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    Buffett tutto bond e liquidi si concede una “pizzetta”

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    Warren Buffett si concede una pizza e poco altro. L’Oracolo di Omaha, che si è messo a dieta di azioni diminuendo l’esposizione netta negli asset azionari di quasi 36 miliardi di dollari nel solo terzo trimestre, nei giorni scorsi si è concesso due piccole eccezioni. La prima è l’acquisto di una «fettina» di Domino’s Pizza per 550 milioni di dollari, 1,3 milioni di azioni pari al 3,6% del capitale del rivenditore di pizze; l’altra è il distributore di attrezzature per piscine Pool Corp, di cui ha acquisito l’1% per 152 milioni. A destare scalpore tra gli investitori è la ritirata di Berkshire Hathaway da alcune partecipazioni storiche: la partecipazione in Apple, per esempio, nel terzo trimestre si è ridotta del 25%; oppure Bank of America la cui quota è stata ridotta del 26%. Oggi il 94enne guru degli investimenti siede su una montagna di liquidità valutata 325 miliardi (rispetto ai 270 miliardi investiti in azioni). Un altro elemento di riflessione è la decisione di stoppare gli acquisti di azioni proprie. Tutti indizi che fanno trapelare una certa sfiducia circa le prospettive di Wall Street. Le ipotesi volte a spiegare cosa ci sia realmente dietro un Buffett guardingo sono molteplici, dall’accumulo di risorse per future grandi acquisizioni a un aggiustamento del portafoglio di partecipazioni in vista del passaggio di testimone, fino a tesi più estreme (sa cose che gli altri non sanno).Dialogando con insider di Wall Street che conoscono da vicino le abitudini di Buffett, l’enigma può essere risolto solo partendo dalla sua natura di investitore value. L’ipotesi di prezzi «troppo alti» appare la più realistica e avallata dal rallentamento del buyback rispetto al 2023, fino ad azzerarlo. Il famoso indicatore Buffett, che raffronta il valore totale delle azioni quotate con le dimensioni dell’economia a stelle e strisce, è intorno al 200%, addirittura sopra i picchi toccati durante la bolla dotcom. Per decifrare le scelte del numero uno di Berkshire non si può inoltre prescindere da un’analisi del rapporto rischi-benefici dell’attuale contesto di mercato. A valutazioni azionarie tirate fa da contraltare l’elevata remunerazione offerta dai Treasury a rischio zero (oltre 4,3% il rendimento del T-bond a 1 anno). I tassi di indebitamento a livello globale sono in costante aumento e il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca potrebbe accentuare tale trend. Del totale della liquidità di Buffett, gran parte (almeno 288 miliardi) è investita in Treasury. LEGGI TUTTO

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    Apple dimezza la Cina, rotta verso l’India

