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    Ecco chi guadagna di più in Italia

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    Stipendi mensili, retribuzione media lorda e differenze tra uomini e donne, giovani e anziano. Il report firmato Istat, ripreso dal Corriere della Sera, ci offre una panoramica completa sulle caratteristiche del mondo lavorativo italiano. Analizzando i dati positivi e denunciando i numeri più preoccupanti, l’Istat passa in rassegna tutte le caratteristiche chiave per comprendere chi guadagna di più in Italia.La retribuzione mediaL’anno preso in considerazione è il 2022. Se si parla di retribuzioni, secondo le rilevazioni Istat, in Italia la retribuzione media lorda annua è stata di 37.302 euro “nelle unità economiche con almeno 10 dipendenti”. Si tratta di una somma che equivale a circa 2.200 euro netti al mese (molto dipende dalle addizionali Irpef locali). Un dato che, se scomposto, ci può offrire diverse risposte agli interrogativi sul mondo del lavoro.Il gap salariale tra uomini e donneA partire, ovviamente, dalle differenze che si vanno a creare nelle singole retribuzioni. Il GPG, ovvero il differenziale di genere nelle retribuzioni orarie medie, si attesta al 5,6%: La retribuzione oraria media maschile è pari a 16,8 euro e quella femminile a 15,9 euro. Il gap tende ad ampliarsi tra i laureati (16,6%), tra i quali la retribuzione media oraria è di 20,3 euro per le donne e di 24,3 euro per gli uomini, ma anche tra i dipendenti con al più l’istruzione secondaria inferiore (15,2%), sebbene su livelli retributivi orari decisamente più bassi (11,1 euro per le donne e 13,1 euro per gli uomini). A spiegare questa decisiva differenza tra genere, concorre il fatto che le donne mediamente lavorano per meno tempo: 1.539 ore l’anno a fronte a fronte delle 1.812 ore degli uomini.Uno dei motivi che intravede l’Istat è sicuramente la “maggiore diffusione di contratti con orario part-time”. Nelle imprese con almeno 10 dipendenti, infatti, la percentuale di lavoratrici part-time, sul totale degli occupati, è più che doppia rispetto a quella degli uomini (12,3%, contro 5,2%). E, dice sempre l’Istat, chi lavora part-time prende meno: in media 12 euro lordi l’ora contro i 17,3 euro che vanno a chi lavora a tempo pieno. Ma Il gap salariale aumenta soprattutto tra le professioni con una ridotta presenza femminile: nel gruppo dei Dirigenti, raggiunge un valore del 30,8% in corrispondenza delle retribuzioni orarie più alte, sia per le donne (34,5 euro) sia per gli uomini (49,8 euro); segue il gruppo delle Forze Armate (27,7%), con valori della retribuzione oraria pari a 16,9 euro e 23,4 euro rispettivamente, e quello degli Artigiani e operai specializzati (17,6%), per i quali le retribuzioni orarie ammontano a 10,6 euro per le donne e 12,8 euro per gli uomini. LEGGI TUTTO

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    Polizze sanitarie: cosa sapere e come scegliere quella giusta

