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    Bpm, il pasticcio Bce-Eba. Unicredit avanti sull’Ops

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    L’autorità bancaria europea (l’Eba) ha deciso di non decidere sulla questione del cosiddetto sconto di capitale danese, di cui Bpm avrebbe beneficiato con l’acquisizione di Anima. L’istituto guidato da Giuseppe Castagna ha dovuto attendere diversi mesi, per sentirsi respingere la sua richiesta di parere dall’authority che afferma di avere necessità di «una valutazione più approfondita e ampia». Un «non parere» che arriva dopo che la Banca centrale europea – che aveva per l’appunto coinvolto l’Eba – si era ridotta a emettere un parere negativo proprio il giorno prima dell’assemblea dei soci di Unicredit abbattendo il titolo di Bpm, un tempismo che accende più di una perplessità visto che l’ente a doversi esprimere era proprio l’Eba. Dubbi non certo cancellati dopo la risposta disorientante dell’Eba (servivano mesi per dire di non poter dare riscontro «tramite Q&A»?).La reazione di Piazza Meda, che ieri ha riunito il consiglio d’amministrazione per decidere il da farsi dopo il verdetto, è stata quella di andare comunque avanti nella sua offerta su Anima «convinta della forte valenza strategica dell’operazione, anche in assenza di applicazione del Danish Compromise», ovvero lo sconto sul capitale che la normativa avrebbe assicurato. Bpm, nella sua nota, ha detto di aver «risposto, a tutela dei propri azionistì, alla Bce» chiedendo di chiarire le motivazioni sottostanti la posizione espressa dall’autorità in merito alla non applicabilità del Danish Compromise come, a proprio avviso, «il trattamento prudenziale dalla stessa indicato in tale comunicazione non risulti coerente con i principi fondamentali» delle regole sui conglomerati finanziari.Sul fronte Unicredit, che ha lanciato un’Ops proprio su Bpm lo scorso novembre, ieri i soci hanno approvato l’aumento di capitale a servizio dell’Offerta pubblica di scambio e a tutte le altre questioni all’ordine del giorno dell’assemblea ordinaria e straordinaria dei soci di Unicredit, compreso lo stipendio da 13,2 milioni di euro dell’ad Andrea Orcel (anche se quest’ultimo punto ha visto la contrarietà di circa un terzo del capitale presente). A tenere banco, tuttavia, è stata essenzialmente la partita Bpm: «Avevamo ragione a considerare l’offerta escludendo Anima, viste le incertezze che questo poteva comportare» ha detto Orcel, rigirando il coltello nella piaga. In questa fase la notizia fa il gioco di Orcel che, a margine dell’assemblea, aveva detto: «Una certa interpretazione pare meno certa di quella che sembrava». Una stoccata all’ad di Bpm Castagna, che si era detto fiducioso sulla concessione dello sconto. LEGGI TUTTO

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    Bpm, la Bce anticipa il no. Salta lo sconto per Anima

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    La Bce smorza le speranze di Banco Bpm pronunciandosi negativamente sull’applicazione del Danish Compromise nell’Opa lanciata da Banco Bpm su Anima. L’organo di supervisione dell’Eurotower ha comunicato a Piazza Meda la propria visione conservativa sul trattamento prudenziale dell’acquisizione di Anima alla quale non si applicherebbe, a proprio avviso, il tanto discusso sconto danese, ossia l’agevolazione sugli accantonamenti di capitale. «L’avviamento e gli asset intangibili associati di Anima dovranno essere dedotti dal Cet 1 di Banco Bpm», scrive la Bce nel parere inviato a Banco Bpm.L’istituto guidato da Giuseppe Castagna precisa che la presa di posizione di Francoforte non è una decisione. Le valutazioni finali spetteranno infatti all’Eba, coinvolta dalla stessa Bce quale Autorità competente al fine di esprimersi definitivamente sulla questione.Una doccia fredda che ieri si è tradotta in un tonfo del 4,5% del titolo Bpm, con lo sconto sull’Ops lanciata da Unicredit su Piazza Meda che si è ridotto a solo l’1,9%. Senza lo sconto danese gli investitori ritengono quindi che piazza Gae Aulenti non andrà a ritoccare al rialzo l’offerta, anche perchè Andrea Orcel ha più volte ribadito che con lo sconto la transazione Anima ha un ritorno sull’investimento di oltre il 15% senza consumare molto capitale, senza il ritorno scende all’11% e consuma miliardi di capitale. Nel concreto, i potenziali effetti della mancata applicazione del Danish Compromise sono stati esplicitati il mese scorso da Bpm che indica comunque il Cet1 ratio rimanere saldamente al di sopra del 13% a fronte del 14,4% dello scenario base di applicazione dello sconto danese. L’altra grande differenza riguarda la remunerazione dei soci: la distribuzione complessiva agli azionisti da qui al 2027 si attesterebbe a 6 miliardi, uno in meno rispetto allo scenario con la concessione dell’agevolazione patrimoniale; comunque il 50% sopra quanto distribuito nel precedente piano triennale. LEGGI TUTTO

