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    “Da Unicredit niente offerte per Mps”

    Dura reazione a un articolo del Financial Times da parte di Banca Akros, la banca d’affari del gruppo Banco Bpm che ha gestito il collocamento per il Tesoro del 15% di Mps. Dall’articolo del quotidiano finanziario emerge che la procedura avrebbe attirato l’attenzione della Commissione europea dopo che, scrive l’FT, “Unicredit, il fondo sovrano norvegese Norges e Blackrock erano tra gli investitori interessati ad acquistare azioni”, ma sono stati informati da Akros che “la gara era già chiusa”.”Tale affermazione non è veritiera”, si legge nella nota della banca d’affari milanese, “in quanto Unicredit non ha presentato alcun ordine di acquisto di una quota di Mps nell’ambito della procedura Abb presso Banca Akros”. In premessa viene ribadito “con fermezza che il collocamente è stato condotto da Banca Akros in modo corretto e trasparente, nel pieno rispetto delle normative e delle prassi che regolano questo tipo di operazioni: tutti gli ordini sono stati raccolti, registrati e processati allo steso modo, e nessun ordine di acquisto correttamente presentato è stato ignorato”. E, quindi, “nessun grande investitore è stato escluso dal processo di offerta, come invece riportato nell’articolo, inclusi Unicredit, il fondo petrolifero norvegese e Blackrock”. La banca d’affari aggiunge: “Pertanto, contestiamo – tra le altre affermazioni inesatte contenute nell’articolo del FT – la dichiarazione secondo cui Unicredit ha presentato un ordine per acquistare il 10% delle azioni”.Il giallo, quindi, s’infittisce. Da una parte, se nel bel mezzo di un’indagine della Procura di Milano sul presunto concerto tra Delfin, Caltagirone e Bpm nell’ambito del collocamento di quel 15% di Mps, Akros si espone con parole così nette – sapendo quel che rischia – è quanto meno verosimile che l’istituto possa dimostrare con le carte quello che sostiene. Dall’altra, stupirebbe (e sarebbe molto grave) che un amministratore delegato del calibro di Orcel dicesse qualcosa che non è in grado di provare. Orcel stesso, in un’intervista di qualche giorno fa, aveva sostenuto che il suo istituto aveva provato a partecipare senza riuscirci. Specificando, poi, di aver segnalato a Consob il fatto che Anima avesse partecipato al collocamento nonostante fosse sotto la passivity rule dopo l’Opa lanciata proprio da Banco Bpm. Allo stesso modo, ha fatto riferimento al fatto che Akros avrebbe assegnato una quota proprio alla sua controllante Bpm (cosa che, tuttavia, non è vietata dalla legge se come dice Akros il collocamento ha seguito una procedura corretta).Secondo indiscrezioni raccolte da Il Giornale da fonti vicine al dossier, Unicredit non avrebbe presentato un’offerta a suo nome, ma si sarebbe fatta rappresentare da un broker che avrebbe poi provato a inserirsi nella procedura di accelerated bookbuilding lanciata dal Tesoro, ricevendo come risposta che il collocamento era chiuso. Piazza Gae Aulenti a riguardo non ha rilasciato commenti, ma se veramente fosse così, rivelare il nome dell’intermediario spazzerebbe via ogni ragionevole dubbio sulla discrepanza tra quanto sostenuto da Orcel e quanto dichiarato da Akros che dal canto suo ci ha messo la faccia con una nota ufficiale. LEGGI TUTTO

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    Il lobbista, il ministro e il traffico di influenze

    Stefano Vincenzi, da oltre quarant’anni in Mediobanca, responsabile degli Affari Legali dell’istituto, in pratica il lobbista di Piazzetta Cuccia, uomo che si muove con grande dimestichezza in ambienti come la Consob (da cui è stato più volte nominato esperto in occasione di gruppi di lavoro europei in materia di mercati) o l’Ivass, l’istituzione che vigila […] LEGGI TUTTO

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    Ok della Bce a Mps-Mediobanca

