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    Aumentano le tasse d’imbarco per i voli fuori dall’Ue, ecco di quanto salirà la cifra

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    Un emendamento alla legge di bilancio prevede, a partire dal prossimo anno, un aumento delle tasse d’imbarco per i voli diretti verso paesi extra-Ue. La novità riguarderà quegli aeroporti italiani con un traffico superiore a 10 milioni di passeggeri l’anno. Si tratta di un provvedimento destinato ad ottenere fondi con cui finanziare i Comuni.La novità in arrivoLa misura in esame, proposta come emendamento alla Manovra, è stata depositata in commissione Bilancio. Secondo le nuove disposizioni dal prossimo aprile 2025 l’addizionale comunale sui diritti di imbaco dei passeggeri diretti in zone extra-Ue crescerà di 50 centesimi. Il tutto, secondo le stime, dovrebbe tradursi in un ricavo di circa 5,33 milioni di euro per l’anno 2025 e di ben 8 milioni per il 2026. Denaro che ha già una destinazione. I fondi ottenuti, infatti, saranno destinati ai Comuni italini, che potranno utilizzare questa importante risorsa per effettuare opere di sviluppo e di edilizia urbana, oltre che nella realizzazione di infrastrutture.Stando a quanto riferito sino ad ora, questo aumento verrà limitato a quegli scali italiani con un traffico superiore a 10 milioni di passeggeri l’anno, per un totale di sei aeroporti. Gli scali sono stati scelti analizzando i dati relativi a partenze, arrivi e passeggeri nell’anno 2023. Questo quanto si legge nella relazione tecnica che è stata allegata all’emenedamento depositato in commissione bilancio. Nel gruppo sarebbero compresi anche gli aeroporti di Bologna e di Milano Linate, che nel 2023 non hanno comunque raggiunto il numero di passeggeri richiesto. Nel complesso, considerati tutti gli aeroporti scelti, si arriva a un totale di 136,5 milioni di passeggeri annui. LEGGI TUTTO

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    Festività non godute: cosa sono e come si calcolano

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    I contratti collettivi di lavoro prevedono, oltre al numero di ferie che varia da comparto a comparto, delle altre voci, tra cui le festività soppresse e le festività non godute.Con quest’ultima tipologia si intendono quelle giornate riconosciute come ferie al lavoratore perché una festività prevista dal calendario ricade in un giorno di riposo settimanale del lavoratore.È quanto accaduto nel 2024, il 2 giugno scorso e in questi giorni con l’8 dicembre, entrambi caduti di domenica. Queste giornate, quindi, non vengono perdute dal lavoratore che ha facoltà di decidere se utilizzarle secondo alcune modalità specifiche o ricevere in busta paga una somma a titolo di festività non goduta.Entriamo più nel dettaglio.Cosa sono e chi può usufruirneLa legge 60 del 27 maggio 1949 stabilisce le giornate festiv” che devono essere riconosciute in quanto tali all’interno di un rapporto di lavoro. “Sono considerati giorni festivi, agli effetti della osservanza del completo orario festivo e del divieto di compiere determinati atti giuridici, oltre al giorno della festa nazionale, i giorni seguenti”:Il 1° gennaio e 6 gennaio.la domenica di Pasqua e il lunedì successivo.il 25 aprile, Festa della Liberazione.il 1° maggio, festa dei lavoratori.2 giugno, Festa della Repubblica.il 15 agosto, festa dell’Assunzione.il 1° novembre, Ognissanti.l’8 dicembre, Immacolata Concezione.il 25 dicembre (Natale) e 26 dicembre (Santo Stefano).La legge prevede, dunque, che l’8 dicembre rientri nella categoria delle giornate da ritenersi come festivi all’interno di un rapporto di lavoroOgni contratto collettivo nazionale del lavoro (CCNL) ha le proprie specifiche quindi è meglio conoscerlo nel dettaglio per capire come funzionano anche le festività non godute in base alla propria distribuzione settimanale e oraria del lavoro.Di norma, comunque, a poterne usufruire sono tutti i lavoratori con contratto subordinato tra cui anche i part-time e i lavoratori a tempo determinato.Come richiederlo e quanto ammontaNel caso in cui il lavoratore opti per utilizzare la festività come giorno di riposo ci sono delle tempistiche entro cui fare la richiesta che varia da contratto a contratto.La festività non goduta potrà, dunque, essere riconosciuta al lavoratore non solo come giorno di riposo aggiuntivo, ma anche attraverso una compensazione economica in busta paga. LEGGI TUTTO