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    Senza tasti, con una fotocamera in grado di far concorrenza a quelle tradizionali, e un design minimalista che avrebbe fatto la storia. Era questa la rivoluzione dell’iPhone, il melafonino immaginato da Steve Jobs negli Stati Uniti e fabbricato, come ormai qualsiasi prodotto tecnologico, in Cina. Due Paesi agli antipodi che si incontravano in quei pochi pixel. Nemici-amici. Perché Apple non può dimenticare che, volente o nolente, ha a che fare con una potenza straniera e, per di più, rivale della Casa Bianca.Ora però le cose potrebbero cambiare perché l’azienda fondata da Steve Jobs, come riporta Bloomberg, sta puntando su un altro gigante asiatico, l’India, che non a caso è anche membro del Quad (il dialogo quadrilaterale di sicurezza al quale appartengono anche Usa, Australia e Giappone) che ha lo scopo di contenere le mire della Cina nell’Indo-Pacifico. Una questione di sicurezza, portata avanti da anni, e resa ancora più impellente ora che Donald Trump è tornato alla Casa Bianca. Nel primo mandato, infatti, il tycoon aveva avviato una pesante e pressante guerra commerciale con Pechino, che è stata interrotta solamente con l’arrivo di Joe Biden. Ma questa, come si suol dire, è storia. Quello che conta adesso è il presente. E il futuro. E, in quest’ottica, Nuova Delhi rappresenta grandi opportunità economiche (gli incentivi proposti dal primo ministro Narendra Modi) e tecnologiche (alta specializzazione a basso costo). Come spiega a il Giornale Vas Shenoy, Chief Representative per l’Italia della Camera di Commercio indiana: «Apple, su un piano strategico, segue la resilienza della catena di fornitura dei suoi fornitori taiwanesi. Aziende come Foxconn stanno investendo da noi non solo per supportare clienti come Apple, che cercano di ridurre i rischi legati alla Cina, ma anche come strategia eventuale contro una possibile invasione cinese di Taiwan». Sono i numeri a parlare: secondo le stime, nei prossimi due anni il big guidato da Tim Cook vorrebbe assemblare in India il 32% della produzione globale di iPhone (attualmente siamo tra il 12 e il 14%). Secondo l’Economic Time, si tratterebbe di un giro d’affari di trenta miliardi che, potenzialmente, potrebbe creare duecentomila posti di lavoro.Fondamentale, in quest’ottica, la politica estera di Nuova Delhi: «È verosimile che la strategia di contenimento della Cina da Parte degli Stati Uniti trovi nell’India uno dei suoi pilastri», spiega Gabriele Natalizia, professore di Relazioni internazionali alla Sapienza. Che prosegue: «Si tratta di un controbilanciamento la cui direttrice non è solamente militare ma anche economica e che potrebbe costituire il principale elemento di discontinuità tattica tra l’ultima amministrazione democratica e quella repubblicana che prenderà ufficialmente avvio il 20 gennaio. Nonostante le criticità sotto il profilo delle infrastrutture che tuttora la affliggono, Nuova Delhi sembra uno dei candidati ad essere coinvolti nel progetto di friend-shoring per la produzione di alcuni beni che possono avere un valore strategico sia in ambito civile sia militare in momenti di particolare tensione internazionale». LEGGI TUTTO

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    Panetta: “I dazi non servono”

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    “Un approccio generalizzato come i dazi è come usare un coltello da cucina per un’operazione chirurgica: inadeguato e dannoso”. È quanto ha osservato il governatore Fabio Panetta al seminario G7, ospitato dalla Banca d’Italia, sul tema della frammentazione del commercio globale cui ha partecipato il capo economista della Bce, Philip Lane. Tali misure, ha rilevato il numero uno di Via Nazionale.Un mondo connesso: la lezione di JeffersonPanetta ha sottolineato come l’integrazione globale abbia migliorato la qualità della vita per milioni di persone, offrendo un aneddoto che affonda le sue radici nella storia: “Due secoli fa, Thomas Jefferson, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti, importava dalla Francia vino, mobili e libri perché era straordinariamente ricco. Oggi, grazie alla riduzione delle tariffe e dei costi di trasporto, questi beni sono accessibili a una platea molto più ampia”. Questo progresso, ha aggiunto, è il risultato della liberalizzazione del commercio e dell’innovazione, che hanno abbattuto le barriere economiche e geografiche. Nessun accenno all’intenzione del presidente eletto Donald Trump di adottare una politica protezionistica anche nei confronti dei partner storici come quelli dell’Ue, ma il rimando a Jefferson è eloquente.Il costo economico della frammentazioneQuesta rete globale, avverte Panetta, è ora a rischio. Citando studi recenti, il governatore ha stimato che la frammentazione del sistema commerciale potrebbe ridurre il Pil globale del 6%, un danno paragonabile a quello della pandemia di Covid-19. “Dividere il mondo in blocchi economici significa non solo perdere efficienza, ma aumentare i costi, la volatilità e i rischi per le nostre economie”, ha spiegato.Un esempio concreto arriva dagli embarghi e dai dazi imposti in passato, come quelli statunitensi del 2018: “L’aumento dei prezzi è stato scaricato interamente sui consumatori. Non è stata una vittoria, ma un costo per le famiglie”. A ciò si aggiunge il rischio che la frammentazione ostacoli la transizione ecologica, dato il ruolo cruciale delle materie prime, spesso concentrate in pochi Paesi.Un sistema aperto per pace e prosperitàPanetta ha difeso con forza il sistema multilaterale costruito dopo la Seconda Guerra Mondiale, lodandolo come un motore di prosperità e stabilità: “La libertà di commercio, di investire oltre confine e di scambiare idee non è solo una questione economica: è il prerequisito per garantire pace e progresso sociale”. Ha inoltre sottolineato come molte delle critiche alla globalizzazione siano fuorvianti, dato che spesso i problemi attribuiti agli scambi internazionali derivano in realtà da rapidi progressi tecnologici.Quattro pilastri per il futuroPer affrontare le sfide attuali, Panetta ha delineato una strategia basata su quattro pilastri: informazione, innovazione, flessibilità e cooperazione. Ha evidenziato come una migliore raccolta e condivisione dei dati possa aiutare a identificare vulnerabilità, mentre l’innovazione può ridurre la dipendenza da risorse critiche. “Dobbiamo puntare su tecnologie alternative e su una politica economica flessibile che sappia adattarsi a un panorama in rapida evoluzione”, ha affermato.Sul fronte della cooperazione, Panetta ha richiamato il successo della catena di produzione transatlantica per i vaccini durante la pandemia: “Questo è un esempio di come il dialogo e la collaborazione possano generare risultati straordinari, anche in tempi di crisi”. LEGGI TUTTO

