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    Come vanno in pensione gli influencer? Arrivano le regole Inps per i content creator

    I punti chiave

    L’era digitale trova finalmente una cornice normativa chiara per i suoi protagonisti. Influencer e content creator avranno un inquadramento previdenziale specifico: commercianti, liberi professionisti o artisti dello spettacolo, a seconda dell’attività svolta. A rivelarlo è l’Inps, che ha anticipato i contenuti di una bozza di circolare attesa entro fine mese. Ecco tutte le novità.L’aliquota degli influencerGli influencer, che operano come liberi professionisti, devono adempiere agli obblighi contributivi, considerando che non esiste attualmente un albo professionale o una cassa previdenziale specifica dedicata alla loro categoria. Pertanto, è necessario che questi lavoratori si iscrivano alla Gestione Separata dell’Inps, il fondo previdenziale che accoglie professionisti privi di altre coperture previdenziali obbligatorie. L’aliquota contributiva applicabile agli influencer iscritti alla Gestione Separata è del 26,07%. Tuttavia, esistono alcune eccezioni. Se, per esempio, l’influencer ha già un’altra copertura previdenziale obbligatoria (come quella derivante da un lavoro dipendente) o se è un pensionato, l’aliquota viene ridotta al 24%.Il calcolo in base al redditoIl calcolo dei contributi avviene in base al reddito effettivo prodotto durante l’anno, garantendo così un sistema proporzionale alla capacità contributiva del lavoratore. Va però considerato che esiste un tetto massimo di reddito imponibile, fissato per il 2024 a 119.650 euro. Oltre questa soglia, non sono dovuti ulteriori contributi previdenziali. Le misure sono state anticipate dall’Istituto durante l’evento «C come Economy. Risposte concrete ad un mondo virtuale», promosso dall’Associazione Italiana Content & Digital Creators in collaborazione con l’Inps e Assoinfluencer.Gli obblighi previdenzialiGli obblighi previdenziali per un influencer imprenditore prevedono il versamento di contributi all’INPS in due componenti principali. La prima è una quota fissa calcolata sul reddito minimale, dovuta indipendentemente dal reddito prodotto. La seconda è una quota percentuale che si applica sulla parte di reddito che supera il minimale, fino al raggiungimento del limite massimo annuale previsto. Per il 2024, il contributo minimo ammonta a 4.515 euro ed è richiesto per redditi compresi tra 0 e 18.415 euro. Se il reddito supera questa soglia, è previsto un ulteriore contributo del 24,48% sulla parte eccedente fino a 55.008 euro e del 25,48% tra 55.008 euro e 119.650 euro. Per chi ha già versato contributi prima del 1996, il limite massimo è di 91.680 euro. Una volta superate queste soglie, non si pagano contributi ulteriori e non si accumulano ulteriori diritti pensionistici. Per esempio, un influencer con un reddito di 10mila euro o di 15mila euro dovrà versare 4.515 euro, lo stesso importo previsto per il minimale. Per un reddito di 25mila euro, il contributo complessivo sarà di 6.127 euro. Nel caso di guadagni molto elevati, ad esempio oltre 120mila euro, il contributo massimo sarà di 29.937 euro o 22.810 euro per chi ha contribuzioni pre-1996. L’intero costo contributivo è a carico dell’influencer.Il calcolo dei contributiIl reddito annuale minimo richiesto per maturare un anno pieno di contributi utili ai fini pensionistici è fissato a 18.415 euro. Questo significa che, se un influencer versa i contributi su un reddito inferiore a tale soglia, non raggiungerà i requisiti necessari per accreditare l’intero anno. Tuttavia, non esiste un limite minimo di reddito per il calcolo e il versamento dei contributi: ad esempio, con un reddito di mille euro, l’importo da versare sarà pari a 261 euro. Per quanto riguarda il pagamento, l’intero onere contributivo ricade sull’influencer, ma una quota del 4% può essere recuperata facendola gravare sulle parcelle emesse ai clienti. I contributi sono calcolati in base al reddito fino a un tetto massimo, che rappresenta anche il limite oltre il quale non si accumulano ulteriori benefici pensionistici. Nel settore dell’influencer marketing, il calcolo dei contributi previdenziali e assistenziali destinati alla gestione spettacolo rappresenta un aspetto particolarmente complesso, a causa delle peculiarità che caratterizzano questa specifica attività lavorativa. La difficoltà risiede nella natura stessa del lavoro degli influencer, che combina elementi di creatività, promozione commerciale e spettacolo, richiedendo un approccio distinto rispetto ad altre categorie professionali. LEGGI TUTTO

