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    Il Pil della Lombardia a +1,1% nel 2025: pesano il costo dell’energia e il collasso dell’economia tedesca

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    Il 2024 è stato un anno complesso per l’economia lombarda, caratterizzato da una crescita inferiore alle aspettative. Tuttavia, secondo il report del Centro Studi di Assolombarda, il 2025 si preannuncia come un anno di ripartenza, seppur cauta, per la regione. Le stime prevedono un incremento del Pil regionale dell’1,1%, superando il dato nazionale previsto al +0,7%. Questo risultato, se confermato, segnerebbe una ripresa trainata principalmente dai consumi interni, previsti in crescita dell’1,7% rispetto alla media italiana dell’1,3%.Un contesto difficile per l’exportIl rallentamento del 2024, che ha visto la Lombardia crescere solo dello 0,5% rispetto al +0,6% nazionale, è attribuibile in gran parte alla debolezza dell’export. La recessione in Germania, uno dei principali partner commerciali della regione, ha pesato significativamente: il Pil tedesco ha segnato un -0,2% nel 2024 e si prevede un recupero molto modesto nel 2025 (+0,2%). Questo rallentamento si è riflesso negativamente sulla manifattura lombarda, settore cruciale per l’economia regionale. Nonostante ciò, la Lombardia ha registrato una crescita cumulata del 5,9% tra il 2019 e il 2024, un dato superiore a quello delle regioni tedesche Bayern e Baden-Württemberg, rispettivamente al +1,9% e +0,4%.Il ruolo dei servizi e del mercato del lavoroIl settore dei servizi ha compensato in parte la debolezza della manifattura, contribuendo positivamente al PIL regionale con una crescita dell’1,1% nel 2024, che dovrebbe rafforzarsi ulteriormente nel 2025. I servizi alle imprese, spinti dall’innovazione tecnologica e dall’ICT, e i servizi ai privati, con una ripresa del commercio, rappresentano i motori principali della ripartenza. Anche il mercato del lavoro ha mostrato resilienza: gli occupati in Lombardia sono cresciuti dell’1,2% nel 2024 e si prevede un ulteriore incremento dello 0,8% nel 2025, grazie soprattutto alla domanda proveniente dal settore dei servizi.Il focus sulle provinceL’analisi territoriale evidenzia dinamiche differenziate: LEGGI TUTTO

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    Privati e dipendenti pubblici, le nuove regole sulle pensioni

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    L’adeguamento dei requisiti pensionistici all’aspettativa di vita continua a essere uno dei temi centrali del dibattito politico. Secondo le stime della Ragioneria Generale dello Stato, a partire dal 2040 l’età pensionabile subirà un incremento significativo, arrivando a 68 anni e un mese rispetto ai 67 attuali. Tale aumento è modellato sulla base delle proiezioni demografiche più recenti fornite dall’Istat, che indicano un progressivo allungamento dell’aspettativa di vita.Pensione anticipata e aspettativa di vitaEntro il 2027, i requisiti per accedere alla pensione anticipata vedranno un primo incremento, con la soglia contributiva che passerà a 43 anni e 1 mese per gli uomini e a 42 anni e 1 mese per le donne. Questo aumento, già previsto dalla normativa, dipende dalla continua crescita dell’aspettativa di vita e dall’assenza di interventi legislativi che possano sospendere temporaneamente l’adeguamento. In una prospettiva di lungo periodo, nel 2051 l’età pensionabile potrebbe raggiungere i 70 anni, mentre nel 2070 la speranza di vita media sarà di 85,8 anni per gli uomini e 89,2 anni per le donne, con ulteriori incrementi negli anni successivi.Nonostante queste proiezioni, Vito La Monica, direttore centrale Pensioni dell’Inps, ha sottolineato che “non può che essere una scelta del legislatore se mantenere la speranza di vita all’interno del requisito pensionistico o non mantenerla”.Questi cambiamenti mirano a garantire la sostenibilità del sistema previdenziale, reso più complesso dal calo delle nascite e dal conseguente squilibrio tra lavoratori attivi e pensionati.Trattenimento in servizio nella Pubblica AmministrazioneUna novità introdotta dalla legge di Bilancio 2024 riguarda la possibilità per i dipendenti pubblici con valutazioni di performance “ottime” o “eccellenti” di essere trattenuti in servizio fino a 70 anni. Questa misura, finalizzata a fronteggiare il ricambio generazionale, è subordinata a condizioni specifiche:Certificazione delle esigenze organizzative: Gli enti pubblici devono dichiarare formalmente, nei propri documenti di programmazione (Piano integrato di attività e organizzazione – PIAO), le necessità che giustificano il trattenimento.Criteri di selezione: Solo i dipendenti con valutazioni di eccellenza possono essere considerati per il prolungamento del servizio. Inoltre, il numero di trattenimenti non può superare la capacità di assunzione dell’ente.Durata flessibile: Non è previsto un obbligo di permanenza fino ai 70 anni; il trattenimento può essere interrotto una volta soddisfatte le esigenze organizzative, anche se la direttiva ministeriale consiglia durate minime di un anno.Questa iniziativa mira a evitare la dispersione di competenze preziose in un contesto di significativo turnover, assicurando al contempo un accompagnamento efficace dei nuovi assunti da parte del personale più esperto.Riduzione delle pensioni anticipate LEGGI TUTTO

