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    Parcheggi fuori dalle strisce, ecco quando sono leciti: cosa dice il Codice della Strada

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    Quando ci si mette al volante della propria auto uno dei problemi più gravosi è di certo quello di trovare parcheggio: tra strisce bianche, blu e gialle, passi carrabili e divieti di sosta, il conducente ha spesso e volentieri dei riferimenti visivi chiari per scegliere dove posteggiare senza rischiare una sanzione, ma ciò non accade in ogni circostanza.Ciò considerato, quindi, come ci si dovrebbe comportare laddove, in corrispondenza di un posto libero al margine della strada, non si trovino cartelli o segnaletica orizzontale a definire la liceità di un parcheggio? È sempre possibile lasciare l’auto in sosta con la certezza di non aver commesso alcuna infrazione? A chiarire in parte i dubbi interviene l’articolo 157 del Codice della Strada.Quando si parla di sosta, ovvero di “sospensione della marcia del veicolo protratta nel tempo, con possibilità di allontanamento da parte del conducente”, vi sono delle semplici regole da seguire: in mancanza di segnaletica verticale e orizzontale il parcheggio è generalmente consentito, a meno che ciò non comporti dei rallentamenti o dei pericoli alla circolazione. Nelle strade urbane a doppio senso di marcia, precisa l’articolo del CdS al comma 2, la vettura va posteggiata lungo il margine destro della carreggiata il più vicino possibile al marciapiede rialzato, oppure, in assenza di esso, lasciando lo spazio di almeno un metro per consentire il passaggio dei pedoni. La sosta sul lato sinistro è concessa invece nelle strade a senso unico, sempre che vi sia lo spazio sufficiente di almeno 3 metri per garantire il passaggio di un’auto (comma 2.4).Quindi, considerati questi aspetti, posteggiare in assenza di segnali o strisce è sempre lecito? Come detto vi sono da rispettare delle norme di sicurezza, per cui, come indicato con maggior completezza dall’art.158 del CdS, il parcheggio è sempre vietato, per citare alcuni esempi, sui dossi e nelle curve, in corrispondenza o in prossimità dei passaggi a livello, nelle gallerie e nei sottovia, in vicinanza di segnali stradali verticali e semaforici, sui passaggi pedonali e per ciclisti, sui marciapiedi e in prossimità delle fermate di mezzi pubblici.Nei restanti casi sono ovviamente i cartelli e le strisce a definire al meglio le possibilità di posteggio per gli automobilisti, tenendo presente il fatto che in linea generale”le prescrizioni dei segnali verticali prevalgono su quelle dei segnali orizzontali” (art.38 del CdS): qualora risultino visibili delle strisce bianche ma ci sia un cartello di divieto di parcheggio, quindi, è quest’ultimo a dettare le norme da seguire. LEGGI TUTTO

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    L’Iran spaventa le Borse, vola il petrolio

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    L’attacco di Israele all’Iran ha mandato in fumo 185 miliardi di euro in Europa. E’ il valore in termini di capitalizzazione lasciato sul campo in una sola seduta dai principali listini di borsa del Vecchio Continente, che sono passati a 19.891 a 19.706 miliardi di capitalizzazione. A Piazza Affari il FtseMib ha ceduto l’1,28% a 39.438 punti, tra forti scambi per 3,5 miliardi di euro di controvalore. Il rialzo del greggio (Wti +5,32% a 71,66 dollari al barile) e del gas naturale (+4,75% a 37,89 euro al MWh) ha sostenuto Eni (+1,04%). Positive anche Italgas (+1,09%), e A2a (+0,9%) insieme a Leonardo (+0,43%), che ha guadagnato però meno dei rivali europei del settore della difesa. Ma il balzo più vigoroso, nonostante le notizie dell’offensiva israeliana, resta quello del titolo di Class Editori che ha iniziato la sua corsa il 6 giugno dopo che il gruppo Caltagirone ha annunciato di detenere una partecipazione del 2,5% e ha presentato i propri candidati per il rinnovo del cda e del collegio sindacale nell’assemblea del prossimo 27 giugno. Venerdì 6 giugno le azioni viaggiavano attorno agli 0,08 euro, oggi 13 giugno hanno chiuso la seduta a 0,19 euro (dopo aver toccato un nuovo massimo a 0,20 euro nel corso delle contrattazioni) con un balzo dell’8,33 per cento. Il rally è stato così forte che la Consob nei giorni scorsi aveva anche fermato gli ordini di acquisto di azioni ordinarie senza limite di prezzo. Nell’ultimo mese la performance è stata stellare: +160 per cento. LEGGI TUTTO

