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    Legge di Bilancio 2025: le novità per lavoratori e pensionati

    I punti chiave

    Il 2025 si apre con una serie di novità in materia di previdenza obbligatoria e complementare, frutto principalmente degli interventi previsti dalla legge di Bilancio 2025 (legge n. 207/2024), ma anche degli aggiornamenti periodici stabiliti dalla normativa pensionistica. Questi cambiamenti riguardano diverse aree, con impatti diretti sui lavoratori e sulle modalità di accesso e di calcolo delle prestazioni pensionistiche. Le novità comprendono, infatti, adeguamenti alle modalità di contribuzione, riforme nei regimi pensionistici integrativi e nuovi requisiti per l’accesso alle prestazioni, con l’obiettivo di garantire maggiore equità e sostenibilità nel sistema previdenziale.Opzione donna, Quota 103 e Ape socialeVengono introdotte nuove misure per potenziare la flessibilità nell’uscita dal mondo del lavoro, ampliando l’accesso a strumenti come Opzione donna, Quota 103 e Ape sociale. Questi strumenti saranno disponibili anche per coloro che raggiungeranno i requisiti entro il 2025, con la possibilità di usufruire dell’APE sociale fino alla fine dell’anno. Un’importante novità riguarda gli incentivi per chi decide di posticipare il pensionamento. Fino all’anno scorso, l’incentivo era previsto solo per chi accedeva a Quota 103, con un contributo aggiuntivo a carico del lavoratore. Con la Legge di Bilancio 2025, l’incentivo viene esteso anche a chi avrà maturato 42 anni e 10 mesi di contributi (uomini) o 41 anni e 10 mesi (donne) entro la fine del 2025. Inoltre, è prevista l’esclusione dall’imponibile fiscale della parte di contribuzione che beneficia il lavoratore.I dipendenti della PALa Legge di Bilancio 2025 stabilisce che i dipendenti della Pubbliche Amministrazione possano continuare a lavorare fino al raggiungimento dell’età anagrafica prevista per la pensione di vecchiaia. Di conseguenza, viene meno l’obbligo di pensionamento automatico al compimento dei 65 anni, permettendo a questi lavoratori di richiedere la pensione anticipata anche oltre tale limite. Questi soggetti (esclusi magistrati, avvocati e procuratori dello Stato, personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e dei vigili del fuoco) potranno, inoltre, concordare con i dipendenti di prolungare il loro servizio oltre i 67 anni, ma non oltre i 70, con un limite massimo del 10% delle assunzioni autorizzate.Assegno socialeA partire dal 1° gennaio 2025, per coloro che hanno iniziato a versare i contributi dopo il 1° gennaio 1996, sarà possibile, al fine di raggiungere l’importo minimo dell’assegno sociale previsto per la pensione di vecchiaia o anticipata con il sistema contributivo integrale, includere anche il valore teorico di una o più prestazioni di rendita derivanti da forme pensionistiche complementari a cui l’assicurato abbia aderito.Pensione anticipataPer i lavoratori che scelgono il pensionamento anticipato, il requisito contributivo di 20 anni verrà aumentato di 5 anni dal 1° gennaio 2025 e di altri 5 anni dal 1° gennaio 2030. La pensione anticipata non sarà cumulabile con redditi da lavoro dipendente o autonomo (eccetto per redditi da lavoro autonomo occasionale fino a 5.000 euro lordi annui) fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia. Dal 1° gennaio 2030, inoltre, per accedere alla pensione anticipata sarà necessario che il trattamento pensionistico maturato sia pari a 3,2 volte l’assegno sociale, anziché 3 volte.Madri lavoratriciLa Legge di Bilancio 2025 modifica i requisiti per le lavoratrici madri nel sistema contributivo, aumentando da 12 a 16 mesi il limite massimo di riduzione, con una riduzione di 4 mesi per ogni figlio. La novità riguarda soprattutto le lavoratrici con 4 o più figli e non dipende dall’assenza dal lavoro. Viene mantenuto anche il sistema alternativo che prevede un coefficiente pensionistico maggiorato in base al numero di figli. Dal 1° gennaio 2025, chi non ha anzianità contributiva INPS può versare un’aliquota contributiva maggiore, per aumentare il montante contributivo e la futura pensione.Rivalutazione del montante contributivoNel 2025, il montante contributivo sarà rivalutato con un coefficiente di 1,036622, basato sul tasso di crescita del PIL degli ultimi cinque anni, come indicato dall’Istat. Questo coefficiente verrà applicato ai contributi versati fino al 31 dicembre 2023 per i lavoratori Inps, la cui pensione inizia tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2025. Non verranno invece rivalutati i contributi versati nel 2024 o nel 2025. A partire dal 1° gennaio 2025 entreranno in vigore anche i nuovi coefficienti di trasformazione, validi per il biennio 2025-2026, aggiornati dal Ministero del Lavoro e dell’Economia in base alle stime Istat sull’andamento demografico. LEGGI TUTTO