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    Apparecchi acustici e procreazione assistita: le nuove tariffe della sanità

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    Apparecchi acustici, procreazione assistita, celiachia. Da gennaio molte terapie diventano gratuite e finalmente anche le protesi saranno più accessibili. Dopo 28 anni è stato aggiornato il decreto tariffe, con più di mille voci nuove. Un ieter lunghissimo, durato circa 10 anni, ma finalmente concluso: dopo un ultimo confronto con il Mef, Ministero della Salute e Regioni, il lungo elenco è stato approvato dalla Conferenza Stato Regioni. Dalla Procreazione medicalmente assistita, alla consulenza genica, l’adroterapia, l’enteroscopia con microcamera ingeribile e la radioterapia stereotassica. E poi ancora apparecchi acustici a tecnologia digitale, attrezzature domotiche e sensori di comando, arti artificiali a tecnologia avanzata e sistemi di riconoscimento vocale e di puntamento con lo sguardo. L’aggiornamento ha riguardato oltre 3mila prestazioni di specialistica ambulatoriale e di assistenza protesica.L’impatto complessivo della proposta tariffaria risulta pari a 502,3 milioni di euro per la specialistica ambulatoriale e ad euro 47,6 milioni per la protesica, per un totale di 549,9 milioni di euro. Un impatto di circa 150 milioni rispetto alla versione approvata nel 2023Rispetto al 2023, vengono aggiornate 1.113 tariffe sulle 3.171 che compongono il nomenclatore, ovvero il 35% del totale. Rispetto alle tariffe vigenti (2012), l’impatto in termini di incremento delle risorse messe a disposizione dal governo raggiunge i 550 milioni di euro. L’adozione del nuovo nomenclatore rispetto invece a quello pubblicato nel 2023, avrà un impatto di 147,3 milioni di euro per la finanza pubblica che si tradurrà in rimborsi più congrui riconosciuti a tutti gli operatori, pubblici e privati. LEGGI TUTTO

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    Mutui, quanto pesa nelle tasche degli italiani il taglio dei tassi: il calcolo