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    Le polizze sanitarie sono strumenti assicurativi che offrono una copertura finanziaria per le spese mediche, costituendo un’alternativa o un complemento rispetto al Sistema Sanitario Nazionale (SSN). Cerchiamo di conoscere le caratteristiche principali di tali polizze, per capire quale può essere più adatta alle proprie esigenze.Cos’è, cosa copreL’assicurazione sanitaria è un contratto con il quale una compagnia assicurativa, in cambio del pagamento di un premio, si impegna a coprire determinate spese mediche o a fornire servizi connessi alla salute dell’assicurato. Tale copertura è regolata da specifici termini contrattuali che definiscono prestazioni incluse, massimali, esclusioni e condizioni. Le polizze sanitarie possono includere coperture per ricovero e degenza ospedaliera, fisioterapia e riabilitazione, acquisto di farmaci (anche in relazione a ricoveri), accertamenti diagnostici correlati a malattie insorte dopo la stipula del contratto.Nel caso in cui l’assicurato utilizzi le strutture del SSN, la copertura si estende solo alle spese non coperte dal sistema pubblico, come i ticket sanitari. Alcune polizze includono inoltre una diaria giornaliera per ogni giorno di ricovero, entro un limite massimo definito. Esistono anche assicurazioni che coprono esclusivamente i grandi rischi e interventi chirurgici, riservandosi di indennizzare l’assicurato solo per specifiche malattie o operazioni elencate nel contratto. È quindi fondamentale leggere attentamente l’elenco delle condizioni di polizza.Cosa non copreTra le esclusioni più comuni troviamo check-up preventivi, cure dentarie (salvo eccezioni per interventi derivanti da infortuni o patologie gravi), interventi estetici, cure dietologiche, correzioni di difetti fisici, malattie derivanti da abuso di alcol, droghe o farmaci. Sono generalmente escluse anche le condizioni patologiche preesistenti e non dichiarate al momento della stipula. È bene quindi verificare con attenzione cosa è incluso o escluso.Come scegliere quella giustaLa scelta della polizza sanitaria più adatta richiede un’analisi attenta delle proprie esigenze. Alcuni aspetti chiave da considerare includono:coperture offerte, per cui verificare l’ampiezza e i limiti delle prestazioni incluse;esclusioni e limiti, vanno lette con attenzione le clausole di esclusione;massimali, franchigie e scoperti, parametri che determinano l’entità delle somme coperte e delle spese a carico dell’assicurato;periodo di carenza, cioè intervallo di tempo durante il quale la polizza non è attiva;età assicurabile, in quanto alcune compagnie limitano la copertura a determinati range di età.È inoltre utile scegliere polizze che prevedano l’assistenza diretta, ossia il pagamento diretto delle spese alle strutture convenzionate, evitando così l’anticipo di denaro da parte dell’assicurato.Il questionario sanitarioPrima della sottoscrizione, è necessario compilare un questionario sul proprio stato di salute. Questo documento ha un valore legale e richiede la massima accuratezza. Dichiarazioni incomplete o inesatte possono comportare la perdita del diritto all’indennizzo o la risoluzione del contratto. Si consiglia di consultare il proprio medico per garantire la correttezza delle informazioni fornite.Diritti e tutele contrattualiLe polizze possono avere durata annuale o pluriennale, con possibilità di rinnovo automatico. È importante verificare le modalità di disdetta, poichè alcune polizze richiedono una comunicazione scritta entro termini specifici; la clausola di aggravamento del rischio, dal momento che l’assicuratore può recedere dal contratto in caso di eventi che aumentano significativamente il rischio assicurativo (art. 1898 c.c.). LEGGI TUTTO

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    Donare una parte della propria casa: ecco tutto ciò che c’è da sapere

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    La possibilità di donare solo una parte della propria casa è una scelta che molti proprietari considerano per motivi diversi. C’è chi desidera garantire una distribuzione equa del patrimonio tra i figli, senza dimenticare chi ha esigenze immediate. Altri potrebbero voler ridurre la grandezza di un immobile che ormai non utilizzano più. In sostanza le ragioni che spingono a questa decisione sono varie, e in alcuni casi potrebbero esserci anche implicazioni fiscali da valutare. Tuttavia, è fondamentale non confondere la divisione della proprietà con l’effettiva destinazione dell’immobile, che può differire nelle modalità di gestione. Ecco tutto ciò che c’è da sapereIl diritto di proprietàIl diritto di proprietà consente al soggetto in questione di disporre dei propri beni in modo completo, libero ed esclusivo. Sebbene esistano alcuni limiti legati ai diritti di altre persone, il proprietario ha piena facoltà di escludere chiunque dal godimento del bene o di concederlo. Tra le possibilità previste dalla legge c’è anche quella di trasferire la proprietà di un bene a un altro soggetto, tramite compravendita o donazione. In generale, non ci sono vincoli specifici sulla donazione, eccetto per le possibili implicazioni ereditari. Se una donazione danneggia la quota di legittima degli eredi legittimari, questi ultimi possono far valere i propri diritti in giudizio, ma solo dopo la morte del donante. L’unico requisito per poter donare un bene è essere il proprietario del bene stesso. Non esistono restrizioni riguardo alle frazioni di proprietà, quindi un soggetto può decidere liberamente di donare una parte del proprio bene, come ad esempio il 50% o anche il 25%, sempre in riferimento alla sua quota di proprietà, che potrebbe non corrispondere all’intero immobile. LEGGI TUTTO

