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    Ecco quando non devi pagare la Tari

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    La Tari, imposta tra le più invise ai contribuenti soprattutto a causa dei continui aumenti, costituisce una delle principali entrate dei Comuni, che grazie alle somme incassate provvedono alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti urbani.La tassa da regolamento vigente deve essere pagata dai cittadini che detengono a qualsiasi titolo immobili o aree scoperte atte alla produzione di rifiuti, e questo a prescindere dal fatto che vengano o meno prodotti concretamente. Per sua configurazione, la Tari è un’imposta fissa, dal momento che la quota viene calcolata sulla teorica quantità di rifiuti prodotti dal contribuente in base ai metri quadri della casa e al numero di persone che vivono all’interno di essa: nel computo, quindi, non viene considerata alcuna variabile relativa all’effettiva quantità di rifiuti generati.Ma allora che cosa accade quando un immobile risulta disabitato? È un caso che solleva dall’obbligo di versare l’imposta? A chiarire questo aspetto le sentenze 21703 e 9872 della Corte di Cassazione, secondo la quale l’obbligo di pagare la tassa deve sussistere anche qualora si faccia riferimento a un’abitazione disabitata, ma solo nel caso in cui essa sia strutturalmente predisposta al suo utilizzo. In sostanza per essere esentati dal versamento dell’imposta non basta che non sia in essere un contratto con società erogatrici di servizi come luce, acqua o gas, ma è necessario che manchino fisicamente i collegamenti che conducono le utenze all’interno dell’abitazione o che queste siano state appositamente sigillate e risultino pertanto inutilizzabili. Se per vivere in casa basta semplicemente attivare un contratto di fornitura, quindi, la Tari è dovuta, se invece per poter ottenere questi servizi mancano ancora le opere strutturali l’obbligo decade.Ovviamente dovrà essere il cittadino a dimostrare che l’immobile non è fruibile e risulta non utilizzabile per viverci dentro, diventando così di conseguenza non idoneo a produrre rifiuti come da regolamento: questa non idoneità, come da sentenza 1711 della Cassazione deve essere “riscontrabile in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o da idonea documentazione”. A non essere adatti, a titolo esemplificativo, sono LEGGI TUTTO

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    “Pericolo combustione”. Volvo richiama 73mila auto

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    Sono 73mila le auto Volvo, delle gamme “60” e “90”, richiamate dalla casa madre perché a rischio di prendere fuoco. Le vetture circolanti in Italia interessate alle verifiche risultano 745, tutte ibride plug-in (una motorizzazione a benzina e una elettrica ricaricabile) con batterie che risalgono agli anni dal 2020 al 2022. Il richiamo viene fatto a scopo precauzionale dopo una serie di controlli minuziosi a cura della stessa casa automobilistica svedese controllata dal colosso cinese Geely.Le batterie che equipaggiano i 73mila modelli interessati dal richiamo presentato un difetto di costruzione che porterebbe al surriscaldamento e al successivo incendio. Il problema sorgerebbe nel momento in cui è in corso la ricarica elettrica. Da qui l’avvertimento di Volvo alla clientela di evitare di collegare il cavo e recarsi subito nelle officine indicate. Due le opzioni: il montaggio di una nuova batteria o l’aggiornamento del software.Un report di Motus-E, l’organizzazione che riunisce gli stakeholder della mobilità elettrica, rileva come i veicoli 100% elettrici hanno dalle 10 alle 60 volte meno probabilità di prendere fuoco rispetto a quelli ibridi e con motore endotermico. Sempre per i veicoli solo elettrici, sottolinea il report di Motus-E, l’attenzione si concentra sul rischio di incendi delle batterie per trazione in quanto “contengono elementi chimici reattivi, che in caso di grave danneggiamento dell’accumulatore, possono in rari casi innescare il cosiddetto thermal runaway, ossia un aumento di temperatura di una cella capace di generare una fiamma in grado di diffondersi alle altre celle”.In caso di incendio, infine, per le vetture a batteria è richiesta una procedura specifica per spegnere le fiamme. Ecco perché i Vigili del fuoco, affidandosi anche all’esperienza e ai dati dei costruttori, hanno lavorato alla definizione di protocolli di intervento dedicati, che individuano i metodi più efficaci per estinguere eventuali fiamme in sicurezza. LEGGI TUTTO

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    Parcheggi sulle strisce blu, cambia tutto: ecco le nuove regole e sanzioni

