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    Unicredit-Bpm, schiaffoni su Anima

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    I cannoni non tacciono tra Unicredit e Banco Bpm. Anzi, la guerra tra le due banche – con la prima che ha lanciato un’Offerta pubblica di scambio sulla seconda – si prepara a entrare nella fase più cruenta: il numero uno di Unicredit, Andrea Orcel, minaccia una clamorosa marcia indietro sull’offerta ai soci di Bpm se questa alza l’offerta sulla società dei fondi Anima; mentre il capo di Piazza Meda, Giuseppe Castagna, bolla tutto come una «fake news» per pagare meno la sua banca e preannuncia una risposta anche sul piano legale.Il film della giornata di ieri è partito con l’attacco frontale dell’istituto guidato da Orcel: «L’Opa di Anima da parte di Banco Bpm – si legge nela nota – eseguita alle nuove potenziali condizioni, potrebbe potenzialmente risultare incoerente con quanto annunciato al momento della presentazione al mercato dell’operazione il 6 novembre 2024». Il riferimento è all’assemblea degli azionisti di Bpm convocata il 28 febbraio che, per non violare i termini della passivity rule, prevede l’approvazione dei soci per rilanciare l’offerta sul gruppo del risparmio gestito da 6,20 e 7 euro per azione. L’affondo di Orcel, velenoso, si consuma però dal tema danish compromise, vale a dire se l’agevolazione nell’assorbimento del capitale possa essere o meno applicata all’operazione Bpm-Anima: «Nonostante siano già trascorsi più di tre mesi dall’annuncio dell’Opa Anima», non è stata fornita alcuna probabilità sul fatto che l’agevolazione «possa trovare effettiva applicazione». Il passaggio è stato fin da subito elencato tra le condizioni di inefficacia dell’Ops di Unicredit su Bancop Bpm, così come «un incremento del prezzo dell’Opa su Anima» da parte di Bpm medesima. Tra le accuse, infatti, c’è che il ritorno sul capitale riconducibile all’operazione «dovrebbe essere pari a circa l’11% e potrebbe diluire la profittabilità di Bpm».Il numero uno del Bpm, Castagna, respinge la palla dall’altra parte della rete: le accuse di Unicredit «sono pericolose per influenzare i nostri soci», ha detto il banchiere a Bloomberg. Castagna ha quindi ribadito di voler completare l’operazione di Anima per avere una banca «che non dipenda dalla volatilità dei tassi di interesse ma da forti ricavi da commissioni. Questa – aggiunge – è l’unica risposta che posso dare a chi vuole comprare la nostra banca non pagando il giusto prezzo». Dopo le mazzate delle scorse settimane sul calcolo del prezzo (a sconto o a premio) nella proposta Ops di Unicredit, Castagna dice che «ci sono molte fake news che alludono al ritiro dell’offerta» di Unicredit «se noi andiamo avanti con Anima». Insomma, Castagna non crede a Orcel al quale attribuisce l’intento di «deprimere la nostra banca in favore della sua, ma risponderemo anche legalmente». Avrebbe peraltro del clamoroso se il capo di Unicredit facesse marcia indietro su Bpm, in quella che lui stesso aveva indicato come l’operazione prioritaria e per la quale è entrato a gamba tesa sul progetto di terzo polo bancario con Mps che era stato benedetto dal Tesoro. Non stupisce, del resto, che una banca come Bpm ritenga strategica l’acquisizione di Anima. Per gli istituti di credito, dopo la scorpacciata dei tassi d’interesse elevati, ora arriva il periodo della normalizzazione che deve per forza passare dalla leva delle commissioni. LEGGI TUTTO

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    Tassi sui mutui in calo, ma il credito non decolla

