Caso CNDEC, Michele de Tavonatti (commercialisti): «Comportamenti lesivi, agirò legalmente»
Michele de Tavonatti
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Dai negoziati con gli Stati Uniti d’America sulla questione dazi al nuovo ordine mondiale che sembrerebbe ormai che si sta delineando. Il secondo evento di lancio del nuovo settimanale di approfondimento economico Moneta, diretto da Osvaldo De Paolini e allegato a Il Giornale, Libero e Il Tempo ogni sabato, difficilmente avrebbe potuto ospitare, con tutta probabilità. un rappresentante istituzionale più adatto come Giancarlo Giorgetti. Proprio nella giornata in cui Giorgia Meloni tiene un fondamentale faccia a faccia con Donald Trump alla Casa Bianca, il ministro dell’Economia e delle Finanze interviene pubblicamente su una serie di temi dirimenti legati all’attualità politica e internazionale – che contribuiranno alla scrittura della prossima legge di bilancio in autunno – dal palco del Tempio di Vibia Sabina e Adriano presso la Camera di Commercio di Roma, intervistato dal direttore responsabile di Libero, Mario Sechi. Il tutto alla vigilia di un Consiglio dei ministri in cui “dovrebbe esserci” la misura per adeguare il calcolo degli acconti Irpef alle tre aliquote come confermato dallo stesso Giorgetti al termine dell’audizione davanti alle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato.[embedded content]Giorgetti si dice soddisfato per l’upgrade recentemente ricevuto dal raiting di Standard & Poor’s: “Questo è stato un grande investimento di fiducia nei nostri confronti, una grande sorpresa”. Questo asse di rapporto fiduciario con Meloni sta quindi funzionando, rimarca il ministro. La presidente del Consiglio incontra Trump “in un clima positivo, perché c’è simpatia personale e anche nei confronti del Paese”. Dopo di che l’agenda è “parecchio complicata per via dei dazi, ma ci sono tante altre questioni di carattere bilaterale che devono essere composte in un puzzle che sono altrettanto importanti”. Per esempio c’è un aspetto di “guerra valutaria” perché “il valore relativo e comparato tra dollaro ed euro produce o meno un dazio implicito”, frutto di una precisa strategia. Dopo la pandemia, infatti, era già cominciato un “protezionismo camuffato” a opera di Joe Biden, mentre Trump ha voluto segnalare “la necessità di riscrivere le regole del commercio globale”. Ed è per questo motivo, legato anche al ruolo crescente della Cina, che la sua mossa, per quanto scomposta, “ha una sua logica: ovvero quello di trovare una via per ripianare questa situazione”. Giorgetti conferma, in questo senso, che “il WTO è morto, ma combatte contro di noi”.Il ministro dell’Economia si appresta a incontrare il suo omologo americano tra pochi giorni: “Ho visto che Scott Bessent, oltre a essere un uomo molto quadrato, è un uomo che capisce l’economia europea e ha la sensibilità di comprendere la nostra situazione per come funziona”. Giorgetti sottolinea il discorso di Bessent all’ultimo G7, all’interno del quale aveva preannunciato che è ancora tutto da vedere che cosa succederà sui dazi nel rapporto tra Stati Uniti ed Europa. Quello che è diventato chiaro è che, perlomeno sulla disciplina fiscali, “è necessario discutere a livello bilaterale e non comunitario”. In questa situazione globale, l’esponente del governo Meloni prevede che a breve la Germania ritornerà ad assumere il suo storico ruolo condottiero con un governo nella pienezza dei suoi poteri, mentre la Francia “sono un po’ in difficoltà, anche nel suo riposizionamento su certe politiche”. Al contrario di un’Italia che invece ha rispettato pienamente tutte le scadenze sul piano della governance europea. Senza dimenticare la questione sul Patto di Stabilità: “L’economia non è composta solamente da contabilità pubblica, ma è solo un presupposto. Però faccio notare che l’Ue per due anni non ci ha fatto escludere dal Patto gli investimenti per la Difesa e adesso ci dice che dobbiamo fare fuori dal Patto l’intera spesa per la Difesa”. LEGGI TUTTO