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    Mutui, il calcolo dei risparmi mensili, annui e su 20 anni

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    Dal 4 al 3% nel giro di sei mesi. La Bce tiene fede alle attese della vigilia e taglia i tassi per la quarta volta quest’anno e lascia aperta la porta a nuovi tagli nel corso del 2025. Tassi più bassi che si traducono in risparmi per chi ha contratto mutui o prestiti. Le famiglie indebitate, in Italia, sono 6,9 milioni, pari a circa il 25% del totale: di queste, oltre 3 milioni e mezzo hanno un mutuo per l’acquisto di una casa.Nuovi mutui, rate decisamente più basse rispetto a un anno fa L’impatto di queste azioni di allentamento monetario sui tassi applicati dalle banche sui mutui è già stato assai rilevante nei mesi scorsi. “I tassi sui mutui a tasso fisso sono già diminuiti a una media del 3,27% a ottobre, rispetto a livelli medi superiori al 5% del 2023 e potrebbero calare ancora sotto quota 3%, attorno a 2,8-2,9%”, rimarca uno studio condotto dalla Fabi. La riduzione è stata meno accentuata sui mutui a tasso variabile con la media vicina al 4%.Simulando il caso di un prestito immobiliare di 25 anni da 200.000 euro al tasso fisso di 2,9%, la rata mensile è di 946 euro rispetto ai 1.212 euro del 2023, con quindi un risparmio di 266 euro al mese e 3.190 euro l’anno. Su tutta la durata del mutuo si arriva a un risparmio complessivo di quasi 80.000 euro (-21,9%).La parabola dei costi dei mutui negli ultimi tre anniI mutuatari nel biennio 2022-2023 hanno pagato non poco l’aumento repentino dei tassi di interesse. Le rate dei vecchi mutui a tasso fisso, cioè quelli erogati fino alla fine del 2021 / inizio 2022, non sono cambiate e rimarranno tali fino al termine del piano di rimborso. Di contro, le rate dei vecchi mutui a tasso variabile sono cresciute fino al 78% in più: vuol dire che chi pagava una rata di circa 500 euro al mese, oggi paga, al mese, 890 euro ovvero 390 euro in più; è molto probabile che, alla luce della decisione del 6 giugno, le rate dei vecchi mutui a tasso variabile possano iniziare una progressiva discesa, anche se è difficile, al momento, indicare una traiettoria precisa.Stando invece a un’analisi condotta da Facile.it, da inizio 2024 ad oggi la rata di un mutuo standard è scesa di 66 euro, passando da 748 euro a 682 euro, ancora molto lontana dai valori di inizio 2022, quando era pari ad appena 456 euro. Con il nuovo taglio dello 0,25% la rata di un mutuo variabile standard potrebbe scendere di circa 18 euro nei prossimi mesi, passando da 682 euro a 664 euro (simulazioni realizzate su un mutuo da 126mila euro in 25 anni, Tan iniziale 0,67% (Euribor3m+1,25%) sottoscritto a gennaio 2022). LEGGI TUTTO

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    Dalla Tari alla Tarip, come può cambiare la tassa sui rifiuti: tutte le differenze

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    Tra le tasse più odiate in assoluto nel nostro Paese c’è di sicuro la Tari, anche in considerazione del fatto che, a parte rare eccezioni, tende a incrementarsi di anno in anno in modo costante.La musica potrebbe cambiare con l’introduzione della “Tarip”, un’imposta che la sta soppiantando in un numero sempre crescente di Comuni italiani, con l’obiettivo di colpire chi produce più rifiuti o si impegna meno di altri nell’effettuare la raccolta differenziata. L’ammontare della cifra da corrispondere, quindi, diminuisce per i più virtuosi, e si tratta di un meccanismo di “do ut des” che può venire incontro alle esigenze di entrambe le parti, quella dell’utente che risparmia e quella dell’Ente locale che spende di meno nello smaltimento del “secco”. Ma vediamo più nel dettaglio che cosa cambia concretamente.Da un lato abbiamo la Tari, che comporta l’esborso di una cifra con cui si paga il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti senza alcuna distinzione: in sostanza viene calcolata sulla teorica quantità di rifiuti prodotti dal cittadino in base ai metri quadri della casa e al numero di persone che vivono all’interno di essa.Dall’altra c’è invece la Tassa sui rifiuti puntuale, che prevede la quantificazione della tassa sulla base dei rifiuti realmente prodotti dall’utente: quindi in primis si tratta di un’imposta fissa e di una variabile. Con la Tarip, il conteggio della somma da versare al Comune cambia a seconda del volume o del peso di una categoria di rifiuti nello specifico, vale a dire tutti quelli che non si possono riciclare, la così detta “indifferenziata”. Quindi, come detto, il contribuente è incentivato a differenziare dalla riduzione dell’imposta, mentre il Comune deve affrontare una voce di spesa inferiore per far smaltire i rifiuti inutilizzabili.Fin qui tutto semplice, ma in realtà quali sono i parametri presi in esame per quantificare la tariffa puntuale? Partendo, come accade per la Tari, dai metri quadrati dell’immobile e dal numero degli abitanti (dati che compongono la “quota fissa”), si fa una valutazione concreta dello sfruttamento del servizio di raccolta e smaltimento (“quota variabile”): questo viene quantificato sulla base di due voci, ovvero gli “svuotamenti minimi” dei rifiuti non riciclabili ed eventualmente gli “ulteriori svuotamenti” che si sono resi necessari.Per capirci meglio: ogni utenza, a seconda dell’estensione e del numero degli abitanti, ha attribuito un numero di svuotamenti minimi annuali, per cui se il numero è congruo la tassa non varia, se è inferiore viene decurtata la parte addebitata in eccesso, se si supera la soglia la somma viene addebitata a conguaglio nella bolletta successiva per coprire gli “ulteriori svuotamenti”. LEGGI TUTTO

