More stories

  • in

    Scadenza Imu mancata: come regolarizzare il pagamento con il ravvedimento operoso

    Il 16 giugno è scaduto il termine per versare l’acconto Imu 2025. Chi si fosse dimenticato, o avesse avuto difficoltà nel pagarlo entro tale termine, può ancora mettersi in regola, grazie al cosiddetto ravvedimento operoso. Si tratta di una procedura che consente di pagare l’imposta in ritardo, applicando sanzioni e interessi ridotti rispetto a quelli ordinari. Vediamo insieme come cogliere questa opportunità per mettersi in regola, evitando problemi (e costi maggiori).Chi deve pagare l’ImuL’Imposta municipale propria, o unica, (Imu) non riguarda tutti. È dovuta da proprietari di seconde case, possessori di immobili commerciali, fabbricati industriali o strumentali, titolari di aree edificabili e terreni agricoli (salvo esenzioni particolari), concessionari di aree demaniali e locatari in leasingLa prima casa è invece esente, a meno che non si tratti di un’abitazione di lusso (categorie catastali A/1, A/8 e A/9): in quel caso l’Imu si paga, ma con una detrazione fissa di 200 euro.Come si calcola l’accontoLa prima rata dell’Imu 2025 è pari al 50% dell’imposta annuale, calcolata (salvo eccezioni) sulla base delle aliquote deliberate per il 2024. L’eventuale conguaglio, in base alle nuove aliquote 2025, si effettuerà a dicembre con il saldo.C’è però un’eccezione: se il Comune di riferimento ha già approvato e pubblicato le nuove aliquote 2025 con la procedura digitale prevista dal Dipartimento delle Finanze, è possibile utilizzarle fin da ora.La base imponibile si ottiene rivalutando del 5% la rendita catastale dell’immobile, moltiplicandola per il coefficiente previsto per la categoria catastale. Su questo importo si applica poi l’aliquota comunale.Modalità di pagamentoL’Imu si può pagare in due modi, e cioè tramite modello F24, anche online, o con bollettino postale, se previsto dal Comune, sul conto corrente postale n. 1008857615 intestato a “Pagamento Imu”. In ogni caso, il consiglio è di consultare il sito del proprio Comune, dove spesso è disponibile un simulatore per il calcolo automatico dell’importo dovuto.Ravvedimento operoso: quanto costa il ritardoChi ha saltato la scadenza del 16 giugno può regolarizzarsi nei giorni successivi, ma dovrà aggiungere una piccola sanzione proporzionale al ritardo, oltre agli interessi legali (attualmente allo 0,23% annuo). Ecco le tre finestre principali per il ravvedimento:Entro 14 giorni (cioè fino al 30 giugno): sanzione dello 0,083% per ogni giorno di ritardo;dal 15° al 30° giorno (dal 1° al 15 luglio): sanzione fissa dell’1,25%;tra 30 e 90 giorni (dal 16 luglio in poi): sanzione dell’1,39%.Più si aspetta, insomma, più cresce l’importo da pagare. Vale quindi la pena intervenire subito, soprattutto se si tratta di piccole somme. LEGGI TUTTO

  • in

    “Nuclitalia è già pronta per arruolare nuovi soci”