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    L’operazione rafforza la collaborazione con una banca sistemica greca 

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    doValue ha siglato un nuovo accordo con Banca Nazionale di Grecia (Nbg) per la gestione di un portafoglio da cartolarizzare, dal valore lordo di 700 milioni di euro, nell’ambito del progetto “Frontier III”.Il portafoglio in questione è costituito principalmente da crediti in sofferenza (Npl) garantiti, con un valore totale dei crediti pari a 1,4 miliardi. Il progetto rientra nel programma Hellenic Asset Protection Scheme (Haps), e prevede la cessione del 95% delle note mezzanine e junior a fondi gestiti da Bracebridge Capital. doValue, attraverso la sua controllata doValue Greece Loans and Credits Claim Management S.A., agirà come unico servicer del portafoglio, garantendo la gestione strategica degli asset. Inoltre, doValue Greece Res fornirà servizi di real estate per l’intero perimetro del portafoglio, ampliando così la diversificazione dei ricavi nel settore non-Npl.L’accordo è subordinato al completamento del processo di cartolarizzazione da parte di Nbg, previsto per il secondo trimestre del 2025. Questa operazione rappresenta la terza cartolarizzazione Haps che doValue gestisce per Banca di Grecia, consolidando una collaborazione strategica di successo. LEGGI TUTTO

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    Banco Bpm: da Bce parere negativo ad applicazione Danish Compromise su Opa Anima

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    La Bce spariglia le carte del risiko bancario. La Banca centrale europea ha infatti dato un parere negativo a Banco Bpm sulla richiesta della banca di applicare il cosiddetto Danish Compromise (ovvero quel regolamento Ue che consente un trattamento favorevole delle partecipazioni assicurative nei requisiti patrimoniali di una banca) per l’opa su Anima. Non si tratterebbe di una decisione, che spetta all’Eba, l’autorità bancaria europea, ma il parere è già stato comunicato alla banca guidata da Giuseppe Castagna.La questione sarà analizzata domani, 27 marzo, in un cda di Banco Bpm. Il riferimento normativo oggetto della questione riguarderebbe la Crr – ovvero il regolamento Ue sui requisiti patrimoniali nell’ambito del Basilea 3 – che secondo Banco Bpm andrebbe applicato in un modo e secondo Francoforte in un altro: ciò di fatto ha portato all’interpretazione negativa da parte di Francoforte sull’applicabilità dello sconto danese. La palla ora passa all’Eba, che se confermasse l’interpretazione renderebbe l’Opa su Anima più onerosa dal punto di vista del consumo di capitale.Ma la mossa potrebbe anche sparigliare il risiko e i piani sul Banco dell’ad di Unicredit, Adrea Orcel. “Con il Danish Compromise la transazione” Anima “ha un ritorno sull’investimento di oltre il 15% senza consumare molto capitale, ma senza il Danish Compromise il ritorno sull’investimento è all’11% e consuma miliardi di capitale”, aveva ribadito Orcel nei giorni scorsi, intervenendo alla Morgan Stanley European financials conference di Londra. Nel secondo caso, aveva aggiunto, “quello che compreremmo sarebbe molto meno capitalizzato di quanto si pensava prima” e quindi “se succede non è un elemento positivo, ma negativo”.Insomma, no Danish, no party. Ovvero: senza lo sconto danese sul capitale, Orcel potrebbe non solo ritoccare all’insù l’offerta ma addirittura decidere di fare marcia indietro e concentrarsi sull’operazione Commerzbank. La mossa di Francoforte, sempre se verrà confermata dall’Eba, potrebbe indirettamente fare un favore anche al Mef di Giancarlo Giorgetti che si era visto mandare all’aria proprio dall’Ops di Unicredit i piani del terzo polo bancario da costruire con le nozze tra lo stesso Banco e il Monte dei Paschi, oggi impegnato un un’altra Ops ovvero quella su Mediobanca.Dal Banco Bpm è stata diffusa una nota in cui si sottolinea che il parere negativo sulla concessione del Danish Compromise a Banco Bpm da parte della Bce “non costituisce una decision” e “lascia impregiudicate le valutazioni dell’Eba, coinvolta dalla stessa Bce, quale autorità competente al fine di esprimersi definitivamente sulla questione”. LEGGI TUTTO

