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    Call center molesti? C’è un nuovo modo per difendersi: come funziona

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    Stretta contro le truffe telefoniche e maggiore trasparenza per le offerte 5G: Agcom cambia le regole del gioco. Con un nuovo Regolamento, che manda in soffitta le norme del 2016, l’Autorità scende in campo per tutelare gli utenti, dichiarando guerra al telemarketing selvaggio, alle frodi da spoofing e alle offerte poco chiare.Telemarketing sotto controlloLa nuova disciplina punta a colpire in modo efficace il telemarketing e il teleselling aggressivo, spesso effettuati attraverso numeri non registrati o inesistenti, utilizzati proprio per rendere irrintracciabile il chiamante. Agcom interviene anche sul fronte delle truffe via spoofing, cioè quelle chiamate che mascherano il vero numero del mittente per farlo apparire come appartenente a soggetti pubblici o privati autorevoli, come banche o forze dell’ordine. In particolare, sarà bloccato il traffico in entrata dall’estero che mostra in modo illecito un numero italiano come identificativo del chiamante. Gli operatori italiani dovranno impedire la conclusione di queste chiamate, a meno che il destinatario non si trovi davvero in roaming.Bollini per il 5GUn’altra novità significativa riguarda il mondo delle offerte su rete mobile 5G. Agcom introduce un sistema di bollini che consentirà agli utenti di identificare facilmente la qualità del servizio acquistato, con particolare riferimento alla velocità. Il bollino verde segnalerà offerte senza limiti contrattuali sulla velocità. Il bollino giallo identificherà pacchetti con velocità pari o superiori a 20 Mbit/s, mentre il bollino rosso sarà riservato alle offerte con velocità inferiori. Un sistema semplice e immediato per aiutare i consumatori a scegliere consapevolmente.Controllo dei consumi e più tuteleIl Regolamento interviene anche sulla trasparenza del traffico dati. Gli operatori saranno tenuti ad avvisare l’utente al raggiungimento dell’80% del traffico incluso nell’offerta, e a bloccare automaticamente la connessione al superamento del 100%, salvo consenso esplicito per la riattivazione. Una misura pensata per evitare costi imprevisti e proteggere l’esperienza d’uso. LEGGI TUTTO

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    Stangata Tari, ma arriva il bonus. 25% di sconto automatico: ecco a chi spetta

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    Uno sconto del 25% sul costo della Tari rivolto alle famiglie con Isee sino a 20mila euro.È questo il bonus Tari, previsto dal Decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri n .24 del 21 gennaio scorso per supportare le famiglie con redditi meno abbienti rispetto al pagamento della tassa sui rifiuti che, proprio dallo scorso primo aprile, è diventata più onerose per le tasche dei contribuenti.E qui subentra la prima criticità perché molte amministrazioni comunali hanno già emesso i bollettini per il 2025, il che renderebbe necessaria l’applicazione retroattiva del bonus.Ma entriamo più nel dettaglio.Cosa è la tari e cosa comporta il bonusLa Tari (Tassa sui rifiuti), introdotta con la Legge di Stabilità 2014 (che ha sostituito le precedenti Tares, Tia e Tarsu), è una tassa comunale destinata a finanziare il servizio di raccolta, trasporto, smaltimento e riciclo dei rifiuti urbani.Sono tenuti al pagamento i proprietari o inquilini di case, negozi, uffici, locali e, dunque, è tenuto al versamento anche chi usa temporaneamente un immobile.Spetta ad ogni Comune definire la scadenza, ma in genere il pagamento è suddiviso in due o tre rate annuali.Come scritto sopra dal primo aprile scorso i costi della Tari sono aumentati ma a venire in soccorso delle famiglie dovrebbe intervenire proprio il bonus che, come ricorda l’Arera (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) “è un’agevolazione economica, recentemente introdotta su scala nazionale dalla legge ma non ancora attivata, che garantirà una riduzione della spesa per il servizio di gestione rifiuti ai nuclei familiari in condizione di disagio economico, analogamente a quanto è già previsto per i servizi elettrico, gas e acqua. Il bonus nazionale rifiuti sarà disciplinato dall’Autorità tenendo conto dei principi e dei criteri generali che dovranno essere individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri”.L’agevolazione, che consiste in uno sconto del 25%, sarà rivolta alle famiglie: LEGGI TUTTO

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    Contratti telefonici e firma Otp: quel codice ha valore legale