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    L’inverno più costoso di sempre: il caro bollette morde le famiglie italiane

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    Con l’aumento dei prezzi del gas e la scomparsa delle misure di contenimento, il costo del riscaldamento per le famiglie italiane sembrerebbe essere senza precedenti. Una famiglia media di tre persone potrebbe arrivare a spendere fino a 1.403 euro, un incremento del 20% rispetto al picco della crisi energetica. Dopo l’inverno critico del 2022-2023, il rincaro continua a farsi sentire, aggravato dall’assenza di politiche di sostegno e da un mercato ancora instabile, senza considerare che il fenomeno della povertà energetica cresce nel Paese, coinvolgendo 2,36 milioni di famiglie. Ecco tutto ciò che c’è da sapere.Il costo del riscaldamentoDurante i mesi invernali, tra novembre e aprile, il costo del riscaldamento pesa sempre di più sulle famiglie italiane. A Milano, una famiglia di tre persone spenderà 1.403 euro per riscaldare un appartamento di 70 metri quadrati, un aumento del 20% rispetto al picco della crisi energetica e del 68% rispetto all’inverno pre-Covid del 2019-2020. Situazione analoga a Roma, dove la spesa raggiungerà 1.398 euro, mentre a Palermo, pur con rincari meno marcati, la bolletta toccherà gli 828 euro, un record storico.Le cifreQuest’anno, nonostante il costo del gas non sia elevato come durante il difficile inverno 2022-2023, le famiglie italiane dovranno comunque affrontare spese salate, senza alcun tipo di sconto. L’analisi condotta dai ricercatori di Ecco ha simulato i costi del riscaldamento per il periodo tra novembre e marzo in tre città, ovvero Milano, Roma e Palermo, considerando tre tipologie di appartamento con classe energetica G, la più inefficiente ma anche la più comune nel Paese. I risultati mostrano cifre record in tutti i casi, con incrementi a doppia cifra rispetto ai massimi precedenti. A Milano, le spese variano da 788 euro per un single in un appartamento di 38 metri quadrati a 2.143 euro per una famiglia di 4 o 5 persone in un’abitazione di 110 metri quadrati. A Roma, i costi oscillano tra 691 e 1.902 euro, mentre a Palermo i valori vanno da 450 a 1.265 euro.Il nuovo peso economicoLe famiglie italiane si trovano ad affrontare un nuovo peso economico proprio mentre iniziavano a riprendersi dagli effetti dell’iperinflazione, ovvero un incremento dei prezzi estremamente elevato. Le cause di questi rincari record risiedono principalmente nell’aumento del costo del gas naturale all’ingrosso in Europa. Sebbene i prezzi non abbiano raggiunto i livelli estremi registrati dopo l’invasione russa dell’Ucraina, sono comunque in crescita a causa delle persistenti tensioni geopolitiche, arrivando oggi a 48 euro al Megawattora, un valore più che doppio rispetto alla media storica. A peggiorare la situazione, il governo italiano ha eliminato le misure straordinarie introdotte durante l’emergenza per contenere i costi dell’energia, come la riduzione dell’Iva al 5% e l’azzeramento degli oneri di sistema. Rimane operativo solo il bonus sociale destinato alle famiglie con redditi più bassi, ma la platea dei beneficiari, ampliata durante la crisi, è stata nuovamente ridotta. I dati sono stati presentati dal think tank Ecco – Climate Innovation, centro di ricerca dedicato al cambiamento climatico e alla transizione ecologica. LEGGI TUTTO