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    Bonus revisione auto 2024: ecco chi può riceverlo e come risparmiare

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    I punti chiave

    Il bonus per la revisione auto torna disponibile entro la fine del 2024, come previsto dal decreto fiscale 2025 collegato alla Manovra. Questo contributo, noto come “bonus veicoli sicuri”, è stato introdotto per alleviare l’impatto degli aumenti dei costi negli ultimi anni. Attivo fino al 2023, sarà nuovamente disponibile fino alla fine del 2024. Ecco tutto ciò che c’è da sapere.Come richiedere la misuraSebbene non siano ancora state comunicate le modalità precise per richiedere il bonus, è probabile che la procedura segua un modello simile a quello adottato tra il 2021 e il 2023. Durante quel periodo, il bonus veniva erogato tramite bonifico bancario o postale, e per riceverlo era necessario fornire l’IBAN al momento della registrazione e invio della domanda sulla piattaforma online dedicata. Attualmente, la piattaforma non è attiva, ma si prevede che venga riattivata nelle prossime settimane, con le modalità di accesso e richiesta già testate in passato. L’accesso alla piattaforma avveniva esclusivamente tramite Spid, una misura volta a garantire una gestione sicura, autentica e tracciabile delle richieste, evitando il rischio di frodi o accessi non autorizzati. In attesa della riattivazione della piattaforma, gli interessati dovranno monitorare le comunicazioni ufficiali per conoscere i dettagli aggiornati sulla procedura di richiesta, che potrebbero includere anche altre modalità di accesso o ulteriori documentazioni da presentare.L’importo della misuraIl decreto fiscale rifinanzia il bonus veicoli sicuri, che era stato introdotto dal 2021 al 2023 per contrastare l’aumento delle tariffe per la revisione dei veicoli. Anche se i dettagli precisi non sono ancora stati resi noti, il contributo sarà accessibile a chi effettua la revisione del proprio veicolo entro la fine del 2024. L’importo complessivo destinato al bonus è di 1,5 milioni di euro, con un contributo di 9,95 euro per ogni pratica di revisione. Il costo della revisione può variare a seconda di diversi fattori, come il tipo di veicolo, il centro scelto per la revisione e la zona in cui si effettua l’intervento. Generalmente, se si sceglie di fare la revisione presso la Motorizzazione Civile, il prezzo si aggira intorno ai 50 euro. Tuttavia, è possibile risparmiare o trovare servizi più comodi rivolgendosi a un centro privato autorizzato, dove il costo della revisione può variare tra i 75 e gli 80 euro, a seconda della struttura e dei servizi aggiuntivi offerti. Va inoltre considerato che, in alcuni casi, i centri privati possono offrire pacchetti che includono anche altri servizi, come il controllo dell’auto prima della revisione, il rilascio del certificato di revisione e la possibilità di effettuare il pagamento online o in modalità comoda. È importante ricordare che, qualunque sia il centro scelto, la revisione deve essere eseguita entro i termini stabiliti dalla legge, altrimenti si rischiano sanzioni amministrative e la sospensione della validità del libretto di circolazione.Il diritto a ricevere la misuraIl diritto a ricevere il bonus revisione auto e moto viene certificato solo dopo aver effettuato una verifica approfondita sulla regolarità della richiesta, garantendo che tutti i requisiti siano stati soddisfatti. Il bonus è concesso esclusivamente ai proprietari di veicoli e può essere richiesto per un solo veicolo e per una sola volta, quindi non sarà possibile richiedere il bonus per più di un veicolo contemporaneamente. È importante sottolineare che il bonus veicoli sicuri può essere richiesto esclusivamente per le revisioni effettuate nel corso dell’anno 2024, ossia per tutte le revisioni che avvengono a partire dal 1° gennaio fino al 31 dicembre 2024, a condizione che vengano effettuate presso strutture autorizzate e accreditate per tale servizio. LEGGI TUTTO