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    Cresce il numero di consumatori che si ritrovano legati da contratti sottoscritti al telefono senza aver davvero letto le condizioni. Il motivo? Una procedura apparentemente innocua, ma legalmente vincolante: la firma con Otp, ovvero l’inserimento di un codice ricevuto via sms. È bene sapere che quel gesto equivale a una firma digitale con pieno valore legale. E l’unico modo per uscirne è esercitare il diritto di recesso entro 14 giorni. Ma cerchiamo di capirne di più.Come funzionaTutto comincia con una telefonata. Un operatore propone un’offerta, ad esempio per luce, gas o altri servizi, che sembra conveniente. Il cliente, senza avere davanti alcun documento, fatica a valutarla con attenzione. L’operatore, però, insiste: l’offerta è a tempo, bisogna approfittarne subito. Se si accetta, arriva un link via sms o e-mail che rimanda a un contratto da leggere, ma spesso si rinvia la lettura, convinti che quanto detto al telefono corrisponda al contenuto del documento.A questo punto scatta la firma Otp: un codice viene inviato via sms per rendere valido il consenso. Lo si inserisce quasi meccanicamente, ma quell’azione equivale a firmare il contratto, anche senza averlo letto. Ecco perché si parla di “firma digitale a tutti gli effetti”.Cos’è la firma Otp e perché ha valore legaleLa firma Otp (acronimo di One time password) è una firma elettronica avanzata. Si basa sull’invio di un codice monouso al numero di telefono o all’e-mail del cliente, che serve per autenticare l’identità del firmatario e validare il documento. Ha valore legale perché rispetta i requisiti previsti dalla normativa sulla firma elettronica, grazie anche al fatto che il codice è generato con algoritmi sicuri e ha validità limitata a pochi secondi.Ricapitolando, si riceve un sms con un codice, lo si inserisce in una schermata online e, quasi senza rendersene conto, si è sottoscritto un contratto legalmente vincolante.Differenza da un normale contratto telefonicoQuesta procedura, si badi, non è come i tradizionali contratti telefonici. In passato, se un operatore proponeva un’offerta al telefono, era obbligato a inviare la documentazione scritta. Il cliente aveva tempo per leggerla e decidere, in caso contrario, il contratto non era valido.Con la firma Otp, invece, la documentazione viene effettivamente inviata, ma in simultanea alla telefonata, attraverso un link. Appena si inserisce il codice, il contratto è sottoscritto. Niente più registrazioni telefoniche con le condizioni economiche dettagliate: la chiamata serve solo a convincere il cliente a completare la procedura.Come avviene la firma OtpVediamo, passo dopo passo, tecnicamente, come si articola di solito la procedura che porta alla firma Otp.L’operatore invia un sms o un’email con un link; cliccando su di esso si accede al contratto, spesso molto lungo (anche 40-50 pagine); il consumatore deve confermare di aver letto il contratto (spuntando una casella); riceve via sms (e talvolta anche via e-mail) un codice Otp da inserire per firmare; il sistema registra il numero di telefono, l’ora e il consenso, generando una firma elettronica. A questo punto il contratto firmato e valido, anche se il consumatore non ha letto una riga.Come tutelarsi: il diritto di ripensamentoUna volta inserito il codice Otp, il contratto è operativo. Ma c’è una possibilità per tornare indietro: esercitare il diritto di recesso entro 14 giorni, come previsto dalla normativa sulle vendite a distanza. In questo lasso di tempo, il consumatore può annullare il contratto senza penali, a patto che non abbia richiesto l’attivazione immediata del servizio. LEGGI TUTTO

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    Pensione all’estero, come farsi rimborsare le tasse in Italia

