“Automotive, caos Green Deal e danni collaterali”, questo il tema più che mai di attualità che ha animato la seconda edizione del nono anno di #FORUMAutoMotive, il movimento di opinione fondato dal giornalista Pierluigi Bonora che si batte per una mobilità libera da pregiudizi e ideologie. Evento, tra l’altro, coinciso con la notizia della prossima chiusura di tre stabilimenti della Volkswagen in Germania, con migliaia di occupati a spasso, e il taglio di 4,6 dei 5,8 miliardi di euro del Fondo automotive deciso dal governo.
Al centro della giornata la terza “Automotive Eurotribuna Politica” preceduta dall’intervento in diretta online di Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, e dal messaggio di Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy. Il tutto alla presenza e con il coinvolgimento diretto dei vertici delle associazioni che rappresentano la filiera e il mondo automotive del Paese, nonché di manager, analisti, imprenditori e giornalisti.
L’appello ai parlamentari Ue: “Il destino del settore dipende da voi”
“Il destino del settore è nelle vostre mani, come soprattutto quello di migliaia e migliaia di lavoratori con le loro famiglie – l’appello introduttivo del promotore di #FORUMAutoMotive, Bonora – le decisione che saranno prese a Bruxelles saranno fondamentali per scongiurare la desertificazione industriale. Occorre pragmatismo e, soprattutto, devono essere mantenute le promesse fatte in campagna elettorale che indicavano la revisione delle norme green relative al comparto. I parlamentari Ue non devono privilegiare gli interessi politici rispetto alle necessità oggettive del territorio e della popolazione. Gli errori strategici si pagano, in particolare se indotti da politiche ideologiche. Il caso Volkswagen rappresenta più di un campanello di allarme”.
Urso e l’asse con la Repubblica Ceca
“L’Europa è un bivio – così il ministro Urso ai parlamentari Ue presenti -: deve cioè decidere ora se confermare gli obiettivi di azzeramento della CO2 al 2035 o metterlo in discussione per attenuare le ricadute in termini di tenuta sociale ed economica, consentendo alle nostre imprese di prepararsi meglio. Occorre prendere scelte sulla base di approfondite analisi. L’Italia, in proposito, con la Repubblica Ceca si è fatta promotrice di un Non Paper che sarà presto discusso in Commissione al fine di riesaminare le modalità che porteranno allo stop dei motori endotermici entro il 2035. Chiediamo di anticipare da fine 2026 ai primi mesi del 2025 la revisione del rapporto di regolamento sulle emissioni della CO2 dei veicoli leggeri, farlo a fine 2026 sarà troppo tardi”.
Pichetto Fratin: “Lo stop a benzina e Diesel nel 2035 non sta in piedi economicamente”
E il ministro Pichetto Fratin: “Dati alla mano i consumi di energia cresceranno rapidamente nei prossimi anni. Le rinnovabili non sono in grado di soddisfare questa esigenza, solo il nucleare può dare risposte efficaci a questo boom di domanda. Anche l’Italia deve percorrere questa strada. Non serviranno grandi centrali. Lo stop al 2035 dei motori endotermici non sta in piedi economicamente. Se l’obiettivo è la decarbonizzazione, è giusto porre vincoli alle emissioni, ma non scadenze che mettano fuori gioco alcune tecnologie. L’elettrico avrà un ruolo strategico e tra 10 anni e potrebbe essere anche maggioritario rispetto all’endotermico. Oggi c’è una guerra di interessi contro l’Italia, il più grande produttore di biocarburanti: i Paesi che producono energia dal nucleare o possono produrre carburanti sintetici vogliono tagliare fuori i biocarburanti che, invece, possono giocare un ruolo importante nella lotta alle emissioni”. Affrontato, dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, anche il tema Cina e dazi all’import in Europa di auto elettriche: “Le chiusure di mercato, con i dazi, possono essere solo temporanee. I cinesi rappresentano oggi una potenza anche nel mercato automotive, ben venga che lancino la produzione di auto in Europa e nel nostro Paese, rispettando tutte le norme nazionali. Siamo aperti agli investimenti sul nostro territorio”.
