“Il 40% della popolazione italiana si carica oltre il 90% delle tasse e il restante paga circa l’8% dell’Irpef. È un Paese un po’ sbilanciato dove finanziare forme di welfare è sempre più complicato”. Alberto Brambilla, presidente del Centro studi Itinerari previdenziali, ha commentato così i dati dell’XI Osservatorio Itinerari previdenziali sulla spesa pubblica e sulle entrate, realizzato con Cida, che ha analizzato i dati delle dichiarazioni dei redditi relative al 2022, cioè quelle presentate l’anno scorso.
I contribuenti che in Italia dichiarano almeno 35mila euro sono circa 6,4 milioni, il 15,27% del totale, ma pagano il 63,4% delle imposte mentre quelli che dichiarano meno di 15mila euro sono poco meno di 17 milioni (il 40,35% del totale) e pagano l’1,29% dell’Irpef complessiva. Il 75,80% dei contribuenti dichiara redditi da zero fino a 29mila euro, corrispondendo solo il 24,43% di tutta l’Irpef, un’imposta neppure sufficiente a coprire la spesa sanitaria.
Il gettito proveniente dai redditi fino a 20mila euro l’anno si riduce passando dal 7,38% del 2021 al 6,31% (era dall’8,19% nel 2020); pertanto i contribuenti versanti che sopportano il 93,7% di tutta l’Irpef sono solo il 46,81% cioè 19,67 milioni mentre il restante 53,19% ne paga solo il 6,31%, (era il 7,38% nel 2021). Secondo Itinerari previdenziali, questi dati dovrebbero indurre la politica a più di qualche riflessione considerando che diventa impossibile mantenere i servizi a partire da sanità e assistenza sociale se oltre la metà della popolazione non contribuisce.
Sommando, infatti ai contribuenti che dichiarano più di 100mila euro anche i titolari di redditi lordi da 55.000 a 100mila euro, che sono 1.635.728 (131.862 in più del 2021) e pagano il 18,11% dell’Irpef, si ottiene che il 5,45% paga il 41,69 % dell’Irpef (5,01% e 40,69% nel 2021 e 38,05% nel 2020) e, includendo infine anche i redditi dai 35.000 ai 55mila euro lordi, risulta che il 15,26% (13,94% nel 2021) paga il 63,39% (62,52% nel 2021) di tutta l’Irpef.
I numeri
Il totale dei redditi prodotti nel 2022 e dichiarati ai fini IRPEF tramite i modelli 770, Unico e 730, considerando anche i 19,89 miliardi dei redditi relativi agli affitti immobiliari soggetti a cedolare secca, ammonta a 970 miliardi di euro, con una crescita annuale di circa il 6,3%, inferiore a quella registrata dal PIL nominale (+7,7%). Confrontando la crescita dei redditi dichiarati con quella dell’inflazione a partire dal 2008 si evidenzia un aumento più basso dei redditi: +121,44% contro +124,16% dell’inflazione, il che testifica una crescita reale negativa del 3% circa molto probabilmente dovuta a politiche fiscali e assistenziali che incentivano le sotto dichiarazioni e che evidentemente sono un problema per il finanziamento della spesa per welfare che cresce a tassi reali più elevati. Pertanto, al netto delle deduzioni per l’abitazione (9,4 miliardi) e degli oneri deducibili (circa 28 miliardi), il reddito imponibile effettivo scende a 914,15 miliardi. E poi ci sono le detrazioni che riducono l’imposta netta e che per il 2022 sono ammontate a 37,337 miliardi.
L’imposta totale Irpef nel 2022 ammonta a 247,941 miliardi che, dopo le detrazioni per carichi di famiglia (5,2 miliardi ridottasi per l’introduzione dell’Auuf, l’Assegno Unico Universale per i figli, dai circa 12 miliardi del 2021, con però un esborso aggiuntivo per lo Stato di oltre 12 miliardi sotto forma di trasferimenti all’INPS che è il pagatore dell’Auuf), detrazioni varie dell’imposta lorda (55,5 miliardi in aumento di circa 10 miliardi rispetto al 2021 e di oltre 11 rispetto agli anni precedenti) e le detrazioni per spese (19,19 miliardi in aumento rispetto agli 11 circa del 2015) è pari a 174,201 miliardi (l’imposta netta). A questo valore vanno sottratti i 4,6 miliardi del Tir (trattamento integrativo sui redditi dal lavoro dipendente, il taglio del cuneo 2022 di entità minore rispetto a quello del governo Meloni). per cui l’imposta effettiva si riduce a 169,59 miliardi. Ricomprendendo le addizionali regionali e comunali, sempre al netto del TIR (4,6 miliardi), il gettito complessivo ammonta a 189,31 miliardi di euro rispetto ai 175,17 miliardi del 2021 con un incremento notevole di 14,14 miliardi registrando così un incremento dell’8,07% inferiore, tuttavia, alla crescita del PIL nominale che ha registrato un aumento del 7,6% nel 2021 e del 9,28% nel 2022. L’incremento percentuale cumulato dal 2008 pari al 20,23% continua a essere inferiore all’inflazione relativa allo stesso periodo (24,16%). Non è superfluo far notare ancora una volta, osserva Itinerari previdenziali, come tra il 2021 e il 2022 la spesa assistenziale a carico della fiscalità generale è aumentata dell’8,86%, molto più del gettito.
«Non è vero che siamo un Paese oppresso dalle tasse perché i veri oppressi sono pochi: meno del 20% della popolazione mentre una parte consistente non solo ne paga assai poche ma è anche totalmente a carico della collettività a partire dalla spesa sanitaria», osserva Brambilla evidenziando che «i redditi sopra i 35mila euro lordi l’anno non beneficiano se non marginalmente di bonus, sgravi e agevolazioni e che hanno pochi vantaggi anche dall’Assegno unico».
«È importante non tradire il ceto medio: tassarlo oltre quanto già non si faccia, proprio ora che inizia a rinfoltirsi, potrebbe avere effetti recessivi sull’intera dinamica», ha commentato Stefano Cuzzilla, presidente Cida.