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    Il rapporto mensile dell’Abi evidenzia un calo dei tassi di interesse su mutui e finanziamenti alle imprese. A gennaio il tasso medio sulle nuove operazioni per l’acquisto di abitazioni è sceso al 3,09%, rispetto al 3,11% di dicembre 2024 e al 4,42% di dicembre 2023. Contestualmente, il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese è calato al 4,20%, in discesa rispetto al 4,40% del mese precedente e al 5,45% di dicembre 2023.L’Abi segnala anche un calo del tasso medio complessivo sui prestiti, che è sceso al 4,31% rispetto al 4,44% del mese precedente. Inoltre, nelle prime due settimane di febbraio, l’Euribor a 3 mesi ha registrato una media del 2,54%, in calo di 16 punti base rispetto a gennaio (2,70%) e di 146 punti base rispetto al valore massimo di ottobre 2023. Il tasso Irs a 10 anni, ampiamente utilizzato nei mutui, si è attestato in media al 2,36%, in riduzione di 14 punti base rispetto a gennaio (2,50%) e di 117 punti base rispetto a ottobre 2023.Calano i crediti deterioratiA dicembre 2024, i crediti deteriorati netti (sofferenze, inadempienze probabili ed esposizioni scadute) si sono ridotti a 30,4 miliardi di euro, rispetto ai 32,1 miliardi di settembre 2024 e ai 30,5 miliardi di dicembre 2023. «Rispetto al loro livello massimo, 196,3 miliardi raggiunti nel 2015, sono in calo di circa 166 miliardi», sottolinea l’Abi. Il rapporto tra crediti deteriorati netti e il totale dei crediti si è attestato all’1,47% a dicembre 2024, rispetto all’1,54% di settembre 2024, all’1,41% di dicembre 2023 e al 9,8% del 2015.Dinamica del credito e domanda in rallentamentoSecondo l’Abi, «il rallentamento della crescita economica contribuisce a deprimere la domanda di prestiti». A gennaio 2025, i prestiti a imprese e famiglie hanno registrato un calo dell’1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, confermando il dato del mese precedente. Il vicedirettore generale dell’associazione, Gianfranco Torriero, ha evidenziato che «anche il governatore della Banca d’Italia Panetta al Forex di sabato ha sottolineato come la dinamica del credito dipenda principalmente dalla debolezza della domanda». Inoltre, ha aggiunto che vi è una crescente cautela negli investimenti a causa dell’incertezza internazionale.L’intervento di Panetta al ForexNel suo intervento al Forex, il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, ha sottolineato come «la dinamica del credito resta negativa, sebbene emergano segnali di ripresa». Secondo Panetta, questo andamento è dovuto principalmente alla «debolezza della domanda di prestiti», sebbene vi siano anche «politiche di offerta improntate alla cautela».Ha inoltre evidenziato che «il fabbisogno finanziario delle imprese rimane contenuto per effetto della buona redditività e della fiacchezza degli investimenti» e che «la percentuale di aziende che segnalano difficoltà di accesso al credito è in calo in tutti i settori e in tutte le classi dimensionali». Tuttavia, ha avvertito che «la contrazione del credito richiede attenzione», in particolare per le piccole imprese, che continuano a registrare una contrazione degli impieghi e potrebbero aver bisogno di maggiori finanziamenti con la ripresa economica. Panetta ha ribadito che sarà fondamentale che le banche «assicurino l’accesso al credito alle aziende meritevoli».La riorganizzazione dell’AbiIl comitato esecutivo dell’Abi si riunirà dopodomani a Milano per esaminare e approvare il nuovo piano organizzativo dell’associazione. Il tema sarà affrontato dopo l’intervento iniziale del governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta. Il piano, elaborato nei mesi scorsi con il supporto di consulenti, segue l’arrivo del nuovo direttore generale Marco Elio Rottigni a maggio 2024 e la riconferma del presidente Antonio Patuelli. LEGGI TUTTO

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    PopSondrio, i piccoli soci nel fortino: “Non siamo prede”