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Transizione ecologica, Piano Mattei, intelligenza artificiale. Nel pieno di questi anni Venti del ventunesimo secolo risulta impossibile fare i conti con le tante tematiche energetiche che da qua ai prossimi anni (per non dire decenni) diventeranno il fulcro di tutte le discussioni geopolitiche ed economiche: dal Green Deal al ruolo del continente africano come alternativa alla Russia sul gas e sulle fonti rinnovabili. Senza dimenticare il dilemma attualissimo sui dazi. Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni da quasi undici anni, illustra la propria visione manageriale sulle molteplici discussioni che stanno influendo nelle scelte che dovranno essere assunte nell’immediato futuro. L’occasione è l’intervento del dirigente d’azienda alla presentazione del nuovo settimanale di approfondimento economico Moneta – diretto da Osvaldo De Paolini – nella sala del Tempio di Vibia Sabina e Adriano presso la Camera di Commercio di Roma, intervistato dal direttore de Il Tempo, Tommaso Cerno.[embedded content]Descalzi ritiene che i dazi hanno sicuramente avuto delle conseguenze: “Tutto sta succedendo molto velocemente e questo è quindi il momento in cui bisogna rallentare. Ma quello degli Usa è stata una reazione aggressiva e dirompente, dovuta a decenni di politica protezionistica della Cina. E poi bisogna ricordare che i primi dazi l’Europa se li è messi da soli”; per esempio su tutte le politiche del Green Deal. I passi compiere da corretti devono essere il più possibile corretti per “evitare un panico generalizzato”, sottolinea l’ad di Eni. Lo strato amministrativo centralizzato dell’Ue “ha autorità ma non responsabilità” e ha costruito questa burocrazia negli ultimi vent’anni: “Se non cambiano le persone, difficilmente cambiano le direzioni”, afferma Descalzi. Specialmente in un gruppo di Paesi con lingue, culture, logiche, costi e mix energetici differenti “che si concentra a Bruxelles e si possono commettere errori, i cui costi sono solo degli singoli stati”.Si arriva poi alla transizione energetica. Secondo Descalzi già durante Obama e Biden le produzioni erano già arrivate al massimo: “Chi si è impegnato a ridurre le emissioni è l’Europa, non l’America. Quindi non cambia assolutamente nulla da questo punto di vista”. Il rallentamento di questo progetto è legato a qualcosa di ideologico: “Il Green Deal non può diventare l’unica componente di un credo politico, perché in questo modo non si può andare avanti”. Il manager milanese crede, di conseguenza, che bisognerebbe riflettere sulla propria capacità di produrre energia in modo tale da calmierare le bollette di luce e gas. “L’Italia ha 45% di gas, un po’ di idroelettrico, pochissimo carbone e tante rinnovabili. Questo mix energetico è una scelta che è stata fatta trent’anni fa e a questa si sommano gli oneri sociali, che non fanno altro che impattare sulle bollette. Non si può vivere di soli sussidi o di un’unica tecnologia”. In sintesi, quello che manca all’Europa è “un progetto di sicurezza energetica”. LEGGI TUTTO
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Il percorso di Moneta è inarrestabile. Dopo i primi due numeri usciti in edicola rispettivamente il 5 e il 12 aprile, il nuovo inserto economico diretto da Osvaldo De Paolini, allegato a Il Giornale, Libero e Il Tempo, ritorna sabato con la terza edizione. Nella prima metà di questo mese il fresco settimanale di approfondimento economico aveva puntato molto prima su un rapporto riservato – dove venivano indicati gli oltre 50 obiettivi industriali che potrebbero essere colpiti dal cielo e da terra in caso di un conflitto – e poi su un focus sull’agricoltura con un allarme lanciato da Coldiretti: ovvero che l’Italia importa il 40% di grano, mais e soia a causa di abbandono dei campi e cementificazione. Quali saranno le novità del terzo numero in arrivo dopodomani? A parlarne sono Osvaldo De Paolini e Tommaso Cerno, in occasione di un evento ufficiale di presentazione tenuto nella sala del Tempio di Vibia Sabina e Adriano presso la Camera di Commercio di Roma.