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    Rimborso istantaneo per il treno in ritardo: ecco come richiederlo con “Smart Refund”

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    I punti chiave

    Adesso sarà più facile e immediato, per i viaggiatori di Trenitalia, richiedere il rimborso istantaneo dei biglietti in caso di ritardi o cancellazioni: il nuovo sistema è stato presentato dall’azienda di Ferrovie dello Stato ed è disponibile sia sul portale web ma anche per chi scarica l’applicazione sui propri dispositivi.Cos’è Smart RefundSi chiama Smart Refund ed è disponibile per i passeggeri che hanno acquistato un biglietto per l’Alta velocità o Intercity: in questo modo sarà molto più veloce e snello il processo per rimborsare gli utenti delle somme dovute. Ci sono due possibilità: richiedere la cifra economica che in caso di ritardi tra 60 e 119 minuti (quindi entro le due ore) è del 25%, dalle due ore in sù è del 50% mentre per le cancellazioni c’è ovviamente il rimborso completo. Chi volesse, però, può richiedere un bonus che sarà speso successivamente per un altro acquisto. Il servizio, che nel recente passato era disponibile soltanto tramite Smart Caring, dallo scorso mese di settembre ha già fatto fronte a oltre 200mila richieste ognuna delle quali è stata risolta in un tempo medio di 25 secondi.Come richiederloPer sfruttare il rimborso istantaneo, come anticipato, ci si può collegare con la pagina web di Trenitalia o scaricare l’app, cliccare su “Info e Assistenza/Info su Rimborsi” dell’App oppure attendere la ricezione di mail o sms di Smart Caring (automaticamente) che il cliente riceverà se il proprio treno avrà subìto un ritardo o una cancellazione. A quel punto, dopo aver inserito la mail del proprio account con il quale ci si è registrati e il codice Otp, la richiesta potrà essere inoltrata con il rimborso che arriva in maniera praticamente immediata.”Velocizzati i rimborsi””L’introduzione di Smart Refund su App e sito di Trenitalia è un esempio concreto dell’impegno dell’azienda nel fornire soluzioni sempre più efficienti, veloci e pratiche per i nostri passeggeri”, ha dichiarato Gianpiero Strisciuglio, amministratore Delegato e Direttore Generale di Trenitalia. “In questo percorso, l’innovazione tecnologica svolge un ruolo fondamentale poiché ci permette non solo di velocizzare il processo di rimborso, ma anche di renderlo anche più sicuro e trasparente”. LEGGI TUTTO

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    Unicredit incassa l’ok di Bce ma con Bpm volano gli stracci

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    Un’importante luce verde è arrivata per Unicredit. La Banca centrale europea e la Banca d’Italia, infatti, nella serata di ieri hanno accordato il permesso di acquisire il controllo diretto di Banco Bpm e indiretto delle altre società del gruppo Banco Bpm e di Anima. Ad affermarlo è lo stesso istituto di Piazza Gae Aulenti, spiegando che le autorizzazioni ricevute ieri «rappresentano l’ultimo passaggio necessario per consentire alla Consob di ultimare l’iter di approvazione, atteso per la prossima settimana, del documento di offerta a essa sottoposto il 13 dicembre 2024». Alla luce di questo, il cda di Unicredit si riunirà domani per esercitare la delega di aumento di capitale funzionale all’offerta lanciata su Banco Bpm.Ci si avvicina, quindi, alla fase calda dell’Offerta pubblica di scambio. A ulteriore testimonianza di questo c’è il fatto che i due amministratori delegati di Bpm e Unicredit, rispettivamente Giuseppe Castagna e Andrea Orcel, ormai hanno abbandonato il tradizionale aplomb. Dopo il pasticcio firmato Eba-Bce sulla faccenda del mancato riconoscimento dello sconto danese per l’operazione su Anima, infatti, nella tarda serata di giovedì Unicredit ha pubblicato un comunicato contundente. «La decisione recentemente annunciata da Bpm di procedere a prescindere» dall’applicazione del Danish Compromise «è motivo di preoccupazione», ha affermato Orcel. «È ragionevole ritenere che questi sviluppi possano avere implicazioni negative per il rendimento del capitale allocato da Banco Bpm all’acquisto di azioni di Anima e per il capitale regolamentare – Cet 1 – della stessa Bpm, con possibili ripercussioni negative sulla sua futura crescita e sulle sue future distribuzioni. Presumibilmente, porterebbero altresì a una riduzione della capacità di Banco Bpm di fornire credito all’economia reale». Ora Unicredit «valuterà» se «proseguire o meno nell’operazione». LEGGI TUTTO

