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    I dati di Ucimu: ecco come il green deal Ue frena il Pil italiano

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    Il 2024 delle macchine utensili si chiude in negativo: la produzione si è attestata a 6,75 miliardi, in calo dell’11,4% sul 2023. Il dato è stato fornito stamane a Milano da Riccardo Rosa, presidente di Ucimu, l’associazione dei costruttori italiani di macchine utensili, robot e automazione, nella conferenza stampa di fine anno. Di buono c’è che per il 2025 si prevede una ripresa, con la produzione a quota 6,94 miliardi (+2,9%). Segnale fondamentale. Ma prima serve una premessa.I dati dell’Ucimu sono importanti perché rappresentano una sorta di indice sull’andamento degli investimenti dell’industria (manufattuirera) italiana. Investimenti che, come si è visto dagli ultimi dati Istat, sono la componente debole della domanda interna, quella che ha contribuito assai a una crescita del Pil 2024 (0,5%) inferiore alle previsioni del governo (che puntava all’1%). In particolare, gli investimenti sono cresciuti dello 0,4% contro il + 8,7% del 2023 (ancorché drogato dall’edilizia trainata dagli ecobonus). Ebbene, i produttori di macchine utensili “vendono” gli investimenti: l’industria che investe compra, per l’appunto, le macchine che servono per produrre. Di qui la forte correlazione qualitativa tra Pil e i dati di Ucimu. E quello che oggi si vede in trasparenza è un forte segnale per il futuro prossimo: la ripresa della produzione è conseguenza dell’inversione di tendenza sugli ordini, il cui indice trimestrale, in ottobre, è tornato positivo dopo sei rilevazioni consecutive di calo. E l’indice ordine dell’Ucimu è un vero e proprio indice sul futuro del Pil: chi ordina una macchina oggi programma un investimento per domani. Il tempo di produzione di una macchina utensile è di 6-8 mesi. Per questo l’andamento positivo del fatturato 2025 si può vedere già oggi con la ripresa dell’indice ordini. Ma c’è ancora di più, ed un segnale incoraggiante per il governo, alle prese con una crescita da risollevare.Tra i motivi del calo degli investimenti c’è infatti lo scarso contributo delle agevolazioni derivanti da Transizione 5.0, lo strumento introdotto con la manovra 2024, che però non è ancora andato a regime. Questo – nel mondo dei produttori di macchine e robot – è stato vissuto come un freno rispetto agli ordini, rinviati in attesa di meccanismi premianti. E la Transizione 5.0 lo è: vale 6,3 miliardi di crediti d’imposta. Ma – come garantiscono al Ministero delle Imprese, sarà il 2025 l’anno in cui il complesso strumento comincerà a funzionare. Facendo da volano a nuovi ordini che dunque potrebbero battere anche le stime fatte oggi. “Transizione 5.0 è sicuramente una grande opportunità perché spinge le aziende a ragionare su un nuovo e necessario approccio di corretto uso delle risorse – ha detto Rosa – risparmio energetico e produzione sostenibile come richiesto dalle direttive europee. Le imprese credono nella potenzialità di questo strumento ma occorre che i correttivi arrivino al più presto”.Tornando ai dati forniti oggi, il calo è stato determinato esclusivamente dalla forte contrazione delle consegne dei costruttori sul mercato interno il cui valore si è fermato a 2.255 milioni, pari al 33,5% in meno del 2023. Un crollo a cui non è estranea la transizione dell’automotive, forzata dalle regole Ue. “A proposito di green deal – ha aggiunto Rosa – non possiamo che rilevare che la posizione dell’Unione che intende procedere con il piano di transizione elettrica del motore endotermico con i tempi e le modalità attualmente stabilite, sta mettendo a dura prova il manifatturiero del vecchio continente. Con la chiusura di alcune fabbriche automotive e la fuoriuscita di migliaia di lavoratori anche dell’indotto, si rischia di innescare un effetto domino che porterebbe un grave problema sociale per la gran parte dei paesi dell’area, a partire dall’Italia”. LEGGI TUTTO

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    Prove di pace tra governo e Stellantis