    Nel cuore delle Alpi, dove le cime si ergono maestose e indomabili, la Banca Popolare di Sondrio si fa simbolo di una lotta che va oltre il semplice calcolo economico. La battaglia per la sua autonomia si accende, e i piccoli soci, custodi di una storia e di un’identità radicate nel territorio, rispondono con fermezza all’offerta pubblica di scambio lanciata da Bper con il sostegno di Unipol. “Non siamo prede, ma una banca radicata”, affermano con orgoglio, ribadendo la loro ferma opposizione. L’Associazione degli azionisti retail denuncia l’offerta come un’“operazione ostile” che mira a svuotare il valore costruito nel tempo. Non si tratta di un rifiuto emotivo, ma di una valutazione razionale, di una difesa di ciò che è stato faticosamente conquistato. Il riferimento all’emotività è rivolto all’ad di Bper, Gianni Franco Papa, che aveva commentato le prime valutazioni negative del cda della Popolare come dettate dal sentimento più che dalla ragione. “Non è un’operazione neutra, ma un’iniziativa ostile che punta a svuotare il valore costruito nel tempo dalla Popolare di Sondrio”, tuonano i piccoli soci.Nel cuore delle Alpi, la banca nata nel 1871 si aggrappa alla sua storia e alla sua identità cooperativa, consapevole che l’inglobamento in un grande gruppo significherebbe perdere il legame con il territorio e vedere ridimensionata la propria autonomia decisionale. “I numeri parlano chiaro: l’efficienza della Popolare di Sondrio è superiore a quella di Bper”, sottolineano, lasciando intendere che l’operazione sia più un tentativo di appropriarsi della solidità e del radicamento dell’istituto valtellinese che una reale fusione tra pari.Il cda alza le barricateAnche il cda della Popolare di Sondrio, infatti, aveva preso posizione, sottolineando che l’offerta non è stata “in alcun modo sollecitata né concordata” con la banca e ribadendo che la valutazione dell’operazione sarà condotta con “gli strumenti e le modalità previste dalla legge”. Dietro il linguaggio istituzionale, traspare una netta freddezza: il timore è che i 190 milioni di sinergie di costo prospettati da Bper si traducano in tagli al personale e in una riorganizzazione drastica che potrebbe snaturare l’attuale modello di servizio della Popolare.La banca valtellinese aveva sottolineato poi un altro aspetto: “L’offerta non riflette il percorso di creazione di valore della banca in ottica stand alone”, lasciando intendere che il progetto di crescita autonoma sarebbe stato bruscamente interrotto. Il piano industriale 2025-2027, di cui la Popolare promette di svelare presto i dettagli, potrebbe essere l’arma con cui dimostrare al mercato che esiste un’alternativa concreta all’aggregazione proposta da Bper.Papa insiste: “La nostra è un’operazione di valore”Dal canto suo, Gianni Franco Papa, amministratore delegato di Bper, al Congresso Assiom Forex di Torino aveva ribadito che l’Ops non è una mera operazione finanziaria, ma un progetto industriale “fondato sulla crescita e sulla solidità patrimoniale”. “Abbiamo fatto un’offerta che prezza la Popolare di Sondrio per tutto il suo valore”, aveva affermato, sottolineando il sostegno di Unipol e l’importanza di creare gruppi bancari più grandi e competitivi nel panorama italiano ed europeo. Ma alle parole del banchiere modenese si era contrapposto il glaciale commento del vicedirettore generale della Popolare, Mario Erba, che alla domanda sulla possibilità di conservare l’autonomia della banca si limita a un laconico: “Vedremo, non sono situazioni in cui la fiducia cambia qualcosa”.Un segnale che nel quartier generale valtellinese nessuno si fa illusioni sulle reali intenzioni dell’operazione: il rischio di perdere l’identità e di veder svanire quel modello di banca locale che ha fatto la storia dell’istituto è più che concreto.Unipol e il disegno sulla bancassicurazioneIntanto, da Bologna, Unipol (azionista di Sondrio con il 19,7% e di Bper con il 19,8%) aveva confermato il suo sostegno all’operazione, puntando sulla sinergia tra banca e assicurazione. “La fusione andrà a incentivare e a tenere alta l’attenzione sulla bancassicurazione e sulle nuove opportunità di business”, aveva affermato il ceo Matteo Laterza, convinto che la rete distributiva di Bper abbia ancora margini di crescita nella vendita di prodotti assicurativi. Un messaggio chiaro: dietro l’operazione c’è anche la volontà di rafforzare la bancassicurazione come pilastro strategico del nuovo soggetto bancario.Una battaglia di principi (e di numeri)Lo scontro, ormai, si gioca su due livelli: da una parte la Popolare di Sondrio, che si aggrappa alla sua indipendenza e alla logica di una crescita autonoma; dall’altra Bper e Unipol, che puntano sulla necessità di aggregazioni per costruire una banca più grande e competitiva. Il mercato avrà l’ultima parola, ma la resistenza dei piccoli soci della Popolare ha già assunto un valore simbolico: un’ultima difesa di un modello di banca locale, in un mondo sempre più dominato dai colossi della finanza. LEGGI TUTTO

