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    Usura energetica: quando la bolletta diventa insostenibile

    Negli ultimi anni, l’aumento del costo dell’energia ha inciso in modo significativo sui bilanci di famiglie e piccole imprese. In molti casi, si è passati da bollette gestibili a cifre che mettono seriamente in difficoltà chi vive già una condizione economica fragile.Per descrivere questo fenomeno, si comincia a parlare di “usura energetica”: un termine non ancora giuridicamente riconosciuto, ma che richiama situazioni in cui il prezzo dell’energia diventa sproporzionato rispetto al reddito e alle possibilità reali dei consumatori. Ma cos’è, esattamente, l’usura energetica? E come ci si può tutelare? Vediamolo insieme.Un nuovo tipo di vulnerabilitàIl termine non è ancora entrato nei codici, ma fotografa bene una realtà sempre più diffusa. Se un bene essenziale come l’energia, indispensabile per le varie attività e per vivere in modo dignitoso, diventa troppo costoso, si crea un cortocircuito.Si pensi, ad esempio, a chi sottoscrive un contratto di fornitura attratto da una tariffa promozionale. Dopo pochi mesi, la tariffa cambia radicalmente (magari raddoppiando) senza che il nuovo prezzo fosse chiaramente indicato nel contratto. Oppure a chi riceve una bolletta anomala, pur con consumi invariati rispetto al mese precedente.In casi del genere si può parlare, almeno in senso ampio, di una forma di vulnerabilità economica legata alla spesa energetica, simile a quella che si verifica nei casi di sovraindebitamento. Non a caso, diversi esperti del settore iniziano a proporre un parallelo con l’usura finanziaria, dove la legge tutela il cittadino quando si trova costretto ad accettare condizioni gravose a causa del bisogno.Cosa dice la leggeSeppure il concetto di “usura energetica” non sia ancora contemplato dal nostro ordinamento, alcune tutele esistono.A livello penale, l’art. 644 del Codice prevede che si configuri il reato di usura anche quando si ottengono “altre utilità” approfittando dello stato di bisogno altrui. È una lettura estensiva, ma che in casi estremi potrebbe trovare applicazione.A livello civile, entra in gioco il Codice del consumo: contratti poco trasparenti, clausole squilibrate, modifiche non concordate possono essere contestati. In alcuni casi, si può chiedere la nullità parziale del contratto, il risarcimento del danno o la sospensione di pagamenti ritenuti ingiustificati.Centrale il ruolo dell’Arera (l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente). Vigila sul mercato e mette a disposizione strumenti concreti, come il Servizio Conciliazione, gratuito e accessibile online, che permette di risolvere controversie senza ricorrere al giudice.Come difendersi (e prevenire)Ecco alcuni consigli pratici per evitare di trovarsi in difficoltà:controllare sempre le condizioni contrattuali, evitando di accettare modifiche verbali o poco chiare;conservare ogni comunicazione con il fornitore, anche via Sms o email;inviare reclami scritti, tramite Pec o raccomandata, in caso di problemi;confrontare le tariffe offerte da diversi operatori e valutare il cambio di fornitore; LEGGI TUTTO

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    Buste paga, cambia tutto: così potrai vedere quanto guadagnano i tuoi colleghi