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    Il voto di scambio in Mediobanca

    Diceva Giulio Andreotti che a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina. Un dubbio che da qualche giorno è il nostro tarlo, ovvero da quando il consiglio di amministrazione delle Generali, un po’ troppo frettolosamente e contro gli inviti alla prudenza dei revisori interni, ha dato parere favorevole alla nascita della joint venture con la francese Natixis (gruppo Bcpe), terzo colosso europeo del risparmio gestito. In ballo ci sono 1.900 miliardi di risparmi che finiranno in una newco olandese per essere gestiti «al meglio», assicurano dalla compagnia triestina che al progetto contribuirà con 630 miliardi a fronte dei 1.200 conferiti dal colosso francese. Un’operazione monstre, capace di fare di questa nuova realtà un campione mondiale del risparmio gestito, sebbene realizzata con modalità diverse da quelle che hanno segnato la crescita – avvenuta per linee interne o attraverso acquisizioni – di giganti come Allianz, Axa, Zurich Insurance. Ma tant’è, siccome ancora non vogliamo pensar male, prendiamo per buone le promesse di ottimizzazione dei risultati gestionali di cui abbondano la nota ufficiale e le dichiarazioni dell’amministratore delegato Philippe Donnet. Cominciamo però ad avere qualche dubbio quando leggiamo che la nuova società, che avrà sede non a Trieste ma ad Amsterdam, sarà governata da un vertice formato da tre francesi, un americano e nessun italiano. Per carità, non spetta a noi giudicare la professionalità dei quattro manager, ma trattandosi del principale gruppo finanziario-assicurativo italiano, decisamente più redditizio del potenziale alleato francese, una robusta spolverata tricolore sul cda sarebbe stata doverosa.E i dubbi crescono quando, leggendo e rileggendo la nota ufficiale, dove peraltro si segnala che le sinergie dall’unione ammonteranno a solo 210 milioni, troviamo conferma del fatto che non è prevista una exit strategy qualora le nozze andassero in crisi durante i primi 15 anni. Per non dire degli impegni immediati per 15 miliardi che Generali si assume in solitaria per sostenere l’avviamento del progetto: 15 miliardi, presumiamo, sottratti a potenziali acquisizioni. Il che avvalora l’ipotesi di un cambio radicale dell’oggetto sociale delle Generali – del resto lo stesso Donnet parla di «operazione bella e trasformativa» – e che quindi il cda sta operando scelte che dovrebbero essere riservate all’assemblea degli azionisti. Ma sebbene ciò accresca le nostre curiosità sulla reale finalità dell’operazione, ancora non spiega la fretta con la quale il cda ha dato via libera, peraltro solo a maggioranza, a questo «innovativo» matrimonio.Tutto diventa più chiaro se leghiamo i tempi del via libera del cda all’imminenza del rinnovo del cda medesimo (in calendario a maggio) e soprattutto dell’amministratore delegato della compagnia triestina. Sull’argomento tre anni fa sono corsi fiumi d’inchiostro per descrivere scontri al calor bianco mai visti prima, con i grandi soci privati da una parte (Francesco Gaetano Caltagirone, Gruppo Del Vecchio e altri primari imprenditori), fermamente orientati a far prevalere il peso dell’azionista su quello del management; e con Mediobanca dall’altra (anch’essa azionista, ma dominata dai manager) tesa a dimostrare quanto è meglio l’opposto e supportata da un ampio corollario di istituzioni finanziarie internazionali, reclutate nel tempo grazie a ricche commissioni, che le hanno reso più facile battere al voto assembleare il fronte degli imprenditori, perpetuando così un controllo sulle Generali che ormai si rinnova da cinquant’anni con grandi benefici per i suoi ricavi.E quale avrebbe potuto essere la novità di questa nuova tornata di nomine al vertice della compagnia assicurativa? Impensabile che lo scontro possa durare all’infinito, perciò la scadenza di maggio fin dall’estate veniva vissuta come fosse l’ultima sfida, ritmata da una trattativa pacificatrice che non è mai davvero cominciata. Sicché, mentre i due principali azionisti privati andavano organizzandosi per costruire un fronte capace di far prevalere le proprie ragioni, forti di un gruppo finanziario all’altezza dell’avversario (nessuno pensa che la cordata Bpm-Mps-Anima fortemente auspicata dal governo abbia come finalità esclusiva la realizzazione del terzo polo bancario, vista la scarsa sintonia che alberga a Palazzo Chigi verso gli obiettivi egemonici dell’asse Milano/Trieste), in Mediobanca, vero regista dell’operazione, non a caso vi figura tra gli advisor sebbene in pieno conflitto di interessi, devono aver pensato che era meglio accrescere ulteriormente il proprio arsenale di voti di scambio coinvolgendo direttamente le truppe del colosso francese. Non sorprenderebbe perciò scoprire, al momento della conta dei voti a fine assemblea per la nomina del nuovo cda e del nuovo amministratore delegato (Donnet probabilmente si ricandiderà), che una massa ingente di voti a favore della lista Mediobanca è espressione più o meno diretta della galassia Bcpe-Natixis. Nemmeno è da escludere che in quei portafogli già oggi stazionino pacchetti di azioni Generali pronti a scattare al semplice richiamo. LEGGI TUTTO