    “Nuclitalia è pronta e disponibile ad aprire il proprio capitale ad altri soggetti”. L’ammissione arriva da uno dei soci chiave del neonato gruppo che si occupa di studiare le tecnologie e le opportunità per il nuovo nucleare in Italia, ovvero Ansaldo Nucleare (controllata da Ansaldo Energia). E, in particolare, dal suo direttore generale Roberto Adinolfi che – a margine del convegno di Edison e Aiden, l’Associazione italiana di diritto dell’energia – ha spiegato a il Giornale la possibilità e la necessità di allargare il raggio d’azione dei protagonisti italiani che stanno ridisegnando il ritorno dell’atomo.Al momento, Nuclitalia è composta da Enel (con il 51%), Ansaldo Energia (39%) e Leonardo (10%). Ma quello che sembrava un azionariato definito è pronto a nuove integrazioni e a fare spazio ad altri protagonisti del settore già entro la fase esplorativa che durerà 18 mesi. “La Legge Delega che sta per approdare in Parlamento spiega Adinolfi sarà una cornice importante da cui partire per fare le scelte più adatte in termini di tecnologia e di strategia e sarà in questa fase che siamo disponibili a cedere quote di capitala nella newco”. “D’altra parte – ha aggiunto – si tratta di perseguire quel fare squadra che i vari attori hanno chiesto oggi durante il confronto”.Da Edison a Newcleo, passando per Eni, i gruppi presenti al dibattito hanno auspicato la possibilità di un’ampia collaborazione. “Spoliticizzare il tema, perchè è un tema di tutti” è la prima condizione per lo sviluppo del nucleare nel nostro Paese per Ruggero Corrias, chief pubblic affairs officers di Newcleo. Altro punto fondamentale è “fare squadra in una logica di sistema”. LEGGI TUTTO

  • in

    Stellantis, la squadra di Filosa parla più italiano

    Antonio Filosa, da ieri nuovo ceo di Stellantis, rivolge subito un segnale di attenzione verso l’Italia, dove è nato nel 1973 (il 26 giugno compirà 52 anni): nel leadership team, presentato il giorno del suo insediamento, figurano gli italiani Davide Mele (Product planning), Emanuele Cappellano (responsabile per il Sud America e di Stellantis Pro One, business unit dei veicoli commerciali) e Monica Genovese (Purchasing). A riportare direttamente al ceo, inoltre, sarà anche Giorgio Fossati (General Counsel). Si può dire, a questo punto, che le fondamentali Americhe sono nelle mani di due italiani: lo stesso Filosa (Nord, che ha mantenuto per sé, con i relativi marchi) e, appunto, Cappellano (Sud). Confermato, inoltre, al volante dell’Europa allargata e come coordinatore dei marchi che fanno capo al Vecchio continente, l’italo-francese Jean-Philippe Imparato il quale, insieme agli altri brand, trova ora anche Maserati. Il Tridente, dunque, non rappresenterà più, come è stato nel passato, un marchio “sganciato” dal gruppo. Un altro possibile segnale di Filosa, a questo punto, in direzione di un rilancio.Tra i manager, non farà più parte di Stellantis il francese Maxime Picat, dopo che il presidente John Elkann gli ha preferito Filosa per il ruolo di ceo. Crescono, a questo punto, le possibilità che Picat prenda il posto del dimissionario Luca De Meo al vertice di Renault. Del resto, sia Stellantis sia il gruppo della Losanga hanno in comune lo Stato francese come azionista.E se Doug Ostermann, americano, sarà ancora il cfo del gruppo, allo stesso tempo dovrà anche occuparsi di fusioni, acquisizioni e joint-venture. Un’altra indicazione che perviene dalle nomine rese note da Filosa, ovvero la ricerca di collaborazioni e opportunità per rafforzare la struttura del gruppo. Richard Palmer (ex Fca), che mesi fa si diceva dovesse fare da “ponte” verso la guida Filosa, resta consulente strategico della società. All’americano Ralph Gilles la responsabilità del design e al vulcanico francese, ma da tanti anni in Italia, Olivier François, la direzione del Marketing.Questi, dunque, i nomi di spicco della squadra che affiancherà Filosa nel complicato compito di ridare vigore al gruppo, risollevare il morale alla forza lavoro (soprattutto quella italiana) e mettere ordine alla galassia di marchi (14), oltre al partner cinese Leapmotor, magari attraverso sacrifici (Lancia?) e accorpamenti sempre in famiglia (Abarth e la francese Ds?). LEGGI TUTTO