    Dal 7 giugno 2026, un nuovo provvedimento rivoluzionerà la gestione delle informazioni salariali nelle aziende: grazie alla Direttiva Europea 2023/970, i lavoratori avranno il diritto di conoscere non solo il proprio stipendio, ma anche quanto guadagnano i colleghi che svolgono mansioni equivalenti, con dati suddivisi per genere e ruolo. Questo cambiamento segna la fine del tradizionale “segreto salariale” e introduce un livello di trasparenza senza precedenti.Come funziona la nuova trasparenza salarialeFino ad oggi, in molte realtà italiane e europee, gli stipendi erano dati personali strettamente riservati, rendendo difficile o impossibile confrontare le retribuzioni tra colleghi. La nuova direttiva impone che le aziende con più di 50 dipendenti rendano accessibili ai propri lavoratori informazioni chiare sui livelli salariali individuali e medi per ciascuna categoria professionale, divise per genere. In pratica, sarà possibile chiedere formalmente all’azienda quanto guadagna un collega che svolge il nostro stesso ruolo, e il datore di lavoro dovrà rispondere entro due mesi.Implicazioni economiche e organizzativeQuesta misura mira a ridurre il divario salariale di genere, che in Europa si attesta ancora intorno al 13% in media per ora lavorata, una differenza che incide negativamente sull’economia europea per circa il 3% del Pil complessivo. Oltre a favorire un ambiente di lavoro più equo, la trasparenza salariale permette alle aziende di individuare eventuali squilibri retributivi e intervenire con politiche mirate, migliorando la gestione del personale e riducendo i rischi di contenziosi legali.Cosa cambia in ItaliaNovità anche nel Belpaese. In Italia la nuova direttiva modifica profondamente il principio di segretezza sugli stipendi: lavoratori e rappresentanti potranno accedere a dati retributivi comparativi, favorendo una maggiore consapevolezza e responsabilizzazione delle imprese. Le aziende avranno tempo fino a giugno 2026 per adeguarsi alle nuove regole, pena sanzioni. LEGGI TUTTO

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    Stop alla certificazione che pesava sulle imprese

    Il ritiro della proposta di direttiva europea sui Green Claims da parte del Consiglio Ue rappresenta una vittoria del buon senso e dell’ascolto delle esigenze delle imprese. Una decisione importante, che riafferma un principio fondamentale: la sostenibilità non può diventare un privilegio per pochi, né un freno alla competitività. Si tratta di un risultato che rivendichiamo con convinzione, frutto di un lavoro condiviso volto a preservare l’equilibrio tra transizione ecologica e crescita economica.La proposta di direttiva nasceva con l’intento, sulla carta, di contrastare il fenomeno dell’«ambientalismo di facciata», regolamentando le dichiarazioni ambientali volontarie delle imprese, talvolta non veritiere. È pertanto necessario evitare che venga applicato un impianto normativo che avrebbe introdotto oneri amministrativi e costi di verifica sproporzionati per le PMI industriali italiani, ostacolandone di fatto l’accesso al Mercato Unico. Tuttavia, nella sua formulazione, rischiava di tradursi in un aggravio burocratico insostenibile, imponendo obblighi di certificazione e verifica da parte di terzi, con costi stimati superiori ai 100 milioni di euro all’anno. Un onere particolarmente gravoso per le piccole e medie imprese.L’impianto normativo previsto avrebbe infatti obbligato ogni dichiarazione ambientale a essere sottoposta a costosi controlli, certificazioni complesse e potenziali sanzioni in caso di errori o discrepanze, trasformando la sostenibilità in una sfida quasi proibitiva, soprattutto per il cuore produttivo del nostro Paese. Peraltro, gli strumenti per contrastare il greeenwashing esistono già nel nostro ordinamento. Un obiettivo che dovrebbe essere perseguito con strumenti proporzionati, semplici e compatibili con la realtà operativa delle PMI industriali. In tal senso, è stato più volte evidenziato come la proposta fosse priva di una valutazione d’impatto specifica, elemento fondamentale per verificare se i potenziali benefici normativi superassero davvero i costi imposti alle imprese. Una carenza gravissima, che conferma quanto il testo fosse disallineato rispetto all’agenda europea per la semplificazione.Non è necessario introdurre nuove «gabbie regolatorie» che rischiano di penalizzare chi agisce con trasparenza e responsabilità. Le PMI costituiscono oltre il 90% del tessuto produttivo italiano. Molte di esse stanno già investendo in efficienza energetica, economia circolare e processi più sostenibili. Tuttavia, ogni passo avanti comporta costi reali: nuovi macchinari, formazione, adeguamenti tecnologici. A questi si sommano i costi di conformità normativa, spesso aggravati da una burocrazia eccessiva. È essenziale riconoscere che anche la sostenibilità ha un prezzo, che non può gravare esclusivamente su chi genera valore e occupazione.Le PMI industriali italiane stanno investendo nella transizione ecologica con responsabilità e concretezza. Ma sostenibilità significa anche sostenibilità economica. È fondamentale avere un quadro regolatorio chiaro, realistico e realmente sostenibile anche dal punto di vista economico. Per questo motivo, lavoriamo con determinazione per promuovere una semplificazione normativa che diventi una leva strategica per la competitività. In questa direzione si muovono i pacchetti “Omnibus” del Parlamento europeo, volti a ridurre gli oneri amministrativi e a rendere più graduali le transizioni. È fondamentale proseguire su questa strada. LEGGI TUTTO