[embedded content]De Paolini rivela l’origine del nome della nuova testata: “Abbiamo preso spunto da una celebre frase del premio Nobel Carlo Maria Cipolla, ovvero: ‘La moneta è la sintesi dell’economia’. Ecco perché abbiamo chiamato così il settimanale. Il sottotitolo del periodico reca la dicitura “Il dritto e il rovescio dell’Economia”. “Sarà un periodico che può spiegare bene ciò che sta capitando sia nelle nostre tasche sia nei conti del nostro Paese”. E importante sarà l’uso del linguaggio: “Semplificare non significa banalizzare e quindi dobbiamo inventare delle similitudini che ci permettono di avere al dunque, per spese e investimenti personali”. L’obiettivo di Moneta è dunque molto ambizioso: “Prevedere cosa succederà dopo quell’evento: a volte certe direzioni intraprese non sono sempre giusta. Si tratta di una scommessa: anticipare le notizie in base a quello che avviene nei quotidiani”, aggiunge De Paolini. LEGGI TUTTO
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I punti chiave
“In termini programmatici vogliamo sterilizzare l’aumento di tre mesi sui 67 anni per le pensioni di anzianità”, ha dichiarato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, parlando in audizione sul Documento di economia e finanza pubblica (Dfp). “Consideriamo il nostro uno dei sistemi più performanti”, ha aggiunto, rassicurando: “Per ora non c’è ancora il decreto per l’incremento che devo firmare io, quindi finché non firmo, state tranquilli”.Un sistema solido in un contesto difficile”In un contesto molto più complesso rispetto a pochi mesi fa, l’Italia si contraddistingue per una gestione della finanza pubblica che permette di confermare gli obiettivi di spesa netta e di riduzione del deficit e del debito”, ha detto Giorgetti. “Anche le agenzie di rating stanno migliorando il giudizio sul nostro Paese”, ha proseguito, parlando di “un dato particolarmente rassicurante» che arriva in un momento di «rallentamento dell’economia globale”.Debito pubblico sotto osservazione.”La priorità assoluta è il controllo del debito pubblico”, ha scandito il ministro, paragonando la sfida a una partita di calcio: “Siamo nella stessa situazione di Lotito, che stasera gioca una partita fondamentale partendo sotto di due a zero. La prima cosa è non prendere gol. Io ho un debito che mi costa 90 miliardi l’anno di interessi: la prima cosa da fare è metterlo in sicurezza, non prenderle”.Critiche al Dfp: mancano dettagliTuttavia, sul nuovo Documento di finanza pubblica non sono mancate le critiche. Banca d’Italia, Ufficio parlamentare di bilancio e Corte dei Conti hanno segnalato che “mancano indicazioni programmatiche” e che “i dettagli sulle misure di bilancio sono pochi”. Secondo Bankitalia, “la piena comprensione e la valutazione dell’andamento della spesa netta richiedono maggiori dettagli”, mentre l’Upb ha parlato di “informazioni ridotte rispetto al passato”. LEGGI TUTTO
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Conoscere l’esatto reddito è fondamentale per mostrare come si suddivide la ricchezza lungo la nostra Penisola, da qui l’importanza dei dati appena usciti dal ministero dell’Economia e delle Finanze relativi alle dichiarazioni dei redditi presentati nel 2024 (anno d’imposta 2023) da dove emergono conferme, sorprese e tendenze.In testa alla classifica dei Comuni più ricchi, per il secondo anno consecutivo, si piazza Portofino, il piccolo borgo ligure simbolo di un’Italia benestante. Il reddito pro capite si attesta sui 94.505 euro, in crescita rispetto ai 