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    Insediato il nuovo CdA di Nucleco (Gruppo Sogin): Fabrizio Scolamacchia nominato Amministratore Delegato

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    Si è insediato oggi il nuovo Consiglio di Amministrazione di Nucleco, Società del Gruppo Sogin (60%) e partecipata Enea (40%), specializzata nella gestione dei rifiuti radioattivi e nella decontaminazione e bonifica di impianti industriali.Il Cda ha confermato Nadia Cherubini, Responsabile Tecnologie, Impianti e Materiali per la Fissione Nucleare di Enea, Presidente e ha nominato Fabrizio Scolamacchia nel ruolo di Amministratore Delegato. A completare il Consiglio di Amministrazione, Belinda Sepe, Direttrice Amministrazione, Risorse, Sistemi e ICT di Sogin. Il Consiglio resterà in carica per i prossimi tre anni.Fabrizio Scolamacchia, laureato in ingegneria meccanica, inizia la sua carriera professionale nel project management di Alenia Spazio, oggi Thales Alenia Space. Nel 2004 entra in Sogin, la Società di stato responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani, della localizzazione e realizzazione del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e della valorizzazione industriale dei siti nei quali opera.Negli anni Scolamacchia ha ricoperto in Sogin ruoli di crescente responsabilità, tra cui quello di Responsabile della disattivazione della centrale nucleare del Garigliano (Sessa Aurunca) e di Responsabile della realizzazione del Complesso Cemex a Saluggia. Dal 2023 era Direttore Acquisti e Appalti della Società. LEGGI TUTTO

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    Spread e inflazione: vince la buona notizia

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    In questi giorni sono arrivate una buona e una cattiva notizia. Partiamo da quella buona: lo spread è ai minimi da 15 anni. In qualche momento della mattinata di oggi, 13 giugno, la differenza di rendimento tra Btp e Bund decennali è andata sotto i 90 punti base. Negli ultimi 15 anni, dal 2010 a oggi, era successo solo due volte e per poco tempo: nel febbraio 2021 (nascita del Governo Draghi) e nella primavera del 2018 (in occasione delle Politiche). E in realtà lo spread è ancora più basso perché al momento si confronta con un Bund decennale che scade sei mesi prima del più vicino Btp (quindi rende di meno). Inoltre, alcune autorevoli previsioni, quali Barclays e Citigroup, stimano uno spread fino a 75 punti base. Ce ne sarebbe già così per celebrare l’azione di governo, che tiene duro su una politica di Bilancio severa e mai disponibile a cedere alle pressioni di spesa da parte di varie forze in campo, amici o nemici che siano. D’altra parte, non mancano argomenti a sostegno: a pochi giorni dai referendum falliti sul lavoro, i dati Istat il numero dei disoccupati è diminuito di 217mila unità su base annua, corrispondente all’11 per cento. E la disoccupazione rimane stabile al 6,1%, con un tasso di occupazione che quasi dell’1 per cento. Gli occupati sono 24.076.000, in aumento di 141mila unità rispetto al quarto trimestre 2024. Inoltre, dopo 26 mesi di cali, è tornata a salire la produzione industriale su base annua. In aprile Un progresso annuo dello 0,3%, che su base mensile diventa + 1 per cento.Quella cattiva è arrivata ieri, 12 giugno, e riguarda i danni causati dall’inflazione. Che ha riportato in auge un classico degli anni Ottanta: il fiscal drag. Quel fenomeno per cui, in presenza di inflazione, ai redditi che aumentano per rinnovi contrattuali, scatti o perché indicizzati, non corrisponde un aumento del potere di acquisto, che resta uguale o minore a causa dell’aumento dei prezzi. (esempio: se la pensione indicizzata aumenta da 1.000 a 1.100 euro, e il caffè da 1 a 1,10, per il pensionato non cambia nulla). Però – a parità di progressività delle tasse (cioè a scaglioni invariati) – i redditi più alti pagano più tasse. Per cui se con 1.000 euro pagavo 100 euro di tasse, con il restante compravo 900 caffè. Ma se oggi con 1.100 euro devo pagare 120 di tasse (è aumentata l’aliquota marginale), me ne restano solo 980 con i quali (a 1,10 euro) compro solo 891 caffè: quindi perdo 9 caffè, “drenati” dall’inflazione. Per il governo, naturalmente, è un affare (altro motivo per cui cala lo spread): si calcola che il fiscal drag abbia fruttato 21 miliardi in 4 anni. LEGGI TUTTO