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    Portare a spasso il cane, le regole da rispettare

    Uscire a passeggio con il proprio cane è un gesto quotidiano per milioni di italiani. Ma attenzione: non si tratta solo di un momento di svago. La legge prevede obblighi ben precisi per tutelare sia il benessere dell’animale che la sicurezza pubblica. Conoscere queste regole significa evitare sanzioni e, soprattutto, comportarsi responsabilmente. Ecco quello che serve sapere prima di agganciare il guinzaglio.Chi può portare a spasso il caneLa legge stabilisce che il cane può essere affidato solo a persone in grado di gestirlo correttamente, anche dal punto di vista della forza fisica e del controllo. Non esiste un limite d’età minimo previsto, ma alcuni regolamenti comunali vietano ad esempio l’ingresso ai minorenni negli sgambatoi, se non accompagnati da un adulto.Guinzaglio, quando è obbligatorio e quanto deve essere lungoEbbene sì, il guinzaglio è obbligatorio. E non uno qualsiasi: deve essere lungo non più di 1,50 metri quando ci si trova in aree urbane o in spazi pubblici. Lo stabilisce l’ordinanza ministeriale del 3 marzo 2009, confermata e prorogata negli anni successivi. Le eccezioni? Il cane può essere lasciato libero solo nelle aree recintate per cani, comunemente chiamate sgambatoi, ma sempre sotto la sorveglianza del proprietario.Fuori città, in campagna, nei boschi o lungo i sentieri, le regole possono variare. In assenza di divieti specifici, il cane può essere lasciato libero solo se non costituisce un pericolo o disturbo per persone, animali o cose. Ma attenzione: lasciarlo vagare senza controllo espone a rischi reali, dagli incidenti stradali agli incontri con animali selvatici. Sempre meglio verificare in anticipo il regolamento dell’area che si intende frequentare.Museruola: portarla è obbligatorio (farla indossare no)Un altro accessorio da non dimenticare mai è la museruola, rigida o morbida. Non è necessario farla indossare al cane in ogni momento, ma è obbligatorio averla con sé, pronta all’uso in caso di necessità, o se richiesta dalle autorità.Obbligo di raccolta delle deiezioniPuò sembrare ovvio, ma non lo è per tutti: chi porta a spasso un cane ha l’obbligo di raccoglierne le feci, sempre. E deve essere dotato di strumenti idonei alla raccolta. Non basta dire che “non ha fatto nulla”. L’assenza dei sacchetti può comportare sanzioni.Aree di sgambamento: libertà, ma con regoleNegli spazi pubblici dedicati ai cani il guinzaglio può essere tolto, ma le regole comunali restano valide. Ad esempio, può essere vietato l’ingresso agli animali aggressivi, in calore o ai cani non accompagnati da un adulto. E se dovesse verificarsi un’aggressione tra animali all’interno dell’area, la responsabilità è del proprietario del cane che ha causato il danno, specie se non ha verificato la compatibilità con gli altri cani già presenti.Attenzione ai regolamenti comunaliOgni Comune può introdurre norme più restrittive. In alcune città, ad esempio, i cani non possono entrare nelle aree giochi per bambini, o devono essere tenuti al guinzaglio corto in occasione di fiere, mercati o eventi pubblici. Il consiglio? Consultare sempre il Regolamento di Polizia Urbana locale.Cosa si rischia se il cane causa danniLa responsabilità civile e penale in caso di danni causati dal proprio cane è cosa seria. Vediamo più nel dettaglio:responsabilità civile (art. 2052 del Codice civile): il proprietario risponde per tutti i danni causati dall’animale, anche se questo è fuggito o si è smarrito. Può evitare la responsabilità solo dimostrando un evento eccezionale e imprevedibile, il cosiddetto “caso fortuito”.Responsabilità penale (art. 590 del Codice penale): se il cane ferisce una persona e ciò avviene per colpa del proprietario, ad esempio per mancata custodia, quest’ultimo può essere perseguito penalmente per lesioni personali colpose.Chi subisce un’aggressione può sporgere denuncia alle forze dell’ordine, allegando eventualmente un certificato medico o di pronto soccorso.Assicurazione per cani, quando è necessaria LEGGI TUTTO

