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    Sulle Alpi austriache si discute di genetica delle api

    Nella Carinzia, una regione nel sud dell’Austria, è in corso uno scontro tra apicoltori che riguarda la genetica delle api carniche, un tipo di api produttrici di miele tipiche della zona. Dal 2007, l’ape carnica è l’unica sottospecie di api che la legge austriaca consente di allevare in Carinzia: chi non la rispetta deve pagare una multa e sostituire le api regine. Alcuni apicoltori si lamentano però del fatto che la legge non venga rispettata da tutti e che sia dunque in corso un processo di ibridazione tra sottospecie diverse che sta facendo perdere a quella carnica le sue specificità. Altri apicoltori pensano invece che gli incroci possano avere effetti positivi, ad esempio un miglioramento della produttività, e accusano chi non la pensa come loro di fanatismo e addirittura di nostalgie naziste.Da tempo nel mondo si osserva una diminuzione delle popolazioni di varie specie di insetti, e quella delle api è particolarmente preoccupante per il ruolo importante di questi animali nell’equilibrio degli ecosistemi per la loro attività di impollinatrici. In particolare sono messe in pericolo da malattie come la peste americana, da alcuni pesticidi usati in agricoltura e da altre attività umane. La discussione che si sta svolgendo in Carinzia non riguarda però la salute delle api, ma la loro “purezza genetica”. L’ape carnica è una delle sottospecie dell’Apis mellifera, cioè l’ape europea, che viene allevata su larga scala per la produzione di miele e per l’impollinazione. Deve il suo nome alla Carniola, una regione della Slovenia che per secoli ha fatto parte dell’impero austriaco. È molto diffusa nell’Europa centrale e generalmente si distingue dal colore dell’addome, che non è marrone come nel caso dell’ape europea, ma ha un colore castano-grigio, con i primi segmenti addominali più chiari.Queste api hanno una serie di qualità: sono mansuete e poco aggressive, cosa che permette di tenere le arnie vicino a luoghi abitati, sono molto prolifiche, hanno una buona resistenza alle malattie, si sanno difendere con successo dagli insetti parassiti, sono particolarmente abili nell’adattare la loro popolazione alla disponibilità di nettare, e sono resistenti alle estati calde e agli inverni rigidi e freddi di alta montagna. Si adattano dunque meglio di altre specie al clima alpino e agli inverni nevosi della Carinzia.Per tutti questi motivi molti apicoltori sostengono la legge in vigore, secondo cui in Carinzia si può allevare solo quest’unica sottospecie. Alcuni ritengono però che non sia di fatto rispettata e che ci siano allevatori che hanno importato illegalmente altre sottospecie con cui le api carniche si stanno mescolando: a sostegno della loro tesi, citano una serie di studi che affermano come oggi, in Carinzia, più di un quarto delle api siano o troppo scure o troppo gialle per essere identificate come api carniche.Se l’ibridazione potrebbe far aumentare la produttività, potrebbe anche rendere meno frequenti tra le api altre caratteristiche specifiche e considerate utili per gli allevatori della sottospecie carnica, e per contro portare a un aumento di aggressività. «L’ape carnica si è perfettamente adattata a questa regione, nel corso di migliaia di anni», ha raccontato al New York Times l’apicoltore Kurt Strmljan: «È qualcosa che merita di essere protetto». È in particolare la mansuetudine delle api carniche a interessare agli apicoltori contrari agli incroci di sottospecie di api.Chi si oppone alla legge sostiene invece che l’ibridazione avrebbe effetti positivi anche sulla resistenza delle api alle malattie. E sostiene che la legge stessa e tutta la discussione intorno alla genetica delle api sia da fanatici e che ricordi il passato nazista della regione. «È una dittatura, proprio come sotto i nazisti», ha detto in proposito l’apicoltore Gerhard Klinger.Negli anni del nazismo, durante i quali l’Austria passò sotto il controllo tedesco, gli studiosi delle api dell’Università di Bonn, che ha una lunga tradizione in Germania, cercarono dei metodi per controllare la riproduzione delle api e riuscire così a evitare incroci tra sottospecie. Gottfried Götze, uno dei più importanti esperti di api dell’Università, si dedicò in modo particolare alle carniche e secondo il racconto del New York Times era convinto che dovessero essere le uniche a poter produrre miele per l’esercito tedesco.Le accuse tra sostenitori e contrari alla legge sono molto aggressive: ci sono apicoltori che fanno foto agli alveari e alle api del vicino da usare come prova perché vengano avviate delle indagini, e sono in corso anche delle cause legali contro alcuni apicoltori accusati di avere arnie “impure”.Il governo locale della Carinzia sembra comunque stare dalla parte degli apicoltori che difendono la legge e sta anzi discutendo una serie di emendamenti per modificarla e renderla più severa: prevedono di inasprire le sanzioni contro chi alleva specie ibride (la multa massima passerebbe da 5 mila a 7.500 euro) e, in caso di illeciti accertati, prevedono l’eradicazione non solo delle api regine, ma anche dell’intero alveare. LEGGI TUTTO

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    È stato approvato il primo vaccino per le api

    Questa settimana il dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti ha approvato l’uso del primo vaccino per api al mondo. È un vaccino sviluppato dall’azienda biotecnologica Dalan Animal Health, che si occupa di salute degli insetti e sicurezza alimentare. L’obiettivo è quello di contrastare la diffusione di una malattia delle api detta “peste americana”, che è nata negli Stati Uniti e si è poi diffusa in tutto il mondo, causata dal batterio sporigeno Paenibacillus larvae.La peste americana è un problema molto serio per gli apicoltori perché è altamente contagiosa e non ha soluzione se non quella di bruciare le api infette e tutto l’alveare. L’amministratrice delegata dell’azienda Annette Kleiser ha definito l’approvazione del vaccino una «svolta nella protezione delle api da miele».Il vaccino di Dalan Animal Health prevede che una versione inattiva del batterio venga iniettata dagli apicoltori nella pappa reale di cui si nutrono le api regine, raggiungendo in questo modo anche le loro ovaie. Le api regine sono quelle che generano tutte le api dell’alveare, quindi è sufficiente vaccinare loro perché l’immunità al batterio si trasferisca a tutte le larve, che sono quelle suscettibili di infezione (che non colpisce invece le api adulte).Le infezioni in una colonia cominciano quando le giovani larve ingeriscono le spore di Paenibacillus larvae, che sono molto resistenti e possono sopravvivere in natura per oltre trent’anni. Le spore proliferano nell’intestino delle larve che muoiono lasciando resti altamente contagiosi per le altre larve e quindi portando a una rapida diffusione della malattia. Per gli apicoltori è piuttosto facile riconoscere quando un alveare è infetto perché le larve diventano vischiose e hanno un odore rancido.L’attenzione della ricerca scientifica e delle aziende biotecnologiche per le api deriva dal fatto che queste hanno un ruolo molto importante nell’equilibrio degli ecosistemi naturali grazie alla loro attività di impollinatrici, ma che sono da tempo in pericolo, oltre che per via di malattie come la peste americana anche a causa dei pesticidi usati in agricoltura e di alcune attività umane. Secondo i dati del dipartimento dell’Agricoltura, negli Stati Uniti il numero di colonie di api da miele è in costante calo dal 2006.Inizialmente il vaccino sarà distribuito solo ad alcuni apicoltori selezionati, ma si prevede che verrà messo in commercio già nel corso di quest’anno.– Leggi anche: Ci sono buone notizie per le api LEGGI TUTTO