90.610 euro dell’anno precedente. Si tratta di un dato che, seppur riferito a una popolazione molto ristretta, evidenzia come i grandi patrimoni e le residenze strategiche influenzino fortemente le medie complessive.Gli altri ComuniA seguire c’è Lajatico, in provincia di Pisa, che si colloca al secondo posto con 61.980 euro di reddito medio dichiarato. Un risultato legato alla residenza del tenore Andrea Bocelli, originario del paese, che ha contribuito a mantenerne alto il posizionamento.Al terzo posto sale invece Basiglio, nel Milanese, con 50.807 euro medi, in aumento rispetto ai 49.524 dell’anno precedente. Poi arrivano Solonghello (Alessandria), che entra per la prima volta nei vertici della graduatoria con 47.801 euro, Cusago (Milano) con 41.987 euro e Torre d’Isola (Pavia) con 40.682 euro. Milano è all’ottavo posto, con 38.989 euro, superando città come Roma e Napoli, che non compaiono neppure tra i primi venti Comuni italiani per reddito medio.Le motivazioni di questi numeri si nascondono dietro scelte individuali. Come nel caso di Bocelli a Lajatico, infatti, bisogna anche ricordare Portofino, con Pier Silvio Berlusconi che da alcuni anni vi ha spostato la propria residenza.Le grandi cittàTra le città più grandi è Milano a guidare la classifica seguita da Parma e Padova. Il capoluogo lombardo si distingue non solo per la presenza di professionisti e manager ad alta retribuzione, ma anche per un tessuto economico e produttivo che genera valore su larga scala. Roma, invece, appare più distaccata: pur essendo la città con il maggior numero di contribuenti, presenta un reddito medio più basso rispetto alle altre metropoli del Nord, anche a causa probabilmente delle forti disuguaglianze interne e della maggiore incidenza di lavoratori con redditi bassi o medi.I dati complessivi e i “super ricchi”Numeri alla mano il totale dei redditi dichiarati nel 2024 supera i 1.027 miliardi di euro, con un incremento del 5,9% rispetto all’anno precedente. Il reddito medio per contribuente si attesta invece a 24.830 euro, in crescita del 5%. Un dato particolarmente interessante riguarda la distribuzione del carico fiscale: il 78% dei contribuenti, che guadagnano fino a 35mila euro l’anno, versano il 36% dell’imposta netta. Il restante 64% dell’imposta è invece versato dal 22% dei contribuenti, che dichiarano più di 35mila euro. LEGGI TUTTO
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in EconomiaMentre a Washington è il giorno di Giorgia Meloni, che questa sera incontrerà Donald Trump, resta l’incertezza globale per la guerra commerciale. Il presidente della Fed Jerome Powell parla di possibili “danni duraturi” dall’imposizione dei dazi e l’Istat stima un impatto sul Pil italiano del -0,2%.12.30 – Trump attacca Powel: “Troppo lento”Donald Trump torna a prendere di mira il presidente della Fed Jerome Powell: “È troppo lento nell’abbassare i tassi di interesse”, scrive in un post sul suo social Truth.11.04 – L’Europa prosegue deboleLe Borse europee sono deboli mentre si attende la riunione della Bce sulla politica monetaria e la conferenza stampa di Christine Lagarde. Sotto i riflettori restano le tensioni commerciali, con i primi negoziati e le posizioni del Wto e della Fed. Sul fronte valutario l’euro scende a 1,1378 sul dollaro. L’indice stoxx 600 cede lo 0,4%. In flessione Londra e Madrid (-0,5%), Parigi (-0,3%), Francoforte (-0,2%). Sui principali listini europei pesa la farmaceutica (-0,9%) e sui tecnologici, mentre si attendono gli sviluppi sui dazi. Deboli le banche (-0,2%) e le assicurazioni (-0,3%). Scendono le utility (-0,6%), con il prezzo del gas che sale a 35,83 euro al megawattora. Seduta poco mossa per l’energia (-0,03%), mentre il petrolio è in rialzo. Il Wti si attesta a 63,13 dollari al barile e il brent a 66,41 dollari. Giù anche il settore azionario delle case automobilistiche (-0,4%). In controtendenza