Nella corsa all’informatizzazione, al lavoro che sempre più spesso richiede competenze digitali, l’Italia se la sta cavando molto bene. Soprattutto gli Enti del terzo settore (Ets) presentano un quadro positivo e incoraggiante, con un incremento dell’adozione dell’Intelligenza artificiale e della comunicazione sulle proprie iniziative.
Il divario tra grandi e piccole e medie imprese
Il gap tutt’ora da superare rimane però tra le grandi realtà e quelle più piccole, soprattutto sulla trasparenza dei dati finanziari. È questo il quadro emerso durante un evento promosso da Goodpoint, Fondazione Cariplo e Rete del dono, che si è tenuto presso la sede di Assolombarda per approfondire il tema del rapporto tra aziende ed Enti del terzo settore, soprattutto per la rapidissima evoluzione della sostenibilità.
Lo studio
Goodpoint ha presentato i risultati di uno studio inedito, condotto tra maggio e luglio 2024, sull’efficacia della comunicazione degli Ets italiani alle aziende. Questo si basa sull’Ace Index – Attractive corporate engagement, un protocollo innovativo, costruito sulla base delle risposte ricevute da una survey alle aziende rispetto alle informazioni che cercano dal non profit.
L’analisi, realizzata attraverso il Centro Studi impresa e sociale avviato da Goodpoint, ha coinvolto un campione rappresentativo di 100 enti del Terzo settore in Italia, suddivisi in quattro fasce di dimensione.
I risultati
Secondo i dati emersi, gli Ets italiani sono mediamente molto bravi a raccontare ciò che fanno. Oltre l’80 per cento comunica in modo efficace mission e progetti ma lo sono meno a dare evidenza dei risultati generati. Ci riesce in maniera ottimale solo il 5% che ha capacità di valutazione dell’impatto generato dai progetti.
Ci sono quindi ancora margini di migliorabilità e nonostante la maggior parte degli Enti faccia corporate fundraising (l’insieme delle attività che un’organizzazione non profit può realizzare con le imprese per raccogliere fondi a sostegno dei progetti o della propria mission), non riescono a trasferire informazioni chiare alle aziende sulle possibili collaborazioni e, in particolare, sul coinvolgimento dei dipendenti, che è prioritario per le imprese ma sul quale solo il 10 per cento degli Ets racconta case history specifiche.
La difficoltà di comunicazione
Sebbene abbiano esperienze decennali e competenze fortissime, e siano capaci di produrre forte innovazione sui propri temi, gli Ets tendono a non usare abbastanza evidenze che invece le aziende considerano cruciali: solo il 35 per cento del campione fornisce dati recenti, studi e ricerche sui propri temi focus.
È, come detto, la trasparenza finanziaria, l’elemento su cui c’è maggiore differenza tra le grandi e le piccole: mentre gli Ets di grandi dimensioni tendono a comunicare in modo più completo e trasparente le informazioni finanziarie, negli enti più piccoli queste sono quasi totalmente assenti.
Va però sottolineato, come mostra lo studio, che l’eccellenza non dipende dalle dimensioni: la top 10 del campione include non solo enti grandi ma anche quattro enti di medie dimensioni e due enti piccoli, dimostrando che l’efficacia comunicativa non è esclusiva delle organizzazioni più grandi.
L’obiettivo del lavoro
A spiegarlo nel suo intervento, la responsabile della ricerca di Goodpoint, Veronica Strocchia: “Questo studio ha l’obiettivo di aiutare gli Ets ad adottare linguaggi, messaggi e trasparenza che rispondano alle esigenze delle aziende, per favorire un nuovo dialogo tra impresa e sociale che possa massimizzare l’impatto sociale e portare benefici a entrambi”.
La maturità digitale
Per quanto riguarda la “maturità digitale del Terzo settore”, secondo i risultati dell’osservatorio di Rete del dono, monitorata attraverso il “Digital Check Up”, uno strumento di autovalutazione pensato per aiutare le organizzazioni non profit a ottenere una fotografia del proprio stato di salute digitale, emerge che gli Ets hanno una forte presenza online, con l’89 per cento che dispone di un sito web, usato principalmente per informare sui progetti. Questo rappresenta una solida base su cui sviluppare maggiore trasparenza e governance.
In ultimo sul fronte Seo, si evidenziano margini di miglioramento in quanto oltre il 50 per cento degli Ets non sa se il proprio sito sia facilmente rintracciabile sui motori di ricerca, dimostrando poca attenzione alla propria visibilità online. L’adozione degli strumenti di intelligenza artificiale è promettente, con il 25 per cento delle organizzazioni che dichiara di utilizzarli per elaborare contenuti, in linea con i risultati 2023 dell’Osservatorio del Politecnico di Milano.
La gestione della community
Questo è un aspetto molto positivo, con il 78 per cento degli Ets dotato di database contatti, elemento cruciale per una strategia di fundraising efficace. Anche la comunicazione mostra segnali incoraggianti: il 50 per cento degli Ets pianifica regolarmente le proprie azioni e utilizza piattaforme di email marketing per ottimizzare le campagne.
Nei social network, la presenza è solida, con Facebook al 95 per cento, seguito da Instagram all’85 per cento, YouTube al 60 per cento e LinkedIn al 53 per cento, suggerendo un interesse strategico per la comunicazione aziendale. Ci sono opportunità per incrementare il coinvolgimento attivo della community, creando interazioni più dinamiche e dialogo diretto.
I dati incoraggianti
Valeria Vitali, fondatrice di Rete del dono, ha sottolineato che dai dati emerge: “Un quadro positivo e incoraggiante: l’89 per cento ha un sito web, segno di una forte presenza online.
Sebbene solo metà includa dettagli su governance e utilizzo dei fondi, si notano progressi nell’adozione di strumenti di Ia e una buona gestione dei database, fondamentali per il fundraising. C’è ancora margine per aumentare la consapevolezza sulla Seo e migliorare l’interazione sui social, ma le basi per una crescita digitale ci sono”.