More stories

  • in

    Generali arruola l’ex Ivass Rossi

    Ascolta ora

    Si avvicina il momento della verità per Generali, che sarà presto chiamata a esprimersi sull’operazione Mediobanca-Banca Generali. Il Leone di Trieste, che ieri ha riunito il consiglio d’amministrazione anche per esaminare i dati della trimestrale che saranno pubblicati oggi, ha discusso degli advisor legali e finanziari da arruolare per valutare l’offerta di Piazzetta Cuccia sulla controllata della gestione patrimoniale.Sta di fatto che nella rosa di consulenti di cui la compagnia triestina si vorrebbe avvalere, non solo per l’Ops, ci sarebbe anche Salvatore Rossi (in foto), esperto manager che nella sua lunga carriera è stato presidente di Tim e, tra il 2013 e il 2019, direttore generale della Banca d’Italia oltre che presidente dell’Ivass, l’autorità che vigila le compagnie assicurative italiane. Interpellata da Il Giornale, Generali non ha voluto commentare l’indiscrezione.La scelta di Rossi come consulente generale per le sedi di Roma, Milano e Trieste è lecita sul piano legale, ma eticamente controversa e certo potrebbe sollevare questioni di opportunità, considerando il passato di Rossi quale vigilante titolare della supervisione del settore assicurativo, ovviamente inclusa Generali.È pacifico che le competenze di Rossi possono essere utili, anche in ragione del fatto che Generali ha subito, in passato e in tempi recenti, più di una ispezione da parte di Ivass. Per esempio, l’authority ha chiesto ulteriori dettagli a Generali riguardo alla governance e ai sistemi di controllo interno della joint venture proposta da Natixis (operazione sulla quale stanno crescendo le perplessità di diversi soci di rilievo). Mentre alla fine del 2024, l’Ivass ha avviato un’indagine ordinaria su Generali, focalizzata sul calcolo delle riserve danni e vita inquadrata in accertamenti più ampi che hanno coinvolto diverse compagnie assicurative. Tra ottobre 2022 e marzo 2023, invece, Ivass aveva condotto ispezioni sulla governance del Leone, con l’autorità che aveva mosso rilievi significativi sulla gestione societaria.Certo non un buon viatico, quindi, se si considera che già l’operazione Mediobanca-Banca Generali lascia qualche perplessità, con uno scambio azionario (il 100% di Banca Generali sarebbe acquisito dall’istituto guidato da Alberto Nagel barattandolo con parte del 13,1% delle Generali) che sembra stridere con quanto scritto sul Testo unico finanziario all’articolo 132. Quest’ultimo, infatti, prevede che gli acquisti di azioni proprie da parte di una società quotata ufficialmente debbono avvenire assicurando a tutti gli azionisti parità di trattamento. Naturalmente sarà materia di confronto con i legali di Mediobanca che sostengono trattarsi di una fattispecie diversa. LEGGI TUTTO

  • in

    Commerz, uno spiraglio per Unicredit

    Ascolta ora

    Qualcosa si muove in Germania. In quello che fino a poche ore fa sembrava un muro insormontabile per Unicredit, ora si scorge una fessura. Ieri la ceo di Commerzbank, Bettina Orlopp, ha detto di avere avuto un incontro con il capo di Unicredit, Andrea Orcel, nell’ambito dei rapporti con i grandi investitori della banca. Al pari di altri, anche quello avuto con il banchiere italiano è stato definito «molto costruttivo». Orlopp, a riguardo, ha detto: «L’ho incontrato perché è un investitore. È un grande azionista ed è normale che ci si incontri con gli investitori», ha risposto precisando però di non aver parlato del tentativo di Unicredit di acquisire la seconda banca tedesca. Non ci sono però chiusure a rivedere Orcel: «Parlerò sicuramente con lui perché è un azionista al 9,5% o addirittura al 10%».Sembrano parole di circostanza, però le sfumature retoriche non sono mai irrilevanti nel linguaggio della finanza. Secondo fonti vicine a Commerz consultate da Il Giornale, il dialogo con Orcel non sarebbe da interpretare come l’apertura sulla scalata in corso, ma al momento solo come un atto dovuto a tutti gli azionisti. Resta il fatto di una coincidenza singolare nel giorno in cui arriva il consueto messaggio da Bruxelles con il portavoce della Commissione europea, Olof Gill, che interpellato sulla perdurante contrarietà del governo tedesco sul tentativo di scalata di Unicredit, ha affermato di credere che «il consolidamento sia una cosa positiva», ma «non commentiamo casi singoli». Quella di Gill è una voce che si è già espressa sui dossier bancari, avendo fatto dichiarazioni sul Golden Power esercitato dal governo italiano sull’operazione Unicredit-Bpm (a proposito, secondo indiscrezioni di stampa l’Italia ha chiesto alla Commissione di rinviare all’Antitrust nazionale la decisione sull’Ops). Anche in quell’occasione, pur specificando di non esprimersi sui singoli casi, aveva sottolineato la necessità che le prescrizioni del Golden Power siano «proporzionate».Non sono mai messaggi casuali. Tant’è che il portavoce Gill ha detto che l’Ue ha avviato la procedura Eu Pilot per le prescrizioni italiane, che è un accertamento attivato quando si presume una possibile violazione ai trattati dell’Unione europea. Allo stesso modo, quindi, le parole di ieri di Gill suonano come una tirata d’orecchie alla Germania. Vista la reazione sproporzionata con la quale il nuovo ministro delle Finanze Lars Klingbeil, alle quali si è allineato anche il cancelliere Friedrich Merz, nei confronti dell’operazione. LEGGI TUTTO

