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    Banche, matrimoni più facili con i dazi

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    La bomba dazi si è abbattuta con particolare violenza sul mondo bancario italaino. L’aumento del rischio stagnazione, se non recessione, per l’economia ha gravato sull’aspettativa di redditività per gli istituti di credito, che verosimilmente dovranno misurarsi con un’ulteriore contrazione del margine d’interesse. Nei giorni scorsi il mercato aveva cominciato a dare per certo un taglio dei tassi ad aprile e giugno da parte della Banca centrale europea, con probabilità crescenti per una terza sforbiciata verso la fine del 2025. Dunque, a minori aspettative di utili, corrispondono correzioni di Borsa più importanti per le banche.In tal senso, prendendo in considerazione i dati fra il 2 e il 4 aprile, ovvero le sedute che sono seguite alla decisione di Trump sulle tariffe, la banca coinvolta nel risiko bancario che ha perso di più in termini di capitalizzazione di Borsa è stata Bper (-16,3%), seguono Unicredit e Popolare di Sondrio (-15,9%), Mps (-15,5%), Mediobanca (-15%), Banca Ifis (-13,8%), Banco Bpm (-13,2%) e Illimity (-8,9%). Per effetto di questi movimenti di mercato lo sconto implicito contenuto nell’offerta di Unicredit su Bpm è salito al 7,5 per cento. Sull’operazione Mps-Mediobanca, invece, sebbene in aumento è rimasto stretto al 3,2 per cento. Per l’Ops di Bper su Popolare di Sondrio lo sconto si è invece allargato leggermente al 6,7 per cento; infine, per quanto riguarda l’offerta di Banca Ifis su Illimity (azioni più cash) il premio è salito al 3,2 per cento. Questo il quadro che emerge dalle ultime quotazioni, che però vale fino a un certo punto. Come si è visto nei mesi scorsi, infatti, non bisogna farsi ingannare dalla cortina fumogena delle speculazioni di breve respiro. Lo si è visto, per esempio, in particolare nel caso di Mps, che ha ridotto tantissimo lo sconto rispetto al valore di mercato di Mediobanca (il 19 febbraio era arrivato ad accarezzare il 15%). Quelli che potrebbero avere un effetto più duraturo sul risiko in prospettiva sono infatti ben altri fattori. «Da questo nuovo contesto usciranno senza dubbio favorite le banche più grandi e capitalizzate», è il commento di Antonio Tognoli, responsabile delle analisi macro di Cfo Sim. «Se l’economia rallenta, questo potrebbe dare ancor più un’accelerazione al risiko bancario. A maggior ragione in considerazione del fatto che, tra il 2025 e il 2030, cominceranno a entrare in vigore le norme di Basilea 4 che saranno ancora più stringenti di quelle di Basilea 3. Il che si traduce nella necessità di avere spalle più forti, mentre gli istituti medio piccoli faranno più fatica».Ne consegue che uno scenario economico più incerto possa fare il gioco degli istituti più grandi. «Credo che al momento della verità gli azionisti guarderanno soprattutto all’andamento degli utili e ai piani di sviluppo delle banche coinvolte nella potenziale aggregazione», spiega Tognoli, «penso che la situazione darà una spinta anche al risiko europeo, mi aspetto pertanto altre operazioni come quella di Unicredit su Commerzbank non solo nel credito, ma anche nel risparmio gestito». LEGGI TUTTO

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    Bce, Schnabel non chiude sui tagli

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    L’inflazione in Europa è rientrata su livelli compatibili con il target del 2% fissato dalla Bce, e il merito, secondo la tedesca Isabel Schnabel (in foto), che partecipa all’esecutivo e falco, è anche della politica monetaria di Francoforte. «L’inflazione è scesa in tempi relativamente brevi, in parte grazie alla nostra politica monetaria, e ora è in linea con il nostro obiettivo del 2%», ha affermato intervenendo al Forum Ambrosetti di Cernobbio. «Quindi credo sia giusto dire che, ad oggi, questo sembra un atterraggio morbido», ha aggiunto. LEGGI TUTTO