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    Schiarite e primi segnali di pace tra il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e Stellantis dopo l’uscita di scena dell’ad Carlos Tavares, anche se permangono molti aspetti da chiarire, in attesa dell’imminente presentazione del nuovo (ennesimo) piano sulle intenzioni di Stellantis in Italia. La nota positiva riguarda l’indotto con il ritiro dei 249 licenziamenti e il rinnovo del contratto di fornitura per altri 12 mesi. Questi i punti cardine dell’accordo tra Stellantis e Trasnova dopo l’incontro al ministero delle Imprese e del Made in Italy, presenti i sindacati e le istituzioni locali.Sempre Stellantis ha annunciato l’intesa con il colosso cinese Catl per la realizzazione a Saragozza, in Spagna, di una gigafactory per produrre batterie al litio ferro fosfato. L’accordo, che prevede un investimento di 4,1 miliardi, «integra – così una nota – il progetto della gigafactory di Acc, che Stellantis ha co-fondato e sostiene fin dal suo inizio nel 2020». Il piano con Acc prevede anche una struttura analoga a Termoli, in Italia, per un investimento di oltre 2 miliardi (1.800 i posti messi in conto al 2030) e ha visto il governo ritirare il proprio sostegno economico dopo che il progetto è finito nel congelatore, insieme a quello «gemello» in Germania. Ci ha pensato la stessa Stellantis a cercare di placare i malumori (in passato si era parlato di Spagna alternativa all’Italia), affermando che «la joint venture Acc con Mercedes-Benz e TotalEnergies confermerà i progetti per le gigactory entro il primo semestre 2025, essendo la stessa Acc ora concentrata sulla struttura francese di Douvrin».Intanto, in vista dell’incontro che il 17 dicembre vedrà Stellantis presentare al governo il «Piano Italia», il vicepremier Antonio Tajani ha fatto sapere che «saranno reperiti fondi per circa 1 miliardo al fine di sostenere l’industria dell’auto». Affermazione che arriva alla vigilia dell’assemblea di Anfia, l’Associazione della filiera italiana automotive. Un importante segnale di attenzione verso le problematiche di un settore che si è visto tagliare finanziamenti per 4,6 miliardi. Da parte sua, il ministro Urso ricorda le richieste a Stellantis: «Un piano assertivo affinché si raggiunga l’obiettivo di una capacità produttiva di almeno 1 milione di veicoli entro il 2030; che ci sia un gruppo tecnico di monitoraggio con le imprese della componentistica che verifichi che il piano sia effettivamente rispettato, anno dopo anno». Gli ultimi dati Anfia sulla produzione in Italia sono allarmanti: l’indice generale è in caduta anche a ottobre (-32,4%) e per le sole auto il calo è del 67,8% rispetto a un anno fa.Sul ritiro dei 249 licenziamenti nell’indotto Stellantis, Urso ha lanciato messaggi di distensione: «L’intesa raggiunta – le sue parole – segna l’inizio di un nuovo e fattivo percorso anche con Stellantis». Questo accordo nasce «nel solco del senso di responsabilità di Stellantis», rivendica il gruppo che nei giorni scorsi «aveva dato la propria disponibilità a supportare Trasnova per risolvere la situazione». LEGGI TUTTO

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    L’Italia punta sull’eolico in mare. A Taranto e in Sicilia gli impianti

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    Il governo accelera sullo sviluppo dell’eolico galleggiante e, con un bando ad hoc del ministero dell’Ambiente, ha individuato in Taranto ed Augusta i capoluoghi portuali italiani per l’installazione di cantieri dedicati a questa innovativa fonte di energia green.Aspettando, dunque, l’acciaio verde dell’ex Ilva, Taranto guarda avanti e diventa polo nazionale dell’energia dal vento (in partnership con Brindisi) e con la provincia siciliana, battendo Civitavecchia, Crotone e Vasto, anch’esse candidate. Ancora in via di definizione il quadro economico insieme al Mef (Tesoro) e al Mit, ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Anche se, il coinvolgimento di tre dicasteri, testimonia l’importanza del progetto che rientra nel piano nazionale di diversificazione degli approvvigionamenti energetici.In quest’ottica si inserisce il progetto della multinazionale danese Vestas che ha messo in piedi a Taranto un’ulteriore linea di produzione in serie di pale eoliche. Parliamo delle unità per le nuove turbine V236 da 15 MW, gigantesche lame lunghe 115,5 metri e in grado di spazzare un’area superiore a 43mila metri quadrati.Nell’ultimo anno la fabbrica ha aumentato la sua forza lavoro da circa 700 a oltre 1.600 dipendenti sulle linee già attive. Ma con il nuovo incremento manifatturiero Vestas prevede di raggiungere i 2mila dipendenti nei prossimi mesi. Per la precisione, il progetto V236 creerà circa 1.300 nuovi posti di lavoro nello stabilimento. Un piano di assunzioni partito e annunciato ieri e che vede il coinvolgimento anche di Invitalia. La multinazionale danese, che a Taranto sta costruendo la pala eolica più grande del mondo per impianti offshore galleggianti, ha infatti avuto il sostegno dalla società pubblica con un finanziamento di 40 milioni. LEGGI TUTTO