  • in

    Mps, ok di Ivass su Piazzetta Cuccia

    Ascolta ora

    Se l’offerta su Mediobanca avrà successo, il Monte dei Paschi potrà detenere il 13% di Generali a oggi nel portafoglio di Piazzetta Cuccia. Ieri l’Ivass, l’autorità di vigilanza delle assicurazioni, ha infatti dato il via libera all’Ops da 13,3 miliardi lanciata dall’istituto senese. Il provvedimento, preso dal Direttorio integrato, è firmato digitalmente dal governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta.Si tratta dell’autorizzazione preventiva all’acquisto da parte di Siena di una partecipazione qualificata indiretta, tramite appunto Mediobanca, nelle Generali. Quota che, come ha più volte indicato l’ad di Mps Luigi Lovaglio «è nice to have ma non determinante per l’operazione. Quello che importa è creare una forza competitiva nello scenario italiano», ha detto di recente. Aggiungendo anche che la dipendenza del nuovo gruppo da Generali «sarà molto più bassa». Ora a Siena si attende il responso della Bce, che potrebbe arrivare tra fine maggio e inizio giugno. LEGGI TUTTO

  • in

    La Banca Popolare di Fondi riceve il prestigioso premio “Banca Finanza 2025”

    Ascolta ora

    Nella suggestiva cornice del Salone delle Feste dell’Hotel Principi di Piemonte a Torino, si è tenuta la cerimonia di premiazione del Premio “BancaFinanza 2025”, la storica rivista nazionale specializzata, che ogni anno pubblica le graduatorie delle banche italiane, classificate secondo gli indici di solidità, redditività e produttività, che celebra le migliori realtà bancarie italiane.Il prestigioso riconoscimento è andato ai gruppi bancari e agli istituti primi classificati nelle diverse categorie. L’evento, organizzato dall’editore della rivista, è stato presentato dal professor Giuseppe Ghisolfi, banchiere, scrittore e direttore di BancaFinanza, e da Eleonora Pedron, già Miss Italia e volto noto televisivo.Tra le premiate la Banca Popolare di Fondi, classificata al primo posto della graduatoria nella categoria Gruppi con bilancio consolidato inferiore a 5.200 milioni di euro.La motivazione sottolinea l’impegno costante nel rafforzare la stabilità del sistema bancario e nel promuovere trasparenza, etica e innovazione, valori oggi fondamentali per il futuro del settore creditizio. LEGGI TUTTO

  • in

    Patuelli: “Bruxelles sbaglia se frena il risiko bancario”

