Il conto alla rovescia è partito: nel 2027 l’età per la pensione di vecchiaia dovrebbe salire a 67 anni e 3 mesi, ma il governo è pronto a mettere in pausa il meccanismo automatico che lega l’uscita dal lavoro all’aspettativa di vita. Una scelta che promette di diventare il cuore caldo della prossima legge di bilancio. Ecco tutto ciò che c’è da sapere.
L’aumento
Stando alle più recenti stime dell’Istat, nel biennio 2027-2028 l’età per la pensione di vecchiaia dovrebbe passare da 67 anni a 67 anni e 3 mesi, in linea con il previsto aumento della speranza di vita. A cambiare sarebbero anche i requisiti per l’anticipo pensionistico: per gli uomini si salirebbe da 42 anni e 10 mesi a 43 anni e 1 mese di contributi, mentre per le donne da 41 anni e 10 mesi a 42 anni e 1 mese. Questo meccanismo di adeguamento automatico, pensato per compensare gli effetti dell’invecchiamento della popolazione e mantenere in equilibrio il rapporto tra lavoratori e pensionati, è ormai da tempo nel mirino della politica.
Governo verso il congelamento
Secondo indiscrezioni vicine al Ministero dell’Economia, l’esecutivo guidato da – anche sotto la spinta della Lega – starebbe valutando seriamente la possibilità di sospendere l’aumento previsto per il 2027. L’obiettivo è duplice: evitare ulteriori irrigidimenti in un’economia ancora fragile e dare una risposta concreta al crescente malcontento sociale, in particolare tra chi teme di non raggiungere mai i requisiti per andare in pensione, a causa di carriere instabili e precarie. Se la misura sarà confermata, troverà spazio nella legge di bilancio d’autunno. Tuttavia, resta da capire se lo stop sarà totale o se si opterà per un congelamento parziale.
L’allarme dell’Ufficio parlamentare di bilancio
A frenare l’entusiasmo per una possibile sospensione interviene l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), che mette in guardia dai rischi connessi a interventi estemporanei. La presidente Lilia Cavallari, durante un’audizione parlamentare, ha ribadito che mantenere il legame tra età pensionabile e aspettativa di vita è cruciale per la stabilità del sistema nel lungo periodo. In particolare, ha sottolineato l’importanza di contenere l’indice di dipendenza – ovvero il rapporto tra pensionati e lavoratori – per evitare squilibri futuri nei conti pubblici.
Secondo Cavallari, scelte occasionali e poco trasparenti alimentano l’incertezza e possono compromettere la fiducia nel sistema previdenziale. Inoltre, pensioni troppo basse potrebbero tradursi in un maggiore ricorso all’assistenza sociale, con ulteriori costi per lo Stato.