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    UniCredit non esclude il passo indietro su Banco Bpm

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    UniCredit potrebbe rinunciare all’offerta pubblica di scambio (Ops) su Banco Bpm qualora le condizioni dell’Opa di Piazza Meda su Anima Holding dovessero cambiare. Il gruppo guidato dal Ceo Andrea Orcel, in un comunicato, ha evidenziato i rischi e le incertezze legati alle recenti mosse di Banco Bpm, mettendo in guardia gli azionisti sulla coerenza dell’operazione rispetto agli obiettivi iniziali.Le condizioni poste da UniCreditNel dettaglio, UniCredit sottolinea che un incremento del prezzo dell’Opa su Anima e la rinuncia a una o più condizioni di efficacia dell’operazione potrebbero determinare la risoluzione o l’inefficacia dell’Ops su Banco Bpm, salvo diversa decisione della stessa UniCredit. La banca ha inoltre sottolineato che, nonostante siano trascorsi oltre tre mesi dall’annuncio dell’Opa su Anima, non è stata fornita alcuna garanzia sull’applicazione del regime regolamentare favorevole noto come “Danish Compromise”.Secondo il comunicato di UniCredit, senza l’applicazione del Danish Compromise, il Cet1 di Banco Bpm potrebbe subire un’erosione significativa, scendendo al 12,32% e addirittura all’11,38% considerando ulteriori fattori regolatori. Tali livelli potrebbero compromettere la solidità patrimoniale della banca, con conseguenti ripercussioni sulla sostenibilità dell’operazione.La risposta di Banco BPMIl Ceo di Banco Bpm, Giuseppe Castagna, ha reagito con fermezza alle dichiarazioni di UniCredit, accusando il gruppo di Gae Aulenti di voler influenzare il voto degli azionisti nell’assemblea convocata per il 28 febbraio 2025. In un’intervista a Bloomberg Tv, Castagna ha affermato che “UniCredit sta esercitando una pressione indebita sul titolo di Banco Bpm a favore del proprio”, annunciando inoltre possibili azioni legali contro tali dichiarazioni.Castagna ha poi sottolineato che “l’Opa su Anima è strategica per Banco Bpm, con un rilancio del prezzo da 6,2 a 7 euro per azione già supportato da Poste Italiane e Fsi Sgr”. La banca prevede “un aumento del 10% dell’utile per azione grazie a questa operazione e un incremento dei ricavi delle fabbriche di prodotto fino a 1,7 miliardi di euro entro il 2027”.Scontro frontale tra i due istituti LEGGI TUTTO

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    Panetta benedice il risiko bancario