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    Piccole e medie imprese, la crescita grazie all’e-commerce tutelando la proprietà intellettuale

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    È ormai cosa nota come la struttura economica di un Paese si basi principalmente sulle cosiddette Pmi, ovvero le Piccole e Medie Imprese che rappresentano i mattoni della crescita, lo zoccolo duro, che permette ai nostri prodotti di essere vere eccellenze.Supportare lo sviluppo delle PmiFavorire la crescita delle piccole e medie imprese italiane attraverso l’e- commerce e, al contempo, tutelare la proprietà intellettuale dei prodotti Made in Italy dai rischi presenti nell’ecosistema del commercio on-line, valorizzandone così il ruolo decisivo nello sviluppo del tessuto economico, è stato il tema centrale del grande convegno che si è tenuto ieri a Roma a Palazzo Wedekind, organizzato da Alibaba in collaborazione con Il Tempo, dal titolo “Proprietà intellettuale e innovazione: strategie per proteggere e potenziare il business delle Pmi”.A questo hanno partecipato grandi nomi del panorama politico ed economico tra cui Matthew Bassiur, vicepresidente di Alibaba e Head of Global IP Enforcement, Licia Ronzulli, vice presidente del Senato, Fausta Bergamotto, sottosegretario di Stato al ministero delle Imprese e del Made in Italy, Massimiliano Capitanio, commissario Agcom, Roberto Liscia, presidente Netcomm, Claudio Bergonzi, director Global IP Enforcement di Alibaba e Luca De Carlo, presidente della 9° Commissione del Senato e Valentina Grippo, vicepresidente Commissione Cultura della Camera dei Deputati.L’importanza della proprietà intellettualeAttraverso l’incontro di ieri Alibaba, una delle aziende leader mondiale nel commercio online, ha ribadito il proprio impegno nel supportare lo sviluppo delle imprese e, allo stesso tempo, nel promuovere un importante dibattito sul ruolo centrale della proprietà intellettuale da proteggere e tutelare, soprattutto nel caso dei prodotti Made in Italy, storicamente tra i più vulnerabili alla contraffazione.”La protezione della Proprietà Intellettuale è di primaria importanza per Alibaba–ha affermato Bassiur – e siamo qui a Roma per rafforzare la nostra costante collaborazione con gli stakeholder del settore pubblico e privato”. Alle sue parole si sono poi aggiunte quelle del vicepresidente del Senato Licia Ronzulli: “Quello della protezione della proprietà intellettuale dei nostri prodotti è un tema strategico che riguarda il futuro di tutto il Paese” ha spiegato.Renzulli ha poi aggiunto: “Proteggere le nostre eccellenze è vitale: non è solo una questione legale, ma anche di identità e di riconoscimento e il nostro Governo sta lavorando proprio in questa direzione, creando gli strumenti necessari perla tutela della nostra creatività e favorendo sinergie pubblico-privato”.Istituzioni e tessuto produttivoSulla necessità di implementare la collaborazione tra istituzioni e tessuto produttivo si è soffermata anche Fausta Bergamotto, sottosegretario di Stato al ministero delle