  • in

    La cordata Bancomat insieme a Epi Company per rafforzare l’autonomia europea nei pagamenti

    L’alleanza EuroPA (European Payments Alliance) – rappresentata da Bancomat, Bizum, Mb Way (Sibs) e Vipps MobilePay – ed Epi Company hanno annunciato l’avvio di una cooperazione finalizzata a sviluppare soluzioni in grado di rispondere rapidamente alla sfida della sovranità europea nei pagamenti, con particolare riferimento alle transazioni transfrontaliere. L’obiettivo è permettere ai cittadini europei di […] LEGGI TUTTO

  • in

    Dazi, Giorgetti dà la sveglia a Bruxelles: “L’incertezza costa, basta tergiversare”

    L’incertezza ha un costo. Giancarlo Giorgetti sollecita un accordo commerciale nel più breve tempo possibile tra Bruxelles e Washington. Raggiungere un accordo in tempi brevi è doppiamente importante. Oltre a sgombrare il campo dalla spada di damocle di possibili dazi al 50% sui prodotti europei diretti agli Stati Uniti in caso di mancata intesa entro il 9 luglio, porrebbe fine all’attuale fase di limbo che ha come inevitabile conseguenza un freno a mano tirato per l’attività economica. “Ho più volte evidenziato come anche l’incertezza abbia un prezzo ha scritto ieri il ministro dell’Economia nella lettera inviata a Stefano Lucchini, presidente dell’American Chamber, che ha riunito a Milano l’annuale assemblea e nel negoziato sui dazi varrebbe la pena di chiudere al più presto anziché lasciare che l’incertezza continui a frenare scambi ed investimenti”. Nel ricordare come gli inglesi abbiamo appena chiuso al G7 di Kananaskis un accordo su dazi attorno al 10%, Giorgetti ha ammesso che ad oggi appare “impossibile per l’Unione strappare condizioni migliori e quindi forse vale la pena di chiudere al più presto anche noi al 10%”. Il numero uno di via XX Settembre non ha mancato di porre l’accento sulle divisioni in seno all’Ue che “fatica a definire posizioni comuni, perché i suoi Paesi membri hanno interessi diversi. A Bruxelles si impostano allora dei complicati processi burocratici mirati a definire almeno un minimo comun denominatore con cui presentarsi al tavolo negoziale”. Questo si somma a “una sempre più evidente divaricazione strutturale tra i due lati dell’Atlantico. Da un lato vi è un Paese unico come l’America che spinge verso la massima deregolamentazione, la detassazione e l’accelerazione dello sviluppo tecnologico; dall’altro vi è un blocco di Paesi diversi come l’Unione Europea: iper-regolatorio, lento ed in chiaro ritardo tecnologico”.Sull’idea di dazi reciproci al 10%, imone Crolla, consigliere delegato di American Chamber, a margine dell’assemblea che si è svolta a Palazzo Mezzanotte ha osservato: “Speriamo che l’Europa faccia delle concessioni che sono doverosamente richieste dal partner americano, ma riteniamo che anche se fossero mantenuti i dazi al 10% ciò non pregiudicherebbe la validità e la forza della relazione commerciale Italia-Stati Uniti”.Giorgetti comunque non è solo nel pressing per un cambio di passo dei negoziati. Il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, ha bollato come “troppo complicato” l’attuale approccio nelle trattative da parte della Commissione. “Negoziare 400, 500 o 600 codici doganali diversi con gli americani ora non è il momento giusto e non è la questione giusta. Abbiamo bisogno di decisioni rapide e congiunte per quattro o cinque grandi settori industriali”, ha tagliato corto ieri Merz citando auto, chimica, farmaceutica e meccanica come i comparti da mettere in cima alle priorità. La Germania è in effetti il paese più esposto al macigno dei dazi. Le ultime simulazioni dell’Istituto Ifo indicano per l’industria manifatturiera tedesca il rischio di una contrazione del 2,8% se non ci sarà un’intesa sui dazi, con l’export teutonico verso gli Usa in picchiata del 38,5%. LEGGI TUTTO