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    Un ponte tra accademia e impresa per il futuro del digital learning

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    In un’epoca in cui il lavoro cambia con una velocità inedita e la trasformazione digitale ridisegna ruoli e competenze, il volume Tecnologie per la formazione aziendale (Mondadori Università) rappresenta un’opera necessaria e tempestiva. Nato dall’incontro tra la ricerca accademica e la pratica aziendale, il manuale – a cura di Franco Amicucci e Paolo Ferri, con i contributi di Fabrizio Maimone e Francesca Scenini – affronta con rigore e chiarezza il tema della formazione digitale nelle organizzazioni, con un approccio sistemico e interdisciplinare.Il libro si distingue per il suo doppio registro: da un lato è pensato come manuale per studenti universitari, in particolare per coloro che si formano in ambito HR e formazione; dall’altro, è uno strumento operativo per i formatori aziendali, sempre più chiamati a padroneggiare un mix di metodologie e tecnologie in continua evoluzione. Questo duplice taglio è il punto di forza del volume: teoria e prassi si alternano in un dialogo continuo, arricchito da analisi storiche, casi concreti, riferimenti normativi e proposte metodologiche.Il testo parte da una riflessione critica sulla condizione italiana, dove – nonostante l’iperconnessione – i livelli di alfabetizzazione digitale restano preoccupantemente bassi. Il volume non si limita a fotografare il ritardo, ma offre strumenti concreti per colmarlo: una “cassetta degli attrezzi” per chi opera nella formazione, oggi chiamato a ripensare i modelli tradizionali alla luce delle tecnologie emergenti e delle nuove modalità di apprendimento.Uno dei contributi più originali è la ricostruzione storica del digital learning, dalle origini dell’e-learning alla più recente idea di apprendimento “nel flusso di lavoro”, che richiede l’accesso immediato e contestuale alla conoscenza. In questo contesto, il formatore assume un nuovo ruolo: da trasmettitore di contenuti a designer di esperienze, facilitatore, regista di un ecosistema ibrido e complesso.Ampio spazio è dedicato alle tecnologie emergenti – intelligenza artificiale, realtà aumentata, metaverso – e alle implicazioni etiche e organizzative della loro applicazione. Ma il libro non cede mai alla fascinazione tecnologica fine a sé stessa: ogni strumento è analizzato in relazione alla sua efficacia didattica e al suo impatto sull’apprendimento.A colpire è anche l’attenzione alle dimensioni informale e non formale della formazione, troppo spesso trascurate. L’autonomia del soggetto che apprende, il ruolo delle corporate academy, la learning agility e l’autoapprendimento diventano pilastri di una nuova ecologia della formazione, che richiede ambienti dinamici e strategie flessibili. LEGGI TUTTO

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    Reverse charge per contrastare l’evasione Iva