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    I parcheggi sulle strisce blu sono oramai più di una necessità, in particolar modo nelle grandi città, dal momento che trovare un luogo adatto per posteggiare la propria auto senza dover pagare sta diventando quasi un’impresa. A ciò si aggiunga anche il fatto che fruire di queste aree di sosta, spesso e volentieri dopo una ricerca estenuante, significa sborsare una quantità di denaro sempre maggiore, visti i frequenti ritocchi verso l’alto dei tariffari, che differiscono da comune a comune ma anche a seconda dell’azienda che le ha in gestione.Tra le novità introdotte a dicembre 2024 nel Codice della strada ve ne sono alcune inerenti proprio i parcheggi sulle strisce blu, che hanno modificato la normativa precedente tanto in termini di sanzioni quanto di tempistiche. Nel caso in cui si venisse sorpresi a occupare un parcheggio a pagamento senza aver pagato la quota prevista, la sanzione comminata è di 42 euro, ma a questa somma andrebbe ad aggiungersi anche un importo variabile corrispondente al prezzo del posteggio per una giornata intera. Qualora, solo per fare un esempio, si lasciasse l’auto senza regolare ticket in un’area a pagamento dalle ore 8.00 alle ore 20.00 il totale da corrispondere in caso di sanzione sarebbe pertanto di 66 euro: alla parte fissa di 42 euro, infatti, andrebbero aggiunti anche i 2 euro previsti per ciascuna delle 12 ore in cui vige il pagamento (per un totale, quindi, di ulteriori 24 euro). Solo in alcuni Comuni italiani, e per questo motivo sarebbe bene comunque informarsi prima, sono previste tariffe agevolate o addirittura esenzioni per i proprietari di autovetture ibride o elettriche,Proseguendo con le novità, è bene sapere anche che per quanto concerne la tolleranza si è passati a un meccanismo di valutazione che si basa sulle tempistiche di occupazione dello spazio a pagamento. Se si occupa il parcheggio sulle strisce blu non superando il 10% del tempo per cui il conducente ha pagato allora non è prevista alcuna sanzione: quindi, per esempio, avendo versato una quota per due ore, ovvero 120 minuti, c’è una tolleranza di 12 minuti dalla scadenza del ticket. LEGGI TUTTO

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    L’analisi di Carbone (Entrate): “Dalla rottamazione Quater attesi 38,5 miliardi”

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    Il 40% del magazzino fiscale è irrecuperabile, dalla rottamazione Quater possono arrivare al massimo 38,5 miliardi, sulle rate saltate bisogna avere più elasticità per non perdere i benefici ma la riforma introdotta sulle otto rate prevista nel progetto di legge della Lega sulla rottamazione Quinques rischia di causare qualche problema. È la sintesi dell’audizione in commissione Bilancio del Senato del direttore delle Agenzie delle Entrate e ed Entrate-Riscossione, Vincenzo Carbone. “Al 31 dicembre 2024 l’importo riscosso risulta pari a 12,2 miliardi, con un tasso di ‘decadenza’ pari al 49%”, ha aggiunto il successore di Ernesto Maria Ruffini, che ha puntato il dito sulla “rigidità del decadimento al mancato pagamento di una sola rata”, come succede adesso, serve dunque una maggiore “flessibilità” per chi è in buona fede “ma bisogna porre dei paletti, bisogna evitare di favorire chi se ne approfitta e fa azzardo morale”. Secondo Carbone, inoltre, il limite delle 8 rate non pagate per determinare l’inefficacia della rottamazione Quinques può portare al “verificarsi di una situazione anomala”, perché se alla fine del periodo un contribuente moroso non ne paga sette “da un lato non si perdono i benefici, dall’altro non si possono far scattare le azioni di recupero coattivo. “Nel magazzino fiscale ci sono oltre 1,279 miliardi, di cui il 40% è sostanzialmente irrecuperabile”.Poi c’è il tema dei recidivi: oltre il 77% dei 10 milioni di italiani che ogni anno ricevono una cartella hanno avuto iscrizioni a ruolo nei tre anni precedenti.Degli avvisi, solo il 20% viene regolarizzato subito, il 25% viene pagato in 4/5 con la rateizzazione. Ecco perché Carbone chiede al governo che la Riscossione possa acquisire elementi dalle banche dati dell’Agenzia delle Entrate a cui non ha accesso, che non si parlano tra loro, come la banca dati sulla fatturazione elettronica per cui l’accesso è limitato alla sola “attività istituzionale”. Sulla Riscossione pesa anche il calo dell’organico, passato da oltre 8mila risorse a meno di 7mila.Le critiche dei tecnici di Mef, Ufficio parlamentare di Bilancio e Corte dei Conti di ieri alla rottamazione come procedura di condono e alla Quinques in particolare hanno fatto infuriare la Lega. “Non sono le misure di rottamazione ad aver complicato la vita agli italiani, ma un sistema fiscale che ha fatto lievitare sanzioni e debiti – attacca il senatore della Lega Claudio Borghi Aquilini – la Lega vuole permettere a famiglie, imprese, pensionati, di rateizzare i debiti, un gesto di civiltà per recuperare entrate che lo Stato non rivedrebbe mai”. LEGGI TUTTO

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    Previdenza complementare, Fon.Te. primo fondo negoziale in Italia con adesione full digital