Imprese e del Made in Italy: “Promuovere sinergie pubblico- privato è, in questo ambito, assolutamente cruciale. Per questo le istituzioni, oggi, devono operare su un doppio livello, quello della promozione e quello della protezione: da una parte promuovere la crescita delle imprese sui mercati globali; dall’altra, proteggerne il lavoro, generando ecosistemi di collaborazione, in primis con le grandi piattaforme di e-commerce”.I “mattoni dell’economia”A sottolineare quanto le Pmi siano fondamentali, il Presidente Netcomm Roberto Liscia: “Le Pmi costituiscono il cuore pulsante del tessuto economico italiano oggi è per loro di vitale importanza riuscire a raccontarsi in modo efficace sui mercati globali, affiancando alla valorizzazione delle proprie radici, un efficace storytelling dotato di una visone globale e digitale e, insieme, modernizzando i propri processi al fine di costruire modello di business sostenibile e di lunga durata”.Per Andrea Di Carlo, deputy executive director di Euipo: “La protezione della proprietà intellettuale è cruciale per l’innovazione e la competitività delle Pmi italiane ed europee. Collaboriamo con piattaforme come Alibaba per sensibilizzare le imprese sull’importanza di tutelare i propri asset ed aiutarle ad affrontare le violazioni dei diritti IP. Il nostro obiettivo è creare un ecosistema europeo di tutela della proprietà intellettuale che sia accessibile ed efficace e che supporti le imprese sui mercati locali e internazionali.” LEGGI TUTTO

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    Via al master sui Bitcoin, le aziende a caccia di cripto-ingegneri per i pagamenti del futuro

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    I Bitcoin e l’innovazione tecnologica che contraddistingue il mondo degli asset digitali stanno vivendo una fase di rapida espansione, accelerata dall’intenzione degli Stati Uniti di inserire la criptovaluta fra le proprie riserve strategiche nazionali. Il mercato delle criptovalute ormai supera i 3.500 miliardi di euro e questo si traduce in una crescente domanda di ingegneri e sviluppatori in grado di guidare e innovare i progetti basati su tecnologia Bitcoin e blockchain da parte di startup e grandi aziende in diversi settori, dal fintech alle banche, dalla cybersicurezza ai settori industriali più tradizionali.La scuola di Master e Formazione Permanente del Politecnico di Torino (Master School del Politecnico di Torino) ha quindi deciso di lanciare il primo percorso formativo per sviluppatori Bitcoin specializzati nella tecnologia Lightning Network, una rete decentralizzata che consente pagamenti istantanei a basso costo, presentando la capacità di gestire potenzialmente milioni di transazioni al secondo. L’iniziativa è in collaborazione con Plan B Network, piattaforma internazionale che fornisce strumenti e contenuti educativi dedicati alla tecnologia di Bitcoin. LEGGI TUTTO

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    EssiLux a cavallo dell’IA segna il record in Borsa

    Francesco Milleri, ceo di EssilorLuxottica.