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    Occhio a come attraversi la strada. Così rischi 100 euro di multa

    Per quanto continui ad essere radicata la convinzione che i pedoni siano i più tutelati dal Codice della Strada rispetto agli automobilisti e abbiano sempre la precedenza in fase di attraversamento della carreggiata, in realtà ci sono delle sfaccettature di cui è bene essere a conoscenza per comprendere quando si rischia di incappare in una multa e, in caso di incidente, nell’imputazione di responsabilità civili o penali.Attraversare la strada sulle strisce pedonali non è, contrariamente a quanto si possa pensare, una situazione che mette in ogni circostanza il pedone al riparo da sanzioni. Il Cds, infatti, prevede non solo che il passaggio da un lato all’altro della strada debba avvenire utilizzando gli attraversamenti pedonali, ma anche che ciò avvenga evitando comportamenti in grado di creare pericolo o rallentamenti alla circolazione.Come indicato chiaramente dal comma 2 dell’art.190, infatti, chi attraversa la carreggiata deve farlo tramite le strisce, i sottopassaggi o i sovrapassaggi e, qualora questi non siano a disposizione o risultino distanti oltre 100 metri, l’attraversamento deve avvenire “solo in senso perpendicolare, con l’attenzione necessaria ad evitare situazioni di pericolo per sé o per altri”. Il che significa che il pedone sia sanzionabile qualora effettui il passaggio fuori dalle strisce nel caso in cui queste siano vicine e ben visibili. Se fosse necessario per qualunque motivo attraversare la strada al di fuori dei passaggi pedonali, stante quanto previsto al comma 5 del medesimo articolo, sarà inoltre dovere del pedone quello di dare la precedenza agli automobilisti.Che ci siano, o meno, delle strisce a disposizione, l’atteggiamento di chi attraversa la strada deve sempre essere prudente e assennato, tale da evitare rischi per sé e per gli altri: niente attraversamenti in diagonale, quindi, né soste improvvisate in mezzo alla carreggiata, a meno che non sia rilevabile un’urgenza. Tenendo ciò presente, quindi, è sanzionabile anche chi si lancia improvvisamente in mezzo alla carreggiata, costringendo magari i veicoli a compiere manovre pericolose per evitare l’incidente, così come chi attraversa in modo distratto con gli occhi fissi sul cellulare o le cuffie nelle orecchie: si tratta di comportamenti sanzionabili sulla base di quanto determinato dall’art.190 LEGGI TUTTO

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    Inflazione in lieve risalita a giugno: le stime preliminari dell’Istat

