Poste riporta in Italia il controllo di Tim. Nel breve volgere di un mese si è chiuso il cerchio di una contesta che si trascinava da anni. L’accordo stretto con Vivendi permette al gruppo guidato da Matteo Del Fante di rilevare il 15% di Tim, diventando primo azionista a ridosso del 25%. Come anticipato da Il Giornale lo scorso 21 marzo, il gruppo che fa capo a Vincent Bolloré ha proceduto in tempi rapidi alla cessione a rate di quasi l’intera quota detenuta in Tim. I francesi hanno infatti in prima battuta venduto sul mercato il 5% circa della partecipazione, passando dal 23,75% al 18,3, per poi accordarsi ieri con Poste Italiane per il passaggio di consegne di un maxi-pacchetto del 15 percento.
L’operazione, che ha visto Del Fante muoversi in prima linea nei negoziati insieme al direttore generale Giuseppe Lasco, è andata in porto dopo aver ottenuto mercoledì scorso il via libera da parte del consiglio di amministrazione del gruppo che fa capo al tandem statale Cdp-Tesoro. Passa così da Vivendi a Poste il 15% del totale delle azioni ordinarie Tim, che equivale al 10,77% del capitale sociale del gruppo tlc(che conta anche titoli di risparmio). Il perfezionamento del passaggio di consegne è atteso entro il primo semestre dell’anno: Poste già azionista con il 9,81% acquisito lo scorso mese da Cassa Depositi e Prestiti arriverà a controllare il 24,81% della tlc guidata da Pietro Labriola, pari al 17,81% del capitale sociale, divenendone il maggiore azionista. Poste ha precisato che non intende acquisire una partecipazione superiore alla soglia rilevante ai fini della disciplina sulle offerte pubbliche di acquisto obbligatorie, pertanto si fermerà sotto la soglia del 25 percento.
Il corrispettivo pattuito per il pacchetto azionario è di 684 milioni, interamente finanziato mediante cassa disponibile. Vivendi strappa un prezzo unitario di 0,2975 euro per azione (inferiore rispetto agli 0,3126 euro a cui venerdì il titolo Tim ha chiuso le contrattazioni). Al completamento dell’operazione con Poste, che si verificherà dopo la notifica all’Antitrust, i transalpini deterranno il 2,51% delle azioni ordinarie e dei diritti di voto.
È quindi ai titoli di coda l’avventura italiana di Vivendi, che aveva più volte manifestato l’intenzione di vendere la sua partecipazione «a condizioni finanziarie favorevoli». A ben vedere i francesi alla fine «svendono» Tim un prezzo ben più basso rispetto ai 0,505 euro rifiutati poco più di tre anni fa nell’Opa prospettata dal fondo Kkr. Bollorè, che mise piede nell’ex Telecom per la prima volta nel 2015, ne esce con le ossa rotte considerando che entrò a valori più che tripli rispetto a quelli a cui sta liquidando le quote.
Dal canto suo Poste Italiane ha spiegato che quello in Tim è un investimento di natura strategica realizzato con l’obiettivo di svolgere un ruolo di azionista industriale di lungo periodo «che possa favorire la creazione di sinergie tra Poste Italiane e Tim, nonché apportare valore aggiunto per tutti gli stakeholder, oltreché promuovere il consolidamento del mercato delle telecomunicazioni in Italia». Tra le prime mosse in agenda c’è la fornitura di servizi per l’accesso di Postepay all’infrastruttura di rete mobile di Tim da inizio 2026.
Inoltre, Poste riferisce che sono in corso valutazioni per l’avvio di partnership industriali «volte a valorizzare le molteplici opportunità per la realizzazione di sinergie tra le due aziende» nei settori della telefonia, dei servizi ICT e dei contenuti media, dei servizi finanziari, assicurativi e dei pagamenti e dell’energia.