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    La Regione Siciliana al Vinitaly 2025: eccellenze vinicole e leadership nella sostenibilità

    La Regione Siciliana parteciperà alla fiera di Vinitaly 2025, il più importante salone internazionale dedicato al vino che si terrà a Verona dal 6 al 9 aprile. L’evento sarà l’occasione per celebrare l’eccellenza della vitivinicoltura siciliana, un settore che rappresenta un pilastro dell’economia regionale e un simbolo del “Made in Sicily” nel mondo. Lo stand della Regione Siciliana al Vinitaly 2025 al Padiglione 2 sarà un viaggio fra tradizione e innovazione, con degustazioni, incontri e presentazioni dedicati alla valorizzazione del patrimonio vinicolo dell’isola. Saranno presenti 94 aziende vinicole siciliane al Padiglione 2 e 28 aziende bio al Padiglione 11, pronte a raccontare la loro storia e a far conoscere l’unicità dei loro prodotti. La partecipazione al Vinitaly è promossa dall’Assessorato dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea della Regione Siciliana e dall’IRVO (Istituto Regionale del Vino e dell’Olio). Oggi, la Sicilia conta 24 vini DOP (di cui 1 DOCG e 23 DOC) e 7 vini IGP/IGT, con la IGT “Terre Siciliane” che rappresenta il 53% del vino confezionato siciliano.Seconda regione italiana per estensione vitataCon una superficie vitata di 95.760 ettari, pari al 14,2% della superficie vitata nazionale, la Sicilia si posiziona come seconda regione italiana per estensione vitata, subito dopo il Veneto. L’isola si distingue, inoltre, per la sua leadership nella viticoltura biologica, con 32.787 ettari coltivati secondo i principi del biologico, che rappresentano quasi il 25% della superficie a uva biologica nazionale. La Sicilia si conferma, così, come prima regione d’Italia in questo ambito.Al Vinitaly 2025, il pubblico e gli operatori del settore potranno scoprire una gamma straordinaria di vini siciliani, tra cui spiccano le denominazioni più prestigiose come la DOC Sicilia e la DOC Etna, in forte crescita negli ultimi anni. La Sicilia è l’8° regione italiana per numero totale di riconoscimenti di vini a indicazione geografica, mentre si colloca al 5° posto per numero di vini DOC riconosciuti, dopo Piemonte e Toscana.Innovazione e sostenibilità al centroLa regione che quest’anno è stata proclamata European Region of Gastronomy 2025 dall’Istituto Internazionale di Gastronomia, Cultura, Arti e Turismo (IGCAT), è anche all’avanguardia nella sostenibilità e innovazione. Grazie a condizioni climatiche favorevoli, alla ridotta necessità di pesticidi e alla sensibilità degli imprenditori verso pratiche sostenibili, la Sicilia è diventata un modello di viticoltura green.Alcuni dati chiave del settore:Seconda regione italiana per produzione di uva da vino, ma prima per produzione di vino biologico, con 426.522 ettolitri prodotti nel 2023 (21,6% del totale nazionale). Trapani, Agrigento e Palermo sono le principali province produttrici, contribuendo all’86% della produzione regionale totale. La viticoltura siciliana vanta un patrimonio varietale unico, con vitigni autoctoni come il Nero d’Avola, il Catarratto bianco lucido e il Grillo, che incarnano l’identità e l’autenticità dei vini siciliani.Un settore in crescita sui mercati internazionaliL’export dei vini siciliani è in forte crescita. Nel 2022, il valore delle esportazioni ha raggiunto quasi 170 milioni di euro, segnando un aumento del 21% rispetto all’anno precedente. I principali mercati di riferimento per i vini DOP Siciliani sia bianchi che rossi sono Germania, Stati Uniti e Regno Unito, con una particolare attenzione ai vini DOP bianchi, che hanno registrato un incremento significativo, soprattutto negli USA (+29%).Produzione di vini spumantiLa produzione di vini spumanti in Sicilia, pur vantando un’antica tradizione e pur registrando un trend nettamente crescente negli anni, rappresenta attualmente una piccola percentuale della produzione vinicola regionale, inferiore all’1% del confezionato totale. Dopo il “picco” di circa 14.101 ettolitri registrato nel 2023, nel 2024 sono stati prodotti 12.360 ettolitri di vini spumanti siciliani a DOP e IGP, equivalenti a circa 1.648.000 di bottiglie. LEGGI TUTTO