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    Intesa, dalle Fondazioni ok a Messina

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    In cima alla lista sono blindate le conferme dell’amministratore delegato Carlo Messina (che nel 2024 ha percepito un compenso complessivo di 6,4 milioni di euro) e del presidente Gian Maria Gros-Pietro. Un forte segno di continuità in larga parte atteso, dopo i ricchi profitti degli ultimi anni. Ieri, le principali Fondazioni azioniste della prima banca italiana (che pesano per il 17,87% del capitale), aderenti al patto parasociale, hanno depositato la lista congiunta di 17 candidati per il Consiglio di Amministrazione e il Comitato per il Controllo sulla Gestione della Banca per il triennio 20252027 in vista dell’assemblea del 29 aprile. La proposta vede tra i nomi, oltre a Messina e Gros-Pietro, anche Paola Tagliavini come Vice Presidente. E poi: Mariangela Zappia, Franco Ceruti, Paolo Maria Vittorio Grandi, Luciano Nebbia, Liana Logiurato, Pietro Previtali, Maria Alessandra Stefanelli, Bruno Maria Parigi, Donatella Busso, Silvia Merlo, Paolo Messa. Per il comitato interno di gestione sono stati proposti Fabrizio Mosca, Mariella Tagliabue e Maura Campra. LEGGI TUTTO

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    “Tra credito e polizze basta figliastri”

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    «Il Danish Compromise è uno scandalo, un conclamato livello di asimmetria regolamentare tra banche e assicurazioni», per questo «auspico che la Commissione europea prenda una decisione che parifichi il livello di gioco, sennò si creano figli e figliastri». Il presidente di Unipol, Carlo Cimbri, ha commentato così la decisione della Bce, grottescamente confermata a distanza di ventiquattr’ore dall’Eba, di negare l’utilizzo del cosiddetto compromesso danese al Banco Bpm per l’Opa su Anima. Riguardo all’operazione, «non conosco le carte – ha detto – né mi compete valutare il perché la Bce non lo abbia concesso, ma evidentemente è una cosa che è giudicata importante», tanto che «i nostri amici di Unicredit si riservano di valutare se proseguire l’Ops» sul Banco, ha aggiunto Cimbri. Il numero uno di Unipol ieri ha presentato il nuovo piano industriale del gruppo assicurativo bolognese battezzato «Stronger/faster/better». Ai soci verranno distribuite cedle per 2,2 miliardi al 2027: il 72% in più di quanto messo sul piatto nelle precedenti linee strategiche con una crescita annua composta del dividendo per azione pari a circa il 10%. «Lo faremo con o senza il contributo delle banche, è una specie di whatever it takes dei dividendi», ha detto il presidente. Il generoso riconoscimento ai soci è garantito delle prospettive di crescita degli utili consolidati, attesi a 3,8 miliardi a fine piano (+28% rispetto a quanto realizzato nel triennio precedente). Di questi, buona parte arriveranno dall’attività assicurativa che punta a 3,4 miliardi (+47%) di profitti. Nel dettaglio, Unipol si pone come obiettivi al 2027 una raccolta nel comparto Danni pari a 10,6 miliardi e una raccolta nel comparto Vita a 7,4 miliardi. Dal canale bancassicurativo, che si avvale degli accordi di distribuzione con Bper e con la Popolare di Sondrio, è atteso un aumento dei premi danni dagli 0,5 miliardi del 2024 a 1 miliardo nel 2027 e dei premi vita da 2,7 a 3,4 miliardi. A proposito dell’offerta di Bper per l’istituto valtellinese, Cimbri ha detto che i matrimoni «possono avvenire in maniera consensuale oppure bisogna convincere una parte che in un bosco pieno di lupi da soli non si può stare». In ogni caso, la decisione di muovere verso Sondrio è maturata anche perchè «un gruppo con il colori arancione (l’olandese Ing, ndr) ha dato mandato a dei legali di studiare un’operazione sull’istituto». In merito all’ipotesi di aumentare la quota (il 24,5%) nella banca modenese, il presidente ha spiegato di non sentirne oggi alcuna necessità «però non posso escluderlo in futuro». LEGGI TUTTO