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    Quanto pesa nelle tasche degli italiani l’ulteriore recente abbassamento dei tassi da parte della Bce? Quanto la sforbiciata risulta essere davvero un incentivo per sottoscrivere un mutuo per l’acquisto di una casa?Secondo una recente ricerca di Changes Unipol, elaborata da Ipsos, il taglio spinge soprattutto i giovani della Gen Z, quelli che non hanno ancora scavalcato i trent’anni giusto per inquadrarli, a ipotizzare di far diventare realtà il sogno di acquistare una casa (lo dice il 51%). In generale un italiano su tre (il 34%) pensa che, grazie alla variazione dei tassi, sia possibile investire sul mattone specie se i mattoni sono quelli per la prima casa. Minor impatto, invece, sui progetti relativi alle seconde case (16%) e alle ristrutturazioni (21%).A seconda dell’età, cambiano anche le prospettive. I Millennial più che ad acquistare qualcosa di nuovo sono, invece, i più propensi a rinegoziare il mutuo (47%) grazie al nuovo ritocco. Più scettici, invece, Gen Z (34%) e i “vecchi” Baby Boomer (27%), molti dei quali, però, hanno già rinegoziato in passato.La nuova ricerca di Unipol ha analizzato reazioni e opinioni degli italiani sulla riduzione dei tassi avviata lo scorso mese di giugno e dopo che la Banca Centrale Europea a ottobre ha annunciato un nuovo ulteriore taglio di 0,25 punti base. D’altronde quello dei mutui, in Italia, è un tema che ha una platea vasta, visto che (secondo l’indagine) quattro italiani su dieci vivono in una famiglia con un mutuo attivo con i Millennial e i giovani della Gen Z in testa (la percentuale sfiora il 50%) e un 20% di Baby Boomer che non ha ancora estinto il debito per la prima o seconda casa o anche per sostenere le pese per la ristrutturazione.Per quanto riguarda la tipologia di mutuo attivo, tra i Millennial uno su tre lo ha per l’acquisto della prima casa (intestato a sé o a un familiare). Al contrario, sono soprattutto i giovani della Gen Z ad avere (o vivere in famiglie con) mutui per seconde case e ristrutturazioni. Tra i Boomer è più elevata la percentuale di quanti non hanno mai aperto mutui nella vita.Guardando al futuro, un intervistato su cinque tra i 28 e i 74 anni ha dichiarato di auspicare un ulteriore taglio dei tassi che superi il 2%. La percentuale che piacerebbe un po’ a tutti, dai più giovani ai più anziani, sarebbe del 2,6%. Per sei italiani su dieci il tasso di interesse ritenuto poco conveniente determina infatti la decisione di rimandare la sottoscrizione di un mutuo, soprattutto tra i Baby Boomer (65%). Al contrario la Gen Z (48%), più delle altre mostra impazienza, non è disposta insomma ad aspettare.Tra chi ha già un mutuo, il 35% risulta insoddisfatto delle condizioni economiche, mentre circa uno su sue (56%) è soddisfatto. Nel dettaglio poi tra chi ha un tasso fisso, e si tratta principalmente di mutui di vecchia data, il 74% è soddisfatto delle condizioni economiche, a fronte di 4 italiani su 10 di chi lo ha variabile, con un 25% “molto insoddisfatto”. A livello generazionale sono i Millennial i meno contenti: meno di uno su sue esprime, infatti, soddisfazione. Più contenti, invece, Gen X e Baby Boomer (circa due su tre). LEGGI TUTTO

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    Banche, il blitz che cambia gli equilibri

