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La “guerra dei microchip” devasta ancora Wall Street


Washington non fa sconti nella contesa con la Cina. Questa volta al centro del ring c’è la supremazia nell’intelligenza artificiale con gli Stati Uniti che hanno deciso ulteriori restrizioni alle esportazioni di chip AI da parte di Nvidia verso il Paese asiatico. La società ha annunciato che dovrà accantonare ben 5,5 miliardi di dollari relativi all’esportazione delle sue unità di elaborazione grafica H20 in Cina. Il mercato non l’ha presa bene con un tonfo di quasi il 9% del titolo a Wall Street, così come Amd, l’altro big statunitense dei chip per l’AI. In generale, a flettere è stato l’umore di tutto il settore tecnologico statunitense con il Nasdaq che a mezz’ora dalla chiusura cedeva il 4% trascinato al ribasso da tutto il comparto dei semiconduttori, mentre il Dow Jones lasciava sul terreno l’1,8 per cento. Per Nvidia si tratta di un duro colpo non l’entità della somma, più che gestibile visto che il colosso Usa fattura oltre 76 miliardi, ma per le ricadute strategiche che comporta. Il mercato cinese è chiave per la società guidata da Jensen Huang e tra gli analisti c’è il forte timore che nel corso dell’anno l’impatto negativo sul fatturato andrà a lievitare (Jefferies indica ben 10 miliardi di mancate vendite per Nvidia nei prossimi trimestri).

Chiusura in ordine sparso per le Borse europee, dopo un miglioramento della dinamica sul finale di seduta. Londra (+0,26%), Francoforte (+0,21%) e Milano (+0,61%) hanno ritrovato il segno positivo a fine contrattazioni. Parigi, invece, è rimasta sostanzialmente invariata. L’intonazione del Vecchio Continente è rimasta positiva anche per la fiducia in un ulteriore taglio del costo del denaro nella riunione odierna della Bce.

La giornata di ieri è stata, tuttavia, scandita da ulteriori campanelli di allarme, anche impliciti come quello arrivato da Oltreoceano con l’impennata delle vendite al dettaglio (+1,4%) nel mese di marzo. La corsa agli acquisti da parte dei consumatori statunitensi nasconde un rischio per i prossimi mesi in quanto il balzo ha riguardato gli articoli di importazione di elevato valore quali le auto, con la volontà di anticipare i temuti dazi. A sancire il deterioramento dello scenario globale è stata, inoltre, la decisione di Fitch di ritoccare al ribasso le stime sulla crescita mondiale. L’agenzia di rating vede il Pil globale crescere quest’anno meno del 2%, lo 0,4% in meno rispetto alle precedenti previsioni. Per gli Usa il Pil è atteso a +1,2% contro l’1,7% senza dazi, mentre l’Eurozona dovrebbe espandersi a un ritmo inferiore all’1%. Il Wto ha invece aggiornato al ribasso le sue previsioni sugli scambi commerciali sulla base dell’attuale elevata incertezza sui dazi. L’organizzazione mondiale del commercio adesso si attende che il volume degli scambi internazionali si contrarrà almeno dello 0,2% quest’anno e potrebbe toccare un picco negativo di -1,5%.

Ecco perché ieri sera Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, ha fatto intendere che la banca centrale si concentrerà sull’assicurare che l’impatto dei dazi non si traduca in un problema di inflazione persistente.

Parole che hanno spinto gli acquisti sui Treasury con rendimento del decennale sceso sotto il 4,3%. Un mix di tensioni che ha portato l’oro ad aggiornare per l’ennesima volta i propri record assoluti superando di slancio quota 3.300 dollari l’oncia.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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