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    Attenzione a lasciare l’aria calda mentre l’auto è in sosta: rischi fino a 444 euro di multa

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    Con l’arrivo della stagione invernale è più che normale ricorrere all’aria calda durante gli spostamenti in auto. Si tratta di un rimedio efficace per cercare di resistere al freddo, particolarmente intenso nell’abitacolo dei nostri veicoli, specie quando rimangono all’esterno per molto tempo. Attenzione, però, perché ci sono dei limiti previsti dal Codice della strada.Ancora una volta, si deve parlare delle implicazioni previste dal punto di vista ambientale. La normativa, infatti, tiene conto dei rischi dovuti all’inquinamento, ed ecco perché ha posto dei limiti. Se l’automobilista li rispetta, non sarà passibile di multa. Discorso diverso per chi, invece, non sottostà alle regole. Nel Codice della strada – art. 157, comma 7-bis – si legge:”È fatto divieto di tenere il motore acceso, durante la sosta del veicolo, allo scopo di mantenere in funzione l’impianto di condizionamento d’aria nel veicolo stesso; dalla violazione consegue la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 223 a € 444″.In sostanza, tenere il riscaldamento acceso con l’auto in sosta è espressamente vietato, e può portare a una sanzione. Non si faccia però confusione fra fermata e sosta. La prima è una sospensione della marcia che avviene per un breve periodo, mentre la sosta si protrae nel tempo. La sanzione può scattare solo in caso di sosta con aria calda ancora accesa. LEGGI TUTTO

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    Multe stradali, non ci saranno aumenti nel 2025

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    Buone notizie, le multe non aumenteranno. Grazie a una norma inserita nel decreto Milleproroghe (articolo 14, comma 3), è stato deciso che “in considerazione dell’eccezionale situazione economica è sospeso l’aggiornamento biennale delle sanzioni amministrative pecuniarie in misura pari all’intera variazione, accertata dall’Istat, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati”. Questa scelta congela gli importi, evitando di aggravare il peso economico sulle famiglie già colpite da difficoltà finanziarie. Ecco tutto ciò che c’è da sapere.Il chiarimentoCome anticipato, le multe stradali non aumenteranno nel 2025 grazie al decreto Milleproroghe, che posticipa gli adeguamenti al 2026. Tuttavia, Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, chiede ulteriori passi avanti: “Bene, ottima notizia, ma non basta! Accolta la nostra richiesta, ma solo in parte. Il rincaro delle multe non si deve sospendere ma annullare”. Dona avverte anche del rischio di aumenti cumulativi: “Perlomeno si specifichi che nel 2026 scatterà solo l’aggiornamento biennale relativo al 2024 e al 2025, azzerando tutti i precedenti adeguamenti sospesi e facendo ripartire un nuovo conteggio, altrimenti rischiamo di ritrovarci in un colpo solo il rialzo di 5 anni, visto che la Legge 29 dicembre 2022, n. 197 aveva già sospeso il biennio precedente”. Secondo le stime, l’incremento potrebbe essere significativo: “Sarebbe una stangata. Un rincaro che, considerando il nuovo indice Foi di ottobre 2024, oggi sarebbe già pari al 17,7%. Vorrebbe dire, ad esempio, che per il divieto di sosta si passerebbe da 42 a 49 euro”, specifica Dona.L’aumento non si è verificatoA novembre si parlava della teoria sollevata da Assoutenti la quale riguardava l’aumento delle multe previsto a partire dal prossimo anno, che potrebbe trasformarsi in un ulteriore peso per gli automobilisti italiani. A questo proposito l’articolo 195 stabilisce che l’importo delle sanzioni amministrative pecuniarie venga aggiornato ogni due anni, in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, come determinato dall’Istat. In pratica, se l’inflazione cresce, le multe aumentano di conseguenza. Ogni biennio, entro il 1° dicembre, il Ministro della Giustizia, insieme ai Ministri dell’Economia, delle Infrastrutture e dei Trasporti, deve stabilire i nuovi limiti delle sanzioni, che entrano in vigore il 1° gennaio dell’anno successivo. Se l’inflazione registra un incremento elevato, ciò si tradurrà in un aumento significativo delle multe, aggravando ulteriormente la situazione economica degli automobilisti italiani. In questo caso, però, non si è verificato quanto previsto dall’associazione. LEGGI TUTTO

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    Bonus colonnine, in arrivo i rimborsi