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    Servitù per destinazione del padre di famiglia: cos’è e come va gestita

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    La servitù per destinazione del padre di famiglia è una figura giuridica che si applica anche in ambito condominiale, soprattutto quando si cerca di capire se esistono diritti impliciti tra le varie proprietà o parti comuni di un edificio. In parole semplici, questa servitù si verifica quando, prima della divisione di un immobile, esisteva già una situazione di utilità tra due parti dello stesso. Se queste parti vengono poi separate e vendute a proprietari diversi, quella relazione di servizio continua a esistere anche senza un accordo scritto, o una specifica menzione negli atti. Cerchiamo di capire di più.In cosa consisteLa servitù per destinazione del padre di famiglia è una servitù non negoziata, che si instaura automaticamente quando due fondi inizialmente appartenenti a un unico proprietario, o in relazione di servizio o utilità reciproca (un accesso, un passaggio, o il passaggio di impianti come tubazioni), vengono separati, senza che sia necessario un atto scritto. Tale situazione continua anche dopo la divisione, basandosi sul presupposto che il precedente proprietario abbia “destinato” il fondo servente al servizio del fondo dominante già prima della divisione.Nei condomini, questo tipo di servitù può emergere quando le unità immobiliari derivino da un frazionamento di un’unica proprietà (ad esempio, un immobile unico suddiviso in appartamenti), o una parte comune o un elemento di proprietà esclusiva svolga un’utilità per altre unità, senza che sia esplicitamente indicata una servitù nell’atto di divisione, o nei regolamenti condominiali.Perché è importante in condominio e come riconoscerlaLa questione non è di secondaria importanza, perché in un condominio spesso si verificano situazioni in cui alcune parti dell’edificio, pur essendo di proprietà esclusiva, servono altre unità. Questo può generare conflitti tra i condòmini, specie quando uno di loro cerca di limitare l’uso di queste aree, o non vuole contribuire alle spese di manutenzione. Si pensi al caso di un cancello o di un vialetto privato che però tutti utilizzano per accedere alle loro proprietà.Per capire se una servitù di questo tipo esiste, bisogna innanzitutto ricostruire la storia dell’immobile. Si parte verificando se, prima della divisione, esisteva una situazione di servizio tra le diverse parti (ad esempio, passaggi, collegamenti di impianti o utilizzo di spazi comuni). Poi bisogna accertarsi che questa utilità sia rimasta invariata dopo la suddivisione.Nel caso in cui, ad esempio, le tubature dell’acqua di un condominio attraversino un’unità abitativa privata per raggiungere altre proprietà, anche se non c’è un contratto specifico che stabilisca questa situazione, si tratta comunque di una relazione di utilità tra le parti che preesisteva al frazionamento e che, per legge, può configurare una servitù.Cosa dice la leggeLa normativa di riferimento è l’articolo 1062 del Codice Civile, che regola proprio la servitù per destinazione del padre di famiglia. Perché questa si applichi, è necessario dimostrare che la situazione di servizio tra i due fondi esistesse già quando appartenevano a un unico proprietario, e che tale situazione sia continuata anche dopo la divisione. Per fornire questa prova, si possono usare documenti come planimetrie, atti di vendita o regolamenti condominiali. Anche testimonianze o rilievi tecnici possono essere utili. LEGGI TUTTO

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    Occhio alla truffa Vodafone: come non caderci