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    «Banca d’Italia non si è dimenticata» delle Ops ma «non può commentarle come se fosse a un talk show». Il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, nel suo discorso al 31simo Congresso Assiom Forex ha voluto puntualizzare quale sarà il ruolo di Via Nazionale nella valutazione di queste concentrazioni. «Parleremo di queste operazioni attraverso le analisi e le decisioni che verranno effettuate a tempo debito», ha detto nella parte a braccio del suo intervento. Non si farà tirare per la giacchetta e lascerà parlare il mercato, assicurando il rispetto delle regole.Un punto ha voluto precisarlo. Le Ops possono fare bene al mercato bancario italiano e possono essere interpretate come una strategia difensiva nei confronti di una congiuntura che vedrà inevitabilmente ridursi la marginalità anche a causa della riduzione dei tassi di interesse. Queste operazioni, ha rilevato, sono favorite in primo luogo «dall’abbondanza di capitale in eccesso nel settore bancario» e «la prospettiva di un restringimento dei margini sull’attività di prestito, legata alla diminuzione dei tassi di interesse, spinge gli intermediari a ricercare economie di scala o sinergie produttive». Insomma, anziché rimediare estemporaneamente all’inevitabile calo della redditività,con le Ops i vari protagonisti assumono un ruolo proattivo. E se le Ops hanno una valenza positiva, si può dedurre che non hanno fatto male i promotori come Monte Paschi (il cui primo azionista è il Tesoro) su Mediobanca, Unicredit su Banco Bpm, Bper sulla Sondrio e lo stesso Banco su Anima.Un fattore positivo di questa transizione, inoltre, è la creazione di gruppi di dimensioni maggiori considerato che nonostante le integrazioni degli anni scorsi il comparto italiano si presenta ancora molto frammentato. «Le operazioni annunciate ridurrebbero il divario dimensionale tra i principali intermediari italiani e i concorrenti europei», ha evidenziato il governatore ricordando che «in Italia il valore medio dell’attivo delle prime cinque banche è quattro volte inferiore rispetto a quello delle banche francesi e una volta e mezza più basso di quello degli intermediari spagnoli e tedeschi». Sebbene in generale nel settore bancario le grandi dimensioni comportino sia vantaggi sia alcune criticità ben note, «queste operazioni possono essere inquadrate in una prospettiva di integrazione e consolidamento del mercato europeo», ha rimarcato. E anche questo passaggio è fondamentale perché il contesto di analisi non è nazionale ma è relativo all’area euro (dove, per altro, Unicredit sta tentando di acquisire Commerzbank). LEGGI TUTTO

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    Tononi (Bpm): “Un dialogo con Unicredit? Per il momento non ci sono le condizioni”