    Un’operazione di sistema, ben orchestrata e condotta nel più stretto riserbo. È lo spettacolare blitz con il quale il ministero dell’Economia, guidato da Giancarlo Giorgetti, è riuscito in un colpo solo a raggiungere due obiettivi: 1) costituire un nocciolo duro di investitori italiani a presidio di Mps che rischiava di finire in mani francesi, 2) aprire la strada al Banco Bpm per la costruzione di un nuovo polo bancario di dimensioni europee. La nuova rete che si va creando in tal modo aggrega la risanata banca senese a Bpm, che nel frattempo sta per portare nel suo perimetro anche Anima (su questo fronte è probabile che arriverà una richiesta di ritocco al rialzo del prezzo). Da non sottovalutare, in scena entrano anche due investitori importanti e con spalle molto larghe come il Gruppo Caltagirone e la Delfin, la cassaforte degli eredi Del Vecchio guidata da Francesco Milleri. Mercoledì sera, dopo un’operazione che ha portato nelle casse dello Stato 1,1 miliardi con tanto di premio sul prezzo di Borsa, di fatto è nato un polo bancario da oltre venti miliardi di capitalizzazione. E, sebbene per il momento non ci sarà un processo di aggregazione, le sinergie e gli intrecci che ne sono alla base daranno vita a un gruppo unico che vanta un peso borsistico superiore a Commerzbank, la seconda banca tedesca, la quale ha una capitalizzazione che si ferma a 18,7 miliardi.Ieri è stata la giornata delle reazioni, in primis quella del mercato che ha dimostrato di apprezzare il blitz rovesciando un’ondata di acquisti in particolare su Mps (+11,6% a 6,15 euro per azione) ma anche su Bpm (+3% a 6,96 euro). Insomma, una volta tanto, un’operazione finanziaria con regia pubblica si è trasformata in un successo non solo agli occhi della Borsa ma anche a quelli della critica. Va tra l’altro registrata la soddisfazione espressa dall’istituto guidato da Luigi Lovaglio e presieduto da Nicola Maione, con quest’ultimo che si è complimentato con il Mef per «l’ottima decisione», per poi sottolineare come questo risultato confermi «l’apprezzamento da parte del mercato, per il grande lavoro fatto da tutta la banca in questi anni». A sua volta Lovaglio ha scritto ai dipendenti per condividere un traguardo «che ci deve rendere estremamente orgogliosi e spingerci a fare ancora meglio, con quel sano spirito che ci ha sempre guidato nel mercato». Ma più che un successo politico, è stato un gioco di squadra perfetto tra le componenti del panorama finanziario italiano, peraltro molto ben orchestrato dal ministro Giorgetti. Ma come è partito tutto? Mentre in ambienti finanziari circolavano voci di presunte cordate di imprenditori che alla prova dei fatti non hanno trovato alcuna concretezza, il ministro ha sollevato il telefono per sondare Francesco Gaetano Caltagirone e il vertice di Delfin. Incassata la loro disponibilità, il tutto si è definito velocemente. Decisivo è anche stato il ruolo di Bpm, che una volta mossasi su Anima aveva tutto l’interesse a mettere un robusto presidio in Mps. Il leader della Fabi, Lando Maria Sileoni, legge «la decisione di Bpm» di rilevare il 5% «per avere il via libera da parte delle autorità di vigilanza all’acquisizione di Anima e per distribuire, così, prodotti finanziari nella rete Montepaschi». Una visione non dissimile da quella dello stesso ceo di Piazza Meda, Giuseppe Castagna, che ieri ha scritto ai suoi dipendenti spiegando che «solo poche ore fa abbiamo acquisito una partecipazione azionaria pari al 5% del capitale sociale di Mps, il più importante distributore di prodotti del gruppo Anima, dopo di noi». Inoltre: «Siamo il terzo polo bancario in Italia e vogliamo crescere ancora, pur restando focalizzati sugli obiettivi del Piano al 2026». Sta di fatto che il convergere degli interessi tra il Mef e l’istituto guidato da Castagna – non a caso la banca d’affari interna Akros ha fatto da advisor al collocamento del Tesoro – è stato il perno necessario a far nascere il tridente perfetto. A Giorgetti, a quel punto, non è rimasto che consultare a fari spenti anche il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, e la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, i quali gli hanno dato la loro benedizione. Ora, Mps potrà contare su un gruppo di investitori italiani composto da Bpm (5%), Anima (4%), Caltagirone (3,5%) e Delfin (3,5%), un 16% che si aggiunge alla partecipazione dell’11,7% posseduta dal Tesoro che andrà verso un’uscita di scena, ma lo farà consapevole di aver costituito un argine agli appetiti di potenziali investitori stranieri, come potrebbe essere il Credit Agricole, azionista con 9,1% in Bpm, che verosimilmente ci penserà due volte prima di insidiare la banca di Castagna. LEGGI TUTTO

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    Ostiense Valley “culla” del futuro con il progetto Road