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    Sempre più cittadini italiani stanno decidendo di trasferirsi all’estero e di percepire lì la pensione nella speranza di trovare condizioni economiche più favorevoli. Inoltre, anche chi risiede fuori dall’Italia può fare richiesta per ottere il rimborso tasse, a patto però che si muova per tempo.Stando al regolamento, il pensionato deve risultare fiscalmente residente in una Nazione che rientra negli accordi sottoscritti con l’Italia; in sostanza, deve esserci un accordo contro le doppie imposizioni che garantisca la detassazione degli assegni percepiti da ex lavoratori nel Bel Paese e la tassazione nel nuovo territorio in cui sono residenti. Si tratta di convenzioni molto importanti per coloro che, andati in pensione in Italia, si sono poi trasfereriti all’estero, finendo col destreggiarsi fra Fisco italiano e Fisco locale. I regolamenti permettono di evitare la doppia tassazione.Tramite l’interpello 246/2019, Agenzia delle Entrate ha tracciato alcune limitazioni per quanto riguarda le tasse. Viene fatto l’esempio di un pensionato trasferitosi all’estero dopo aver lavorato anni in un’azienda italiana e aver percepito la pensione in Italia. Dal 2016 l’uomo vive in Spagna e risulta regolarmente iscritto Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero). Dal 2018 ha ottenuto la residenza fiscale nella penisola iberica. Agiscono, di conseguenza, il Fisco italiano e quello spagnolo. Italia e Spagna, tuttavia, hanno una convenzione internazionale che contrasta la doppia tassazione. Il pensionato, tuttavia, ha fatto sapere di non aver ricevuto alcun rimborso tasse da parte dell’Inps.Da qui, la domanda: è necessario presentare la dichiarazione dei redditi anche in Italia, pur essendoci trasferiti? Come recuperare le tasse versate all’Italia? L’Agenzia delle Entrate ha fatto sapere che anche gli italiani residenti all’estero sono tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi se anche solo parte di essi sono stati maturati in Italia. Tuttavia, lo stesso cittadino, ha poi il dirtto di essere rimborsato per le tasse trattenute.Il rimborso è garantito dall’articolo 38 del Dpr n. 602/73, e se ne può fare richiesta presso il Centro Operativo dell’Agenzia delle Entrate di Pescara, che esegue controlli e accertamenti automatizzati su tutto il territorio nazionale. La richiesta di rimborso deve essere presentata entro 48 mesi dal momento in cui sono state versate le imposte. Ciò può essere fatto seguendo le direttive stabilite dal provvedimento del 10 luglio 2013. L’Angenzia spiega che i sostituti di imposta, come ad esempio l’Inps, possono applicare un’esenzione o delle minori aliquote nei confronti dei beneficiari dell’assegno, anche di propria iniziativa. L’importante è che sussista la documentazione che dimostra il possesso dei requisiti necessari. LEGGI TUTTO

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    Bonus sport ai nastri di partenza: quando scatta, cosa prevede e quali sono i requisiti per richiederlo

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    Dopo il rifinanziamento nella Manovra 2025, il Bonus Sport è pronto a scattare anche quest’anno: dalle ore 16.00 di venerdì 30 maggio fino a lunedì 30 giugno le imprese potranno inoltrare l’istanza di accesso all’incentivo, destinato ad agevolare la costruzione ex novo o i lavori di restauro e manutenzione di impianti sportivi pubblici. L’iniziativa, introdotta per la prima volta nel 2019, rientra nell’ambito delle agevolazioni fiscali destinate al privato che decide di dare il proprio contributo per migliorare i beni pubblici, in questo caso nello specifico attività e strutture sportive.Il bonus è pertanto rivolto esclusivamente alle imprese che vogliono contribuire alla crescita del territorio, e in concreto si tratta di una misura fiscale che consente di ottenere un credito d’imposta pari al 65% sulle donazioni in denaro destinate a sostenere gli impianti sportivi pubblici o i soggetti che direttamente li gestiscono, da suddividere in tre distinte quote annuali di pari importo e utilizzare in compensazione tramite modello F24.Come anticipato, si tratta di un’agevolazione prevista per attività di restauro, ripristino, manutenzione ordinaria/straordinaria o costruzione ex novo di impianti sportivi pubblici. Ciascuna impresa potrà detrarre al massimo il 10 per mille dei ricavi annui prodotti nel precedente anno fiscale (quindi in questo caso il 2024), considerando il fatto che il totale complessivo del credito d’imposta massimo stanziato per il 2025 è di 10 milioni di euro.La domanda può essere presentata nella finestra 30 maggio-30 giugno, ma ovviamente è bene agire il prima possibile per non rischiare di veder esaurire il fondo stanziato dal governo. Per accedere al Bonus Sport 2025, le cui modalità saranno definite prossimamente col decreto attuativo, i punti previsti saranno i seguenti:- presentazione dell’istanza di accesso alla misura online entro i tempi già stabiliti;- ricezione dell’autorizzazione a procedere con la donazione da parte del dipartimento dello Sport, che arriverà ovviamente dopo l’accettazione della domanda;- certificazione della donazione da parte dei soggetti beneficiari di suddetta erogazione liberale;- infine il riconoscimento del credito d’imposta spettante, sancito in via ufficiale dopo la comunicazione del dipartimento dello Sport all’Agenzia delle Entrate. LEGGI TUTTO

