«È il 25 giugno 1945 quando un gruppo di imprenditori raggiunge il notaio Augusto Bernasconi De Luca, nella sala delle adunanze in via Mercanti al numero 3, a Milano, per dare vita ad Assolombarda. Inizia così il racconto di Antonio Calabrò, Presidente di Fondazione Assolombarda e di Museimpresa, mentre sfoglia le pagine del volume Insieme. Assolombarda. La nostra storia. «È da qui che comincia una lunga stagione fatta di investimenti, trasformazioni e attività d’impresa che guideranno, in quegli anni, la ripresa italiana in un percorso tale da ribattezzare il boom economico come miracolo».
Qual è la ricetta che ha reso il territorio di Assolombarda, in questi anni, un faro per l’intero Paese.
«Il territorio rappresentato da Assolombarda, che trova in Milano il suo centro nevralgico, è la sintesi di storie, culture e tradizioni diverse: penso, in particolare, alla presenza di una industria di spessore, alle grandi banche, a una editoria capace di radicarsi a livello nazionale, alle più importanti testate giornalistiche italiane, al ruolo di celebri teatri, come la Scala, il Piccolo e il Teatro Parenti. Mondi che, nell’ambito di una città multiculturale, hanno dato vita a forme e a dinamiche d’impresa uniche nel loro genere. Anche l’industria, in tal senso, si è rivelata, negli anni, aggregatrice di conoscenze e creatività».
Cultura, scienza e tecnologia, insomma, camminano di pari passo.
«Mi permetta una provocazione: questo territorio unisce I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni e il Codice Atlantico di Leonardo da Vinci: letteratura e scienza. Una peculiarità che, di fatto, scongiura la propagazione di culture unidirezionali. Milano è, da sempre, in grado di guardarsi dentro: una capacità, anche autocritica, che le consente di cogliere in anticipo le grandi trasformazioni sociali ed economiche in atto e di reagire, prontamente, adattandosi ai tempi».
Il volume, oltre a raccontare la storia di Assolombarda, contiene anche i contributi di personalità del mondo dell’università, della cultura e delle istituzioni.
«Sono personaggi che, attraverso i rispettivi osservatori, rappresentano dimensioni che, dall’esterno, parlano direttamente alle nostre sensibilità. Il perché è presto detto: le nostre imprese sono promotrici di una cultura politecnica che coniuga bellezza, qualità, sostenibilità, conoscenza scientifica e tecnologia, solidarietà, inclusione sociale e produttività. Elementi che sono distintivi anche di Milano, dei quali la città riesce a fare sintesi. Mi contraddico? Certo che mi contraddico! Sono vasto, contengo moltitudini, scrive Walt Whitman’. Ecco, Milano è territorio di moltitudini».
Quali sono, invece, i tratti attuali dell’impresa del territorio rappresentato da Assolombarda?
«La nostra impresa è sempre connotata dall’apertura al futuro: è sostenibile, non arretra di fronte alle nuove sfide, è pronta all’adozione di nuove tecnologie, cammina e opera anche dentro le contraddizioni e i conflitti.
È l’anima dello sviluppo industriale dell’intero Paese: ha, infatti, interpretato la celebre citazione del compositore Gustav Mahler: La tradizione non è culto delle ceneri, ma custodia del fuoco. Fare memoria, per la nostra impresa, non significa vivere di passato e nostalgia ma, al contrario, alimentare quelle tensioni e passioni che l’hanno mossa a beneficio della collettività e delle nuove generazioni».