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    Recentemente, diversi utenti Vodafone hanno segnalato di aver ricevuto telefonate da un presunto call center che li avvisava di un aumento imminente della tariffa mensile a causa della fusione con Fastweb. Queste comunicazioni, che sembrano ufficiali, sono in realtà truffe telefoniche create per ingannare i consumatori. Vodafone ha prontamente smentito l’esistenza di qualsiasi aumento dei prezzi legato alla fusione. Vediamo come riconoscere questa truffa e come difendersi.La truffaLa truffa è emersa a seguito dell’annuncio della fusione tra Vodafone e Fastweb, che ha suscitato confusione tra i clienti di entrambe le compagnie. Sfruttando questo periodo di incertezza, alcuni truffatori contattano gli utenti fingendosi rappresentanti ufficiali di Vodafone. Le telefonate informano i clienti di un imminente aumento delle tariffe a causa della fusione, dicendo che il costo mensile della linea aumenterà di 8 euro. I truffatori cercano di spingere le persone ad accettare nuove offerte, alimentando la paura di eventuali cambiamenti sfavorevoli. In altri casi, cercano di ottenere informazioni personali, come i dati bancari o i numeri delle carte di credito, promettendo un “aggiornamento” del contratto. Questa pratica ingannevole si basa sulla fiducia degli utenti e sfrutta la confusione causata dalla fusione per trarre vantaggio in modo illecito.La smentita di VodafoneVodafone ha prontamente smentito qualsiasi ipotesi di aumento delle tariffe in seguito alla fusione con Fastweb, confermando che non ci saranno modifiche nei prezzi e che le tariffe rimarranno invariabili. La compagnia invita i propri clienti a fare attenzione a chiamate sospette e a non rivelare mai informazioni personali a chiunque non sia chiaramente identificabile come un operatore ufficiale. LEGGI TUTTO

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    È corsa al bonus elettrodomestici. Quando ci sarà il click day e chi può chiederlo

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    Tutti pronti al click day per presentare la domanda di accesso al bonus elettrodomestici, agevolazione introdotta dal governo con la Legge di Bilancio 2025 per favorire l’acquisto di nuovi apparecchi e sostenere le aziende. Il bonus prevede un rimborso del 30% da calcolare sul prezzo d’acquisto del prodotto, con un tetto di 100 euro per ogni famiglia. Nel caso di Isee inferiore ai 25mila euro si possono raggiungere anche i 200 euro.Da quanto sappiamo, il bonus elettrodomestici sarà valido per tutto l’anno corrente, ma naturalmente i fondi stanziati sono limitati. Ecco perché c’è grande attesa per il click day, giornata durante la quale si potrà iniziare a inoltrare le domande. Dal momento che vi è un massimo di 60 giorni di tempo dall’entrata in vigore della Manovra per comunicare tutti i dettagli, e considerato che La legge di Bilancio è in vigore dal primo di gennaio, appare chiaro che entro la fine di febbraio dovrebbe esserci il click day.Non avendo una data precisa, ma solo indicativa, il consiglio è quello di controllare spesso le comunicazioni ufficiali, perché il giorno di presentazione delle domande potrebbe essere vicino e i fondi potrebbero terminare in breve tempo.Ma per quali elettrodomestici si potrà presentare domanda?”Il bonus potrà essere richiesto per l’acquisto di un solo elettrodomestico per nucleo familiare. Non si tratta però di un’agevolazione per qualsiasi apparecchio: gli elettrodomestici dovranno essere di classe energetica B o superiore e, aspetto particolarmente rilevante, dovranno essere prodotti in Europa”, ha spiegato all’AdnKronos Simona Volpe, rappresentante di Unione nazionale consumatori. “Inoltre, sarà necessario procedere alla sostituzione contestuale del vecchio apparecchio, promuovendo così un corretto processo di smaltimento e riciclo. Per questa iniziativa, il governo ha previsto uno stanziamento significativo di 50 milioni di euro”, ha aggiunto.Rendendo disponibile questo bonus, l’esecutivo mira a sostenere il settore italiano/europeo degli elettrodomestici, ma anche a favorire il riciclo dei macchinari obsoleti, la sostenibilità ambientale e l’efficienza energetica. LEGGI TUTTO

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    La truffa del “mulo del denaro”: come difendersi dal “wanigiri” che svuota i conti correnti