il lusso (+0,5%), dove si mette in mostra Lvmh (+1,4%) mentre è in calo Hermes (-1,3%) dopo i conti. Poco mossi i rendimenti dei titoli di Stato. Lo spread tra Btp e Bund si attesta a 118 punti, con il tasso del decennale italiano al 3,71% e quello tedesco al 2,53%. Non si allenta la corsa dell’oro che sale a 3.324 dollari l’oncia, con un incremento dello 0,6%.9.28 – Borsa: Milano prosegue fiacca, pesa il settore del lussoLa Borsa di Milano (-0,3%) prosegue fiacca, in linea con gli altri listini europei in vista della riunione della Bce. A Piazza Affari pesa il settore del lusso con Moncler (-2,9%) e Cucinelli (-1,2%), dopo i conti del primo trimestre. Lo spread tra Btp e Bund è stabile a 118 punti, con il rendimento del decennale italiano che sale al 3,7%. Vendite anche per Campari (-1,1%). In ordine sparso le banche mentre si guarda all’assemblea di Mps (-0,4%) per l’aumento di capitale finalizzato all’offerta su Mediobanca (+0,8%). Salgono Unicredit (+0,4%) e Banco Bpm (+0,1%). Seduta positiva per Amplifon (+2,2%). In luce Poste (+0,9%) e Enel (+0,6%). Tra i titoli a minor capitalizzazione è debole Bialetti (+0,2%), dopo il balzo della vigilia con la vendita della maggioranza a Nuo Capital, che fa capo al magnate cinese Stephen Cheng, ed in vista dell’opa per il delisting9.26 – Istat,con dazi e incertezza impatto su Pil 2025 dello 0,2%L’eventuale perdurare dell’incertezza e un aumento delle tensioni commerciali avrebbero sulla crescita del Pil italiano un impatto negativo di 2 decimi di punto nel 2025 e di tre decimi nel 2026. E’ la stima fornita dall’Istat nella relazione sul Dfp presentata in audizione. Con cautela l’Istituto parla di una “valutazione parziale e soggetta alla difficoltà di ipotizzare non solo l’evoluzione delle principali variabili esogene ma anche la risposta di politica economica e commerciale da parte di Governi e Banche Centrali”. Nel Dfp le previsioni di crescita indicano un Pil in aumento dello 0,6% quest’anno e dello 0,8% nel 2026. – L’Istituto ha ipotizzato che l’indicatore del livello dell’incertezza rimanga per tutto il biennio di previsione sui valori medi dei primi tre mesi del 2025; che il tasso di cambio dell’euro nei confronti del dollaro si apprezzi, rispetto allo scenario base, del 3% nel 2025 mentre torni alla baseline nel 2026; che i dazi alle importazioni negli Stati Uniti (ipotizzati per semplicità con una aliquota del 20% per tutti i beni) si traslino completamente sul prezzo dei beni finali manifatturieri esportati (ovvero un pass-through completo da parte degli esportatori italiani); infine che il commercio mondiale si riduca, rispetto allo scenario base, di circa mezzo punto percentuale nel 2025 e di un punto nel 20269.13 – Borsa: l’Europa apre debole in attesa della BceBorse europee deboli in avvio di seduta mentre si attendono la Bce sul taglio dei tassi. I mercati guardano alle tensioni commerciali, mentre si attende l’incontro tra la premier Giorgia Meloni e Donald Trump. Sul fronte valutario il dollaro riprende fiato sulle principali valute. Avvio in rosso per Londra (-0,57%) e Parigi (-0,25%). Sale Francoforte.8.58 – Borsa: l’Asia chiude in rialzo e guarda ai negoziati sui daziLe Borse asiatiche concludono la seduta in rialzo dopo i primi incontri tra Usa e Giappone per i negoziati sui dazi. Sotto i riflettori la posizione del Wto e del presidente della Fed, Jerome Powell, sulla politica commerciale. C’è attesa per l’incontro tra la premier Giorgia Meloni e Donald Trump. I listini europei si avviano verso un avvio positivo con i future in rialzo. Sale Tokyo (+1,35%). Sul fronte valutario lo yen prosegue nella fase di rivalutazione sul dollaro a 142,70 e sull’euro a 162,18. Bene Hong Kong (+1,17%), poco mossa Shanghai (-0,04%), positive Shenzhen (+0,18%), Seul (+0,94%) e Mumbai (+0,9%). Sul fronte macroeconomico in arrivo dagli Stati Uniti i sussidi di disoccupazione