Il presidente della Repubblica, durante il suo intervento alla Biennale dell’economia cooperativa di Legacoop, ha affermato: “Non ci sono più parole adeguate per esprimere allarme e angoscia”
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Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è arrivato oggi a Palazzo Re Enzo, a Bologna, per inaugurare la Biennale dell’Economia Cooperativa organizzata da Legacoop. Prima aveva voluto incontrare i genitori e il fratello di Simone Farinelli, il giovane morto a Pianoro durante l’alluvione dei giorni scorsi, poi ha la presidente facente funzione dell’Emilia-Romagna Irene Priolo e il sindaco di Bologna Matteo Lepore, per informarsi sulla situazione e dei danni causati dal maltempo. Al suo arrivo a Palazzo Re Enzo, il capo dello Stato è stato accolto in Piazza del Nettuno dal presidente di Legacoop, Simone Gamberini. Entrando nel Salone del Podestà, Mattarella è stato salutato con un lungo applauso dai cooperatori e dalle autorità presenti.
La solidarietà alle vittime dell’alluvione e dell’incidente sul salvoro
Durante il suo intervento, Mattarella ha espresso la sua solidarietà per le recenti tragedie che hanno colpito la città di Bologna, in particolare “ai familiari della vittima dell’alluvione e del gravissimo incidente mortale di ieri, ai feriti e alle famiglie che stanno soffrendo le conseguenze del maltempo e di questa ennesima tragedia sul lavoro. Non ci sono più parole adeguate per esprimere allarme e angoscia”. Affrontando poi il tema delle alluvioni, il presidente ha evidenziato come questi eventi estremi siano la conseguenza dei cambiamenti climatici e delle trasformazioni ambientali avvenute negli ultimi decenni. “Le alluvioni colpiscono queste terre con una frequenza e un’intensità senza precedenti”, ha affermato, aggiungendo la necessità di un “impegno straordinario” da parte di istituzioni, società civile e imprese per adottare misure di salvaguardia.
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“La nostra è una Costituzione antifascista”
Mattarella ha inoltre voluto ribadire i valori fondamentali della Costituzione italiana, definendola “antifascista” e radicata nella lotta di Liberazione, matrice della libertà e della democrazia, parole che sono state seguite da un lungo applauso. Ha richiamato l’attenzione sull’importanza del lavoro e dell’autonomia locale, definendo la Carta costituzionale come “lavorista, personalista e autonomista”. Infine, il presidente ha lanciato una riflessione sul ruolo della cooperazione nell’economia contemporanea, sottolineando che essa deve essere “più di un pungolo di qualità” per il sistema economico e sociale. Ha esortato il mondo cooperativo a puntare su innovazione, coraggio e intelligenza per affrontare le sfide della modernità, ricordando che “molte modalità del passato sono difficilmente ripetibili” in un contesto globale che evolve rapidamente.
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“Da Carta spazio per ‘terzo genere’ di impresa”
Tornando sulla Costituzione, Mattarella ha spiegato: “I Costituenti affermarono una visione pluralista del sistema economico, respingendo la classica dicotomia impresa privata-impresa pubblica, per aprire alla diffusione del potere economico. Non a caso lo stesso art. 45, al secondo comma, si occupa delle imprese artigiane. L’esperienza dei decenni che sono alle nostre spalle ci dice che la visione della cooperazione come impresa residuale – sostanzialmente supporto a economie deboli, ad aree fragili – ha lasciato il posto a un ‘terzo genere’ di impresa fra privata e pubblica, suscettibile di operare – l’Europa lo dimostra – a ogni livello di potenzialità economica”. Il presidente ha poi ribadito: “Cos’è l’economia se non l’organizzazione della risposta ai bisogni della comunità? A cosa servirebbe, diversamente? All’impresa cooperativa la Repubblica indica un fine: l’utilità sociale. All’impresa privata (art. 41), l’utilità sociale è posta come limite: non può essere in contrasto con essa. La disciplina dell’attività economica trova declinazione negli articoli da 41 a 46 della Costituzione. Art. 41: l’iniziativa economica libera come parte essenziale delle libertà. Art. 42: la funzione sociale della proprietà privata. Art. 43: servizi pubblici essenziali, fonti di energia, situazioni di monopolio: diritto dello Stato di trasferirle – ‘a fini di utilità generale’ – a se stesso, oppure ‘a comunità di lavoratori o utenti’. Art. 44: razionale sfruttamento del suolo ed equi rapporti sociali in agricoltura. Art. 46: diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende. Non è questa, la descrizione puntuale di quel che vogliono essere le cooperative? Di ciò cui ambisce il mondo della cooperazione? Certo, molta strada rimane ancora da fare, ma la direzione del cammino è inequivocabile”.
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“La cooperazione parte qualificante di modello sociale”
“La cooperazione, l’impresa solidale, l’economia civile, sono parti qualificanti del nostro modello sociale, fattori di rilievo della ricchezza nazionale per i beni che producono e per il lavoro che offrono”, ha proseguito il Capo dello Stato. “Con lungimiranza la Costituzione – con l’articolo 45 – diede valore a ciò che già apparteneva alla storia del nostro Paese: ‘La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata”. Poi ha specificato: “‘Riconosce’ significa identificare qualcosa che già esiste. Il valore di uomini e donne che, insieme, hanno voluto costruire una componente dell’Italia, mettendo in comune le loro attitudini professionali, il loro lavoro, per corrispondere a bisogni presenti nella società. Mantenere dignitosamente le proprie famiglie, combattendo la disoccupazione e la sottoccupazione, con le cooperative di produzione e lavoro, con quelle agricole. Permettere la acquisizione di beni di consumo al di fuori di logiche speculative e di accaparramento in tempi difficili. Promuovere il risparmio e porlo a disposizione della crescita delle comunità”.
“Costituenti ribadirono improtanza della cooperazione”
“I costituenti – ha continuato nel suo intervento il presidente della Repubblica – non si limitarono a ribadire ruolo e importanza della cooperazione nella costruzione di una democrazia economica. Attribuirono alle istituzioni e alle politiche pubbliche il compito di promuovere e favorire il suo ‘incremento’ e, al tempo stesso, di assicurarne ‘con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità’. Sin dal dibattito nella commissione dei 75, incaricata di elaborare il testo della nuova Carta, questi tre elementi sono stati legati con un filo robusto. Un emendamento presentato il 25 gennaio del 1947 da Emilio Canevari, presidente della Lega nazionale cooperative e mutue, e firmato anche da Togliatti e Aldo Moro, da Mortati, Lussu, Lina Merlin, aprì la strada a quello che poi sarebbe diventato l’articolo 45”.