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    Scontro tra Cgil e Cisl sul pdl per la partecipazione dei lavoratori

    Lo scontro tra i principali sindacati italiani, Cgil e Cisl, raggiunge nuovi livelli di intensità. Al centro del dibattito, il progetto di legge di iniziativa popolare sostenuto dalla Cisl sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende, in commissione alla Camera. Un’iniziativa che promette di attuare finalmente il principio sancito dall’articolo 46 della Costituzione, ma che per la Cgil rappresenta un grave rischio per l’autonomia contrattuale dei lavoratori.Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, ha attaccato duramente il progetto, definendolo una minaccia alla contrattazione collettiva. “È una proposta che distrugge quanto già concordato sui diritti di informazione e consultazione nei contratti nazionali e aziendali. Senza una legge sulla rappresentanza, questo intervento rischia di svuotare il ruolo delle Rsu e depotenziare la contrattazione”, ha dichiarato. Landini critica, inoltre, la visione della partecipazione limitata a una generica presenza nei consigli di amministrazione e la mancata correlazione tra salario e prestazione lavorativa.Dall’altra parte, Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl (prossimo all’uscita per aver raggiunto il limite statutario dei 65 anni; ndr) , difende con fermezza la proposta e accusa la Cgil di demagogia e immobilismo. “È grottesco che la lezione sul valore della contrattazione venga da chi vuole affidare alla politica la regolazione della rappresentanza e dei salari. La legge di iniziativa popolare promossa dalla Cisl, sostenuta da 400mila cittadini, punta a unire il Paese su un nuovo modello di sviluppo basato sulla corresponsabilità e sulla democrazia economica”, ha affermato Sbarra in una nota.Un confronto su due visioni del sindacatoLa Cisl punta a innovare le relazioni industriali con un approccio partecipativo che valorizzi il ruolo dei lavoratori nelle decisioni strategiche delle imprese. Sbarra sottolinea che il progetto rappresenta un’opportunità storica per dare concretezza al principio costituzionale della partecipazione. L’approvazione bipartisan del testo, accompagnata da incentivi economici già previsti in legge di Bilancio (72 milioni di euro), potrebbe segnare una svolta per il sistema produttivo italiano.La Cgil, invece, vede nel progetto un arretramento rispetto alle conquiste ottenute in decenni di contrattazione collettiva. Per Landini, la vera priorità dovrebbe essere una legge sulla rappresentanza e l’introduzione del salario minimo orario, in linea con la direttiva europea. L’attacco al progetto della Cisl si inserisce in una strategia più ampia che mira a preservare il controllo del sindacato sui meccanismi di tutela e negoziazione, evitando derive che potrebbero spostare l’equilibrio verso le imprese.La posta in giocoIl contrasto tra Cgil e Cisl non si limita a divergenze tecniche sul progetto di legge. Riflette due visioni profondamente diverse del ruolo del sindacato nel XXI secolo. La Cgil, con una postura più movimentista e politicamente antagonista, sembra intenzionata a mantenere un approccio conflittuale verso le istituzioni e le imprese. Una scelta che se, da un lato, consente a Landini & C. di condizionare politicamente tutto il centrosinistra: dal referendum per l’abolizione del Jobs Act all’appoggio a Schlein e Conte sul no all’autonomia differenziata. La Cisl, invece, si presenta come un attore responsabile e propositivo, aperto al dialogo (indipendentemente dal colore politico dei governi) e al compromesso per costruire soluzioni condivise.La spaccatura rischia di avere ricadute significative sul tessuto sociale e produttivo del Paese, in un momento in cui servirebbero coesione e senso di responsabilità. “Non con il conflitto ideologico, ma con il coraggio della partecipazione possiamo elevare il trattamento economico e sociale dei lavoratori”, ha dichiarato Sbarra, annunciando un’assemblea nazionale di quadri e delegati il prossimo 11 febbraio a Roma. LEGGI TUTTO

