«Ritrovare la strada. Insieme per per affrontare la transizione». Una strada da ritrovare il più velocemente possibile e, ovviamente, italiana con la sua filiera dei fornitori: il gioco c’è il futuro dall’industria automotive europea. All’assemblea annuale pubblica di Anfia svoltasi a Roma, il filo conduttore di tutto il dibattito, al quale è intervenuto il ministro Adolfo Urso, ha riguardato proprio la necessità di una svolta immediata a partire dalla revisione delle sanzioni capestro a carico dei costruttori previste dal 2025. Chi non rientrerà nella media di emissioni CO2, abbassate a 94 grammi/km, sarà tassato. L’ammontare complessivo della stangata a carico dei produttori è tra i 15 e i 17 miliardi. Il limite imposto può essere raggiunto solo aumentando la vendita di vetture elettriche, che però non incontrano i favori del mercato, a scapito di quelle con alimentazione endotermica.
Il presidente di Anfia, Roberto Vavassori, portando come esempio quello che sta accadendo in casa Volkswagen, in Germania, con la minaccia di chiusura di tre impianti e migliaia di licenziamenti, ha detto che «per ogni 15mila lavoratori mandati a casa, ne corrispondono almeno 45mila che perdono il posto nelle aziende della componentistica. E tra queste ci sono anche quelle italiane che, da sempre, lavorano il settore tedesco». Una drammatica ricaduta, dunque, a macchia di leopardo vista la centralità di quel mercato.
La sintesi dei lavori e che occorre lavorare da subito su due piani ben distinti e tra loro interdipendenti: quello europeo e quello più specificamente nazionale. Sul versante europeo e stato ribadito il pieno supporto al “non-paper” predisposto dai governo italiano, attraverso il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Urso, e di quello ceco per ridisegnare in maniera efficace e credibile il percorso di transizione che porterà alla decarbonizzazione dei vettori energetici per i veicoli al 2035. Per l’Italia, sono state invece individuate alcune misure da implementare in maniera immediata a favore delle aziende della filiera, in particolare circa la riduzione del costo dell’energia per le imprese, un credito d’imposta per la ricerca e l’innovazione e misure specifiche di sostegno al settore dei veicoli commerciali leggeri.
Ecco, poi, la richiesta di Anfia, indirizzata al governo, di prevedere ammortizzatori sociali straordinari per i prossimi 3 anni, perché, con la scadenza di quelli attuali, sono molte le aziende che rischiano di non aver alternative ai licenziamenti. Tutto questo nella cornice delle raccomandazioni del Rapporto Draghi, con particolare riferimento ai capitoli automotive e trasporti.
«Scelte sbagliate o intempestive o, ancor peggio, il rifiuto ideologico di ammettere che decisioni prese nel 2018 non stanno oggi conseguendo i risultati attesi – così il presidente Vavassori – condannerebbero l’intero settore automotive europeo all’estinzione: vittima a livello mondiale con l’impossibilita di esportazione, e a livello continentale con l’arrembante crescita dell’industria veicolistica cinese. Per quanto riguarda il nostro Paese, la situazione è ancora più complessa: vede, infatti, la presenza di un unico costruttore di volume (Stellantis) che deve riappassionarsi in maniera razionale al nostro Paese, alla filiera dei suoi componentisti, ai suoi stabilimenti e mirare alla conquista di oltre 1 milione di consumatori che oggi scelgono vetture non prodotte in Italia».
Da parte sua, il ministro Urso , nel ricordare di attendere da Stellantis un piano produttivo per l’Italia concreto, in vista del «Tavolo» del 17 dicembre, ha confermato l’impegno a gestire al meglio questa delicata fase per l’industria nazionale.
«Le risorse per l’automotive – ha precisato – saranno pari o anche superiori ai 750 milioni di euro previsti nel 2025, in un primo tempo per gli incentivi, e che saranno invece destinate al sostegno delle imprese per fare investimenti».