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    Negli ultimi anni il fenomeno delle false fatturazioni e dell’evasione Iva ha assunto proporzioni preoccupanti, soprattutto in alcuni settori economici. All’Erario mancano 15 miliardi di euro, poco meno di un settimo degli oltre cento miliardi di evasione annua. Un nostro lettore, Brunelli, che professionalmente si occupa proprio del contrasto a questi fenomeni, ha avanzato una proposta volta a contrastare queste pratiche fraudolente attraverso l’introduzione del meccanismo del reverse charge, un sistema già adottato in alcuni ambiti specifici.L’analisiLe operazioni di contrasto all’evasione fiscale e contributiva sono caratterizzate da un pattern ricorrente: spesso, infatti, si tratta di cittadini stranieri residenti in Italia che omettono completamente i versamenti Iva sul conto fiscale, generando un danno significativo per l’Erario. Molte di queste aziende utilizzano prestanome che vengono sostituiti ciclicamente, mentre la gestione reale resta nelle mani di soggetti non formalmente individuabili. Un ulteriore aspetto critico riguarda l’uso di fatture per operazioni inesistenti per abbattere il debito Iva, un meccanismo che ricorrentemente viene registrato dai media locali che danno maggiore risalto alle operazioni condotte da Finanza e Forze dell’ordine.Per ovviare a questa situazione il nostro lettore propone di applicare il meccanismo del reverse charge obbligatoriamente nei settori tessile e calzaturiero (caratterizzati da elevati livelli di evasione ma non soggetti alla reverse charge come l’edilizia e la sanità), o comunque per aziende con titolari o amministratori extracomunitari. Con questo sistema il committente riceverebbe una fattura senza Iva e sarebbe direttamente responsabile del versamento dell’imposta, eliminando così la possibilità di evasione da parte del fornitore.Le obiezioni della Cgia di MestreLa Cgia di Mestre, interpellata in merito, ha replicato alla proposta con un’analisi approfondita della normativa vigente, sollevando alcune criticità di carattere normativo e giuridico. Limiti imposti dalla Direttiva IVA 2006/112: Il reverse charge rappresenta una deroga al principio generale per cui l’Iva è dovuta dal soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio. Tale meccanismo può essere adottato solo nei casi espressamente previsti dalla Direttiva Europea, che limita l’applicazione del reverse charge a specifiche categorie di beni e servizi.Impossibilità di applicazione su base nazionale senza autorizzazione Ue: L’introduzione del reverse charge per settori non contemplati dalla direttiva richiederebbe una specifica autorizzazione della Commissione Europea. La Cgia nutre dubbi sulla possibilità di ottenere tale autorizzazione, in quanto il criterio proposto da Brunelli sembra basarsi sulla nazionalità del titolare piuttosto che sulla tipologia di transazione.Necessità di un procedimento formale: Qualsiasi estensione del reverse charge deve essere supportata da una richiesta formale alla Commissione Ue, che dovrà valutarne la conformità alla normativa vigente. La direttiva prevede solo due modalità di deroga: una richiesta ex art. 395 per contrastare l’evasione in modo strutturale, oppure una misura temporanea ex art. 199-ter per affrontare situazioni di emergenza fiscale. LEGGI TUTTO

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    Export in calo ad aprile: pesa l’annuncio dei dazi Usa

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    Il commercio estero italiano registra un rallentamento ad aprile 2025, segnando una flessione congiunturale del 2,8% per le esportazioni e un aumento modesto dello 0,3% per le importazioni. A comunicarlo è l’Istat, che evidenzia come il dato negativo sull’export sia fortemente condizionato dal crollo delle vendite verso i Paesi extra Ue (-7%), a fronte di un parziale recupero verso i partner comunitari (+1,5%).Sebbene il calo sia in parte spiegato da effetti statistici – in particolare il confronto con vendite straordinarie di mezzi di navigazione marittima registrate nei mesi precedenti – l’arretramento si inserisce in un contesto internazionale sempre più incerto e ostile per il commercio globale.A pesare, in particolare, è il clima negativo generato dall’annuncio dei nuovi dazi da parte dell’amministrazione Trump. Le misure protezionistiche statunitensi, che colpiscono vari comparti industriali europei, hanno riacceso le tensioni commerciali e alimentato timori di ritorsioni e contrazioni della domanda in mercati strategici. L’effetto si riflette nei dati: il Regno Unito – partner commerciale ancora rilevante malgrado la Brexit – segna un crollo delle importazioni italiane del 18,8%, mentre Turchia e Paesi Bassi registrano rispettivamente un -18,2% e un -8,7%.Il saldo commerciale si riduce drasticamente rispetto a un anno fa, attestandosi a +2,5 miliardi di euro (era +4,8 miliardi ad aprile 2024), mentre su base annua l’export cresce appena dello 0,4% in valore, a fronte di un calo volumetrico del 3,7% – segnale di un rallentamento reale degli scambi.Alcuni settori restano comunque trainanti, come il farmaceutico (+30,1%), i metalli di base (+5,5%) e l’agroalimentare (+4,6%). Ma la contrazione nei mezzi di trasporto, nei prodotti petroliferi raffinati e negli autoveicoli sottolinea la fragilità di comparti esposti alla domanda internazionale e alle catene globali del valore, già messe a dura prova negli ultimi anni. LEGGI TUTTO