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    Gewiss rileva Beghelli. Opa e addio alla Borsa

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    Le lampadine Beghelli e il suo iconico salvavita diranno presto addio a Piazza Affari. Il fondatore Gian Pietro Beghelli (in foto) e i tre figli Luca, Graziano e Maurizio si sono accordati per cedere le redini del gruppo a Gewiss. L’accordo prevede che la società bergamasca attiva nel settore dell’elettrotecnica acquisti la quota del 75,04% del capitale sociale in mano alla famiglia Beghelli a un prezzo per azione pari a 0,3375 euro cum dividend, ossia fatto salvo l’eventuale aggiustamento nel caso in cui venga deliberato o distribuito un dividendo.Il perfezionamento del passaggio di controllo è previsto nel primo trimestre dell’anno prossimo e successivamente Gewiss lancerà un’offerta pubblica di acquisto (Opa) obbligatoria sul resto del capitale sempre a 0,3375 euro. L’offerta, finalizzata al delisting da Piazza Affari, incorpora un premio del 46,8% rispetto al prezzo di chiusura di lunedì 9 dicembre e del 44,9% rispetto alla media dell’ultimo mese.L’offerta di Gewiss valuta il 100% del capitale di Beghelli circa 67,5 milioni con la famiglia fondatrice che andrà a incassare circa 50 milioni. Il gruppo guidato dalla famiglia Bosatelli e si è impegnato a garantire continuità a dipendenti, collaboratori e clienti di Beghelli «assicurando l’ingresso in un gruppo con solide radici italiane, che condivide gli stessi valori di integrità, eccellenza e sostenibilità e ha già adottato una governance manageriale orientata alla trasparenza e all’innovazione». L’operazione mira a integrare il marchio Beghelli, altamente riconosciuto in Italia, con le competenze di Gewiss in modo da consolidare la quota di mercato nel settore dell’illuminazione e ampliare l’offerta di soluzioni innovative. LEGGI TUTTO

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    Bce pronta a tagliare. Mutui, tassi giù al 3,7%

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    Scende ancora il tasso d’interesse applicato ai nuovi mutui nel mese di ottobre. Secondo quanto rilevano i dati di Bankitalia, infatti, il tasso Taeg (comprensivo di interessi e spese accessorie) è stato in media offerto al 3,74% (dal 3,82% del mese precedente) e in calo di oltre un punto rispetto al 4,82% di un anno fa. Si tratta della conseguenza diretta dei tre tagli ai tassi d’interesse finora apportati dalla Banca centrale europea che ha ridotto il costo del denaro di un quarto di punto a giugno, settembre e ottobre. L’aspettativa per domani, quando si terrà una nuova riunione di politica monetaria, è che l’istituto presdieduto da Christine Lagarde (in foto) ridurrà i tassi di un altro quarto di punto e questo, verosimilmente, andrà a diminuire ulteriormente i costi dei nuovi mutui in futuro.Intanto la pressione sulla Bce per apportare sforbiciate più aggressive arriva anche dal Capo economista di S&P per l’area Ema: «La fiducia rimane sorprendentemente bassa nell’eurozona», afferma Sylvain Broyer, «la Bce deve reagire e accelerare il ritmo dei tagli dei tassi». Per S&P occorre, pertanto, effettuare subito un taglio di 25 punti base e impegnarsi a procedere con ulteriori tagli consecutivi. Ancora più netto il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini: andare avanti con «decrementi dello 0,25, come vedremo giovedì, non è abbastanza. Serve coraggio. Ci aspettiamo che a metà del prossimo anno il costo del denaro non sia più di 1,5%, 1,7%».Tornando ai dati dell’istituto guidato da Fabio Panetta, invece, si rileva che i tassi applicati sui nuovi prestiti alle imprese sono calati al 4,73% dal 4,9% di settembre. Un dato che, tuttavia, non ha impedito una nuova frenata per i finanziamenti bancari alle imprese non finanziarie che sono diminuiti del 3,1% annuo (-2,4% il mese precedente). I prestiti alle famiglie, invece, si sono ridotti dello 0,2% annuo contro lo 0,4% segnalato in settembre. In generale, i prestiti al settore privato sono calati dell’1,1 percento. LEGGI TUTTO