e le nuove costruzioni abitative.8.09 – Powell, incertezza sui dazi può causare danni duraturiIl presidente della Fed Jerome Powell lancia un duro avvertimento sulle possibili conseguenze dei dazi di Trump sugli Stati Uniti: “Il livello degli aumenti tariffari annunciati finora – ha detto durante un evento all’Economic Club di Chicago, secondo la Cnn – è significativamente maggiore del previsto” e la persistente incertezza sui dazi potrebbe causare danni economici duraturi. Con i dazi di Trump che stanno avviando l’economia verso una crescita più debole, una maggiore disoccupazione e un’inflazione più rapida – tutto allo stesso tempo – la Fed si trova ad affrontare una situazione che non si verificava da circa mezzo secolo”. Secondo il presidente della Fed, “potremmo trovarci nello scenario difficile in cui i nostri obiettivi a doppio mandato sono in discussione”, “si tratta di cambiamenti politici molto radicali”, e “non esiste un’esperienza moderna su come affrontare questo argomento”. Le borse statunitensi sono scese significativamente durante il discorso di Powell: il Dow Jones era in calo di 700 punti, pari all’1,7%. L’indice S&P 500 più ampio è sceso del 2,5%. Il Nasdaq Composite, l’ indice ad alta densità tecnologica, è sceso del 3,5%, riporta la Cnn. “La Fed ha il compito di promuovere la piena occupazione e di tenere sotto controllo l’inflazione – ha detto Powell -, ma i dazi di Trump minacciano entrambi questi obiettivi. Per ora, tuttavia, l’economia statunitense rimane in buone condizioni, secondo gli ultimi dati”. Powell ha affermato che la mossa migliore per la Fed al momento è quella di rimanere immobile finché i dati non mostreranno chiaramente come l’economia statunitense si sta muovendo. “Jerome Powell ha appena dettato legge a Trump”, ha dichiarato David Russell, responsabile globale della strategia di mercato di TradeStation, una importante società finanziaria americana, alla Cnn. “È stato un chiaro avvertimento sulla stagflazione e una dichiarazione che la Fed non permetterà alla Casa Bianca di tagliare i tassi”.8.01 – Il prezzo dell’oro sale ancora, scambiato a 3.331 dollariNon si arresta la corsa dell’oro con il clima di incertezza dopo i dazi decisi da Donald Trump. Il metallo prezioso con consegna immediata (Gold spot) è scambiato a 3.331 dollari l’oncia con una crescita dello 0,80%, dopo aver aggiornato i massimi a 3.356 dollari7.37 – Cina: “Dazi Usa al 245% privi di logica economica”I dazi del 245% imposti dagli Stati Uniti su alcuni prodotti provenienti dalla Cina “non hanno più senso dal punto di vista economico”. E’ quanto ha rilevato un portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, in merito alla pubblicazione da parte della Casa Bianca di un documento informativo sull’indagine ai sensi della Sezione 232, secondo cui il Dragone rischia tariffe fino al 245% sull’export verso gli Usa, dall’attuale aliquota generale del 145%, a seguito delle sue azioni di ritorsione in base alla sicurezza nazionale. La Repubblica popolare ha già chiarito “che gli aumenti tariffari esorbitanti degli Usa contro la Cina sono diventati un gioco di numeri, il che economicamente non fa più molta differenza, se non dimostrare ancora come gli Usa strumentalizzino i dazi per costringere e intimidire gli altri. “La Cina non vuole combattere queste guerre, ma nemmeno ne ha paura”, ha detto il portavoce nel resoconto dei media statali, osservando che le guerre tariffarie e commerciali non hanno vincitori. Se Washington continua a seguire “questo gioco di numeri con i dazi, verrà semplicemente ignorata. Ma se continua a infliggere danni concreti ai diritti e agli interessi della Cina, risponderemo con contromisure decise e manterremo la posizione fino alla fine”, ha concluso il portavoce. LEGGI TUTTO
