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Uno stato leggero per riaccendere la ripresa


Anno nuovo: fioccano i buoni propositi. Succede sempre così. Però, c’è proposito e proposito. Se si esprime il presidente di Cassa depositi e prestiti (cioè: la cassaforte d’Italia) Giovanni Gorno Tempini, è doveroso dedicare attenzione alle sue parole. Dai suoi concetti estraggo il seguente pensiero: la ripresa? Con lo Stato e le imprese.

La frase in sé è perfetta. Il punto è che nel nostro Paese, storicamente, fra Stato e imprese non corre buon sangue. O almeno, vi è un rapporto conflittuale tra la macchina pubblica e le realtà imprenditoriali private, quelle pure, mai attratte dalla logica interessata del capitalismo di relazione – con la regia dello Stato – che opera nelle più svariate forme. E che negli anni ha prodotto solo danni, dalla Fiat in giù. Con uno Stato così invadente, dominante e dunque per nulla collaborativo l’economia reale è condannata a farne le spese. Tra il Pubblico e il mercato non vi può essere dialogo se la mano statale agisce secondo il metodo dello Stato imprenditore.

Gorno Tempini fa bene a pronunciare concetti come quello indicato più sopra; ma non si esce dal cul de sac senza un intervento radicale sul volto dello Stato. Significa un ridimensionamento sul palcoscenico italiano dell’attore pubblico; ma che non vedrebbe lo Stato interprete di una parte secondaria. Piuttosto, una parte diversa, altrettanto fondamentale alla buona riuscita dell’opera. Nei miei lontani trascorsi universitari avevo appreso che le cose funzionano quando il privato agisce liberamente sul mercato e lo Stato svolge l’attività di controllo in modo rigoroso.

Questo è il succo della cultura liberale: uno Stato leggero per far funzionare il Sistema Paese. Uno Stato pesante non può assicurare l’autentica ripresa e perciò il decollo dell’economia reale. È troppo indigesto.

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Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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