    Ascolta ora

    «Negli Stati Uniti e in Asia ci sono dei colossi, in Europa abbiamo varie tipologie di banche ed è un bene, ma se vogliano essere competitivi a livello internazionale bisogna che si creino anche grandi gruppi competitivi con i principali nel mondo. L’Italia ha attraversato una crisi bancaria dal 2015 al 2021, ma non abbiamo mai alzato nessuna barriera contro l’ingresso di capitali stranieri nelle nostre banche. Penso che sarebbe un errore da parte delle istituzioni europee ostacolare i capitali esteri, anche perché significherebbe violare il pilastro fondamentale dell’Unione Europea: il libero mercato». Il messaggio lanciato dal presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, nell’intervista che ha aperto la cerimonia di premiazione del Premio «BancaFinanza 2025», la rivista specializzata che ogni anno pubblica la classifica delle banche italiane secondo gli indici di solidità, redditività e produttività.Sullo sfondo, sono in cantiere grandi cambiamenti: la riforma del Tuf (il testo unico della finanza), il dl Capitali e il mercato unico dei capitali. Ci troviamo di fronte anche ad un grande fermento del mondo bancario italiano. Una rivoluzione per quella «foresta pietrificata» che «fu pietrificata», ha sottolineato Patuelli, dalle leggi del 1926 che definivano anche gli ambiti territoriali di presenza delle banche. «Aprire uno sportello bancario dal 1926 alla fine degli anni Ottanta era un problema», ricorda il presidente dell’Abi. Che sul gran valzer delle fusioni, non vuole intromettersi «res inter alios agenda et acta». Ma non vuol sentir parlare di risiko «perché non è un gioco, non è come andare al casinò», queste «sono iniziative di impresa» e «se si parla di risiko dobbiamo farlo anche per altri settori merceologici non solo per le banche».Nell’intervista Patuelli ha toccato anche temi più ampi, dalla guerra in Ucraina («l’incontro a Istanbul ha portato a un risultato importante, lo scambio di mille prigionieri per parte, segno che i negoziati sono cominciati dall’aspetto umanitario») alla guerra commerciale lanciata dagli Usa con i dazi che stanno cambiando il contesto geopolitico sullo sfondo. «I titoli di Stato americani non sono più così prestigiosi come in passato, il tasso di sconto negli Usa è quasi doppio rispetto a quello della Bce, quindi se uno deve indebitarsi sceglierà di farlo dove gli conviene», ha detto il presidente dell’Abi. Ricordando che nel mondo c’è uno conflitto fra monete, «l’Euro è ormai una moneta solida e i Brics vogliono soppiantare l’egemonia economica degli Stati Uniti e i dazi sono stati la risposta di Trump a tutti questi fattori. In ogni caso, è evidente come l’imposizione di questi dazi sia solo un modo per trattare e trovare nuovi accordi economici». LEGGI TUTTO

  • in

    Unicredit scarica oltre 4 miliardi di rischi ma la strada verso Banco Bpm resta in salita

    Ascolta ora

    Unicredit sta lavorando ad almeno tre significativi trasferimenti di rischio legati a portafogli di prestiti per un totale di circa 4,2 miliardi di euro in Europa. L’istituto milanese, secondo quanto riporta Bloomberg, è in trattativa con gli investitori per un Srt (significant risk transfer) legato a un portafoglio di circa 2,3 miliardi di prestiti alle imprese. La banca guidata da Andrea Orcel lavora anche per trasferire una parte del rischio di credito di 700 milioni di euro di prestiti dalla sua attività in Croazia. Le due operazioni si aggiungono ad un processo di vendita in corso per un Srt legato a un portafoglio di circa 1,2 miliardi di contratti di factoring. Gli Srt sono un modo per le banche di assicurare i prestiti contro l’insolvenza vendendo titoli legati al credito a fondi pensione, fondi sovrani e hedge fund. Gli istituti di credito possono così aumentare i loro indici di solvibilità per perseguire opportunità di crescita o rafforzare gli accantonamenti di capitale contro potenziali perdite.Nel frattempo, secondo indiscrezioni di stampa, Unicredit avrebbe inoltrato a Consob la richiesta di sospendere l’Ops su Banco Bpm per negoziare le prescrizioni imposte dal governo nell’esercizio del Golden Power. La Commissione ha 15 giorni per rispondere ma la decisione potrebbe arrivare già in settimana. Le attese sono per una risposta negativa: il Golden Power, fanno notare fonti finanziarie, non può essere considerato come un fatto nuovo, tale da congelare l’Ops, visto che rientra tra le condizioni di efficacia (contenute nello stesso documento d’offerta) a cui Unicredit ha subordinato l’operazione su Piazza Meda. Inoltre, sottolineano le stesse fonti, l’offerta è ormai arrivata alla quarta settimana. La richiesta di Unicredit si fonda sull’articolo 102 comma 6b del Testo unico della finanza, che dà la possibilità di sospendere un’offerta in Borsa «per un termine non superiore a trenta giorni, nel caso intervengano fatti nuovi o non resi noti in precedenza tali da non consentire ai destinatari di pervenire ad un fondato giudizio sull’offerta». Dall’approvazione del Tuf nel 1998 c’è stato unico caso in cui Consob ha concesso la sospensione e risale al 2017. Se la risposta di Consob sarà negativa, Unicredit proseguirà il confronto con il Mef e dovrà decidere se ritirare o meno l’offerta su Piazza Meda entro il 30 giugno. LEGGI TUTTO