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Mediobanca era in grado di realizzare qualsiasi operazione attraverso il monopolio del medio termine senza sportelli e servizi per il pubblico. In tal modo, con lo scorrere degli anni, Cuccia si liberò degli uomini fedeli a Mattioli, che avrebbero potuto ostacolare il suo progetto elitario. Formidabili le confidenze che a Montecarlo ascoltavo da Carlo Bombieri, che fu amministratore delegato di Mediobanca nei primi anni Cinquanta: vicende che raccontò spesso anche ad altri. Appena finita la guerra, Cuccia e Bombieri furono inviati in un Paese dell’Est per recuperare un’operazione rimasta in sospeso e una sera finirono in un albergo. All’improvviso qualcuno bussò alla stanza di Bombieri: era Cuccia che gli chiedeva: «Ma sei sicuro che a Milano non lo sapranno mai?». L’immagine pubblica di Cuccia era di un uomo ombroso: camminava sempre curvo da casa all’ufficio, fino alla piazzetta che oggi porta il suo nome. Alla vista di un fotografo, nascondeva la testa dietro la sua borsa con quell’espressione truce che poi i giornali pubblicavano. Un vero peccato: in privato Cuccia era un uomo di estrema allegrezza e simpatia, con racconti spassosi sui quali lui stesso rideva a crepapelle, un po’ come Arthur Rubinstein quando parlava di sé. Pur avendo distrutto il progetto di Mattioli, dopo la sua morte, aveva organizzato un rituale riservato a poche persone, che una volta all’anno si riunivano all’abbazia di Chiaravalle, dove Mattioli è sepolto. Un rito oscuro (…). o già raccontato che era sempre lui, Cuccia, a muoversi per incontrare i clienti, quelli che io chiamo «i pazienti». Con Guido Rossi aveva un rapporto amicale e fraterno; vederli insieme raccontarsi aneddoti esilaranti era un gran piacere. Inimmaginabile battutista, Enrico Cuccia, innervato pure di uno spirito yiddish in cui quella cupezza della sua immagine pubblica si scioglieva. Quando a Natale accompagnavo i miei auguri con un libro, mi rispondeva con un biglietto «La ringrazio per il bel volume che arricchirà la biblioteca di Mediobanca», oppure «Mediobanca la ringrazia per il bel volume». Era tanto un uomo di estrema onestà quanto campione del mondo in conflitto di interesse, disciplina di cui l’Italia detiene varie medaglie olimpiche.Alcune regole non scritte di Mediobanca erano alquanto curiose. Quando Vincenzo Maranghi, suo formidabile braccio destro, dissentiva su un’operazione, reagiva con una violenza inaudita, alzando la voce e riducendo al nulla l’interlocutore; lo inceneriva. Firmava i documenti con uno sgorbio, senza che il suo nome fosse scritto in stampatello a piè di pagina. Mi stupivano le reazioni delle banche internazionali quando ricevevano un documento di tal fatta. Il telex, che oggi nessuno sa cosa fosse, arrivò in Mediobanca poco prima che diventasse obsoleto.Cuccia era capace di grandi cattiverie e di spietate vendette. Si sentì tradito da Schimberni, che si rivelò meno incolore di quanto Cuccia potesse immaginare, anche perché si affidò a Massimiliano Gritti e, in un certo senso, si innamorò del suo decisionismo. A quel punto Cuccia andò in giro a dire che si fosse portato all’estero valigie piene di contanti (…).Dopo le dimissioni di Cefis dalla Montedison, Cuccia cominciò a parlar molto male di lui nella stessa misura in cui lo aveva idolatrato prima, spesso alludendo ad arricchimenti personali di enorme entità. Le sue illazioni erano tanto insistenti che, per me che stavo nel tuorlo dell’uovo accanto a lui, erano fonte di disagio particolarmente nei rapporti con i miei amici colti e politicamente anni luce dall’establishment, lontani in ogni senso dal mondo finanziario. Accuse che mandavano in brodo di giuggiole Scalfari e Turani. Presi allora il coraggio a quattro mani e andai da Cefis a raccontargli tutto, ovviamente per metterlo in guardia. Purtroppo lui, senza informarmi, si fiondò in Mediobanca da Cuccia a lamentarsi e, alla domanda di chi l’avesse informato, fece il mio nome. Apriti cielo. Da qui, a parte l’appartenenza a giardini zoologici diversi, l’ostilità che Cuccia cominciò a nutrire nei miei confronti si spinse fino alla calunnia, mettendo in giro la voce che sarei fallito a causa dell’operazione Interbanca che avevo in ballo, un’operazione che avrebbe portato alla nascita di una «Mediobanca» come quella concepita da Mattioli. Operazione che in effetti non andò in porto: tuttavia non solo non mi schiantai, ma ne uscii con successo. LEGGI TUTTO
