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    Turismo, nuove regole Ue per i pacchetti vacanza: cosa cambia per viaggiatori e operatori

    Vacanze rovinate, rimborsi incerti, voucher imposti e viaggi annullati senza preavviso: le esperienze vissute da molti turisti durante e dopo la pandemia hanno evidenziato le falle di un sistema turistico poco protetto. A quasi dieci anni dalla precedente normativa, l’Unione Europea ha deciso di intervenire con una riforma che punta a rimettere ordine nel mercato dei pacchetti vacanza.La nuova direttivaIl Parlamento europeo ha approvato una nuova direttiva che riscrive le regole del turismo organizzato. Un testo che mira a rafforzare i diritti dei consumatori, chiarire le responsabilità degli operatori e introdurre standard comuni in tutta l’Ue. Il voto finale è atteso per settembre, ma l’accordo raggiunto tra le istituzioni rende il percorso ormai tracciato. Dal diritto al rimborso ai tempi per i reclami, passando per la gestione dei voucher e le relazioni tra agenzie e fornitori, la nuova normativa promette di cambiare in profondità il modo in cui viaggiamo – e organizziamo i viaggi – in Europa.Una nuova definizione di “pacchetto turistico”Uno dei principali interventi riguarda la definizione stessa di “pacchetto”, che viene resa più chiara e funzionale. L’obiettivo è semplificare l’identificazione dei servizi inclusi nei pacchetti turistici, migliorando così la comprensione da parte dei consumatori e riducendo gli oneri amministrativi per le imprese del comparto. La chiarezza normativa dovrebbe inoltre favorire una più uniforme applicazione delle regole nei vari Paesi Ue.Il recesso in caso di circostanze straordinarieIl nuovo testo introduce un approccio rivisto al diritto di recesso prima della partenza. Viene stabilito che in presenza di circostanze eccezionali – come disastri naturali, emergenze sanitarie o eventi geopolitici rilevanti – il viaggiatore possa recedere dal contratto senza penali, ma senza automatismi generalizzati. Le condizioni saranno valutate caso per caso, cercando un equilibrio tra esigenze di tutela del consumatore e sostenibilità per gli operatori.Voucher solo con consensoUn altro aspetto centrale della riforma riguarda i voucher, ossia i buoni viaggio che durante la pandemia sono stati spesso proposti – o imposti – in alternativa ai rimborsi monetari. Con la nuova direttiva, l’emissione dei voucher sarà subordinata all’esplicito consenso del viaggiatore. Inoltre, saranno previste garanzie precise: validità temporale limitata e rimborso automatico in caso di mancato utilizzo entro la scadenza.Rafforzamento dei rimborsi tra impreseLa direttiva interviene anche sui rapporti tra gli operatori del settore. Viene introdotto un obbligo di rimborso B2B (business to business): in caso di annullamento del viaggio o di disservizi da parte di un fornitore (come hotel o compagnie aeree), quest’ultimo dovrà rimborsare l’organizzatore del pacchetto entro sette giorni. La misura intende ridurre i rischi finanziari a carico delle agenzie e migliorare la filiera di responsabilità all’interno del sistema turistico. Il testo approvato stabilisce tempi certi per la gestione dei reclami da parte dei viaggiatori, promuove il ricorso a strumenti di risoluzione alternativa delle controversie (ADR) e prevede l’introduzione di sanzioni economiche nei confronti degli operatori che non rispettano le norme. Le multe potranno arrivare fino al 4% del fatturato annuo dell’impresa inadempiente. LEGGI TUTTO

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    Bollo auto, le novità in arrivo: ecco cosa cambia e da quando