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    Banca Ifis tratta per Euclidea Sim

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    Dopo l’Opas lanciata sulla Illimity di Corrado Passera, Banca Ifis avrebbe puntato il mirino su Euclidea sim per dare vita a un polo del private banking. La trattativa, secondo quanto ha rivelato ieri Citywire Italia, è ancora in corso ma, se l’operazione andasse in porto, i clienti imprenditori potrebbero così affidare a Ifis i propri risparmi da investire usufruendo anche della piattaforma fintech di Euclidea Sim da affiancare poi alla divisione di risparmio gestito di Illimity. Contattata da Il Giornale, Ifis non commenta. In una recente intervista lo stesso presidente di Ifis, Ernesto Fürstenberg Fassio (foto), aveva annunciato l’intenzione della banca di entrare nel mercato del private banking: «Puntiamo a lanciare nel 2025 una nostra divisione Private per garantire una piattaforma di investimento e wealth management. Abbiamo già registrato il marchio che conterrà il nome della nostra famiglia, e abbiamo individuato anche una sede dedicata a Milano». Quanto all’offerta su Illimity, l’iter procede senza intoppi. Il governo ha rinunciato al diritto di veto (golden power). Il calendario prevede l’assemblea straordinaria il 17 aprile, per conferire la delega al cda a procedere con l’aumento di capitale a sostegno dell’operazione. LEGGI TUTTO

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    Bpm, l’ora della verità sullo sconto danese. E Unicredit vede già profitti a 12,8 miliardi

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    Questa settimana potrebbe essere, finalmente, quella del verdetto decisivo. La Banca centrale europea, infatti, scioglierà le riserve sul riconoscimento del Danish compromise, ovvero l’agevolazione sugli accantonamenti di capitale per le banche che controllano assicurazioni, al Banco Bpm nell’ambito dell’Opa su Anima.Un pronunciamento che ha richiesto il parere dell’autorità bancaria europea (Eba) e interessa da vicino anche Unicredit, istituto che sta cercando di acquisire Banco Bpm per mezzo di un’Ops lanciata lo scorso novembre. Nella tarda serata di venerdì, intanto, l’istituto guidato da Andrea Orcel (in foto) ha pubblicato, su richiesta della Consob, una nota integrativa alla relazione illustrativa del consiglio d’amministrazione in vista dell’assemblea di giovedì che sarà chiamata ad approvare l’aumento di capitale al servizio dell’offerta su Banco Bpm. Ebbene, secondo quanto riporta il documento, l’Ops su Banco Bpm potrà avere al massimo un impatto di circa 150 punti base sul Cet 1 (l’indice di solidità patrimoniale) di Unicredit. Nel dettaglio, nel caso in cui la Bce autorizzi l’utilizzo del cosiddetto Danish compromise nell’Opa di Banco Bpm su Anima, l’impatto sarà di 78 punti base se le adesioni all’Ops arriveranno al 100%, 93 punti base con adesioni al 70% e 104 punti con 50% più un’azione. Senza sconto danese, invece, bisognerà calcolare impatti aggiuntivi rispettivamente di 44, 31 e 22 punti base. Infine, se la Bce dovesse imporre una «temporanea disapplicazione» dell’agevolazione anche alle società assicurative già presenti nel gruppo Banco Bpm si dovranno calcolare ulteriori impatti aggiuntivi rispettivamente di 29, 20 e 14 punti base. L’impatto massimo, quindi, è di un 1,5% che andrebbe a gravare sul Cet 1 di Unicredit che, a fine 2024, era del 15,9 per cento. Nel documento si calcola inoltre che, in caso di successo sia dell’Ops che dell’Opa su Anima, si creerà un gruppo con utili 2027 stimati a 12,8 miliardi. LEGGI TUTTO

