiettivo è accelerare la liquidazione finale dei creditori, garantendo maggiore trasparenza ed efficienza.Un contesto complessoIl ministro Urso ha sottolineato la gravità della situazione: “Abbiamo ereditato una situazione estremamente complessa: delle 170 procedure di amministrazione straordinaria avviate dal 2000 a oggi, ben 117 sono ancora in corso, sostanzialmente in liquidazione da diversi anni, spesso da decenni. Solo 9 di queste risultano ancora effettivamente attive. Per questo abbiamo deciso di introdurre maggiore trasparenza in tutto ciò che riguardava la gestione delle As rilevando un intreccio che per anni ha penalizzato le imprese”.Le misure del pianoIl Piano prevede la nomina di Fintecna Spa, società del gruppo Cassa Depositi e Prestiti specializzata nella gestione dei processi di liquidazione e nei servizi immobiliari, quale commissario straordinario per le procedure con un’anzianità superiore a 10 anni. Tra le principali misure:Limiti agli incarichi e ai compensi: “Abbiamo scelto di intervenire – ha aggiunto il Ministro –, da un lato ponendo un limite agli incarichi e un tetto ai compensi dei commissari straordinari, che in alcuni casi hanno raggiunto cifre milionarie, dall’altro trasferendo le procedure più longeve a Fintecna”.Trasferimento delle procedure: In una prima fase, 12 procedure avviate tra il 2000 e il 2006 sono state trasferite a Fintecna, coinvolgendo 62 società con un attivo disponibile di circa 390 milioni di euro, di cui oltre 210 milioni di crediti. Tra queste figurano Gruppo Bongioanni, Parmalat, Volare e Società Ittica Europea (S.I.E).Prossimi passi: Entro la fine del 2025, verranno trasferite a Fintecna tutte le 66 procedure con un’anzianità superiore ai dieci anni, suddivise in 34 procedure avviate prima del 2010 (96 società) e 32 tra il 2011 e il 2015 (98 società).L’impegno di Fintecna LEGGI TUTTO

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    Pensioni più alta per chi si ritira nel 2025. Guarda le simulazioni

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    Chi deciderà di andare in pensione nel 2025 potrà beneficiare di una significativa rivalutazione del proprio montante contributivo, pari al 3,66%. Questo incremento, comunicato dall’Inps attraverso il messaggio n. 914/2025, rappresenta un importante sostegno per i lavoratori che si apprestano a concludere la propria carriera professionale. Il montante contributivo, ovvero la somma di tutti i contributi versati durante la vita lavorativa, costituisce la base per il calcolo dell’assegno pensionistico. Grazie a questa rivalutazione, un montante di 250.000 euro si trasformerà in 259.156 euro, con un conseguente aumento dell’importo annuo della pensione da 14.307 a 14.831 euro.Il calcolo della pensione contributivaLa pensione contributiva si basa su un sistema che considera la totalità dei contributi versati nel corso della carriera lavorativa. In genere, l’importo della pensione corrisponde a una percentuale del montante contributivo, fissata dalla legge in base all’età di pensionamento, che può variare dai 57 ai 71 anni. Ogni anno, il montante contributivo viene rivalutato per preservare, almeno in parte, il potere di acquisto dei lavoratori. Questo meccanismo è particolarmente rilevante, considerando che i contributi versati possono risalire a decenni prima del pensionamento.Il ruolo del Pil nella rivalutazioneIl tasso di rivalutazione è determinato annualmente dall’Istat, in base alla variazione del Pil registrata nei cinque anni precedenti. A differenza di un sistema agganciato all’inflazione, questo metodo lega la rivalutazione alla crescita economica nazionale, con conseguenti fluttuazioni. Nel 2024, il tasso di rivalutazione è stato fissato a 1,036622, corrispondente a un aumento del 3,6622%. Questo valore è superiore a quello dell’anno precedente, che si attestava al 2,3082%. LEGGI TUTTO

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    Bilancia commerciale in deficit a gennaio

