Il primo test per l’Ops da 6,3 miliardi lanciata da Mediobanca su Banca Generali in cambio della sua partecipazione in Generali sarà il prossimo 16 giugno quando verrà riunita l’assemblea degli azionisti di Piazzetta Cuccia per decidere se dare il via libera all’operazione oppure mantenere una strategia di crescita stand alone. Poiché a sua volta Mediobanca è in passivity rule, per l’offerta presentata dal Monte dei Paschi, le servirà l’ok dell’assemblea ordinaria con una maggioranza del 50% più un’azione, visto che non sarà richiesta una modifica dello statuto o una variazione del capitale. Così è stato spiegato lunedì dal gruppo guidato da Alberto Nagel.
C’è però un documento che sta circolando negli uffici legali di alcune banche e che approfondisce la legittimità della mossa di Mediobanca proprio alla luce della regola che inibisce ogni azione difensiva destinata a modificare il patrimonio di una società quando è sotto scalata. Nagel sostiene che si tratta di un’operazione strategica indipendente, coerente con il suo piano industriale, e potrebbe invocare eccezioni come la clausola di reciprocità. Ma l’Ops su Banca Generali, si spiega nel documento, potrebbe essere interpretata come una misura difensiva per diversi motivi: cedendo il 13% di Generali, Mediobanca elimina un asset strategico che potrebbe essere di interesse per Mps. La banca senese ha dichiarato che la quota in Generali non è strategica per i suoi piani, ma il controllo di questa partecipazione potrebbe rafforzare l’influenza del Monte sul Leone in caso di successo dell’offerta. Inoltre, l’acquisizione di Banca Generali consolida Mediobanca nel wealth management, rendendola potenzialmente meno attraente per Mps, il cui modello di business è più orientato al retail. Questo potrebbe scoraggiare gli azionisti di Mediobanca dall’aderire all’offerta di Siena perché il nuovo posizionamento di Piazzetta Cuccia potrebbe essere percepito come più redditizio. Va poi considerato l’impatto sulla struttura finanziaria: l’operazione “carta su carta” altera il profilo patrimoniale di Mediobanca, complicando potenzialmente la valutazione dell’offerta di Mps da parte degli azionisti.
La passivity rule richiede che qualsiasi misura difensiva sia sottoposta al voto assembleare, a meno che non rientri nella gestione ordinaria o in decisioni preesistenti. Non sembra questo il caso dell’Ops su Banca Generali, vista la portata strategica e finanziaria, quindi l’assenza di un’autorizzazione assembleare potrebbe renderla illegittima. L’annuncio fatto lunedì da Nagel avviene pochi mesi dopo l’offerta di Mps e nel bel mezzo di un risiko che coinvolge anche Unicredit e Banco Bpm. La tempistica ravvicinata potrebbe, dunque, suggerire che l’operazione sia una risposta diretta all’offerta ostile, rafforzando l’ipotesi di una misura difensiva. Mediobanca potrebbe però invocare la clausola di reciprocità, sostenendo che Mps, partecipata dal Tesoro, non è soggetta a normative equivalenti sulla passivity rule, data l’influenza statale. Questa tesi richiederebbe comunque un’analisi giuridica approfondita. Non solo. Consob potrebbe esaminare l’operazione per verificare se violi la passivity rule. Se fosse ritenuta una misura difensiva non autorizzata, Mediobanca rischierebbe sanzioni o l’annullamento dell’Ops su Banca Generali.
Intanto la mossa a sorpresa di Nagel avrebbe già creato imbarazzo e nervosismo nel cda del Leone di Trieste che si è riunito
martedì scorso per la nomina del presidente Andrea Sironi e dell’ad Philippe Donnet. È in agenda una nuova riunione del board per il prossimo 7 maggio, vedremo se ci sarà il primo confronto sull’operazione di Piazzetta Cuccia.