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    Bonus Natale 2024: come funziona per chi non riceve la tredicesima

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    I punti chiave

    Il Bonus Natale, un contributo una tantum di 100 euro esente da Irpef, è stato introdotto con il Decreto Legge 113/2024 e successivamente modificato dal Decreto Legge 167/2024. Ma come viene erogato a chi non riceve la Tredicesima a dicembre, come gli operai edili, i lavoratori intermittenti e gli operai agricoli Otd? Ecco le possibili soluzioni per garantire che anche queste categorie possano beneficiare del bonus, con la necessità di una richiesta tramite autocertificazione.Il bonusIl bonus è destinato ai lavoratori subordinati con figli e con un reddito inferiore ai 2mila euro, ed è generalmente erogato insieme alla tredicesima mensilità. Tuttavia, per alcune categorie che non percepiscono la tredicesima a dicembre, si sono sollevati dubbi operativi. In particolare, ciò riguarda i lavoratori con contratto a chiamata e quelli che ricevono la gratifica natalizia mensilmente, gli operai del settore edile che la ricevono come una maggiorazione sulla retribuzione versata dalla Cassa Edile, e gli operai agricoli a tempo determinato, per i quali la tredicesima è già inclusa nel terzo elemento retributivo previsto dal contratto collettivo.L’alternativa alla 13ªChi non riceve la tredicesima a dicembre può ricevere il Bonus Natale attraverso diverse modalità. Una possibilità è l’erogazione tramite un cedolino aggiuntivo durante il periodo natalizio, che indichi chiaramente il bonus. Un’altra soluzione consiste nell’anticiparlo con la busta paga di novembre o dicembre, evitando invece l’utilizzo della busta paga di gennaio. In alternativa, se non è possibile l’erogazione diretta, si può ricorrere alla compensazione con le imposte nella dichiarazione dei redditi successiva. LEGGI TUTTO

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    Stellantis, trovato l’accordo su Trasnova: stop ai 97 licenziamenti

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    Scongiurati i 97 licenziamenti a Trasnova: Stellantis si è impegnata alla proroga del contratto di fornitura per un anno. L’intesa è stata raggiunta al tavolo del Mimit e riguarda anche le aziende di subappalto Logitech, Teknoservice e Csa per cui viene garantita la prosecuzione dell’attività in totale per circa 300 lavoratori. In base a quanto previsto dall’accordo, Trasnova nei prossimi dodici mesi dovrà trovare una soluzione per i lavoratori diversificando le attività e utilizzando gli strumenti previsti dalla legge per le situazioni di crisi.Una buona notizia festeggiata al presidio organizzato di fronte lo stabilimento di Stellantis di Pomigliano d’Arco, in provincia di Napoli. Trasnova opera in regime di monocommittenza con l’azienda di John Elkann, svolgendo attività di logistica in diversi stabilimenti del Gruppo, che aveva sospeso il contratto di fornitura a partire dal 31 dicembre. Ora i sindacati invocano soluzioni strutturali: “Il tempo conquistato dovrà essere utile per trovare soluzioni strutturali per Trasnova e per l’intero settore, adottando le giuste politiche industriali. Grande attenzione quindi sarà ulteriormente posta per quanto concerne il prossimo tavolo ministeriale del prossimo 17 dicembre” il commento di Fim Fiom Uilm Fismic Uglm e Aqcfr.La fumata bianca su Trasnova è merito del governo, la rivendicazione di Galeazzo Bignami. Il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera ha spiegato che “nonostante la sinistra ci abbia abituato a vacui strepiti senza risultati, questo governo risponde alle critiche con i fatti”, sottolineando che l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni in pochi giorni è riuscito a risolvere positivamente le vertenze di Berco, Fedrigoni e ora di Trasnova. Bignami ha proseguito: “La stella polare per Giorgia Meloni alla guida della nazione e per noi di Fratelli d’Italia resta il rilancio economico dell’Italia, la tutela dei lavoratori e delle imprese”. Di “senso di responsabilità” parla invece Stellantis, che tiene a ricordare di aver messo sul tavolo l’estensione del contratto per l’azienda di Cassino che permetterà “di poter intervenire per realizzare una soluzione complessiva e definitiva nei confronti dei lavoratori coinvolti con gli appositi strumenti che regolano le situazioni di crisi e trovare, secondo l’accordo, anche misure di diversificazione della clientela”. LEGGI TUTTO