    A giugno 2025 l’inflazione torna a salire leggermente, attestandosi all’1,7% su base annua, in aumento di un decimo di punto rispetto al mese precedente. È quanto emerge dalle stime preliminari diffuse dall’Istat, che attribuisce l’accelerazione principalmente all’aumento dei prezzi dei beni alimentari, saliti complessivamente del 3,5% (dal +3% di maggio), con un’impennata più marcata per i prodotti non lavorati (+4,2%) rispetto a quelli lavorati (+3%).A pesare sul rincaro dei prezzi è anche il comparto dei servizi, in particolare quelli relativi ai trasporti, i cui costi aumentano del 2,9% su base annua (dal +2,6% precedente). In controtendenza, invece, l’energia: i prezzi dei beni energetici regolamentati rallentano bruscamente la loro corsa (+22,7% dal +29,3%), mentre si amplia la flessione per quelli non regolamentati (-4,6% da -4,3%).Nel dettaglio, l’indice nazionale dei prezzi al consumo (Nic), al netto dei tabacchi, segna un incremento dello 0,2% su base mensile. L’inflazione di fondo – che esclude energetici e alimentari freschi – accelera anch’essa, passando dal +1,9% al +2,1%. Si rafforza anche la crescita dei prezzi dei beni (+1%) e dei servizi (+2,7%).I rincari si fanno sentire in modo particolare sul cosiddetto “carrello della spesa”, ovvero l’insieme dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona, che cresce del 3,1% (dal +2,7% di maggio). Ancora più marcata l’accelerazione per i prodotti ad alta frequenza d’acquisto, che salgono al +2,1% dal +1,5% del mese precedente.Sul piano congiunturale, l’aumento mensile dell’indice generale è determinato soprattutto dai rialzi dei prezzi nei servizi ricreativi e per la persona (+0,8%) e nei trasporti (+1,1%), solo in parte compensati dalla discesa dei prezzi energetici. LEGGI TUTTO

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    Lavori urgenti in condominio: come e quando si decide senza assemblea

    Crepe nei muri portanti, pilastri che si sfaldano, solai che scricchiolano. A volte basta una semplice infiltrazione d’acqua non risolta per mettere a rischio l’equilibrio strutturale di un intero stabile. In questi casi, la parola d’ordine è una sola: intervenire. In condominio, però, dove ogni decisione passa al vaglio dell’assemblea, c’è un principio che fa eccezione alla regola, e cioè che la sicurezza viene prima di tutto.Quando i lavori sono davvero urgentiUn intervento viene considerato urgente quando la stabilità del fabbricato è compromessa al punto da costituire un pericolo immediato per la sicurezza delle persone, o da minacciare la conservazione dell’edificio stesso.Pensiamo a un solaio che presenta cedimenti, a una trave lesionata, a un pilastro con l’armatura scoperta o deteriorata, oppure a muri portanti che iniziano a mostrare lesioni profonde: sono tutti segnali che qualcosa, nella struttura, non va più ignorato. In queste situazioni, non c’è tempo da perdere e l’intervento deve essere tempestivo.Cosa dice la legge: il ruolo dell’amministratoreIl Codice Civile (articolo 1130) prevede che l’amministratore condominiale debba compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio. Ma va anche oltre: l’articolo 1135 specifica che l’amministratore può (e deve) disporre lavori di manutenzione straordinaria anche senza il preventivo assenso dell’assemblea, se questi rivestono carattere d’urgenza.In pratica, l’amministratore ha non solo la facoltà, ma anche la responsabilità di intervenire per mettere in sicurezza il condominio. Naturalmente, dovrà poi riferire nella prima assemblea utile l’intervento effettuato, documentandolo nei costi e nelle motivazioni tecniche.L’importanza della perizia tecnicaA certificare il carattere urgente dei lavori è, di norma, un tecnico abilitato, ingegnere o architetto, che, dopo un sopralluogo, può redigere una relazione dettagliata sullo stato delle strutture.La sua perizia è fondamentale, non solo per motivare l’intervento, ma anche per tutelare l’amministratore e i condòmini da eventuali responsabilità civili e penali. In alcuni casi, può essere coinvolta anche l’autorità pubblica, come il Comune o i Vigili del Fuoco, soprattutto se il rischio riguarda anche l’esterno dell’edificio o la pubblica incolumità.Lavori urgenti e lavori importanti (ma non urgenti)È importante distinguere tra ciò che è urgente e ciò che è necessario, ma non improrogabile. Alcuni interventi, come il consolidamento preventivo di una parete o la sistemazione di crepe non strutturali, sono certamente importanti, ma non urgenti.In questi casi, l’amministratore non può agire da solo: è necessaria una delibera assembleare, con le maggioranze previste dalla legge (in genere, la metà più uno dei partecipanti e dei millesimi, come da art. 1136 del Codice Civile). Solo in presenza di un pericolo concreto e immediato può essere saltato questo passaggio.Chi paga e come si ripartiscono le speseLe spese per il ripristino della staticità riguardano le parti comuni dell’edificio (come fondazioni, muri maestri, pilastri e travi) e, salvo accordi diversi, si dividono tra tutti i condòmini in proporzione ai millesimi di proprietà (art. 1123 del Codice).Questo significa che anche chi non abita stabilmente nel palazzo, o possiede un’unità sfitta, deve comunque partecipare. La sicurezza strutturale, infatti, è un bene collettivo e indivisibile e, come tale, interessa ogni proprietario, indipendentemente dall’uso che fa dell’immobile.Se l’amministratore non intervienePuò accadere che l’amministratore, pur in presenza di segnali evidenti di degrado strutturale, non intervenga per superficialità, timore di esporsi o per pressioni di alcuni condòmini. In questo caso, il singolo condòmino ha diritto di rivolgersi direttamente a un tecnico per ottenere una perizia e, in caso di rischio, anche alle autorità competenti. LEGGI TUTTO