AlixPartners e le maxi sanzioni per chi non rispetterà la nuova stretta sulla CO2
Lo stato dell’arte dello scenario automotive è stato illustrato da Dario Duse, Country Leader Italia ed EMEA Co-Leader of Automotive Industrial Team di AlixPartners, attraverso un aggiornamento nel contesto di un’industria in piena turbolenza. “Da qui alla fine della decade non vediamo per l’automotive in Europa e Nord America una ripresa – il punto di vista di Duse – rimarranno, infatti, mercati stagnanti; mentre la Cina prosegue con la sua crescita a tassi piuttosto bassi. Nell’Europa, in particolare, la curva dell’elettrico non è in linea con gli obiettivi del Fit for 55, difficile da centrare e un gap difficile da colmare. A ciò si aggiunge che sono in arrivo le multe per le Case che non riusciranno a ridurre le emissioni di CO2 come richiesto. L’entità delle multe può impattare fortemente sui costruttori che potranno scegliere di trasferire questi importi sulle vendite oppure vendere meno auto con motore a combustione oppure riuscire a ridurre del 15% le emissioni di CO2. A fronte di questo scenario critico, il focus dei produttori si sta spostando sulla riduzione dei costi”.
Emissioni e contraddizioni, l’Europa ha già fatto la sua parte
Pier Luigi del Viscovo, direttore del Centro Studi Fleet&Mobility, si è quindi soffermato sulle tante contraddizioni relative al tema della decarbonizzazione. “Grazie alla CO2 – la sua provocazione – è stato diffuso il benessere nelle nostre società, è aumentata l’aspettativa media di vita e la popolazione mondiale è arrivata a toccare quota 8 miliardi di unità. Gran parte della CO2 viene prodotta in Cina ed è in costante aumento, in Europa è addirittura diminuita e oggi pesa l’8% del totale mondo, le auto europee rappresentano la quota dello 0,9%. Asfaltare l’industria dell’auto europea non porterà a una decarbonizzazione globale. L’Europa ha già fatto la sua parte”.
Eurodeputati a confronto
La parola è quindi passato agli eurodeputati che si sono confrontati con chi rappresenta le tante realtà del settore. Per Massimiliano Salini, Forza Italia, vicepresidente del gruppo Ppe, membro Commissione Envi (Ambiente, Sanità pubblica e Sicurezza alimentare), “occorre bloccare intanto le penalties al 2025 e poi anticipare la revisione del regolamento, introducendo in modo costruttivo il principio della neutralità tecnologica; Dal clima che oggi si respira nel Parlamento europeo non sembra impossibile che possa accadere”.
“In Europa alcuni si sono accorti solo adesso che c’è la crisi del settore automotive – ha precisato Carlo Fidanza, capodelegazione Fratelli d’Italia-Ecr, membro della Commissione Tran (Trasporti e Turismo) – e così abbiamo perso una quota di competitività e se nei prossimi 5 anni continueremo a perderne, molte realtà spariranno. La strada intrapresa dalla precedente Commissione UE porta verso un burrone e noi dobbiamo rispettare l’impegno preso in campagna elettorale facendo tutto il possibile per rinviare l’obiettivo dello stop al motore endotermico al 2035. Un obiettivo, quello del tutto elettrico nel giro di poco più di dieci anni, che i fatti stanno dimostrando quanto sia irraggiungibile”.
Secondo Pierfrancesco Maran, Pd-Sd, membro della Commissione Imco (Mercato interno e Protezione dei consumatori), “partire da una revisione del 2035 è fuorviante e significa dire il falso a un sistema industriale che ha bisogno di pianificazione”. “Sulle scadenze intermedie – ha aggiunto Maran – si può e si deve lavorare per raggiungere gli obiettivi definitivi. Si potrebbero usare gli importi che arriveranno dalle multe ai costruttori per supportare la transizione e la riconversione industriale della filiera”.
Quindi, Isabella Tovaglieri, Lega – Patrioti per l’Europa, membro della Commissione Itre (Industria, Ricerca ed Energia): “Bisogna salvare il salvabile, evitando in primis le multe in arrivo per i costruttori. Va quanto meno procrastinato lo stop ai motori endotermici. È fondamentale che ci sia una maggioranza che porti avanti un cambiamento rispetto ai cinque anni precedenti”.
Lo sconcerto di Anfia sui 4,6 miliardi tagliati
Intanto, a colpire nel vivo la filiera automotive, nel bel mezzo della Eurotribuna Politica di #FORUMAutoMotive, è stata la notizia del taglio di 4,6 miliardi al Fondo automotive. Gianmarco Giorda, direttore generale di Anfia, ha parlato di “sconcerto per la decisione del governo sulle misure a sostegno della riconversione della filiera”. “L’automotive – ha commentato a caldo – è l’unico settore a cui è richiesta una trasformazione obbligatoria epocale in pochi anni.
Inoltre, le aziende italiane, oltre alle sfide del Green Deal stanno anche affrontando una conclamata crisi industriale a livello nazionale che, se unita al forte calo dei volumi di mercato a livello europeo, sta mettendo seriamente a rischio la sopravvivenza di un’eccellenza italiana”.