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    Manovra, ecco chi guadagna dal taglio delle tasse: tutti i calcoli

    Il vertice di maggioranza ha prodotto alcune modifiche importanti alle imposte sui redditi per dipendenti, autonomi e imprese. Vediamo nel dettaglio i benefici che le misure da inserire in manovra porteranno nelle tasche degli italiani.Ires premialeL’aliquota sarà abbassata dal 24 al 20% per le imprese che investono e che assumono nuovo personale. Se i parametri fossero quelli delineati da Confindustria nelle sue proposte (70% degli utili non distribuito e investimenti in acquisizione di macchinari, assunzioni di giovani e investimenti in ricerca e nuove tecnologie), l’aliquota diminuirebbe del 16,6% per le aziende che operano in questa direzione.Ad esempio, su un imponibile di 300.000 euro (a fronte di utili per 250.000 mila euro di cui 180.000 reinvestiti) si pagherebbero 60.000 euro di Ires e non più 72.000 euro. In realtà, questa azienda X si troverebbe in questa situazione solo se il suo imponibile fosse costante (ad esempio, in presenza di un aumento degli utili) perché, già assumendo personale e investendo in tecnologie di tipo Transizione 4.0 (ma anche per macchinari rientranti nella Nuova Sabatini), i vantaggi fiscali sottoforma di crediti contributivi e di imposta dovrebbero abbattere ulteriormente il tax rate in cambio della rinuncia ai dividendi da parte dei soci.«La proposta di abbassare l’aliquota fiscale dal 24% al 20% per le imprese che investono e assumono nuovo personale rappresenta un’iniziativa interessante per stimolare la crescita economica e l’occupazione. Ridurre la pressione fiscale può incentivare le aziende a reinvestire i propri profitti, favorendo l’innovazione e la competitività», commenta Gianluca Timpone, fiscalista e docente all’Università Europea di Roma, evidenziando, tuttavia, che «la condizione di rinuncia ai dividendi da parte dei soci potrebbe essere vista come un limite, specialmente per le aziende che dipendono da questi pagamenti per attrarre investitori».Allargamento della platea della flat taxIntrodotto a partire dal 2015 il regime forfettario sta registrando da parte dei contribuenti un’adesione pressoché costante nel corso degli anni. Secondo i dati resi noti dal dipartimento delle Finanze, nel 2022 una partita Iva su due (49,2%) ha scelto la flat tax. Su una platea di 3,8 milioni di persone fisiche titolari di partita Iva che hanno presentato dichiarazione ai fini delle imposte dirette, quelle in regime fiscale di vantaggio o regime forfettario rappresentano sono la metà e di questi la quasi totalità è nella tassa piatta (circa 1,8 milioni, con una crescita del 4,4% rispetto al 2021).I destinatari del regime forfettario sono i contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni. I requisiti sono due: aver conseguito ricavi/percepito compensi nell’anno precedente a quello di applicazione, non superiori a 85 mila euro;aver sostenuto nell’anno precedente spese per un ammontare complessivamente non superiore a 20 mila euro lordi, nel caso di lavoro accessorio, lavoratori dipendenti e collaboratori, anche assunti “a progetto”.Finora il conseguimento di un reddito da lavoro dipendente superiore ai 30mila euro lordi annui ha comportato l’impossibilità di accedere a questo regime agevolato. Una barriera di accesso valida sia per chi, nel corso dell’anno, superasse il tetto massimo consentito sia per coloro che licenziandosi (o essendo licenziati) avessero voluto intraprendere un’attività di lavoro autonomo. Non esistono, al momento, statistiche sui percettori di redditi da lavoro dipendente titolari di partita Iva (per questo bisognerà attendere l’emendamento del governo), ma ciò che sappiamo è che l’Osservatorio statistico dei Consulenti del lavoro ha evidenziato che l’introduzione di questo nuovo regime nel 2020 ha impedito l’accesso a 10mila lavoratori con redditi da lavoro o da pensione al regime. In particolare, avrebbero desistito dall’arrotondare la pensione circa 3.500 neo iscritti over 65 e dall’incrementare i propri guadagni circa 4mila autonomi fra i 51 e 65 anni con redditi superiori a 30.000 euro l’anno.Per converso, possiamo ipotizzare il risparmio di chi accede al regime forfetario. Su un fatturato annuo di 75mila euro con imponibile