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    Il debito pubblico italiano sfonda quota 3.000 miliardi

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    A novembre 2024, il debito pubblico italiano ha superato per la prima volta la soglia dei 3.000 miliardi di euro, attestandosi a 3.005,2 miliardi. Questo incremento di 23,9 miliardi rispetto al mese precedente è stato principalmente determinato dall’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro e dal fabbisogno delle amministrazioni pubbliche. La Banca d’Italia, nella sua nota ufficiale, ha fornito una chiave di lettura approfondita su questo importante risultato, sottolineando aspetti economici di rilievo per comprendere il contesto di questa crescita.Cosa significa superare la soglia dei 3.000 miliardiIl superamento di una soglia simbolica come quella dei 3.000 miliardi può destare preoccupazione nell’opinione pubblica. Tuttavia, come evidenziato dalla Banca d’Italia, il valore nominale del debito pubblico, pur importante, non è l’unico indicatore rilevante per valutare la sostenibilità delle finanze pubbliche. È cruciale considerare il rapporto tra debito e prodotto interno lordo (Pil), un parametro che misura la capacità del Paese di far fronte ai propri obblighi finanziari. Ad esempio, nonostante un aumento nominale di quasi 292 miliardi nel triennio 2021-2023, il rapporto debito/Pil è sceso di oltre 19 punti percentuali nello stesso periodo.Le componenti dell’aumento del debitoL’aumento registrato a novembre è stato influenzato principalmente da due fattori:Disponibilità liquide del Tesoro: Incrementate di 20,9 miliardi, raggiungendo i 63,9 miliardi.Fabbisogno delle amministrazioni pubbliche: Pari a 3,2 miliardi.In senso opposto, un lieve effetto di contenimento è derivato dagli scarti e premi legati all’emissione e al rimborso di titoli, dalla rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e dalle variazioni dei tassi di cambio, per un totale di 0,2 miliardi.Ripartizione del debitoIl debito consolidato delle amministrazioni centrali ha registrato l’intero aumento di 23,9 miliardi, mentre le amministrazioni locali e gli Enti di previdenza hanno mantenuto livelli invariati. La vita media residua del debito si è confermata stabile a 7,8 anni.I detentori del debitoLa quota di debito detenuta dalla Banca d’Italia è diminuita al 21,8% (dal 22,1% del mese precedente), mentre quella in mano a investitori non residenti è salita al 30,5% a ottobre, rispetto al 30,2% di settembre. La restante parte è detenuta da residenti, principalmente famiglie e imprese non finanziarie, la cui quota è leggermente scesa al 14,3% dal 14,4%.Entrate tributarie in calo a novembreSempre a novembre, le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato sono state pari a 51,7 miliardi, registrando un calo dello 0,1% rispetto al novembre 2023. Tuttavia, nei primi undici mesi del 2024, le entrate tributarie sono aumentate del 5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, raggiungendo i 504,3 miliardi. LEGGI TUTTO