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    Da simbolo del passato industriale a icona di un futuro sostenibile e tecnologicamente avanzato. L’area del Gazometro di Roma Ostiense rappresenta una perfetta metafora della transizione energetica. Il complesso di proprietà Eni, che ricopre una superficie complessiva di circa 13 ettari, si colloca in un’area urbanistica della Capitale risalente ai primi del Novecento, di assoluta rilevanza dal punto di vista storico-industriale.Un tempo utilizzato per immagazzinare e gestire la produzione e i consumi di gas, oggi il Gazometro (un cilindro metallico alto quasi 90 metri e con un diametro di oltre 60 metri) non svolge più la sua funzione originaria. L’intera area è infatti al centro di una importante fase di riqualifica e risanamento. Nel 2023 al suo interno ha visto la luce Road Rome Advanced District, un progetto promosso da Eni insieme ad altre grandi aziende italiane (FS, Autostrade, Cisco, Maire, Bridgestone, Nextchem e Acea) con l’obiettivo di creare, nel centro di Roma, un luogo di sperimentazione tecnologica e culturale.Road ha così trasformato l’area del Gazometro di Roma Ostiense nel primo distretto di innovazione tecnologica dedicato alle nuove filiere energetiche, aperto a collaborazioni di ricerca industriale applicata, in sinergia con il mondo della ricerca e dell’università.L’ambizione di Eni, con il contributo dei suoi partner, è quella di contribuire alla nascita della «Ostiense Valley», un luogo vocato all’innovazione, alla ricerca e allo sviluppo nell’ambito della sostenibilità. Road ha infatti l’obiettivo di attrarre talenti e di creare collaborazioni di filiera tra dipartimenti R&D (Ricerca e Sviluppo) di aziende, università, centri di ricerca, startup e pmi innovative sulle tecnologie per la transizione energetica e digitale. Inoltre, vi è la volontà di utilizzare l’asset di Ostiense come «living lab» per la sperimentazione di tecnologie emergenti a supporto della comunità. Già nel 2020 un articolo di The Guardian inseriva Ostiense tra i dieci quartieri più promettenti d’Europa, unico in classifica per l’Italia. Tante le ragioni di quella scelta: la presenza di un’area storica di archeologia industriale che Eni sta recuperando dal 2018, l’Università Roma Tre (record italiano per immatricolazioni negli ultimi anni), gli ottimi collegamenti ferroviari e metropolitani, la street art e l’offerta culturale. LEGGI TUTTO

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    Tim rivede la cedola e spiazza i ribassisti

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    Probabilmente uno scatto del genere il titolo Tim non lo vedeva da anni, schiacciata come è da lunga data da mani venditrici, molte allo scoperto. I conti positivi e in linea con i target divulgati mercoledì hanno fatto la loro parte, ma ciò che più ha galvanizzato il mercato è stato l’annuncio (peraltro anticipato da il Giornale) di un ritorno al dividendo per i soci in un prossimo futuro. «Con la presentazione del piano 2025-2027 prevista per febbraio», ha detto l’ad Pietro Labriola (in foto), «dopo il primo anno della nuova Tim, avremo molto più spazio per dare dettagli circa il ritorno alla possibile remunerazione dei soci».E così il titolo di Tim (+8,1% a 0,235 euro) si è rianimato da una spirale negativa in cui era piombato nonostante le numerose notizie positive, a partire dalla prossima cessione di Sparkle per la quale dal duo Mef-Asterion dovrebbe arrivare a un’offerta vincolante entro la fine del mese. «Tutto sta andando avanti, stiamo discutendo secondo i piani», ha assicurato Labriola. Nel frattempo i ricavi di Tim stanno crescendo, il debito cala a un ritmo che dovrebbe accelerare dalla fine del quarto trimestre. «Consideriamo il 2024 un anno chiave per porre le basi per la crescita futura», ha affermato Labriola in call con gli analisti, «abbiamo registrato una forte performance nei nove mesi e confermiamo la guidance per l’intero anno. Abbiamo inoltre una maggiore flessibilità finanziaria e prevediamo di incassare 250 milioni dalla cessione della quota Inwit a fine novembre». LEGGI TUTTO