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    Aumenti fino a 850 euro al mese: ecco come cambiano le pensioni di invalidità

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    In arrivo il prossimo anno delle importanti novità per quanto concerne le pensioni di invalidità civile: a parte gli aumenti previsti sulla base della rivalutazione, nel 2025 è in arrivo una nuova forma di supporto ideata per gli anziani con gravi disabilità. I cittadini con invalidità totale beneficeranno di incrementi tra i 400 e gli 850 euro al mese, mentre per coloro i quali risultano affetti da disabilità compresa tra il 74% e il 99% questi aumenti risulteranno esigui, rientrando nell’ordine di pochi euro al mese.Partiamo dalla rivalutazione relativa all’anno prossimo, che sarà decisamente ridotta: il +0,8% rende pressoché irrilevanti le differenze con gli assegni erogati nel 2024. Allo stato attuale delle cose, i percettori di pensioni di invalidità civile con disabilità compresa tra 74% e 99% percepiscono gli stessi importi degli inabili al 100%, vale a dire 333,33 euro al mese. L’unica cosa che cambia sono le soglie di reddito previste per accedere al beneficio: nel primo caso non si deve andare oltre i 5.725,46 euro all’anno, mentre nel secondo il limite previsto è di 19.461,12 euro annuali. L’importo in questione viene erogato anche ai minori di 18 anni che presentino difficoltà a svolgere i compiti e le funzioni tipiche della loro età o che abbiano problemi di udito: la soglia di reddito è di 5.725,46 euro l’anno, e in questo caso i 333,33 euro vengono erogati per 12 e non per 13 mensilità. Ebbene, tutti questi importi, per effetto della minima rivalutazione prevista per il 2025 (+0,8%) cresceranno fino a 336 euro al mese. Ancora nessuna novità relativamente alle nuove soglie di reddito previste per accedere a tali pensioni, dato che l’Inps non ha ancora rilasciato alcuna comunicazione ufficiale.Parlando di invalidi totali, coloro i quali rientrino nei limiti previsti (con reddito personale per l’anno 2024 fissato a 9.555,65 euro o reddito coniugale entro i 16.502,98 euro) hanno diritto al cosiddetto “incremento al milione” già a partire dal compimento dei 18 anni di età, come decretato dalla Corte Costituzionale con sentenza 152/2020. Introdotto per la prima volta nel 2001 con l’art.38 della legge 448, questo beneficio era originariamente previsto solo al compimento dei 60 anni. Una limitazione ritenuta discriminatoria e incostituzionale dalla Consulta, dal momento che “le minorazioni fisio-psichiche, tali da importare un’invalidità totale, non sono diverse nella fase anagrafica compresa tra i diciotto anni (ovvero quando sorge il diritto alla pensione di invalidità) e i cinquantanove, rispetto alla fase che consegue al raggiungimento del sessantesimo anno di età, poiché la limitazione discende, a monte, da una condizione patologica intrinseca e non dal fisiologico e sopravvenuto invecchiamento”.In ragione di questa decisione, pertanto, l’incremento al milione viene riconosciuto dai 18 anni in su a coloro che risultano invalidi al 100%. Per quanto concerne l’anno prossimo l’importo sarà aggiornato aggiungendo una quota fissa di 136,44 euro alla “pensione minima rivalutata”, che arriverà a 603,39 euro: ciò considerato, l’importo totale toccherà i 739,83 euro al mese, ovvero 403,83 euro in più rispetto al 2024.Oltre a questa novità, nel 2025 debutterà una nuova forma di integrazione dell’indennità di accompagnamento, prevista esclusivamente per gli over 80 con necessità assistenziali gravissime: al momento il ministero della Salute non ha ancora definito i criteri di valutazione che consentiranno di accedere a questo beneficio. L’indennità di accompagnamento, ad oggi, è pari a 531,76 euro mensili, e prevede un incremento di appena 1 o 2 euro per effetto di una rivalutazione che si basa su criteri differenti. LEGGI TUTTO

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    Giovani under 36: tutto quello che devi sapere sul bonus prima casa