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    Irpef e taglio del cuneo, cosa cambia in busta paga

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    Le modifiche introdotte dalla legge di Bilancio 2025 sull’Irpef e sul cuneo fiscale avranno effetti variabili a seconda della fascia di reddito. Il nuovo sistema abbandona il taglio degli oneri contributivi applicato nel 2024, introducendo invece una somma aggiuntiva per i redditi complessivi inferiori a 20.000 euro, con importi variabili da 481 a 871 euro annui. Per i redditi tra 20.000 e 32.000 euro è prevista una detrazione fissa di 1.000 euro, mentre tra 32.001 e 40.000 euro la detrazione è decrescente. Sopra i 40.000 euro il beneficio si azzera.Il taglio del cuneoIl legislatore ha adottato un approccio mirato:Redditi fino a 8.500 euro: riduzione del 7,1%.Redditi tra 8.501 e 15.000 euro: riduzione del 5,3%.Redditi oltre i 15.000 euro: riduzione del 4,8%.Questa somma aggiuntiva non concorre a formare il reddito imponibile contributivo.Le variazioniDi seguito una tabella sintetica (simulazione del Consiglio Nazionale dei Commercialisti per il Corriere) che mostra gli impatti sulle buste paga per fasce di reddito: LEGGI TUTTO

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    Messina: “L’Italia è Intesa Sanpaolo”

    Ascolta ora Attenti a quei due, Carlo Messina e Andrea Orcel, banchieri italiani, nemici amici. Il primo gioca da king maker del sistema Paese, con la sua Intesa Sanpaolo a fianco di Confindustria. Il secondo prova a crescere a colpi di mercato e con l’identità paneuropea di Unicredit, anche a costo di indispettire il governo […] LEGGI TUTTO

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    Imprese, via libera del governo al ddl Pmi. Spinta alle imprese che fanno rete tra loro

    Il ministro Adolfo Urso

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    Alleanze tra Piccole e medie imprese per migliorare l’accesso al credito, coordinamento delle filiere produttive, ricambio generazionale e assunzioni agevolate dei giovani. Oltre a un interessante provvedimento che prevede una rivoluzione per quanto riguarda le recensioni online a ristoranti e strutture turistiche al fine di combattere quelle false. Sono numerosi gli spunti offerti dal disegno di legge annuale sulle Pmi, approvato ieri dal Consiglio dei ministri su proposta del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso (in foto). «Una svolta per la politica industriale del nostro Paese, che valorizza il ruolo delle piccole e medie imprese, cuore pulsante dell’economia nazionale e dell’identità produttiva del Made in Italy, attraverso un sistema normativo mirato all’innovazione, alla competitività e alla crescita», ha affermato il ministro Urso.Tra gli aspetti più rilevanti del provvedimento, sono state introdotte misure per incentivare forme di aggregazione tra imprese del settore Moda: questo può permettere loro di incrementare la capacità di investimento, di innovazione e la propria presenza sui mercati internazionali. A questo scopo sono destinati alle filiere del comparto Moda fino a 100 milioni di euro per i Mini Contratti di Sviluppo, finalizzati a sostenere programmi di investimento di importo non inferiore a 3 milioni di euro e non superiore a 20 milioni.Nel ddl sono introdotte le «Centrali consortili», che saranno vigilati dal Mimit, ovvero enti giuridici nati per coordinare reti di imprese organizzate in consorzi di filiera. Per favorire l’accesso al credito delle Pmi, è stato attribuito al governo una delega per il riordino normativo dei Confidi. Nella misura figurano incentivi per le imprese che aderiscono a un contratto di rete, con la sospensione delle imposte sugli utili destinati a finanziarie investimenti previsti nel programma comune. Introdotta, inoltre, una sorta di staffetta generazionale per le imprese fino a 50 dipendenti: ovvero un sistema di trasferimento generazionale con part-time incentivato per l’accompagnamento alla pensione e assunzioni agevolate di giovani under 35. LEGGI TUTTO