    La Banca Centrale Europea ha autorizzato l’offerta del Monte dei Paschi su Mediobanca. La notizia è stata battuta dall’agenzia Reuters nella tarda serata di ieri riportando l’indiscrezione di una fonte a conoscenza della situazione. Un portavoce della banca centrale europea ha rifiutato di commentare.Con l’ok di Francoforte l’avvio potrebbe avvenire a inizio luglio, per chiudere entro il 25 settembre, data dell’assemblea straordinaria di Piazzetta Cuccia sull’offerta per Banca Generali lanciata a fine aprile. Nel risiko bancario che da mesi riempie le cronache finanziarie e registra le prese di posizione della politica, oltre che l’intervento della magistratura, gli oltre tre mesi di tempo presi dal cda di Mediobanca con il rinvio dell’appuntamento dei soci hanno dato la possibilità all’offerta pubblica di scambio lanciata da Siena di fare in pieno il suo corso. Se Siena decidesse di lasciare l’offerta sul mercato il più a lungo possibile (40 giorni di Borsa aperta) l’operazione si chiuderebbe comunque prima del 25 settembre. L’assemblea di Mediobanca su Banca Generali in prospettiva perde comunque senso. O perché lo stemma di Siena sventolerà su Piazzetta Cuccia oppure perché, se l’offerta non andrà in porto, col venir meno della passivity rule Alberto Nagel non avrà bisogno dell’ok dei soci.A maggio si era intanto acceso già il semaforo verde dell’Ivass, l’autorità di vigilanza delle assicurazioni. Il provvedimento, preso dal Direttorio integrato, è firmato digitalmente dal governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta. LEGGI TUTTO

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    La cordata Bancomat insieme a Epi Company per rafforzare l’autonomia europea nei pagamenti

    L’alleanza EuroPA (European Payments Alliance) – rappresentata da Bancomat, Bizum, Mb Way (Sibs) e Vipps MobilePay – ed Epi Company hanno annunciato l’avvio di una cooperazione finalizzata a sviluppare soluzioni in grado di rispondere rapidamente alla sfida della sovranità europea nei pagamenti, con particolare riferimento alle transazioni transfrontaliere. L’obiettivo è permettere ai cittadini europei di […] LEGGI TUTTO

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    Banche, il terzo polo serve al Paese

    Ha ragione il ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, quando afferma che il cosiddetto risiko bancario si sta trasformando in un Far West. Ciascuna delle operazioni lanciate tra inverno e primavera scorsa, paiono arenate o devono cambiare le condizioni o addirittura impediscono altre fusioni. Eppure un consolidamento bancario, in presenza ancora di molte centinaia di istituti bancari sul territorio, servirebbe eccome all’intero sistema finanziario del Paese.La rigidità delle proposte in campo, associata agli interventi dei regolatori, imporrebbe che le offerte non fossero solo scambi azionari, i cui multipli tra offerente e preda tendono a innescare valori esagerati alle azioni e inducono a mettere in difficoltà pure le cedole bancarie da risultato, le cui percentuali sui valori reali dei singoli titoli sono stellari, ma nel caso questi valori crescano tra il 30 e il 40% ne abbattono sostanzialmente la redditività imponendo una corsa al rialzo per i dividendi 2026.Se le partite prevedessero una parte in contanti, sicuramente i valori rimarrebbero ancorati a quelli di inizio proposta e darebbero maggiore credibilità alla convinzione che l’offerta sia aderente ai valori espressi dalla preda. Lo scenario del consolidamento avrebbe dovuto avere come progetto ispiratore la nascita di un terzo polo che raccoglie due-tre delle maggiori banche che sono dietro ai due giganti Intesa Sanpaolo e Unicredit, invece nessuna delle quattro operazioni in corso prevede l’opzione terzo polo.L’unica che si avvicina, ma con molti distinguo, è quella di Mps su Mediobanca, che sicuramente punta ad arricchire reputazione fornendo buone opportunità di crescita in un settore ora poco arato dalla banca senese; ma nel frattempo Piazzetta Cuccia si è posizionata per lanciare una Ops su Banca Generali, con l’obiettivo di allargare la fascia di clientela del wealth management. L’Ops di Unicredit su Banco Bpm è puramente aggregante per aumentare le dimensioni della prima e migliorare il comparto della media e piccola clientela per le quali Bpm è solidamente la migliore. Infine, Bper su Pop Sondrio ha gli stessi presupposti di ingrandimento della prima, senza però raggiungere le dimensioni del terzo polo bancario italiano.Un terzo polo che nasce deve tenere conto delle caratteristiche della grande maggioranza della clientela italiana, costituita da famiglie e persone e da imprese, sotto varie forme giuridiche, ma che nel 90% o oltre dei casi è costituita da medie, piccole e micro imprese, il cui rapporto con il credito è fondamentale, seppure in molti casi presenta dei meriti creditizi al limite della sostenibilità. La loro crescita patrimoniale e dimensionale è indispensabile per rafforzarle e consentirle di aderire a progetti fondamentali di modernizzazione e digitalizzazione che nascono solo grazie al rapporto praticamente sartoriale con il sistema bancario. LEGGI TUTTO