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Fare il sindaco di Riace si sta rivelando una missione impossibile. Mimmo Lucano, protagonista di una lunga vicenda giudiziaria per la gestione dei migranti, oggi europarlamentare e primo cittadino di quello che in tutto il mondo è conosciuto come borgo dell’accoglienza, è costretto a fare i conti con la legge Severino.
Sindacatura a rischio
La recente pronuncia della Cassazione, che ha confermato la sua condanna a 18 mesi con pena sospesa per falso (una determina per una richiesta di rimborso mai pagato), rendendo definitiva l’assoluzione disposta nel 2023 dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria per tutti i reati riferiti alla gestione dell’accoglienza, mette però a rischio la sua sindacatura.
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La decadenza secondo la legge Severino
La Prefettura sarebbe pronta a determinare la decadenza di Lucano richiamando il comma 1 dell’articolo 10 della legge 190 del 2012, che alla lettera d) specifica: «Non possono ricoprire la carica di sindaco coloro che hanno riportato una condanna definitiva a più di sei mesi di reclusione per delitti commessi con abuso di potere o violazione dei doveri della pubblica funzione». Un’aggravante, però, che non è mai stata contestata a Lucano.
L’avvertimento della Prefettura
Non c’è ancora nulla di ufficiale, ma «il segretario comunale ha ricevuto una telefonata da un dirigente – racconta Lucano – che chiedeva un indirizzo di posta elettronica per inviare degli atti». Un avvertimento? Il dirigente in questione è il viceprefetto Francesco Campolo, proprio quel funzionario che, nel 2017, dopo un sopralluogo a Riace, firmò con i colleghi Pasquale Crupi, Alessandra Barbaro e Maria Carmela Marazzita, una suggestiva relazione per elogiare il sistema dell’accoglienza creato da Mimmo Lucano. Poi, tutto si è ribaltato drammaticamente e il modello Riace che, in quegli anni, faceva scuola in Europa, è stato criminalizzato, alla stregua di un’associazione a delinquere.
Cassazione, sussistente il falso per una determina
Ma la recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione conferma «la demolizione totale di un impianto accusatorio insussistente, accertando la liceità dell’operato di Lucano – spiega con accuratezza l’avvocato difensore Andrea Daqua -. Lucano ha agito esclusivamente per fini benevoli e senza appropriarsi di un centesimo. La Cassazione ha ritenuto sussistente soltanto la residuale ipotesi di falso riguardante una determina su cinquantacinque, per la richiesta di un rimborso mai erogato. Un fatto quindi privo di incidenza, conseguenza o effetto pratico, visto che Lucano è stato completamente assolto dal reato di truffa a cui quella determina si riferiva. Si tratta, insomma, di una assoluzione ampiamente liberatoria».