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    All’Assiom Forex di Torino ieri erano assenti molti banchieri delle prede e dei cacciatori perché impegnati nei vari roadshow in giro per il mondo finalizzati a convincere il mercato dei vantaggi delle offerte lanciate (nel caso dei secondi) o, nel caso dei primi, per illustrare i piani industriali e per spiegare la strategia di difesa.Nell’auditorium della fiera del Lingotto ad ascoltare il discorso del governatore di Bankitalia, Fabio Panetta, c’erano però i presidenti di alcune delle banche protagoniste del risiko. Come Massimo Tononi, numero uno del Banco Bpm finita nel mirino di Unicredit: «Per sedersi a un tavolo» con i vertici dell’istituto guidato da Andrea Orcel «ci vorrebbe un’offerta, innanzitutto, nel senso che ad oggi l’offerta non è tale, io la considero molto anomala. Vedremo come loro si comporteranno nelle settimane a venire, sulla base di questo valuteremo se sia opportuno avere un dialogo più approfondito, ma ad oggi non ci sono i presupposti», ha detto Tononi. Sottolineando che l’Ops «era a sconto fin dal primo giorno, è sempre rimasta tale, quindi non c’è granché su cui discutere in questo momento». Il presidente del Banco ha poi aggiunto che il «dialogo» con i soci francesi del Credit Agricole «è costante, il rapporto tra noi ha un’origine molto lontana nel tempo, è consolidato, è basato sulla stima e il rispetto reciproco. Peraltro, Credit Agricole è molto soddisfatta dell’investimento» e «confidiamo che questo tipo di fiducia che si è creata negli anni possa indicare loro una strada che sia quella della permanenza della banca indipendente da quale futuro».Non si sono visti in sala i vertici di Mediobanca ma ad ascoltare Panetta era presente il numero uno del Monte dei Paschi, Nicola Maione. E a chi gli chiedeva di un possibile rilancio nell’offerta lanciata su Mediobanca ha risposto con un sibillino «Non lo so, non faccio commenti». Per poi evidenziare, e condividere, le parole del governatore secondo cui quelle in corso «sono operazioni che possono ridurre il deficit dimensionale tra istituti italiani ed europei».Le partite del risiko, non solo bancario, vengono seguite con attenzione anche dai vertici delle Fondazioni come la torinese Crt rappresentata ieri in casa dalla presidente, Anna Maria Poggi. La posizione dell’ente sul dossier Generali, anche in vista dell’assemblea dell’8 maggio sul rinnovo del cda, è chiara: «L’unico criterio che farà decidere la Fondazione sarà quello del maggiore interesse per la Fondazione stessa», ha detto Poggi. Crt, che nel 2022 si era schierata con i soci Caltagirone e Delfin, non avrà quindi posizioni ideologiche ma «un atteggiamento laico e di convenienza perché per noi quella è una partecipazione finanziaria pura», ha aggiunto la presidente.Tra i cacciatori anche l’ad della Bper, Gianni Franco Papa, soddisfatto per il sostegno di Unipol all’offerta sulla Popolare di Sondrio. Mentre dalla preda valtellinese sono arrivate le parole del vicedirettore generale della Sondrio, Mario Erba: quando il Giornale gli ha chiesto se fosse fiducioso di conservare l’autonomia della banca, ha risposto: «Vedremo, non sono situazioni in cui la fiducia cambia qualcosa». LEGGI TUTTO

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    Gros-Pietro: “Italia mercato bancario vivace”