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    Giorgetti: “Sospendere le regole Ue per reagire ai dazi Usa”

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    “Gli aiuti per i settori e le imprese danneggiate dai dazi si traducono in interventi di tipo economico-finanziario a carico del bilancio dello Stato”, ha affermato Giancarlo Giorgetti dal palco del Forum Ambrosetti, parlando dell’impatto delle misure protezionistiche americane. Tuttavia, ha precisato, “devono essere consentiti dalle regole europee”. Di fronte a una situazione che rischia di colpire duramente il tessuto produttivo italiano, il ministro ha lanciato un appello chiaro a Bruxelles: “Una provocazione”, come lui stesso l’ha definita, ovvero mettere in stand-by le regole Ue sul bilancio, esattamente come fu fatto durante l’emergenza Covid.“No ai contro-dazi, ma sangue freddo”Il ministro ha voluto rassicurare imprese e mercati: “Non bisogna pigiare il bottone del panico”. Ha ribadito il no a misure reattive, sottolineando come una strategia basata su ritorsioni commerciali sarebbe “dannosa per tutti e soprattutto per noi”. Giorgetti ha poi chiarito che il governo italiano sta adottando “un approccio pragmatico e razionale”, da portare “a livello europeo”, per gestire una crisi che nasce da dinamiche globali e che va affrontata senza tentazioni isolazioniste.Articolo 25: lo spiraglio normativo per agire subitoCon grande chiarezza, il ministro ha acceso i riflettori su uno strumento finora poco dibattuto: “Nell’attuale governance economica non c’è soltanto l’articolo 26 ma c’è anche l’articolo 25, che forse andrebbe riletto”. Il riferimento è alla clausola di salvaguardia prevista nel nuovo Patto di stabilità: consente una deviazione temporanea dal percorso di spesa in presenza di una grave congiuntura, purché non sia a rischio la sostenibilità nel medio termine. “Se è tutto vero, trovo che ci sia una logica conseguenza a tutto questo”, ha affermato Giorgetti, lasciando intendere che l’attuale contesto economico legittima l’attivazione di quella clausola.“L’Italia non è sola: l’Ue deve agire compatta”Giorgetti ha respinto qualsiasi narrazione che dipinga l’Italia come isolata nel confronto con gli Stati Uniti o in cerca di scorciatoie fuori dal perimetro europeo. “Invece di dire che l’Italia deve trattare da sola, io dico semplicemente che il governo italiano deve portare giustamente gli interessi italiani in Europa”, ha dichiarato. E ha aggiunto che la politica commerciale, proprio perché al centro della missione fondativa dell’Unione, “è per definizione di competenza europea”. L’obiettivo, dunque, è un fronte comune e compatto, che tuteli le economie europee più esposte agli shock esterni.“Il mondo è cambiato”: serve una nuova agenda economica“Il mio intervento di oggi è totalmente diverso da quello che avrei fatto un anno fa e anche una settimana fa: il mondo è totalmente cambiato”, ha ammesso il titolare del Tesoro. “Un anno fa sarei venuto a raccontarvi gli sforzi per garantire la sostenibilità finanziaria del paese, il consolidamento fiscale”. Ma oggi, di fronte alla crisi dei mercati globali e alla svolta protezionista americana, la priorità si è spostata: servono strumenti nuovi per rispondere a un contesto in rapida trasformazione. LEGGI TUTTO