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    Meta è al lavoro per potenziare il proprio arsenale di dispositivi che incorporano funzionalità di intelligenza artificiale, a partire dagli occhiali smart sviluppati insieme a EssilorLuxottica. Stando alle indiscrezioni riportate da Bloomberg, il colosso dei social media guidato da Mark Zuckerberg ha in serbo il rilascio quest’anno di nuovi occhiali intelligenti, dedicati agli sportivi, a marchio Oakley. L’indiscrezione ha messo le ali al titolo EssiLux che ha toccato i nuovi massimi storici a quota 257 euro nel corso della seduta di ieri, con il valore di mercato del colosso dell’occhialeria che si è spinto sopra i 115 miliardi di euro. Negli ultimi 12 mesi EssiLux segna un balzo di oltre il 45%. In forte rialzo anche Meta che a Wall Street si è spinta fino a 633 dollari con una valutazione record di 1.600 miliardi circa.Meta attualmente vende occhiali Ray-Ban integrati con fotocamera e che possono scattare foto, analizzare l’ambiente circostante, riprodurre musica e gestire le chiamate. L’intenzione futura è lanciare i Ray-Ban Meta in nuovi mercati e in seconda battuta ampliare il range di occhiali intelligenti ad altri marchi che fanno capo al gruppo italo-francese guidato da Francesco Milleri (in foto), con il quale lo scorso autunno Meta ha rinnovato per altri dieci anni la partnership sugli smart glasses. Gli occhiali smart Oakley dovrebbero presentare una fotocamera al centro della montatura e saranno pensati per ciclisti e altri atleti. Il gruppo statunitense, che sta anche progettando un ingresso nell’azionariato di EssilorLuxottica con una quota fino al 5%, punta anche al lancio di un modello di fascia più alta (HyperNova) con display sul fondo dell’occhiale per proiettare informazioni nel campo visivo dell’utilizzatore. Gli occhiali Hypernova potrebbero arrivare a costare circa 1.000 dollari, ossia più del triplo rispetto al prezzo di partenza di 299 dollari attualmente previsto per il modello Ray-Ban Meta. LEGGI TUTTO

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    Tim, vittoria in tribunale sul canone

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    La vendita di Sparkle e la restituzione del canone indebitamente versato nel 1998 potrebbero essere due partite molto più intrecciate di quanto non sembri a una prima occhiata. Andiamo con ordine: ieri la Corte d’appello di Roma ha respinto la richiesta di sospensiva avanzata dallo Stato, di fatto rendendo provvisoriamente esecutiva la sentenza di aprile che ha sancito la restituzione a Tim di circa 1 miliardo (995,2 milioni tra canone e interessi). La presidenza del Consiglio ha già annunciato il ricorso in Cassazione e, in attesa di giudizio, aveva chiesto di sospendere il pagamento della somma. Richiesta che, tuttavia, il giudice ha respinto e ora lo Stato dovrà pagare.La Corte non ha peraltro chiesto garanzie da parte di Tim, il che significa che la società guidata da Pietro Labriola (nella foto) è stata giudicata solvibile anche nel caso, a dire il vero piuttosto remoto, in cui l’ultimo grado di giudizio ribaltasse la sentenza d’appello. Tra le loro argomentazioni, infatti, gli avvocati dello Stato avevano sottolineato le passate difficoltà di Tim come motivo per temere una mancata restituzione della somma oltre a evidenziare «che la dimensione della somma portata dalla sentenza rende evidente l’impossibilità per il bilancio dello Stato di reperire la liquidità necessaria». Argomenti che, tuttavia, sono stati entrambi respinti dai giudici, a maggior ragione dopo che il legale di Tim Romano Vaccarella lo scorso dicembre aveva presentato un’offerta di sconto per 150 milioni con pagamento rateizzato. Potrebbe dunque arrivare a conclusione una vicenda vecchia di oltre un quarto di secolo, vale a dire quando l’allora Telecom Italia si trovò a versare un canone concessorio nonostante una direttiva europea stabiliva che dal gennaio 1998 non fosse più dovuto. LEGGI TUTTO