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    Montezemolo sconfitto. A Londra vince il broker

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    «Le pretese dei ricorrenti sono respinte». Si chiudono così le 337 pagine della sentenza con cui l’Alta Corte di Londra ha bocciato le richieste di Luca Cordero di Montezemolo e del figlio Matteo, che avevano chiesto un risarcimento da 50 milioni di euro a carico, tra gli altri, del broker Daniele Migani, fondatore del Gruppo Xy specializzato in consulenza su grandi patrimoni, sostenendo di essere stati «vittime di una frode» per investimenti finiti male cinque anni fa. La vicenda era emersa dodici mesi fa e a novembre Migani, residente in Svizzera e con un passato anche da fisico nucleare al Cern di Ginevra, aveva subito pure un sequestro da 18 milioni in un’inchiesta milanese su presunti raggiri ad altri vip e imprenditori per le ipotesi di truffa, abusiva attività finanziaria in Italia e omessa presentazione della dichiarazione dei redditi. Sequestro poi però annullato dal Riesame. L’indagine comunque va avanti. LEGGI TUTTO

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    Generali, Mediolanum vota con i fondi. Mediobanca propone un cda fotocopia

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    L’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel (foto), oggi si sentirà un po’ più solo. Anche Mediolanum ha scelto di schierarsi con Assogestioni nella partita sulla governance delle Generali. L’associazione del risparmio gestito ieri ha depositato la lista di minoranza dei fondi in vista dell’assemblea del Leone che il 24 aprile dovrà rinnovare il cda. Confermati i quattro i candidati indipendenti anticipati dal Giornale. Si tratta del bocconiano Roberto Perotti, già consigliere del Leone fino al 2022, della docente di biostatistica ad Harvard, Francesca Dominici, di Anelise Sacks, del gruppo di microchip Analog Devices, e dell’ex banchiere di Citi, Leopoldo Attolico. Ebbene, se era scontato che l’elenco delle sgr ottenesse il consenso di Anima, Kairos, BancoPosta, Eurizon e Fideuram, favorevoli sin dall’inizio a presentare una rosa di candidati, salta all’occhio la presenza di Mediolanum Gestione Fondi Sgr e Mediolanum International Funds. Dal gruppo della famiglia Doris assicurano che la mossa è stata presa «in totale continuità» con quanto fatto anche l’ultima volta per Generali e in coerenza con il posizionamento delle sue Sgr, che nella stragrande maggioranza dei casi sostengono le liste di minoranza di Assogestioni. Resta il fatto che Mediolanum è azionista di Mediobanca che, a sua volta, ieri ha presentato la sua lista per la conferma dell’amministratore delegato Philippe Donnet e del presidente Andrea Sironi. Non a caso, le Sgr targate Mediolanum nelle ultime settimane non hanno partecipato né alla discussione sull’opportunità di presentare una lista di minoranza, né alla selezione dei candidati proprio per evitare conflitti di interesse. Il quorum necessario era stato comunque raggiunto nella riunione del comitato dei gestori del 21 marzo, nonostante fino all’ultimo il fronte dei contrari capitanato da Mediobanca Sgr avesse provato a convincere il Comitato a tenersi fuori dalla partita. Mediolanum ha poi deciso di depositare la lista di Assogestioni anche se avrebbe potuto tenersi fuori come ha fatto ad esempio Arca del gruppo Bper Banca, che questa volta ha preferito non partecipare (nel marzo 2022, invece, vi aveva aderito). All’assemblea di Trieste i soci potranno, dunque, scegliere se votare la rosa di Assogestioni oppure le altre due. La lista presentata ieri da Mediobanca è nei fatti la fotocopia di quella presentata dal cda nel 2022: 13 candidati con la conferma di 9 su 10 consiglieri in carica tra cui Donnet e Sironi. Esce Diva Moriani e al suo posto viene candidata Patricia Estany Puig. Gli altri due nomi nuovi (Elena Vasco e Giorgio Valerio) entrerebbero nel board solo se Piazzetta Cuccia otterrà la maggioranza dei voti. LEGGI TUTTO