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    I dazi di Trump fanno impennare i prezzi degli iPhone: ecco quanto potremmo doverli pagare

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    Il ciclone Donald Trump ha sconvolto gli Stati Uniti ma le conseguenze più importanti, almeno in ambito economico, si avranno nel Vecchio Continente europeo. I dazi annunciati dall’inquilino della Casa Bianca preoccupano l’Unione europea e gli effetti negativi potremmo vederli presto anche in Italia. Le tariffe sbandierate da Trump – a cui la Cina ha già risposto imponendo contro-dazi del 34% – impattano direttamente sulle società americane molto esposte, produttivamente, verso Paesi soggetti ai dazi.L’effetto dei dazi su AppleTra queste, ovviamente, non poteva mancare Apple. I calcoli più preoccupanti nel merito arrivano direttamente dagli analisti dell’istituto finanziario newyorkese Rosenblatt Securities. Secondo gli economisti, il prezzo dei vari modelli aumenterà del 43% rispetto a quello attuale. “Se si considerano le tariffe reciproche in Paesi come il Vietnam, l’India e la Thailandia, dove Apple ha diversificato la sua catena di approvvigionamento, non sembra esserci nessuna via di scampo”, ha dichiarato Erik Woodring, analista di Morgan Stanley, alla trasmissione “Closing Bell” della CNBC.Così, il modello di iPhone 16 più economico, lanciato negli Stati Uniti con un prezzo di listino di 799 dollari, potrebbe arrivare a costare fino a1.142 dollari. Il più caro dei nuovi modelli – in attesa dell’uscita dei prossimi, prevista per settembre, è l’iPhone 16 Pro Max. Attualmente viene venduto al dettaglio a 1.599 dollari, ma potrebbe arrivare costare quasi 2.300 dollari se l’aumento del 43% dovesse essere interamente trasferito ai consumatori. L’iPhone 16e, il modello più economico della gamma potrebbe passare dagli attuali 599 dollari a 856. LEGGI TUTTO

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    Fitch conferma rating Italia a BBB con outlook positivo

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    L’agenzia Fitch conferma il rating dell’Italia a BBB con outlook positivo. Secondo l’agenzia, il rating del nostro Paese è sostenuto dalla sua economia ampia, diversificata e ad alto valore aggiunto, dall’appartenenza all’eurozona e dalla solidità delle istituzioni rispetto alla mediana della categoria ‘BBB”, si legge nel comunicato diramato nella notte. Questi punti di forza, secondo Fitch, sono però “bilanciati da fondamentali macroeconomici e fiscali deboli, in particolare un debito pubblico molto elevato e un potenziale di crescita ancora basso. Le prospettive positive riflettono la riduzione dei rischi fiscali e di finanziamento a medio termine derivanti da livelli di debito eccezionalmente elevati, grazie al miglioramento della stabilità politica e della gestione fiscale”.Fitch, secondo quanto si legge in una nota, prevede “un rallentamento dell’economia italiana a causa del peggioramento del contesto esterno, che riflette la rapida evoluzione dei dazi statunitensi. L’Italia, infatti, con il 9-10% delle sue esportazioni verso gli Stati Uniti, è uno dei Paesi dell’Ue più esposti ai cambiamenti delle politiche commerciali statunitensi. Le previsioni di Fitch puntavano su un Pil in crescita dello 0,5% nel 2025 e dello 0,8% nel 2026, dopo una crescita dello 0,7% nel 2024 ma “tenevano conto di dazi del 15% sulle esportazioni verso gli Stati Uniti e del 7,5% sulle importazioni dagli Stati Uniti”, spiega l’agenzia. “L’annuncio di questa settimana di dazi del 20% sull’Ue rappresenta un rischio al ribasso per queste previsioni, ma l’impatto finale dipenderà da vari fattori, tra cui i negoziati e la risposta dell’Ue”. LEGGI TUTTO