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    Bandite in Usa le smart-car cinesi: “Troppi rischi per i dati sensibili”

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    Gli Stati Uniti varano il bando sul mercato americano contro le auto intelligenti (smart car) con tecnologia cinese, incassando la prevedibile e dura reazione di Pechino. I presunti rischi per la sicurezza nazionale di Washington alla base della stretta sono «privi di qualsiasi base fattuale», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Guo Jiakun. «Tali azioni interrompono la cooperazione economica e commerciale tra imprese e rappresentano il tipico esempio di protezionismo», ha aggiunto Guo nel briefing quotidiano, precisando che «la Cina si oppone con forza a tutto questo». LEGGI TUTTO

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    Italia e Uzbekistan insieme per il green

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    Transizione energetica e fonti rinnovabili nuovamente al centro dell’agenda internazionale. Al World Future Energy Summit, in corso ad Abu Dhabi, leader mondiali, esperti e rappresentanti di governo si incontrano per promuovere una cooperazione sempre più stretta nel settore. La partecipazione italiana all’evento non si limita a ribadire la centralità della sicurezza energetica nella strategia nazionale, ma punta anche a rafforzare i legami con interlocutori strategici, tra cui i paesi dell’Asia Centrale.Tra questi, l’Uzbekistan costituisce un partner di sempre maggiore interesse per il nostro paese sia per la disponibilità di manodopera qualificata sia per il potenziale di risorse naturali e fonti energetiche rinnovabili. Uno stato in rapido sviluppo economico, con il valore del Pil che ha fatto registrare un tasso di crescita del 5,6 per cento nel 2024 e del 6 per cento nel 2023 secondo le ultime elaborazioni dell’Osservatorio economico del ministero degli Affari esteri italiano. Dati, quelli connessi all’economia di Tashkent, che diventano ancor più rilevanti se si considera che l’Uzbekistan, con più di 37 milioni d’abitanti, è lo stato più popoloso dell’Asia Centrale.Dal punto di vista industriale, in particolare nei settori degli idrocarburi, dell’elettronica e della chimica, l’Uzbekistan vanta poi un tessuto già ben strutturato. In questo contesto, le politiche del governo di Tashkent mirano a favorire l’ammodernamento e la crescita di competitività dell’industria del paese.L’Italia sta ormai da diverso tempo consolidando un rapporto di interscambio commerciale che nel 2023 ha registrato più di 500 milioni di dollari, in particolare nei settori degli impianti e dei macchinari utilizzati nei comparti dell’agroalimentare, metalmeccanico e tessile. Quest’ultimo ambito, in particolare, riveste un ruolo cruciale nella politica economica uzbeka. Sotto la guida del presidente Shavkat Mirziyoyev, il paese ha avviato una profonda riforma del settore, con l’obiettivo di trasformare il suo status di terzo esportatore mondiale di cotone in una realtà industriale ad alto valore aggiunto. Negli ultimi 15 anni, il comparto ha attratto investimenti per oltre 2,5 miliardi di dollari, dando vita a più di 300 progetti internazionali innovativi.L’Uzbekistan, con un enorme potenziale nel campo delle energie rinnovabili, rappresenta un partner strategico per l’Italia nella transizione energetica. Il paese, infatti, sta puntando su progetti legati al solare e all’eolico, aprendo nuove opportunità per le aziende italiane specializzate. Allo stesso tempo, la cooperazione si estende anche alle tematiche ambientali, come dimostra il progetto congiunto tra il governo uzbeko, Sogesid e Aics per affrontare la crisi ecologica del Lago d’Aral.La distanza tra Tashkent e Roma è dunque sempre più ridotta. Le recenti visite istituzionali hanno giocato un ruolo fondamentale nel consolidare i legami tra i governi dei due Paesi. La presenza del presidente uzbeko Shavkat Mirziyoyev in Italia, nel giugno 2023, ha aperto una nuova fase di cooperazione, con la ratifica di un partenariato strategico in materia di Difesa e Sicurezza, Cooperazione Economica, Cultura, Scienza, Educazione e Turismo. LEGGI TUTTO

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    Campari, via alla gestione Hunt. La prima sfida è riorganizzare