  • in

    “L’emozione di essere italiani” corre sui binari delle Ferrovie

    “L’emozione di essere italiani” è forte e solida. Come il ferro che non è solo materia: è ciò che, da oltre un secolo, tiene insieme l’Italia e ne incarna la forza e la tenacia. Ferro che corre, collega, resiste. Come quello dei binari, dei ponti, delle gallerie, delle stazioni e dei treni che ogni giorno attraversano il Paese. Ma è anche quello che prende forma nel lavoro quotidiano di chi fa muovere l’Italia: le persone del Gruppo FS, che con energia e competenza contribuiscono ogni giorno alla crescita del Paese. È questo il senso di quell'”emozione di essere italiani”, titolo della nuova campagna istituzionale di FS, in onda da ieri con una pianificazione multicanale. Alla proiezione in anteprima del nuovo spot, ieri a Roma, sono intervenuti il Presidente del Gruppo FS, Tommaso Tanzilli, l’Amministratore Delegato e Direttore Generale, Stefano Antonio Donnarumma, e il Chief Corporate Affairs, Communication e Sustainability Officer, Giuseppe Inchingolo. Alla presentazione ha preso parte anche il Ministro dei Trasporti, Matteo Salvini. Presenti anche l’ex campionessa di sci alpino, Deborah Compagnoni, e il campione mondiale di para-snowboard, Jacopo Luchini. “Con questa campagna abbiamo voluto dare voce al valore autentico del lavoro quotidiano delle donne e degli uomini del Gruppo FS, vera spina dorsale della nostra azienda. È grazie al loro impegno e alla loro competenza che visione e progettualità si trasformano in risultati concreti”, ha dichiarato il Presidente del Gruppo FS, Tommaso Tanzilli.”La nostra missione più ambiziosa è creare connessioni fisiche, sociali, culturali in grado di unire territori, rafforzare comunità e promuovere una mobilità sempre più integrata, accessibile e sostenibile. Oggi l’Italia affronta una sfida decisiva: accelerare la transizione ecologica e digitale, colmare i divari infrastrutturali tra Nord e Sud e dare piena attuazione agli investimenti strategici del PNRR. Il contributo del Gruppo FS sarà fondamentale per accompagnare il Paese verso un futuro più connesso, inclusivo e competitivo”.”Il Paese sta attraversando la più grande trasformazione infrastrutturale della sua storia, e il Gruppo FS è chiamato a svolgere un ruolo da protagonista in questo cambiamento – ha dichiarato l’Amministratore Delegato e Direttore Generale del Gruppo FS, Stefano Antonio Donnarumma – Con i 100 miliardi di euro previsti dal nostro Piano Strategico, il più ambizioso mai realizzato dal Gruppo, puntiamo a modernizzare la rete ferroviaria e stradale, ridurre i divari territoriali e costruire un sistema di mobilità integrato e sostenibile, all’altezza delle sfide future. Un piano che non riguarda solo le infrastrutture, ma contribuisce concretamente alla crescita dell’Italia, generando occupazione e valore economico. I 1.200 cantieri attivi ogni giorno, molti dei quali concentrati nei mesi estivi per ridurre gli impatti sui pendolari che si spostano per lavoro o studio, rappresentano il volto concreto di questo impegno”. LEGGI TUTTO