    Con l’approvazione in Consiglio dei ministri del 17esimo decreto attuativo della riforma fiscale, vale a dire la parte in cui si sono trattate questioni inerenti tributi locali e federalismo fiscale regionale, si sono gettate le basi anche per le novità sul bollo auto, che entreranno in vigore dal 2026.La tassa diventa a tutti gli effetti un tributo territoriale, e in quanto tale la competenza spetterà alle Regioni: alle norme locali dovranno quindi attenersi i proprietari del veicolo interessato dal pagamento. Il bollo andrà pertanto versato esclusivamente a beneficio della regione di residenza del contribuente, e la somma dovrà essere corrisposta in un’unica soluzione, quindi addio ai pagamenti rateizzati: in questo modo gli Enti locali avranno una maggiore autonomia nella gestione delle risorse.Novità anche per quanto concerne la data di scadenza, dal momento che a determinarla concorrerà quella di prima immatricolazione della vettura: per i mezzi immatricolati dal prossimo anno, quindi, non ci saranno più le scadenze fisse tradizionali, quadrimestrali, semestrali o anuali, ma una data unica di pagamento che sarà solo annuale. Per tutti i veicoli immatricolati prima del 1° gennaio 2026 rimarranno invece invariate le scadenze già previste, a meno che le Regioni non scelgano di apportare delle modifiche.Un altro cambiamento importante è quello che riguarda il fermo amministrativo: anche per i proprietari delle vetture ad esso assoggettate ci sarà l’obbligo di continuare a versare il bollo auto, a differenza di quanto avviene oggi. In sostanza, quindi, è stato rimaneggiato l’art.5 del Dl 953 del 30 dicembre 1982: “La perdita del possesso del veicolo o dell’autoscafo per forza maggiore o per fatto di terzo o la indisponibilità conseguente a provvedimento dell’autorità giudiziaria o della pubblica amministrazione, annotate nei registri indicati nel trentaduesimo comma, fanno venir meno l’obbligo del pagamento del tributo per i periodi d’imposta successivi a quello in cui è stata effettuata l’annotazione”.Fino ad ora, stante quanto previsto dalla Consulta in data 2 marzo 2017 (sentenza 47) l’esenzione del bollo era infatti limitata al “fermo amministrativo”, ovvero quello che viene determinato dall’autorità a causa di una grave violazione del Codice della Strada, mentre lo stesso beneficio non era esteso in caso di “fermo fiscale”, disposto invece dall’agente della riscossione a tutela di un debito. Ebbene, dal 2026, l’esonero del pagamento della tassa non sarà più concesso al contribuente neppure nel primo caso. LEGGI TUTTO

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    Canone Rai: i requisiti per non pagare la tassa. La data limite per fare domanda

    Manca poco alla scadenza cruciale per evitare l’addebito automatico del Canone Rai sulla bolletta elettrica. I titolari di un contratto di energia elettrica residenziale che non possiedono un televisore hanno tempo fino al 30 giugno 2025 per comunicarlo all’Agenzia delle Entrate. In questo modo sarà possibile evitare il pagamento dei 45,94 euro previsti per il secondo semestre dell’anno, ovvero da luglio a dicembre. Una somma non irrilevante, soprattutto per quelle famiglie che hanno ormai rinunciato alla TV tradizionale, preferendo fruire di contenuti attraverso piattaforme streaming su computer, tablet o smartphone. Ecco tutto ciò che c’è da sapere.Le dichiarazioniA partire dal 1° luglio 2025, invece, eventuali dichiarazioni avranno effetto solo per il 2026. Per ottenere l’esonero, è necessario compilare il cosiddetto “quadro A” del modello disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate. In tale dichiarazione il contribuente attesta di non detenere alcun televisore in nessuna delle abitazioni dove è attiva un’utenza elettrica a suo nome. L’assenza dell’apparecchio deve riguardare non solo il contribuente stesso, ma anche tutti i componenti della sua famiglia anagrafica, ovvero le persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o anche da legami affettivi, purché conviventi e residenti nello stesso comune. Nel caso in cui l’utenza elettrica sia ancora intestata a una persona deceduta, la dichiarazione può essere presentata dagli eredi. Anche in questo caso si dovrà specificare che nell’abitazione in questione non è presente alcun apparecchio televisivo.Dichiarazione sostitutivaÈ bene ricordare che la dichiarazione sostitutiva va ripresentata ogni anno se permane la condizione di non detenzione. Per ottenere l’esonero sull’intero anno solare, la comunicazione deve essere trasmessa tra il 1° luglio dell’anno precedente e il 31 gennaio dell’anno in corso. Chi la presenta tra il 1° febbraio e il 30 giugno, come nel caso attuale, potrà evitare l’addebito solo per il secondo semestre dell’anno. Una volta inoltrata la dichiarazione, l’Agenzia delle Entrate interromperà l’addebito del canone dalla prima rata utile successiva, tenendo conto della data in cui si sono verificati i presupposti dichiarati. Se il canone è già stato pagato in parte, si può richiedere il rimborso compilando l’apposito modulo.Dove inviare la comunicazioneLa comunicazione può essere inviata attraverso diversi canali. È possibile utilizzare l’applicazione web messa a disposizione dall’Agenzia delle Entrate oppure rivolgersi a intermediari abilitati come i CAF o i professionisti fiscali. In alternativa, si può ricorrere alla posta elettronica certificata, a condizione che la dichiarazione sia firmata digitalmente, inoltrandola all’indirizzo cp22.canonetv@postacertificata.rai.it. Infine, si può scegliere la modalità cartacea, inviando una raccomandata senza busta all’indirizzo: Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale I di Torino – Ufficio Canone TV – Casella postale 22 – 10121 Torino. Alla raccomandata va allegata la copia di un documento di identità in corso di validità.Se nel corso dell’anno cambia la situazione, ad esempio se viene acquistato un televisore o se viene meno la convivenza con i familiari dichiarati, il contribuente è tenuto a comunicarlo tempestivamente all’Agenzia compilando il “quadro C” dello stesso modello. In quel caso, il canone sarà nuovamente addebitato a partire dal mese della nuova dichiarazione. LEGGI TUTTO

