Sale la tensione a Bruxelles sulla transizione green automotive con il rischio che la maggioranza «Ursula bis» vada incontro a una spaccatura tra chi, nel Ppe, chiede di rivedere le norme destinate a puntare sul «tutto elettrico» e chi vuole seguire la strada intrapresa: l’addio ai motori a benzina e Diesel dal 2035. È il caso del commissario designato ai Trasporti, Apostolos Tzitzikostas, che in un’audizione ha confermato i divieti su Diesel e benzina dal 2035, insistendo sulla necessità di installare più colonnine di ricarica. E questo senza accennare alla pesante crisi che l’industria europea sta attraversando. Per tutta risposta, l’interrogazione di Isabella Tovaglieri (Lega) contro lo stop ai motori endotermici, ha raccolto l’ok di 54 eurodeputati di 13 Paesi. «È un appello che la nuova Commissione dovrà ascoltare», così l’europarlamentare italiana.
Le affermazioni di Tzitzikostas, intanto, si scontrano con la realtà dei fatti. Gli obiettivi al 2030 fissati dall’Ue sulle emissioni di CO2 restano una chimera, mentre sui costruttori incombono sanzioni pesantissime se dal 2025 non rispetteranno i nuovi limiti: 94 grammi per chilometro percorso rispetto ai 116 grammi in vigore. AlixPartners ha fatto due conti e prevede, tra il 2025 e il 2030, sanzioni da un minimo di 28 a un massimo di 50 miliardi che, nello scenario peggiore, arriverebbero a 75 miliardi. Per restare nel range imposto dall’Ue ed evitare il salasso, il mix di auto elettriche dovrebbe risultare del 25% il prossimo anno per arrivare al 46%, con le ibride plug-in, nel 2030, «valori irrealistici, visto che l’attuale penetrazione europea è quasi la metà», afferma Stefano Aversa, vicepresidente di AlixPartners e presidente per l’area Emea del gruppo mondiale di consulenza. Salvo rinvii della norma, ma si è quasi fuori il tempo massimo, i costruttori non in linea si vedranno appioppare una multa di 95 euro per grammo al chilometro in eccesso e per veicolo venduto. AlixPartners prevede che, in un contesto migliore, determinato da un’impennata delle vendite di vetture elettriche, insieme al venir meno della concorrenza cinese, la cifra complessiva da sborsare sarebbe intorno a 28 miliardi. «Peccato – commenta Aversa – che l’Ue abbia fatto un vero autogol optando per i dazi alle auto elettriche cinesi importate. In pratica, da una parte cerca di bloccare l’avanzata cinese e dall’altra, al posto di proteggere il suo mercato, peraltro diviso tra pro e contro i dazi, finisce per danneggiarlo con un’autentica stangata». Chi tra i gruppi europei sarebbe più esposto? «Più un costruttore ha in gamma modelli grandi, più lo è. A rischiare molto è Volkswagen». Mentre è improbabile, si sostiene nelle sale operative, che nonostante l’ottimismo palesato, Tavares riesca a evitare sanzioni per Stellantis. E l’intenzione di tagliare pesantemente le produzioni di auto termiche a favore di quelle elettriche? Per Aversa sono «aberrazioni del mercato che non vanno nell’interesse dei consumatori».
«Inoltre – aggiunge – la continua penalizzazione del Diesel, che in fatto emissioni di CO2 è più efficiente rispetto alla benzina, va contro la logica, considerato che la CO2 per 20 anni ha continuato a calare in Europa».
Intanto, a ottobre vendite in Italia di auto elettriche giù del 12,9% in un mercato in rosso del 9,1%. Per Stellantis -27% le immatricolazioni complessive, il dato peggiore tra i big.