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    La truffa wanigiri, anche conosciuta come “mulo del denaro”, è un inganno sofisticato che coinvolge una serie di passaggi ingannevoli per reclutare individui ignari, che vengono utilizzati per trasferire denaro illecito. L’FBI ha diffuso avvisi per sensibilizzare il pubblico su questo crimine, che si sviluppa principalmente attraverso le app di messaggistica più comuni. Gli autori di questa pratica iniziano con un semplice saluto o una richiesta di parlare brevemente, ma dietro questo approccio iniziale si nasconde un inganno ben architettato. Chi cade nella truffa viene usato inconsapevolmente come “mulo del denaro” per spostare fondi illeciti, finendo per coinvolgersi in attività criminose. Ecco come funziona e come non caderci.In cosa consisteI truffatori iniziano il contatto con un messaggio apparentemente innocente su piattaforme come WhatsApp, Instagram o tramite sms, attirando le vittime in modo subdolo. All’inizio, le vittime ricevono piccole somme di denaro per compiti semplici. Questi pagamenti iniziali, seppur modesti, suscitano un senso di fiducia e un desiderio di guadagnare di più. Successivamente, vengono proposti compiti più impegnativi, come richieste di pagamenti più ingenti, promettendo rendimenti più elevati. Tuttavia, una volta che le vittime hanno effettuato diversi bonifici, che possono ammontare anche a migliaia di euro, i truffatori scompaiono, lasciando le persone senza nulla.Conti bancari svuotatiPartecipare a queste attività comporta non solo il rischio di truffa, ma anche gravi conseguenze, come la possibilità di vedere il proprio conto bancario congelato e difficoltà nell’ottenere prestiti o agevolazioni fiscali. Diversi lettori sono stati vittime di questo inganno, con perdite che in alcuni casi hanno raggiunto anche i 125.000 euro. Un esempio è quello di Antonio, che avrebbe dovuto effettuare un bonifico su un conto bancario di PayTend, una banca lituana già coinvolta in un’altra truffa simile. Il denaro inviato sarebbe stato trasformato in criptovalute e successivamente reinvestito nel mercato Forex. Antonio avrebbe ricevuto una commissione del 20% sull’importo iniziale investito. I truffatori utilizzano questo stratagemma per invogliare le vittime a investire somme maggiori, convinte dai guadagni iniziali, seppur modesti. LEGGI TUTTO

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    Bonus mamme 2025, cosa c’è da sapere: come richiederlo e le categorie escluse

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    Se da un lato manca il decreto attuativo del ministero del Lavoro e del Mef, atteso entro fine mese, che stabilirà i dettagli dell’esonero contributivo per l’anno in corso, dall’altro il bonus mamme è confermato anche per il 2025, ma con alcune modifiche rispetto allo scorso anno. Le lavoratrici mamme con due o più figli a carico potranno fare richiesta del bonus a partire da febbraio 2025.Di cosa si trattaIl bonus si tratta di un esonero del versamento della quota di contributi previdenziali, a cario ovviamente solo delle lavoratrici madri di due o più figli, fino al compimento del decimo anno d’età del figlio più piccolo. Quest’anno, però, le modifiche sono rilevanti. Innanzitutto, a differenza del 2024, la decontribuzione quest’anno sarà parziale, e non piena come lo scorso anno, sebbene non si preveda una riduzione sotto l’80%. Ma non solo. Nelle risorse stanziate, che in tutto sono 300 milioni di euro, l’esecutivo ha posto dei paletti precisi. per il 2025, il governo ha introdotto il limite di reddito di 40mila euro per accedere alla misura.I requisitiIn sintesi, riassumendo i requisiti di concessione dell’esonero, in primis e lavoratrici devono essere madri di due o più figli. In secondo luogo l’esonero spetta fino al mese del compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo o, dall’anno 2027, se madri di tre o più figli, fino al mese del compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo. La disposizione prevede, inoltre, che il beneficio non si applichi per il 2025 e il 2026 in favore delle lavoratrici che risultano essere beneficiarie dell’esonero contributivo già previsto dalla manovra 2024. Ulteriore requisito per la concessione del beneficio previsto è che la retribuzione o il reddito imponibile ai fini previdenziali non sia superiore all’importo di 40 mila euro su base annua.Le categorie escluseI beneficiari del bonus saranno quindi le lavoratrici dipendenti ma quest’anno potranno richiedere l’esonero anche le autonome con almeno due figli iscritte all’assicurazione generale obbligatoria o alla gestione separata. Restano però escluse le partite Iva che aderiscono al regime forfettario e le lavoratrici domestiche. Per le lavoratrici che risultano essere beneficiarie dell’esonero contributivo introdotto dalla manovra 2024 invece non cambia nulla: continueranno a ricevere un esonero contributivo pari al 100% della retribuzione (9,19%), fino a un massimo di 3.000 euro lordi annui. LEGGI TUTTO