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    Il bilancio commerciale dell’Italia registra un saldo negativo a gennaio 2025, con un disavanzo di 264 milioni di euro, in netto peggioramento rispetto al surplus di 2,495 miliardi di euro dello stesso mese del 2024. Questo dato si discosta significativamente dalle previsioni di mercato, che stimavano un surplus di oltre 5 miliardi di euro. L’ultimo mese in cui l’Italia ha registrato un disavanzo commerciale è stato ottobre 2023, con un saldo negativo di 1,056 miliardi di euro.Dinamiche di export e importSecondo i dati Istat, a gennaio 2025 le esportazioni sono aumentate su base congiunturale dello 0,6%, mentre le importazioni hanno segnato una crescita più marcata, pari al 3,2%. Su base annua, l’export è aumentato del 2,5% in valore ma si è ridotto del 2,6% in volume. L’import, invece, ha registrato un incremento tendenziale dell’8,8% in valore, con una crescita più accentuata per l’area extra-Ue (+18%) rispetto all’area Ue (+2,2%).Nel trimestre novembre 2024-gennaio 2025, sia export che import hanno segnato una crescita del 2,2% rispetto ai tre mesi precedenti.Deficit energetico e avanzo non energeticoIl deficit energetico si è ampliato a -4,693 miliardi di euro, rispetto ai -4,233 miliardi di un anno prima. L’avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici si è ridotto da 6,728 miliardi di gennaio 2024 a 4,428 miliardi di gennaio 2025.I prezzi all’importazione sono aumentati dello 0,4% su base mensile e dell’1,4% su base annua (a dicembre 2024 l’incremento era stato dello 0,1%).Settori trainanti e in difficoltàTra i settori che hanno maggiormente contribuito alla crescita dell’export si segnalano:Farmaceutico e chimico-medicinale (+33,6%)Alimentare, bevande e tabacco (+7,4%)Metalli di base e prodotti in metallo (+6,4%)Al contrario, le esportazioni sono diminuite nei seguenti comparti:Autoveicoli (-15,8%)Coke e prodotti petroliferi raffinati (-16,7%)Articoli di abbigliamento (-9,2%)Macchinari e apparecchi n.c.a. (-3,1%)Articoli in pelle, escluso abbigliamento (-8,9%)Partner commerciali: luci e ombreI principali contributi positivi all’export provengono da:Svizzera (+13,6%)Stati Uniti (+6,2%)Regno Unito (+12,1%)Cechia (+30,8%)Paesi OPEC (+10,5%)Spagna (+4,8%)Francia (+2,6%)Di contro, la Cina ha registrato un calo significativo delle importazioni dall’Italia, con una flessione del 24,1%.Implicazioni economicheSecondo l’Unione Nazionale Consumatori, gli Stati Uniti si confermano il primo partner commerciale dell’Italia, con un saldo positivo di 2,604 miliardi di euro a gennaio, seguiti dal Regno Unito (1,633 miliardi) e dalla Francia (1,311 miliardi). Tuttavia, i possibili dazi americani contro l’Europa potrebbero aggravare ulteriormente il deficit commerciale italiano, incidendo negativamente anche sui prezzi per i consumatori. LEGGI TUTTO

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    La motosega di Milei non si ferma, surplus anche a febbraio

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    Lo Stato argentino ha segnato anche a febbraio un surplus finanziario di circa 300 milioni di dollari confermando una tendenza inaugurata fin dall’avvio del governo ultraliberista di Javier Milei, a dicembre del 2023. In questo modo il surplus accumulato solo nel primo bimestre, riferisce l’esecutivo, è pari allo 0,5% del Pil. Il risultato, sottolinea il ministro delle Finanze, Luis Caputo in un post sui social, “è stato ottenuto dopo aver raggiunto nel 2024 il primo surplus finanziario in 14 anni e il maggiore in 16 e dopo aver rispettato tutti gli impegni contratti dal settore pubblico nazionale”. “Questo risultato non fa che rafforzare l’impegno del governo e del presidente Milei con l’equilibrio fiscale, àncora fondamentale del programma economico e condizione necessaria per un’economia solida che generi occupazione di qualità e il recupero di salari e redditi in modo sostenibile nel tempo”, ha aggiunto il ministro.Intanto, l’Ocse prevede che l’attività economica in Argentina crescerà nel 2025 a un ritmo del 5,7% con un’inflazione in ulteriore calo al 28,5% annuale. I numeri dell’ultimo rapporto dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) migliorano considerevolmente le precedenti stime contenute nell’outlook di dicembre che prevedevano rispettivamente una crescita del 3,6% e un’inflazione annuale al 29,8%. L’Argentina ha chiuso il 2024 con un calo del pil dell’1,8%, anche in questo caso un risultato migliore rispetto alle previsioni della maggior parte delle istituzioni multilaterali che stimavano una contrazione di almeno il 3 per cento. LEGGI TUTTO