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    Carta d’identità, milioni di documenti non saranno più validi: ecco da quando

    Non farà più testo la data di scadenza riportata nero su bianco, per cui chiunque sia tuttora in possesso di una carta d’identità cartacea dovrà obbligatoriamente sostituirla entro e non oltre il prossimo 3 agosto 2026 qualora da quella data in poi necessiti di un documento valido per l’espatrio.Alla base di questo drastico sviluppo c’è una decisione dell’UE, che darà concreta applicazione al Regolamento Europeo 1157/2019. La carta d’identità tradizionale, infatti, non dispone della Machine Readable Zone (MRZ), una zona di testo standardizzata formata da tre righe e progettata per essere letta da sistemi di riconoscimento ottico dei caratteri (OCR): grazie ad essa i dispositivi acquisiscono automaticamente le informazioni sul titolare, come nome, numero del documento, data di nascita e scadenza.La normativa comunitaria imporrà quindi a tutti nuovi standard di controllo e sicurezza, tra cui per l’appunto la lettura ottica dei dati che le carte tradizionali non possono garantire. C’è ancora un anno di tempo per adeguarsi, ma il cambiamento potrà essere fatto in qualunque momento senza attendere la deadline.Anche se non esiste un sistema per risalire con precisione al numero di carte d’identità tradizionali in circolazione, secondo una stima di Dday al 3 agosto 2026 potrebbero esserci ancora almeno 5 milioni di documenti del genere, pari all’8% circa degli italiani. Dal momento che tutti i comuni italiani sono abilitati a rilasciare la CIE dal 2019, visto l’avvicinarsi della scadenza, tanti stanno già iniziando ad avvisare i cittadini per evitare che possano crearsi dei sovraffollamenti negli uffici Anagrafe il prossimo anno. LEGGI TUTTO

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    Boom di truffe online nel turismo, come proteggersi dal phishing estivo

    L’industria globale del turismo digitale, con un fatturato che supera gli 800 miliardi di euro, si trova oggi a fronteggiare una sfida crescente che va ben oltre la concorrenza e l’innovazione: il proliferare di truffe informatiche legate alle prenotazioni di alloggi e servizi vacanzieri. Secondo un report di Check Point Software Technologies, il primo semestre del 2025 ha registrato un incremento del 57% nella diffusione di siti fraudolenti che imitano portali come Airbnb e Booking.com, trasformando l’estate in un vero e proprio campo di battaglia digitale.Le diverse tipologieQueste truffe assumono diverse forme, tutte con un forte impatto economico. La più comune riguarda i falsi moduli di pagamento: gli utenti vengono indirizzati su pagine web contraffatte, spesso identiche a quelle originali, dove inseriscono dati sensibili come numero di carta, CVV e scadenza, esponendosi a furti diretti di denaro. Il danno medio per singolo utente può superare alcune centinaia di euro, moltiplicato per migliaia di vittime, rappresenta una perdita considerevole per il mercato.I proprietari di immobili e hostMa non solo: i cybercriminali prendono di mira anche i proprietari di immobili e host, utilizzando tecniche avanzate come il phishing tramite email false che simulano comunicazioni ufficiali di Booking.com. Queste email inducono gli host a cliccare su link che portano a siti clonati, dove, oltre al furto di credenziali, si attivano malware di tipo RAT (Remote Access Trojan), capaci di prendere il controllo del computer e di sottrarre ulteriori informazioni sensibili o dati aziendali.I falsi CaptchaUn’altra modalità particolarmente insidiosa coinvolge la simulazione di pagine di login con falsi Captcha progettati per convincere l’utente a eseguire comandi che scaricano automaticamente software malevoli. Questi attacchi possono compromettere non solo il singolo dispositivo, ma intere infrastrutture IT aziendali, con conseguenze pesanti in termini di downtime e costi di recupero. LEGGI TUTTO