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    Tre grandi sfide per Simon Hunt nominato ieri ufficialmente ceo di Campari. Già alla guida di William Grant&Sons, con oltre 30 anni di esperienza nel settore degli spirit a livello internazionale, in particolare nel mercato strategico degli Stati Uniti, Hunt arriva al vertice del gruppo italiano in un momento molto delicato sotto diversi punti di vista. A lui l’arduo (ma non impossibile) compito di risollevare le sorti di un gruppo che, nell’ultimo anno, complici anche gli avvicendamenti al vertice, non ha brillato: a settembre, dopo soli 5 mesi in carica, Matteo Fantacchiotti si era dimesso dalla guida del gruppo che, nei 16 anni precedenti, era stato nelle mani di Bob Kunze-Concewitz. Un valzer che ha impattato negativamente sul titolo che, dopo la performance registrata nel periodo Covid (oltre quota 13 euro), nell’ultimo anno si è praticamente dimezzato perdendo – nel solo 2024 – oltre il 40% del valore. Brindando ieri alla nuova nomina (+0,96% a 5,47 euro ) il mercato ora ha gli occhi puntati sul manager che dovrà in primis implementare la riorganizzazione del gruppo già avviata e che prevede un’attenta razionalizzazione dei costi e del business (rifocalizzazione sui marchi principali, focus sui liquori e tequila a livello di brand e posizionamento).«Una mission che nel 2025 obbligherà Hunt a mettere in stand-by per 12 mesi le operazioni di M&A», stimano gli analisti. LEGGI TUTTO

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    Il piano uzbeko per la lotta climatica

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    Lunedì si è inaugurata ad Abu Dhabi la Settimana Internazionale della Sostenibilità, un evento di rilievo globale che ha visto la partecipazione di capi di stato e di governo, impegnati a discutere le strategie per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030. Centrali, nel corso dell’evento, le politiche messe in atto dai governi per far fronte alle sfide della transizione green: dall’attrazione di investimenti all’implementazione di politiche capaci di conciliare crescita economica e riduzione delle emissioni inquinanti.Un modello di economia emergente impegnato su questo fronte è rappresentato dall’Uzbekistan. Il presidente Shavkat Mirziyoyev ha preso parte al summit presentando il processo di trasformazione su larga scala che Tashkent sta mettendo in campo per mitigare le conseguenze del cambiamento climatico, garantire lo sviluppo sostenibile e la sicurezza globale. «Negli ultimi cinque anni, abbiamo attratto quasi 20 miliardi di dollari di investimenti esteri nel settore energetico e realizzato 9,6 gigawatt di nuova capacità energetica», ha dichiarato Mirziyoyev nel corso del suo intervento. «Sono in corso oltre 50 grandi progetti con una capacità energetica di 24 gigawatt e un valore di oltre 26 miliardi di dollari con partner stranieri».Risultati, quelli illustrati dal Presidente uzbeko, parte del ben più grande progetto Nuovo Uzbekistan 2030, un piano di programmazione strategica pensato dal governo uzbeko per garantire stabilità ambientale al paese e promuovere un modello economico verde ed efficiente nell’uso delle risorse. L’obiettivo per il 2030 è chiaro: portare la quota di energia rinnovabile nel mix energetico nazionale al 54 per cento. Un traguardo che non solo rafforza il ruolo dell’Uzbekistan come hub energetico regionale, ma lo posiziona come modello di riferimento per i Paesi emergenti nella corsa verso la sostenibilità globale. LEGGI TUTTO

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    Illimity, da Banca Sella arriva il primo sì a Ifis

    Ernesto Fürstenberg Fassio, Presidente di Banca Ifis

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    Un primo, pesante endorsement all’Opas di Banca Ifis su Illimity arriva dal principale azionista della banca guidata da Corrado Passera. Ieri, infatti, il cda di Banca Sella (azionista al 10% di Illimity) si è riunito e ha diramato una nota affermando di aver «valutato con favore l’interesse di una controparte solida e credibile per la società Illimity e le prospettive di valore industriale di breve e lungo periodo espresse nel comunicato al mercato, connesse all’operazione, tali da favorire sinergie e sviluppo alla società stessa. Il Consiglio ha quindi espresso interesse a proseguire nella valutazione dell’offerta». LEGGI TUTTO