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    Renault va in “ricarica” con le colonnine di Aspi

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    Nasce l’asse tra Free To X (Autostrade per l’Italia) e Mobilize (Renault). Obiettivo: sviluppare sempre di più il business della e-mobility, ovvero delle colonnine di ricarica ad alta potenza per veicoli (pieno di energia in 15 minuti), anche al di fuori della rete autostradale con la possibilità, in futuro, secondo indiscrezioni, di allargare l’iniziativa ad altri Paesi. L’operazione, che si è svolta attraverso un bando pubblico al quale avrebbero partecipato, oltre a Renault, alcuni fondi d’investimento, prevede la cessione di una quota del capitale dell’asset Free To X di cui è ad Giorgio Moroni. Il gruppo automobilistico francese, peraltro guidato dall’italiano Luca De Meo, attraverso Mobilize, che si occupa di nuova mobilità, avrebbe risposto ai requisiti essenziali per dar vita all’iniziativa. LEGGI TUTTO

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    Tim, Vivendi finisce ko. “Il ricorso è illegittimo”

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    Sconfitta su tutta la linea per Vivendi. La sentenza di ieri del Tribunale di Milano, infatti, ha bocciato il ricorso del primo socio francese di Tim (di cui ha il 23,7% del capitale) contro la decisione del consiglio d’amministrazione che nel novembre del 2023 aveva dato il via libera alla cessione da 22 miliardi di euro delle rete fissa al fondo americano Kkr. Per i transalpini, l’ok sarebbe dovuto passare per un’assemblea straordinaria, poiché la cessione delle rete è un evento in grado di incidere pesantemente sull’oggetto della società.Il collegio dei giudici, guidato da Angelo Mambriani, ha però premiato la difesa dei legali di Tim Francesco Gatti, Carlo Pavesi e Andrea Zoppini e smontato la tesi dei ricorrenti. Il ricorso contro la delibera del cda (guidato da Pietro Labriola, in foto) è stato ritenuto illegittimo perché «mai nel corso del giudizio» Vivendi ha prospettato «la volontà di esprimere, nell’eventuale assemblea indetta per la modificazione dell’oggetto sociale», un voto «dissenziente» all’operazione di vendita della rete. Addirittura, nel corso dell’interrogatorio, «il suo legale rappresentante si è limitato a ribadire che Vivendi, con l’introduzione del presente giudizio, mirava semplicemente ad ottenere la convocazione dell’assemblea per acquisire in quella sede maggiori informazioni sull’operazione».Peccato che, fanno notare le toghe, questo sarebbe stato nelle facoltà dei francesi in base al Testo unico della finanza. In quanto azionisti con una quota superiore al 5%, infatti, avrebbero potuto richiedere la convocazione di un’assemblea straordinaria. Ma non l’hanno mai fatto.Respinta anche la domanda di annullamento della delibera per violazione della disciplina sulle parti correlate (in virtù della relazione preesistente tra Tim e Kkr attraverso la quota in FiberCop) per carenza di «legittimazione del socio». Secondo il Tribunale, l’eventuale violazione su questo punto può essere fatta valere solo dagli amministratori e dal Collegio sindacale, fermo restando la possibilità per i soci o la società di promuovere azione di responsabilità nei confronti degli amministratori. Rispedita al mittente anche la richiesta di annullamento per violazione della regola sugli obblighi di trasparenza e conflitto d’interesse relativa alla posizione del consigliere Giovanni Gorno Tempini (presidente di Cassa e Depositi e prestiti e azionista di Tim) essendo stata la domanda introdotta tardivamente. LEGGI TUTTO