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    Il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, ha evidenziato il dinamismo del settore bancario italiano durante il 31esimo congresso Assiom Forex, in corso a Torino. Secondo il banchiere, il mercato italiano si distingue per apertura e competitività all’interno dell’Eurozona.”Se oggi guardiamo alla classifica delle banche dell’Eurozona in termini di capitalizzazione di Borsa, ai primi cinque posti troviamo una prevalenza di ex-Pigs: due banche italiane, due spagnole, una sola banca francese, nessuna banca tedesca, né olandese, né di alcun paese tra quelli che si autodefiniscono frugali”, ha sottolineato Gros-Pietro.Il presidente di Intesa Sanpaolo ha ricordato come l’Italia sia l’unico grande mercato europeo in cui operano con proprie controllate locali due grandi banche francesi e le maggiori banche di Spagna e Germania. “Una situazione che non si presenta in nessuno degli altri grandi paesi dell’Eurozona, nel cui ambito è l’Italia il mercato bancario più vivace e più aperto alla concorrenza”.Gros-Pietro ha poi ripercorso le difficoltà attraversate dal settore bancario italiano negli ultimi decenni, ricordando come le banche abbiano saputo superare momenti drammatici. “In Italia lo abbiamo dimostrato durante la terribile crisi finanziaria che nel primo decennio di questo secolo colpì duramente soprattutto l’Europa, anche se non era nata in Europa. Per le banche italiane fu un periodo angoscioso: crisi di liquidità, eccesso di crediti problematici, livelli inadeguati di efficienza operativa, perdite di bilancio”. Tuttavia, l’impegno del settore ha contribuito in modo essenziale al risanamento del sistema, portando a risultati di lungo periodo: “È stato un successo, con effetti duraturi”.Il ruolo delle banche nell’era digitaleAffrontando il tema della competizione con le big tech, Gros-Pietro ha lanciato un monito sul trattamento dei dati finanziari: “Noi operatori finanziari europei dobbiamo investire nel paradigma dell’informazione, in persone e in tecnologie, sviluppando capacità operative al servizio della società e delle istituzioni. Dobbiamo farlo perché siamo i meglio attrezzati in termini di posizioni sul mercato e di capacità di investimento. Ma dobbiamo essere competitivi, in termini di tempi, di prestazioni e di costi”.Secondo Gros-Pietro, esiste un problema di asimmetria regolatoria tra il settore bancario e le big tech: “Non ci sarà parità finché gli operatori finanziari continueranno a essere obbligati a concedere alle big tech accesso libero ai dati dei clienti consenzienti, senza alcuna reciprocità”. Ha quindi denunciato il vantaggio competitivo che ne deriva per le aziende tecnologiche extraeuropee: “Dati di immenso valore, che le banche europee raccolgono, verificano, aggiornano, custodiscono, e proteggono, sostenendo costi notevoli, vengono messi gratuitamente a disposizione di concorrenti che sono in prevalenza extraeuropei”.Il paradosso delle auto elettricheGros-Pietro ha infine affrontato il tema del ruolo delle banche nella trasformazione dell’economia europea, affermando che il settore finanziario può dare un contributo decisivo alla gestione delle transizioni e delle emergenze. “Possiamo contribuire anche alla valutazione degli obiettivi di quelle transizioni, e dei percorsi per raggiungerli – evitando di investire risorse, e scardinare attività funzionanti, senza raggiungere i traguardi desiderati”.Un esempio emblematico è il settore automotive, per il quale Gros-Pietro ha evidenziato le difficoltà legate alla transizione verso l’elettrico: “Il ritardo nel predisporre adeguate reti di ricarica per le batterie è uno dei fattori che non spingono gli utilizzatori ad abbandonare le auto con motore endotermico. Molti utenti non acquistano un’auto elettrica anche a causa dei limiti di autonomia, oltre che del maggior prezzo; ma neppure acquistano una nuova auto endotermica, temendo possibili futuri divieti di circolazione. Si tengono l’auto vecchia”.Questo fenomeno ha avuto un impatto negativo sul settore: “Il che ha fatto cadere la produzione del nuovo e temporaneamente rivalutare i prezzi dell’usato”. Una situazione che Gros-Pietro definisce “un risultato paradossale, che si accompagna alla distruzione di una parte della ricchezza esistente, le capacità produttive inutilizzate, e a un ritardo nella transizione necessaria”. LEGGI TUTTO

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    I rischi delle criptovalute per le banche

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    Le divergenze normative sulle criptoattività tra Stati Uniti ed Europa “andranno attentamente valutate, una volta che gli orientamenti delle autorità americane saranno definiti, per comprenderne gli effetti a livello internazionale”, ha detto il governatore di Bankitalia, Fabio Panetta, nel suo intervento al 31simo Convegno Assiom Forex a Torino. In questo campo, ha proseguito, “gli arbitraggi normativi possono risultare particolarmente insidiosi e difficili da contrastare: alcuni operatori potrebbero sfruttare le differenze regolamentari per adottare pratiche opache o altamente rischiose, con possibili conseguenze sui risparmiatori e sull’integrità del sistema finanziario”.Ma i rischi legati alle criptoattività non derivano soltanto dalle divergenze normative. “Non si può escludere che una o più criptoattività, incluse quelle con caratteristiche di moneta elettronica, vengano emesse da giganti tecnologici e inizino a diffondersi in Europa”, ha detto Panetta. “Se questi mezzi di pagamento privati, facilmente integrabili in piattaforme commerciali con miliardi di utenti, dovessero diffondersi ampiamente, le conseguenze potrebbero essere rilevanti”, ha aggiunto evidenziando che “le banche commerciali rischierebbero di perdere una parte importante delle loro funzioni”. Nel dibattito pubblico si sostiene a volte che l’introduzione dell’euro digitale comporterebbe questo rischio, ignorando che “la vera minaccia proviene dalle criptoattività, per le quali – a differenza dell’euro digitale – non sono previsti limiti alla detenzione da parte dei risparmiatori”. LEGGI TUTTO