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Fino a poco tempo fa nessuno ci avrebbe scommesso: Francesco Micheli, FM per gli intimi, figura enigmatica del mondo finanziario italiano e noto per la riservatezza, all’età di 87 anni ha deciso di raccontarsi in una autobiografia nella quale svela episodi inediti delle grandi operazioni finanziarie a cui ha partecipato in oltre cinquant’anni di carriera. S’intitola «Il capitalista riluttante. Confessioni dal cuore del potere» e l’ha presentata ieri nella Sala Buzzati – la sala più prestigiosa del Corriere della Sera – per l’occasione affollata fino all’inverosimile. Nessuno dei presenti, molti i volti noti, si è perso un solo secondo del dibattito animato da Ferruccio de Bortoli, Luciano Fontana, Stella Pende e Marco Tronchetti Provera che hanno provocato l’autore.Micheli non ha esitato a citare parti del libro dal quale emerge il racconto eccitante di uno dei protagonisti della storia finanziaria contemporanea, che ha la ventura ancora giovane di incrociare personaggi come Enrico Cuccia, Eugenio Cefis, Roberto Calvi, Guido Rossi, Carlo De Benedetti, Gianni Agnelli, Raul Gardini, Annamaria Bonomi Bolchini, ma anche Giorgio Armani e i miti della musica. Il filo rosso che lega tutto, per quel papà musicista, Umberto che insegna al Conservatorio e che sin da piccolo lo fa innamorare del bel sentire. Tra l’affetto per il Teatro Regio della città natale di Micheli, Parma, e la passione per il Teatro alla Scala dove da giovane ha fatto pure la comparsa. Diventa intimo amico di Maurizio Pollini e con Salvatore Accardo e Luciano Berio inaugura uno dei Concorsi pianistici più apprezzati nel nome del padre. Ma la musica è solo un filone delle sue molteplici passioni. L’arte e soprattutto la pittura di ogni epoca lo incantano, le nature morte caravaggesche lo convincono della necessità di salvare una delle più celebri case d’aste italiana, Finarte. Poi lancia MiTo, un palcoscenico della cultura che parte da Milano e approda a Torino unendo i due capoluoghi in un idem sentire che prima non si conosceva. E poi la clamorosa scalata alla Bi-Invest che ha dato la sveglia a Piazza Affari dando inizio alla sua sprovincializzazione. Infine la scommessa di Genextra insieme a Umberto Veronesi per individuare nuove soluzioni alle malattie terminali.L’essere stato fattorino, scrutatore Totip (ai tempi del liceo classico, lavoro a cottimo, per guadagnare qualche lira), rivenditore di elettrodomestici Blanka, ne ha irrobustito il desiderio di nuovi orizzonti professionali. A Piazza Affari, in qualità di remisier, ci arriva con il mitico Aldo Ravelli. Il grande salto è con Cefis. Micheli si trova da una parte lui e dall’altra Agnelli, con in mezzo Cuccia che faceva la spola tra uno e l’altro, «Arlecchino servo di due padroni». Per i primi sei mesi non aveva nemmeno un ufficio, stava seduto su una pila di bilanci nel sancta sanctorum di Montedison, la segreteria. Da lì ha vinto, assieme a Vincenzo Maranghi braccio destro di Cuccia, la guerra contro Michele Sindona per il controllo della Bastogi.Tra i capitoli più severi e assai attuali, considerando il risiko bancario che potrebbe scuotere il governo di Piazzetta Cuccia (che ieri è stato sfiorato con qualche battuta), c’è quello dedicato proprio a Cuccia di cui pubblichiamo ampi stralci in pagina. LEGGI TUTTO
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