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    “Affitti, tasse e turismo Così i negozi muoiono”

    Lino Stoppani, presidente di Epam, vice presidente vicario di Confcommercio Imprese per l’Italia, ex patron di Peck interviene nel dibattito sulla chiusura dei negozi storici, gli ultimi in ordine temporale Cargo High Tech e La libreria dei ragazzi, stritolati dal caro affitti e dalla trasformazione della città per via del turismo “mordi e fuggi”. Cosa sta succedendo?”Bisogna premettere che le librerie stanno soffrendo molto della concorrenza spietata dell’e-commerce. Si tratta di beni vendibili anche senza valore aggiunto, per cui c’è un problema di tipologia merceologica. Per quanto riguarda i pubblci esercizi sicuramente la grande differenza con le catene di fast food è la qualità del servizio, che purtoppo non sempre è sufficiente a garantire i conti”.In sostanza?”La sostenibitlità economica del business soffre per il caro affitti, ma anche per il caro bollette e il caro personale. Però c’è un problema di fondo che riguarda Milano”.Quale?”Tutte queste attività di prossimità stanno scontando il fatto che Milano sta diventando sempre più una città per turisti e del lusso con la conseguenza che le attività a supporto dei turisti stanno subentrando alle attività per i residenti. In sostanza sta cambiando il tessuto urbanistico, commerciale e sociale. Anche i residenti si trovano ad affrontare affitti insostenibili e si trasferiscono altrove. E allora è chiaro che ci vuole una lungimiranza nella programmazione”.In che senso?”Il commercio sconta le conseguenze di una politica della mobilità che vede lo sviluppo delle corsie preferenziali, la cancellazione delle aree di carico e scarico merci, le pedonalizzazioni che danneggiano i negozi, creando il fenomeno della desertificazione commerciale, con degrado e insicurezza conseguenti. Cambia anche la qualità della vita dei cittadini”.Eppure hanno chiuso Cargo Cargo High Tech in piazza XXV Aprile, un big del design milanese, e la trattoria Pont de Ferr, una stella Michelin…”Incidono anche i cambiamenti delle abitudini di acquisto dei consumatori, sempre più orientati verso la comodità che il commercio on line offre. Così stanno cambiando le priorità dei consumatori, basta pensare alla crisi degli articoli per la casa: se la mia generaizone ambiva ad arricchire la propria dote con pezzi di Richard Ginori, Rosenthal, Christofle, oggi i ragazzi mangiano nei piatti usa e getta e i risparmi vengono destinati ad altri consumi”.Ci si immagina che i turisti con un alto budget di spesa, però, vogliano fare una certa esperienza e quindi gustare le specialità milanesi sui Navigli al Pont de ferr…”È cambiato il pubblico che li frequenta e sono cambiati i Navigli: c’è un abusivismo imperante, a volte problemi di sicurezza con la conseguente deviazione dei flussi dei clienti. Anche qu servirebbe una regia pubblica sul quartiere”.Venendo alle botteghe storiche Regione Lombardia ha previsto dei bandi per le imprese che rimangono famigliari o che restaurano il locale. La regia pubblica potrebbe tutelare di più queste attività?”Sì, soprattutto per favorire la storicità dei locali e quindi mantenere l’identità di Milano”.Si potrebbe pensare anche a riduzioni delle imposte locali o agevolazioni fiscali…”Certo, ci sono tutta una serie di interventi che favoriscono queste attività, ma ci vuole la volontà politica”.Non si potrebbe intervenire con una politiche di calmierazione degli affitti?”Sì, ma è chiaro che il Comune non può imporre a un proprietario immobiliare condizioni che lo penalizzino economicamente però l’amministrazione dovrebbe avere la capacità di programmare lo sviluppo urbanistico perché quando chiudono i negozi si crea quella desertificazione commerciale che porta degrado, abbandono, insicurezza”E la cedolare secca per le attività commerciali?”Sarebbe una cosa positiva” LEGGI TUTTO

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    WhatsApp, occhio alla finta multa ZTL: come riconoscere la truffa