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    Spazi comuni inutilizzati: come possono essere riconvertiti

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    In molti condomìni, soprattutto quelli costruiti tra gli anni Settanta e Novanta, capita spesso di imbattersi in spazi comuni che col tempo hanno perso la loro funzione originaria. Un classico esempio è il campo da tennis, una volta molto in voga ma oggi raramente utilizzato. Lo stesso vale per vecchie lavanderie condominiali, portinerie dismesse, locali caldaia ormai inutilizzati o giardini lasciati all’incuria.La domanda che molti si pongono è: si possono trasformare questi spazi in qualcosa di più utile per i condomini di oggi? La risposta è sì, purché si seguano alcune regole fondamentali. Vediamo quali.Cosa dice la leggeIl riferimento principale è l’articolo 1120 del Codice civile, che permette di apportare delle modifiche alle parti comuni del condominio – le cosiddette innovazioni – se queste risultano utili al miglioramento o all’uso più comodo delle cose comuni. Ovviamente, non devono danneggiare le strutture dell’edificio né limitare i diritti degli altri condòmini.Tradotto in parole semplici: se uno spazio non serve più a nessuno e non è vincolato a usi particolari, i condòmini, con un’adeguata maggioranza in assemblea, possono decidere di destinarlo ad altro.Dal campo da tennis all’area giochiImmaginiamo, ad esempio, un campo da tennis ormai impraticabile e inutilizzato da anni. Potrebbe diventare un’area giochi per bambini, un piccolo giardino attrezzato o addirittura uno spazio per il fitness all’aperto.E lo stesso discorso si può fare per tanti altri spazi dimenticati: una lavanderia condominiale in disuso potrebbe diventare un deposito biciclette o una sala hobby; una vecchia portineria potrebbe trasformarsi in magazzino, baby room o sala riunioni; un locale caldaia non più in uso potrebbe ospitare una mini-palestra o un archivio condominiale; un giardino trascurato potrebbe rinascere come orto urbano condiviso.In tutti questi casi, l’obiettivo è lo stesso: recuperare uno spazio comune e renderlo di nuovo funzionale, utile, vivo.Come procedere, passo dopo passoNaturalmente, non basta una buona idea. Per trasformare uno spazio comune serve seguire un percorso chiaro: proporre la riconversione all’assemblea condominiale; raggiungere la maggioranza necessaria, quella degli intervenuti, che rappresentino almeno due terzi dei millesimi (667/1000); verificare il regolamento condominiale, soprattutto se è contrattuale, potrebbe contenere divieti o vincoli particolari; controllare le norme urbanistiche del Comune, per essere sicuri che la nuova destinazione d’uso sia compatibile.Una volta approvata la trasformazione, è importante anche pensare alla gestione futura: chi userà lo spazio? Chi lo manuterrà? Ci saranno costi da sostenere? Tutti aspetti che vanno chiariti, magari con un regolamento d’uso interno. LEGGI TUTTO

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    Modello 730, dal 19 maggio è possibile annullarlo: ecco cosa dobbiamo sapere

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    I problemi presentati dal sito di Agenzia delle Entrate hanno spinto a prendere provvedimenti per agevolare i cittadini che devono ancora inviare il modello 730 precompilato, oppure correggere qualche vista che non sono stati in grado di sistemare. Dal prossimo 19 maggio, dunque, è possibile rimettere mano alla propria dichiarazione dei redditi, annullandola oppure modificandola. Questa opportunità è rivolta esclusivamente a coloro che nella giornata di venerdì 16 maggio, in sede di inserimento dei dati, si sono imbattuti nei rallentamenti e nei blocchi del portale del Fisco. Queste persone, infatti, possono aver incontrato delle difficoltà dovute ai problemi del sito. In questo modo potranno controllare ciò che hanno già inviato e provvedere a eventuali modifiche, in caso di bisogno. Agenzia delle Entrate, infatti, permetterà di annullare il 730 e di inviarlo nuovamente con i dati corretti. Non sono però state concesse proroghe. La scadenza per l’invio del documento rimane quella del 30 settembre per il 730 e del 31 ottobre per il modello Reddito PF.Altra cosa da sapere è che l’annullamento del modello 730 verrà concesso solo una volta, e potrà essere fatto nel breve periodo compreso fra 19 maggio e 20 giugno. Oltre questo termine non sarà più possibile usufruire di questa concessione. Chiaramente, se si decide di annullare il 730, bisognerà ripresentarne un altro, altrimenti al Fisco non risulterà nulla e si potrà incorrere nel reato di omessa dichiarazione.Per annullare l’invio del modello 730 basta accedere all’area riservata del portale di Agenzia delle Entrate e andare nell’apposita applicazione dedicata alla precompilata. Per procedere con l’annullamento bisognerà inserire le nostre credenziali. Vanno cancellati prima di tutto i dati precedentemente inseriti cliccando su “Ripristina” nella sezione “Redditi aggiuntivo e correttivo/integrativo”. Sarà rimosso anche il modello F24. LEGGI TUTTO