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    I punti chiave

    Buone notizie per i ragazzi che vogliono acquistare una casa. Il Bonus Prima Casa dedicato ai giovani under 36 rappresenta un’opportunità per favorire l’autonomia abitativa. Introdotto con il Decreto “Sostegni bis” (D.L. n. 73/2021), l’incentivo offre agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima abitazione principale. Per usufruire del bonus, è essenziale che il contratto preliminare di acquisto venga registrato entro il 31 dicembre 2023. Le agevolazioni si applicano agli atti stipulati tra il 26 maggio 2021 e il 31 dicembre 2024, con l’obiettivo di sostenere chi desidera compiere il passo verso l’indipendenza. Ecco tutto ciò che c’è da sapere.Come usufruire dell’agevolazioneL’Agenzia delle Entrate, con il principio di diritto n. 5/2024, ha stabilito che per usufruire dell’agevolazione sugli atti definitivi stipulati entro il 31 dicembre 2024, è indispensabile che il contratto preliminare per l’acquisto dell’abitazione sia stato firmato e registrato entro il 31 dicembre 2023. Questo chiarimento è ribadito anche nella circolare n. 14/E del 18 giugno 2024. In pratica, se il contratto preliminare è stato sottoscritto nel 2023 ma registrato nel 2024, non sarà possibile richiedere il beneficio. Allo stesso modo le agevolazioni non si applicano nei casi di acquisizione dell’immobile tramite provvedimento giudiziale: se il verbale di aggiudicazione risale al 2023, ma il decreto di trasferimento immobiliare è stato emesso nel 2024, il beneficio non sarà riconosciuto.Chi riguarda la misuraIn quanto ai beneficiari possono accedere alle agevolazioni i giovani che non abbiano ancora compiuto i 36 anni di età nell’anno in cui viene stipulato l’atto e che abbiano un indicatore un Indicatore della Situazione Economica Equivalente non superiore a 40mila euro annui. L’Isee viene calcolato in base ai redditi percepiti e al patrimonio posseduto nel secondo anno precedente la presentazione della Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) all’Inps, un documento che contiene i dati anagrafici, reddituali e patrimoniali necessari per descrivere la situazione economica del nucleo familiare.I benefici della normativaLa normativa prevede una serie di benefici significativi per chi effettua determinate operazioni di acquisto. Nel caso di compravendite non soggette a Iva, è garantita l’esenzione dal pagamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, riducendo così i costi complessivi legati alla transazione. Per gli acquisti soggetti a Iva, invece, oltre all’esenzione da queste imposte, viene riconosciuto un credito d’imposta il cui valore corrisponde all’importo dell’Iva pagata al venditore, offrendo un vantaggio fiscale che può essere utilizzato in compensazione o per altre finalità. LEGGI TUTTO

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    Così i truffatori scorrazzano su Instagram

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    Scorrendo le storie di Instagram, uno dei principali social network del gruppo Meta, a qualcuno potrebbe essere capitato di imbattersi in una curiosa pubblicità con il rassicurante marchio di Borsa Italiana. Alla vista di un occhio esperto, sarà sembrato subito strano osservare che un profilo istituzionale divulghi messaggi alla stregua delle peggiori televendite e ancora di più che proprio Borsa Italiana si metta a dare indicazioni di investimento: «Un mese fa vi abbiamo consigliato di acquistare azioni di Gamestop al prezzo di 20,16 euro e un mese dopo il prezzo è salito a 27,8 euro. Oggi vi consigliamo un altro titolo su WhatsApp! Unisciti al nostro gruppo WhatsApp!». Al messaggio, un falso progettato ad arte per trarre in inganno l’utente interessato agli investimenti finanziari altamente speculativi, viene allegato un link che punta a un altro gruppo di Facebook, il social ammiraglio del gruppo Meta (possibile che un tale colosso permetta certe cose?). LEGGI TUTTO

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    Devi ristrutturare casa? Occhio a questi lavori: rischi la stangata del Fisco