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    Fondazioni, il Tesoro accelera sulle partecipazioni bancarie

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    L’accelerazione è delle ultime settimane e si punta ad arrivare a un accordo a stretto giro per l’aggiornamento del protocollo tra Acri e ministero dell’Economia. Nel mondo delle Fondazioni bancarie, che trova rappresentanza appunto nell’Acri presieduta da Giovanni Azzone, c’è un certo fermento a seguito della grande corsa dei titoli bancari italiani. L’aspetto che più è al centro delle discussioni, è quel vincolo che le Fondazioni hanno di non concentrare più del 33% del loro patrimonio nella banca conferitaria. Una soglia ritenuta fin troppo «inflessibile» dallo stesso Azzone. Meglio ancora sarebbe, chiedono da banche e fondazioni, se nello stabilire questa linea rossa non si contassero gli sforamenti collegati al solo andamento dei listini.Il protocollo Acri-Mef datato 2015 prevedeva questa accortezza per evitare che gli enti, in prima linea per molte opere di filantropia, potessero essere troppo esposti a un’unica partecipazione. Allora i titoli delle banche viaggiavano su quotazioni ben inferiori a quelle odierne, ed erano in alcuni casi investimenti più rischiosi di quanto non lo siano attualmente.Oggi, però, l’esplosione di questi titoli avvenuta negli ultimi anni (basti pensare che Intesa Sanpaolo è nel frattempo diventata la prima banca europea per capitalizzazione di mercato) ha fatto sì che il peso delle partecipazioni delle Fondazioni aumentassero il loro peso specifico. A una prima vista può sembrare una pura tecnicalità, ma in realtà rischia di avere ricadute molto concrete sulla stabilità degli azionariati di società strategiche. Un caso emblematico – e che ha portato il sistema a fare pressing sul Mef per rivedere il protocollo – è quello della Fondazione CarisBo. La scorsa estate, infatti, il Mef – che vigila sulle Fondazioni bancarie – ha contattato la presidente Patrizia Pasini per segnalare che la quota dell’1,334% che la sua fondazione vantava in Intesa Sanpaolo aveva superato la fatidica soglia del 33% del patrimonio. Ciò ha comportato, in ossequio alle regole del protocollo, che CarisBo vendesse sul mercato qualche decimale della sua quota. Può sembrare un aggiustamento minore, ma se tutte le Fondazioni – titolari insieme del 16% dell’azionariato della prima banca italiana – iniziassero a fare lo stesso potrebbe finire sul mercato circa l’8% di Ca de’ Sass (che rispetto a gennaio di un anno fa si è apprezzata di quasi il 50% in Borsa), aspetto che aumenterebbe la contendibilità dell’istituto aprendo la porta a speculatori o a giganti esteri magari interessati a esercitare un controllo su quello che sempre più rappresenta un architrave dell’economia italiana. Nei casi più nefasti scatterebbe il golden power, ma certo è che nel mondo bancario si preferirebbe prevenire piuttosto che curare, anche in ragione del fatto che l’attuale profittabilità delle banche permette loro entrate sicure e generose. Insomma, il meglio per chi si occupa di filantropia e serve alla cauasa quando si tratta di mettere insieme operazioni di sistema come accaduto per Montepaschi o Tim. LEGGI TUTTO

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    Giorgetti: “Nessun decreto per Unicredit-Banco Bpm”