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    Imu, sconto in caso di addebito diretto sul conto corrente: cosa può cambiare con la riforma

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    Con la revisione del sistema dei tributi locali, che di recente ha ottenuto il primo via libera dopo l’approvazione preliminare del relativo decreto per opera del Consiglio dei ministri, potrebbero cambiare tante cose per quanto concerne la gestione delle tasse da parte degli enti teritoriali, Imu compresa.E nell’analisi si parte proprio dalla tassa sulle case, dal momento che si avvicina a grandi passi la scadenza dell’acconto, da versare entro lunedì 16 giugno: un appuntamento d’obbligo per i possessori di immobili diversi dall’abitazione principale, per la quale si paga comunque qualora essa rientri nelle categorie di lusso A/1, A/8 e A/9, di aree fabbricabili e di terreni agricoli. Nel momento in cui la riforma entrerà in vigore in via definitiva, i Comuni, sfruttando questa maggiore autonomia ma entro certi limiti, avranno la facoltà di incentivare il pagamento da parte dei debitori creando delle nuove forme di “definizione agevolata”. Cosa significa in concreto?Anche allo stato attuale uno degli strumenti che consentono al contribuente moroso di ridurre il peso del proprio debito, messo nero su bianco sulle cartelle esattoriali, è rappresentato dalle sanatorie approvate periodicamente dal governo: la “definizione agevolata” da un lato consente all’Erario di incassare un credito che ha difficoltà a riscuotere, dall’altra dà modo al debitore di mettersi in regola pagando quanto dovuto originariamente senza aggiungere gli interessi di mora, le sanzioni e l’aggio.Fino a oggi la legge non consentiva agli Enti territoriali di provvedere a stabilire delle agevolazioni di uscita dal debito per i contribuenti: questo limite, tuttavia, sta per crollare per effetto della riforma dei tributi locali, che si pone come obiettivo primo proprio quello di incentivare il pagamento spontaneo da parte del moroso. L’Istituto per la Finanza e l’Economia Locale rivela che l’Imu non riscossa è pari al 7,6% del gettito totale, la Tari al 15,9% e le multe non pagate al 28,4%. Il decreto ha proprio lo scopo di porre rimedio a questa situazione, consentendo anche agli Enti locali di determinare autonomamente forme di “definizione agevolata”, tagliando interessi e sanzioni per convincere il debitore a rimettersi in regola.All’art.2 della riforma si spiega che gli Enti territoriali, “in osservanza dei principi di cui agli articoli 23, 53 e 119 della Costituzione, dei principi generali dell’ordinamento tributario nonché nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e con particolare riguardo a crediti di difficile esigibilità, possono introdurre autonomamente, con le forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti destinati a disciplinare tributi di loro spettanza, tipologie di definizione agevolata che prevedono l’esclusione o la riduzione degli interessi o anche delle sanzioni, per le ipotesi in cui, entro un termine appositamente fissato da ciascun ente, non inferiore a sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell’atto nel proprio sito internet istituzionale, i contribuenti adempiano ad obblighi tributari precedentemente in tutto o in parte non adempiuti”.Per promovere questo incentivo si prevede la possibilità di introdurre un’ulteriore riduzione del 5% del debito, fino a un massimo di mille euro, ai morosi che consentiranno di addebitare quanto dovuto direttamente sul proprio conto corrente. Da un lato il Comune avrà una garanzia di incasso in tempi più rapidi, dall’altro il contribuente non dovrà occuparsi di pagare e vedrà ridursi la portata del debito. LEGGI TUTTO