attorno ai 47mila euro l’imposta scende da 32mila a 24mila euro. Il risparmio di imposta immediato è del 25%. Ovviamente, occorre vedere se la convenienza di questo regime si esplichi al massimo (ipotesi molto probabile) visto che si può godere di un esonero Iva e di uno sconto sui contributi Inps, ma si deve rinunciare alla detrazione delle spese ove si superi la soglia consentita. Insomma, si tratta di un guadagno non indifferente per tutti coloro che si trovassero in queste condizioni e si tratta di qualche decina di migliaia di contribuenti.Detassazione al 5% degli straordinari di infermieri e specializzandiL’accordo di maggioranza prevede la tassazione al 5% per gli straordinari degli infermieri e degli specializzandi. Si tratta di una voce stipendiale che differisce da quella relativa al taglio delle liste di attesa (decreto convertito in legge lo scorso agosto) perché sono due stanziamenti differenti. Il pagamento degli straordinari legati alle esigenze organizzative delle singole Asl è un capitolo a parte.Premesso che dal conto annuale del 2022 elaborato dalla Ragioneria generale dello Stato il numero degli infermieri turnisti è pari a 140.253 (corrispondente a circa il 50% del totale) e premesso che ai fini del lavoro straordinario l’importo subisce notevoli variazioni a seconda dell’anzianità del personale interessato, il valore dello straordinario differisce a seconda che si tratti di straordinario diurno, notturno e festivo oppure festivo.Una volta detratti gli oneri deducibili, l’incremento effettivo netto in busta paga per ciascuna ora di lavoro straordinario un infermiere con una media anzianità di 25 anni circa, è pari a 4,80 euro per ciascuna ora di straordinario diurno, 5,43 euro per ciascuna ora di straordinario notturno e festivo e 6,26 euro per ciascuna ora di straordinario festivo notturno. È quanto emerge da una elaborazione del Centro studi Nursind per il Giornale. L’ammontare mensile complessivo dipenderà, poi, dall’impiego della forza di lavoro ma – se gli stanziamenti saranno adeguati – è possibile affermare che il maggior impiego di infermier e specializzandi troverà un opportuno riconoscimento.“È un buon segnale di attenzione per gli infermieri. Anche se noi avevamo chiesto di detassare il lavoro del personale turnista, che è quello più sotto stress e in fuga dalla professione, infatti, qualora questa flat tax al 5% sugli straordinari fosse confermata in manovra, vorrebbe dire comunque aver portato al tavolo delle istituzioni il grave problema della carenza di organico”, commenta il segretario nazionale del Nursind, Andrea Bottega. “Non stiamo dicendo che una questione di tale portata si risolva con una detassazione – puntualizza – ma evidenziamo che almeno per tutti gli infermieri che coprono le 24 ore e che, quindi, spesso fanno straordinari ci sarà un riconoscimento economico per il loro lavoro”. “Confidiamo – conclude Bottega – che si possa poi affrontare il nodo degli organici e individuare soluzioni strutturali, in grado di restituire appeal a una professione di cui c’è drammaticamente bisogno e ce ne sarà sempre di più in futuro”.Il taglio dell’IrpefL’abbassamento dell’aliquota intermedia Irpef del 35% è rimandato a una fase successiva al consolidamento dei conti pubblici che potrebbe concretizzarsi a inizio 2025, soprattutto se il gettito fiscale consentisse un miglioramento anticipato del rapporto deficit/Pil (atteso al 3,8% quest’anno e al 3,3% nel 2025). La riapertura fino al 12 dicembre del concordato preventivo biennale ha aumentato le probabilità. Se il gettito – dagli attuali 1,3 miliardi della prima fase – raggiungesse i 2,5 miliardi, sarebbe possibile un taglio di due punti al 33% con estensione ai redditi fino a 60mila euro o anche oltre. La Fondazione nazionale dei Commercialisti ha formulato due ipotesi: la prima con un taglio dell’aliquota al 34%, la seconda al 33%, in funzione delle risorse disponibili. Secondo le simulazioni effettuate, una riduzione della seconda aliquota comporterebbe i seguenti effetti:A 40.000 euro di reddito, una riduzione dell’aliquota al 34% genererebbe un risparmio annuo di 543 euro, che salirebbe a 627 euro con un’aliquota al 33%.A 60.000 euro, il beneficio fiscale sarebbe di 220 euro con aliquota al 34% e 440 euro con aliquota al 33%. LEGGI TUTTO