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Confindustria lancia l’allarme: “L’auto crolla, crescita a rischio”


«Il crollo del settore dell’auto, tornato circa al livello di produzione di inizio 2013, data la sua rilevanza, mette a rischio la crescita italiana sia di breve che di medio-lungo periodo: -26,1% la produzione a luglio 2024 rispetto a luglio 2023 contro il -3,8% della produzione industriale totale». È quanto emerge dal rapporto previsionale d’autunno del Centro studi Confindustria presentato ieri a Roma. Nel comparto autoveicoli propriamente detti, si legge nel testo, il calo è ancora più profondo (-34,7%). «Il settore è troppo rilevante per l’economia italiana ed europea» per essere abbandonato a se stesso, rileva il CsC. Solo il settore core rappresenta il 13% del fatturato manifatturiero europeo, il 6,3% della produzione manifatturiera italiana, un valore aggiunto di 15 miliardi e 170mila occupati in Italia. E senza contare tutto l’indotto domestico generato (con il quale il settore pesa il 5,6% del valore aggiunto complessivo secondo Anfia).

E come se non bastassero mai le cattive notizie, ieri l’Acea, l’associazione dei costruttori europei, ha reso noto che nel mese di settembre in Europa sono state immatricolate complessivamente 1.118.083 vetture, segnando un calo del 4,2% rispetto alle allo stesso mese del 2023. La flessione è stata influenzata dal calo delle immatricolazioni di auto diesel (-23,8% a 93.304 unità) e benzina (-18,8% a 329.207 unità), quando le auto 100% elettriche hanno segnato una crescita del 13,9% a 213.443 unità. Nel periodo gennaio-settembre 2024, le immatricolazioni sono state 9.779.605, con una crescita annua dell’1%. Nella sola Ue a settembre le immatricolazioni sono state 809.163, in calo del 6,1% su anno. A soffrire in particolare è Stellantis che ha settembre ha registrato un calo del 26% su anno a poco più di 148mila immatricolazioni, con una quota di mercato scesa al 13,2% dal 17,2%. Stellantis si conferma secondo gruppo in Europa, alle spalle di Volkswagen (+1% le immatricolazioni a 288.459 unità e quota di mercato salita al 25,8% dal 24,5%). Molto male Fiat (-43,7% a 19.825) e Jeep (-9,9% a 10.795).

Per il CsC, la crisi del comparto auto, seppur legata alla debolezza della domanda, non è solo congiunturale (è aumentato, sebbene di poco, l’import di autoveicoli in Italia del +2,0% tendenziale). In Europa nel 2023 l’automobile elettrica più economica sul mercato era del 92% più costosa del corrispettivo più economico a combustione interna, a causa delle batterie, che incidono circa per il 40% sul totale dei costi. Prendendo a riferimento due motorizzazioni alternative di una stessa automobile di piccola taglia, su un arco di tempo di 10 anni, includendo tutti i costi, passare all’auto elettrica comporta un aggravio di spesa per un automobilista italiano pari a circa 5.700 euro, il 15% in più. Senza contare gli stop-and-go cui si è costretti per le ricariche.

Si tratta di un vero peccato su cui il CsC invita a riflettere. Anche perché la crescita sta rallentando. Secondo il rapporto, l’economia italiana è destinata a crescere dello 0,8% quest’anno e dello 0,9% nel 2025. Si tratta di una revisione al ribasso rispetto alle precedenti stime (+0,9% e +1,1% rispettivamente).

Ecco perché il vicepresidente Confindustria, Lucia Aleotti, ha spiegato che «le decisioni dell’Ue non possono ignorare le conseguenze che generano sulle imprese. La crisi dell’auto è generata in parte del green deal ma anche da politiche che hanno dimenticato il mercato».


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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