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    Il Consiglio di Amministrazione di Fondo Fon.Te., il fondo pensione complementare per i dipendenti di aziende del settore terziario, ha deliberato la possibilità di aderire online. Fon.Te. diventa così il primo fondo negoziale in Italia a offrire un servizio di iscrizione completamente digitale.A partire da martedì 1° aprile 2025, sarà possibile aderire a Fon.Te. tramite una procedura di iscrizione full digital, eliminando la necessità di documenti cartacei e rendendo il processo più rapido e semplice. I potenziali iscritti avranno l’opportunità di effettuare l’iscrizione in completa autonomia, seguendo le istruzioni disponibili in una sezione dedicata sul sito. Questa innovazione si inserisce nel percorso di modernizzazione e semplificazione avviato da Fon.Te., con l’obiettivo di facilitare l’accesso alla Previdenza Complementare per migliaia di lavoratori e lavoratrici del settore terziario. LEGGI TUTTO

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    Exor annuncia un buyback da 1 miliardo. Ipotesi Palmer per la guida di Stellantis

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    John Elkann, ceo di Exor, si lascia alle spalle «un anno impegnativo» sia per la holding di casa Agnelli sia per alcune delle società che ne fanno parte. Realtà, ricorda nella lettera annuale agli azionisti, «che hanno affrontato questioni strategiche e operative e vissuto cambiamenti di leadership»: il burrascoso addio di Carlos Tavares da Stellantis e il passaggio di Gerrit Marx da Iveco Group alla guida di Cnh. A proposito del futuro ceo di Stellantis, atteso entro giugno: le ultimissime voci vedrebbero un possibile periodo «ponte» con al volante Richard Palmer, ex cfo di Fca e Stellantis, e attuale special advisor di Elkann, per dare poi il via libera ad Antonio Filosa, responsabile del mercato Usa, il più importante per il gruppo. In questo modo, Filosa, da poco a capo anche dell’ente Quality di Stellantis, acquisirebbe ancora più peso ed esperienza. «Exor – interviene Elkann sul tema – vuole assicurarsi di avere le persone giuste nei ruoli giusti».Il ceo, intanto, ringrazia la miniera d’oro Ferrari. Nel 2024, infatti, il Nav (valore netto degli attivi) per azione della holding è cresciuto del 9%, raggiungendo 38,2 miliardi dai 35,4 del 2023. «E questo – le parole di Elkann – grazie soprattutto all’eccellente performance della nostra società più grande e di maggior valore, Ferrari, che ha registrato un incremento del 35%». Elkann, che di Ferrari è presidente, ha fatto chiarezza anche sulla vendita da parte di Exor di una quota del Cavallino rampante pari a circa 3 miliardi. «Tale operazione – ha precisato – riduce la concentrazione del nostro portafoglio e, al contempo, fornisce le risorse per una nuova significativa acquisizione. Il sostegno a Ferrari e la nostra fiducia nel potenziale della società rimangono invariati». La prossima sfida di Maranello, brutto inizio della nuova stagione in Formula 1 a parte, riguarda il lancio, entro quest’anno, della prima auto elettrica. LEGGI TUTTO

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    Il cda Pirelli prende tempo. Si cerca l’intesa coi cinesi

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    Fumata nera alla Pirelli. Tutto rinviato a oggi. «Per temi di carattere organizzativo», recita la stringatissima nota diffusa dal gruppo della Bicocca nel primo pomeriggio di ieri. A quanto risulta al Giornale sarebbe stata avviata una prima interlocuzione tra i consiglieri ma, mancando figure determinanti in presenza, la riunione è stata rinviata a questa mattina. In più, la previsione che in serata Trump avrebbe annunciato i dazi sulle auto, ha suggerito una valutazione più compiuta della situazione. Sul tavolo resta l’approvazione del bilancio 2024 e soprattutto il confronto con il socio di maggioranza relativa, ovvero Sinochem, che attraverso la sussidiaria Cnrc possiede il 37% del capitale. Alla posizione cinese fa da contraltare il sistema MTP-Camfin che fa capo al vicepresidente esecutivo Marco Tronchetti Provera e che dispone di una partecipazione del 26,4% pur avendo spazio per salire al 29,9%. Il problema da risolvere riguarda la tecnologia Cybertyre che consente il dialogo fra gli pneumatici e i sistemi di controllo delle auto tramite sensori e algoritmi. Sinochem è cinese e dunque rientra fra le società impattate dai dazi Usa e soprattutto dalla nuova normativa che colpisce il comparto auto, vietando la vendita o l’importazione di veicoli connessi a guida autonoma che usano hardware o software di aziende legate a Pechino o a Mosca. Come evitare, quindi, limitazioni nell’operatività sul mercato Usa? La prima soluzione sarebbe quella di far scendere la quota dei cinesi sotto il 25 per cento. La seconda mossa sarebbe far tornare in campo il Golden Power affinché la governance venga in qualche misura rimessa in linea con una riduzione del numero di consiglieri del Dragone. LEGGI TUTTO