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    Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha dissipato i dubbi sull’eventualità di un decreto specifico per l’applicazione del golden power nel contesto dell’Ops (Offerta pubblica di scambio) lanciata da Unicredit su Banco Bpm. Intervenendo a margine del question time alla Camera, Giorgetti ha sottolineato: “No, non si sta pensando a nessun decreto, stiamo aspettando che ci notifichino, se vogliono farlo, l’operazione. Fino ad adesso non l’hanno fatto”. Una posizione chiara che ribadisce come il governo intenda agire nel rispetto delle norme esistenti.La legge Draghi come garanzia sufficienteSecondo il ministro, il Testo unico della Finanza (il decreto legislativo 58/98 detto anche legge Draghi) è già sufficiente a monitorare e gestire fusioni e acquisizioni nel settore bancario. Questa legge offre al governo strumenti per tutelare gli interessi strategici senza necessità di ulteriori interventi normativi. Il golden power, infatti, consente all’esecutivo di porre condizioni o bloccare operazioni che potrebbero compromettere settori chiave dell’economia nazionale.L’attenzione alla “sostanza” del creditoPiù che focalizzarsi sul “risiko bancario”, Giorgetti ha evidenziato come l’obiettivo principale della politica economica sia garantire che il sistema del credito resti funzionale all’economia reale. “Più che il risiko, l’attività di credito a favore dell’economia reale è ciò che conta realmente”, ha dichiarato, ribadendo la necessità di preservare la capacità delle banche di supportare le Pmi, che rappresentano il cuore produttivo del Paese. LEGGI TUTTO

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    Giorgetti: “Favorevole a sterilizzare l’aumento dell’età pensionabile”

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    Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha sottolineato la necessità di un approccio prudente e guidato dalla politica nell’affrontare l’aumento dei requisiti pensionistici previsto per il 2027. “Non è nessun pasticcio, è semplicemente che ci sono dei documenti tecnici. Adesso dobbiamo aspettare i dati definitivi che darà l’Istat, presumo a marzo. Io ho dato indicazione alla Ragioneria di aspettare con i decreti direttoriali perché la politica giustamente avrà tutto il tempo per fare le sue riflessioni e sterilizzare eventualmente questo aumento”, ha dichiarato il ministro.Giorgetti ha espresso chiaramente la sua posizione: “Il mio orientamento onestamente è di andare verso una sterilizzazione rispetto a queste forme di aumento”. Il simulatore pensionistico dell’Inps aveva temporaneamente anticipato gli adeguamenti sulla base di stime informali della Ragioneria, creando un cortocircuito, successivamente corretto. In un documento della Ragioneria dello Stato dal titolo “Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario” sono contenute le previsioni elaborate con i modelli della Ragioneria Generale dello Stato aggiornati a settembre 2024. Il documento tecnico – che sottolinea espressamente che le stime con gli adeguamenti effettivamente applicati risulteranno quelli accertati dall’Istituto di statistica a consuntivo – indica per il 2027 un aumento da 67 a 67 anni e tre mesi dei requisiti per l’accesso al pensionamento in base ad uno scenario mediano dell’Istat. Dal 2029 si passa poi a 67 anni e cinque mesi. C’è poi la valutazione politica che – al di là dei calcoli demografici – può consentire con un decreto di ‘sterilizzare’ l’aumento che scatterebbe e alla quale il ministro dell’Economia Giorgetti ha detto di essere favorevole.Brambilla: “L’adeguamento è uno stabilizzatore irrinunciabile”Dall’altra parte, il presidente del Centro studi Itinerari previdenziali, Alberto Brambilla, difende l’importanza di mantenere il legame tra età pensionabile e speranza di vita. In un’intervista a MF-Newswires, Brambilla ha dichiarato: “L’aggancio dell’anzianità contributiva all’aspettativa di vita è un evidente errore della riforma Monti-Fornero a ora non corretto, ma diverso è il caso dell’età pensionabile e dell’adeguamento dei requisiti di età anagrafica alla speranza di vita, che rappresenta un fondamentale – e direi irrinunciabile – stabilizzatore automatico del nostro sistema pensionistico”.Brambilla pone l’accento sulla sostenibilità del sistema nel lungo termine, sottolineando che “l’Italia sta vivendo la più grande transizione demografica della propria storia e in campo pensionistico servono scelte coerenti con i trend demografici: non dobbiamo dimenticare che prestazioni ‘corrette’, e quindi sostenibili, sotto il profilo attuariale non dovrebbero superare i 20-25 anni”. Inoltre, propone un ammodernamento del mercato del lavoro per incentivare la permanenza degli over 60, includendo misure come la revisione delle mansioni per le fasce più anziane. LEGGI TUTTO