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    Il ministero delle Imprese ha pubblicato un decreto dirigenziale per la concessione degli incentivi all’installazione di colonnine di ricarica per veicoli elettrici. In particolare, sono stati riconosciuti 11.485 contributi per i quali sono state relative al periodo 1 gennaio – 22 novembre di quest’anno. Le domande 2024 potevano essere presentate dall’8 luglio al 22 novembre.Che cos’è il bonus colonnineIl bonus colonnine domestiche è un contributo pari all’80% del prezzo di acquisto e posa delle infrastrutture per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica (come ad esempio, colonnine o wall box).Il limite massimo del contributo è di 1.500 euro per gli utenti privati e fino a 8.000 euro in caso di installazione sulle parti comuni degli edifici condominiali. Lo stanziamento previsto per l’anno in corso è di 20 milioni di euro, la metà di quanto previsto nel 2022 e nel 2023. A inizio 2024, occorre ricordarlo, è stata effettuata una riapertura dei termini per la richiesta di contributi relativi all’anno scorso.I controlli a campione di InvitaliaInvitalia, si legge nel provvedimento, è il soggetto gestore della misura, procede allo svolgimento di controlli a campione sulle richieste di contributo, disposti dal Ministero delle Imprese, per verificare la veridicità delle dichiarazioni e della documentazione presentate dai soggetti richiedenti. A tal fine, Invitalia può effettuare accertamenti d’ufficio, verifiche e ispezioni in loco, delle qualità e dei fatti riguardanti le dichiarazioni e documentazione. I soggetti beneficiari del contributo, sono tenuti a consentire lo svolgimento di tutti i controlli, ispezioni e monitoraggi disposti dal ministero o da Invitalia, sulle richieste di contributo per verificare la veridicità delle dichiarazioni e della documentazione presentate dai soggetti coinvolti nel procedimento amministrativo. LEGGI TUTTO

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    Ecco il trucco della manovella per la bolletta del gas

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    Con l’arrivo dell’inverno le temperature scendono mentre le bollette salgono del gas a causa del riscaldamento. Per molte famiglie, questo periodo diventa un’occasione per riflettere su come ridurre i consumi senza rinunciare al comfort domestico. Tuttavia, spesso si crede erroneamente che risparmiare significhi necessariamente affrontare costosi interventi strutturali o investire in tecnologie avanzate. Al contrario, prestare attenzione ai dettagli e adottare piccoli accorgimenti quotidiani può portare a risultati sorprendenti. Sommando questi gesti nel tempo, si possono ottenere risparmi notevoli, senza dover rinunciare alle comodità.L’impatto dell’acqua calda sul consumo energeticoQuando si parla di risparmio domestico, un aspetto spesso trascurato è il consumo legato all’acqua calda. Molti ritengono che i costi elevati delle bollette invernali siano principalmente dovuti al riscaldamento, dimenticando che mantenere costantemente alta la temperatura dell’acqua può incidere in modo significativo sulle spese energetiche. Una parte consistente del consumo di gas, infatti, è attribuibile a un uso poco attento dell’acqua calda, specialmente in ambito domestico. Per fortuna, bastano alcune semplici modifiche alle abitudini quotidiane per ottenere benefici concreti sia in termini economici che ambientali.Come ottimizzare l’uso dell’acqua caldaCambiare il modo in cui si utilizza l’acqua calda è il primo passo per ottenere benefici tangibili. Spesso, senza accorgercene, adottiamo impostazioni che fanno lavorare la caldaia o il boiler più del necessario. Per esempio, abbassare leggermente la temperatura dell’acqua o limitare il suo utilizzo eccessivo può portare a risultati sorprendenti. Queste azioni non solo alleggeriscono le bollette, ma promuovono anche uno stile di vita più sostenibile, riducendo gli sprechi e l’impatto energetico complessivo della casa. Un gesto semplice ma efficace consiste nel prestare attenzione all’orientamento del miscelatore. Dopo ogni utilizzo, è consigliabile posizionarlo verso l’acqua fredda. Questa precauzione impedisce l’accensione involontaria della caldaia all’apertura del rubinetto, evitando così consumi superflui. Anche piccoli gesti quotidiani, come chiudere il rubinetto mentre ci si insapona sotto la doccia o durante il lavaggio dei denti, possono fare una grande differenza. Adottando un uso più consapevole, è possibile risparmiare fino al 10% sui costi energetici annui. Per una famiglia con una bolletta media di 180 euro al mese, ciò equivale a un risparmio annuale di circa 216 euro. Non è una cifra trascurabile, soprattutto se si considera che deriva da semplici cambiamenti nella routine. LEGGI TUTTO