    Una nuova truffa ben congegnata dai suoi ideatori ha fatto scattare l’allarme tra numerosi utenti di WhatsApp. Come ormai tristemente noto, uno dei modi più efficaci per far cadere in trappola ignare vittime è quello di generare in esse un forte senso di urgenza, con lo scopo di farle agire istintivamente e senza riflettere in modo oculato. Chiaro che gli obiettivi in tal senso più a rischio sono soprattutto gli anziani e in genere le persone che hanno minor dimistichezza con gli strumenti informatici e col vasto mondo delle truffe sempre più in espansione soprattutto sul web.In questo caso la via scelta dai cybercriminali per far abbassare la guardia ai propri obiettivi e instillare preoccupazione è l’invio tramite WhatsApp di una finta multa ZTL. Ai più abituati a fronteggiare tentativi di phishing la frode appare lampante, ma con l’obiettivo di far cadere nel tranello il numero maggiore possibile di utenti i truffatori hanno cercato di rendere il messaggio più credibile.Con una veste grafica molto curata, una formula lessicale vicina a quella delle comunicazioni ufficiali e la citazione dell’art.7 del Codice della Strada, quello preposto all’infrazione contestata, i cybercriminali giocano tutte le carte a loro disposizione per ricreare una situazione verosimile: al cittadino viene contestata la violazione di una ZTL, tale da comportare una sanzione da 196 euro che potrebbe crescere fino a 468 euro se non pagata entro un tempo limite, secondo quanto previsto dagli artt. 203 e 206 del CdS.Il fatto è che sono fin da subito rilevabili dei chiari elementi rivelatori del raggiro. Imnanzitutto nessuna multa del genere arriva via WhatsApp ma solo tramite posta raccomandata A/R, Pec o al massimo app istituzionali come IO. Se a ciò si aggiunge che l’avviso arriva in una chat privata da un numero sconosciuto, il quadro è decisamente completo. Tutto questo senza considerare l’elemento ricorrente dell’urgenza, che in questa situazione arriva sottoforma di “sconto” nel caso in cui si risponda all’avviso entro i tempi indicati. Gli elementi per convincere il malcapitato a collaborare ci sono purtroppo tutti.Nel messaggio è inoltre presente un link su cui cliccare per adempiere al proprio dovere, e anche in questo caso dovrebbe suonare un campanello d’allarme dal momento che esso non trasferisce su un sito ufficiale bensì su un portale chiaramente fake ricreato ad hoc dai cybercriminali: l’URL è un elemento determinante a comprendere l’inganno. Cliccando su di esso, la vittima finisce inevitabilmente in trappola. Il rischio non è solo quello di perdere i soldi della multa, qualora si effettuasse il pagamento indicato, ma quello di vedersi sottrarre dati sensibili e bancari, spalancando le porte ai truffatori che potrebbero così agire indisturbatamente sul nostro conto corrente LEGGI TUTTO

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    Naspi, dal 2025 cambia l’accesso: nuovo requisito contributivo per chi si è dimesso nei 12 mesi precedenti

    Dal 1° gennaio 2025 è entrata in vigore una novità normativa che modifica i criteri di accesso alla Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (Naspi), la principale indennità di disoccupazione erogata dall’Inps. Introdotta dal d.lgs. n. 192/2024 e dalla legge n. 207/2024, la nuova disposizione aggiorna l’articolo 3 del d.lgs. 22/2015, aggiungendo un requisito ulteriore in casi specifici.La misuraLa modifica riguarda i lavoratori che, nei dodici mesi precedenti al licenziamento, abbiano lasciato volontariamente un precedente impiego. In tali situazioni, per accedere alla Naspi non sarà più sufficiente la semplice perdita involontaria dell’ultimo posto di lavoro: sarà necessario aver maturato almeno tredici settimane di contribuzione nell’ambito dell’ultimo rapporto di lavoro conclusosi con il licenziamento.A chi è rivoltoIl nuovo requisito si applica solo ai casi in cui l’interruzione precedente è avvenuta su iniziativa del lavoratore – quindi attraverso dimissioni volontarie – e non, ad esempio, per giusta causa o con risoluzione consensuale certificata. Restano invariati gli altri due criteri già previsti per l’accesso alla Naspi: lo stato di disoccupazione involontaria e la presenza di almeno tredici settimane di contribuzione negli ultimi quattro anni, nonché di trenta giornate lavorative effettive nei dodici mesi precedenti l’inizio della disoccupazione. LEGGI TUTTO