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    Un condomino è moroso? Cosa può fare l’amministratore

    Nella gestione di un condominio, la contabilità è una delle competenze più importanti dell’amministratore che deve tenere in ordine i conti del palazzo anche verificando che tutti i condomini siano “a posto” con i pagamenti.Può accadere, però, che qualcuno dei residenti sia in ritardo con i pagamenti o abbia deciso, per ragioni varie, di non provvedere al saldo delle rate ordinarie e straordinarie inviate dall’amministratore.Nei casi un cui c’è una morosità come deve comportarsi l’amministratore?Entriamo più nel dettaglio.Quando si diventa morosiCome prevede l’art. 1123 del codice civile “Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione. Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne”.Di conseguenza, tutti i condomini devono concorrere proporzionalmente ai millesimi della propria abitazione, al mantenimento dell’immobile pagando le spese ordinarie stabilite dall’amministratore.Laddove un condomino, però, non paghi gli importi dovuti per la gestione ordinaria o per i lavori straordinari entro i termini stabiliti dal regolamento condominiale o dall’assemblea, diventa moroso, indipendentemente da eventuali solleciti o diffide inviati dall’amministratore.Come deve comportarsi l’amministratoreL’amministratore è tenuto, laddove insorga una morosità, ad agire tempestivamente sollecitando il pagamento delle quote dovute.Qualora il condomino non dovesse mettersi in regola, entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio l’amministratore può richiedere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo che permetta il recupero delle somme dovute e per procedere non è necessario ottenere l’autorizzazione dell’assemblea.Questa funzione è necessaria da parte dell’amministratore in quanto (in caso di lavori straordinari, ad esempio) in caso di morosità di un condomino, il creditore, fornitore di prodotti o servizi, può rivalersi sugli altri condomini in forza dell’obbligazione solidale che li vincola.In realtà, in un primo momento I creditori non possono agire nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti, se non dopo aver esperito ogni azione nei confronti dei condomini morosi.Passati i sei mesi l’amministratore può impedire la fruizione degli eventuali servizi legati alle parti comuni (ad esempio la lavanderia condominiale laddove ci fosse) mentre per i servizi essenziali come l’acqua può solo limitarne l’utilizzo. LEGGI TUTTO