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    Generali, c’è la lista Assogestioni

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    Fino all’ultimo il fronte dei contrari capitanato da Mediobanca Sgr, rappresentata dal ceo Emilio Franco, ha provato a convincere il Comitato dei gestori di Assogestioni a tenersi fuori dalla partita sulla governance delle Generali confondendo le acque sull’esito del confronto, di fatto terminato ieri sera. Di là dei depistaggi, fonti presenti alla riunione hanno confermato che alle 19 è stato raggiunto il quorum necessario per cui può avvenire il deposito della lista dei candidati dell’associazione secondo le procedure per la presentazione della rosa dei candidati all’assemblea del 24 aprile che dovrà votare sulla composizione del nuovo cda delle Generali. Una lista secca, con tanto di nomi due uomini e due donne – selezionati dall’head hunter Chaberton Partners. La lista si apre con il bocconiano Roberto Perotti, già consigliere del Leone fino al 2022, segue la docente di biostatistica ad Harvard, Francesca Dominici, quindi la chief customer officer del gruppo americano di microchip Analog Devices, Anelise Sacks, e chiude con l’ex banchiere di Citi, Leopoldo Attolico.Vedremo se a ridosso della scadenza per la presentazione degli elenchi, ovvero il 29 marzo, ci saranno altri tentativi di mettersi di traverso creando intoppi di natura legale o con minacce di impugnative, come del resto è già accaduto in questi giorni. La strada sembra però segnata. All’assemblea di Trieste la lista di Assogestioni si aggiungerà a quella di maggioranza presentata da Mediobanca, azionista con il 13,1% del capitale, formata da tredici nomi, tra i quali sicuramente quello del ceo Philippe Donnet e del presidente Andrea Sironi. Ci sarà poi una lista di 6 nomi avanzata da Francesco Gaetano Caltagirone (socio al momento al 7%), sostenuta da Delfin (che ha chiesto l’autorizzazione a salire dal 10 al 20%) ma senza indicazioni di ruoli. Lo scopo è infatti rafforzare nel consiglio la propria presenza aggiungendo al ceo dell’Enel, Flavio Cattaneo, e alla docente della Sapienza, Marina Brogi (già in cda), altri quattro candidati di profilo alto in ambito assicurativo e dell’asset management. LEGGI TUTTO

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    Popolare Sondrio, blitz sullo statuto

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    Banca Popolare di Sondrio, sotto Offerta pubblica di scambio di Bper, sta ricorrendo a ogni arma possibile per opporre resistenza al gruppo guidato da Gianni Franco Papa. Ed è per questo che il «consiglio d’amministrazione ha deliberato di proporre all’assemblea straordinaria dei soci la modifica dell’articolo 49 dello statuto sociale». Per effetto di tale modifica, il consiglio di amministrazione potrà deliberare la distribuzione di acconti sui dividendi. Attraverso cedole più generose (annunciate 1,5 miliardi di cedole al 2027), il gruppo guidato da Mario Alberto Pedranzini (in foto) punta a rendere più conveniente nel breve periodo che l’istituto valtellinese rimanga da solo, scoraggiando così l’adesione all’offerta dell’istituto emiliano. Non solo, una politica dei dividendi più generosa del previsto avrebbe l’effetto di rendere meno conveniente l’Ops dal punto di vista di Banca Bper – che troverebbe nelle riserve dell’istituto un tesoretto inferiore – e al tempo stesso premiare gli attuali soci prima che il cambio di proprietà propizi una virata sulla politica di remunerazione. LEGGI TUTTO