  • in

    “Nuoce ai conti pubblici e all’occupazione”. Il rapporto choc sull’immigrazione

    Il dibattito sull’immigrazione è particolarmente acceso in quest’ultimo periodo in Francia. Il Paese sembra essersi svegliato da un torpore durato decenni, durante i quali ha lasciato carta bianca ai propagandisti dell’immigrazione a ogni costo. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, con intere zone di grandi e piccole città che sono sotto il “controllo” delle comunità islamiche. Per anni è stato detto, in Francia come in Europa, e in Italia, che l’immigrazione è arricchimento e che per questo bisogna agevolarla ma uno studio pubblicato in esclusiva da Le Figaro dimostra esattamente il contrario. La nota è stata realizzata dall’Osservatorio sull’Immigrazione e la Demografia (OID) e confuta su tutta la linea le recenti conclusioni del think-tank progressista Terra Nova, sostenendo che l’immigrazione ha un impatto negativo su crescita, competitività e bilancio francese.Il quotidiano francese ricorda che Hakim El Karoui e Jubba Ihaddaden, la cui origine non sembra essere transalpina, entrambi parte del think-tank, in una nota hanno spiegato che l’immigrazione è necessaria per salvaguardare l’economia francese. Ma Nicolas Pouvreau-Monti, nella nota di cui è entrata in possesso Le Figaro, sostiene l’esatto contrario: “L’immigrazione alimenta un circolo vizioso che danneggia l’occupazione e l’economia francese: aggrava i problemi strutturali dell’occupazione in Francia, peggiora i conti pubblici e penalizza indirettamente i settori esposti dell’economia”. Per quanto entrambi i documenti concordino sull’importanza dei migranti nei settori a bassa specializzazione e paga, Terra Nova insiste sulla necessità di far entrare in Francia fino a 300mila migranti ogni anno per 20 anni, il che significa almeno 6milioni di migranti in più nel Paese. Ma l’OID frena e sottolinea come la mancanza di manodopera in specifici settori non può in alcun modo compensare l’impatto deleterio che l’immigrazione ha sull’economia francese e sulla sua crescita.Se Terra Nova ammette anche che gli immigrati lavorano meno dei francesi, e sposta le responsabilità della mancata integrazione sul dibattito pubblico, dall’altro lato sostiene che fatalmente l’immigrazione massiccia non si fermerà, quindi tanto vale renderla utile. OID smonta su tutta la linea questa ricostruzione e immagina una Francia senza immigrati e Pouvreau-Monti sottolinea anche che “la realtà attuale dell’immigrazione, hic et nunc, non è l’origine delle difficoltà strutturali che la nostra economia sta attraversando, ma le aggrava tutte”. Tra le ragioni c’è il tasso di occupazione basso degli immigrati, inferiore a quello dei nativi, quindi l’immigrazione non migliora “il deficitario tasso di occupazione della Francia, ma al contrario lo degrada fortemente”. Tra le ipotesi formulate dall’OID c’è la segregazione volontaria delle comunità immigrate. La tendenza all’inattività si riflette anche nelle seconde generazioni secondo lo studio, tra le quali la quota di giovani “che non erano né occupati, né scolarizzati, né in formazione, era del 24% per gli anni 2020-2021”.A leggere bene la nota c’è quasi un avviso involontario all’Italia e agli altri Paesi sui rischi dell’immigrazione familiare, che si agevola concedendo facili cittadinanze: “Questo basso tasso di occupazione in Francia si spiega con la struttura della nostra immigrazione, che è in gran parte familiare”. E come sottolinea Pouvreau-Monti, chi arriva in Francia per ragioni familiari, e non lavorative, trova più difficile l’inserimento lavorativo perché è anche meno motivato. Se poi chi arriva non è qualificato, e la maggior parte non lo sono, la situazione si complica e va a incidere sull’economica, perché la produttività per persona dipende essenzialmente dal livello di qualificazione dei lavoratori. Se i francesi tra i 30 e i 40 anni che non hanno il diploma sono circa il 10%, gli immigrati senza un titolo di studio spendibile sono il 31%. Ma non solo, perché nella nota di Pouvreau-Monti viene anche spiegato che “il livello di una persona immigrata titolare di una laurea ottenuta nel suo Paese d’origine è spesso inferiore a quello di una persona titolare di una laurea ottenuta in un istituto di istruzione superiore francese”. LEGGI TUTTO