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    Nel caso in cui si decida di effettuare dei lavori di ristrutturazione all’interno della propria casa è importante ricordare che a seconda del tipo di opere è necessario aggiornare le rendite catastali, così da non finire nel mirino del Fisco. Un mancato aggiornamento, infatti, potrebbe portare a spiacevoli conseguenze, anche a degli interventi d’ufficio dell’Agenzia delle entrate.Ma cosa sono le rendite catastali? Per rendita catastale si intende un valore fiscale attribuito a un immobile, sia esso un fabbricato o un terreno. La rendita è quella media ordinaria che l’immobile in esame è in grado di produrre di per sé, senza considerare quello che produce in concreto. Le rendite catastali servono a calcolare le tasse a seconda della proprietà. Basandosi sui parametri catastali, sulla localizzazione dell’immobile, sulla tipologia e sull’utilizzo, Agenzia delle Entrate determina il valore. Ecco perché le rendite catastali sono così importanti, specialmente nel caso di calcolo delle imposte (ad esempio, l’Imu).Dando questo per assodato, ci sono dei lavori che, una volta svolti, contribuiscono ad accrescere il valore di un immobile. Ecco perché è obbligatorio comunicare la nuova situazione al Fisco, provvedendo ad aggiornare le rendite catastali. Nel caso in cui venga meno questa procedura, Agenzia delle entrate sarà tenuta a intervenire, multando il contribuente. Come si legge sul Testo Unico dell’Edilizia, la richiesta di aggiornamento catastale deve essere presentata presso gli uffici del Comune entro 30 giorni dal termine dei lavori.Come abbiano detto in precedenza, l’aggiornamento è richiesto per un determinato tipo di lavori. Fra questi figurano la creazione di nuove unità immobiliari, sia nel piano sopra al suolo che interrate, l’espansione delle unità esistenti che vadano a modificare la sagoma esterna dell’edificio,la variazione della superficie delle unità immobiliari, eventuali modifiche interne, che vadano ad alterare il numero o la funzione dei locali, possibili cambiamenti di destinazione d’uso e interventi di riqualificazione.Se la struttura interna, o esterna, dell’immobile non viene alterata, non è necessario provvedere all’aggiornamento. Questo a patto che gli interventi effettuati non portino a un incremento del 15% della rendita catastale. LEGGI TUTTO

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    Stop ai servizi finanziari “truffa”. Così la Consob blocca gli annunci abusivi

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    La Consob, autorità di vigilanza sui mercati finanziari, ha recentemente intrapreso un’azione decisa contro le pubblicità di servizi finanziari abusivi diffuse sul web. L’intervento, che rappresenta il primo caso di applicazione delle nuove competenze conferite dalla legge Capitali, ha portato al blocco di campagne pubblicitarie che sfruttavano impropriamente l’immagine di figure istituzionali di rilievo e di un noto marchio italiano.Campagne ingannevoli con riferimenti istituzionaliLe pubblicità incriminate promuovevano iniziative di intermediari finanziari non autorizzati, utilizzando in maniera impropria il nome di esponenti come la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Inoltre, veniva sfruttata l’immagine del marchio Eni, ingannando gli utenti sulla legittimità dei servizi offerti.Attraverso questa operazione, la Consob ha ordinato l’oscuramento di due siti web implicati in tali pratiche, segnando un importante passo avanti nella lotta contro le truffe finanziarie online.Oscurati altri quattro siti abusiviL’azione non si è limitata alle pubblicità: grazie ai poteri già attribuiti dal decreto Crescita del 2019, la Consob ha disposto l’oscuramento di ulteriori quattro siti di intermediazione finanziaria non autorizzata. Ecco l’elenco completo dei siti oscurati:Con questi interventi, il numero totale di siti oscurati dalla Consob dal 2019 sale a 1194.La tutela dei risparmiatoriLa Consob, ricorda un comunicato, richiama l’attenzione sull’importanza di adottare comportamenti prudenti nelle scelte di investimento. Tra le raccomandazioni principali:Verificare che l’operatore tramite cui si investe sia autorizzato.Controllare che per le offerte di prodotti finanziari sia stato pubblicato il prospetto informativo.La sezione “Occhio alle truffe!”, disponibile sulla homepage del sito ufficiale Consob (www.consob.it), offre risorse utili per riconoscere e difendersi da iniziative finanziarie abusive. LEGGI TUTTO