«Il controllo di Mediobanca è raggiungibile con il 35% delle azioni, ma sono fiducioso che l’offerta ci porterà oltre al 66%» e se la scalata andrà a segno, «Alberto Nagel non sarà più il ceo della banca di piazzetta Cuccia». È chiara la risposta data ieri mattina dall’ad del Monte dei Paschi, Luigi Lovaglio, alla giornalista di Bloomberg Tv che lo ha ospitato negli studi di Londra, dove è volato in questi giorni per incontrare gli investitori. L’uscita del top manager milanese viene, dunque, anticipata in modo esplicito da Lovaglio che, senza citarlo direttamente per nome, ha detto: «Sta mostrando di non essere interessato al progetto. L’ho chiamato e non mi ha risposto al telefono, quindi penso che dovremo guardare a un nuovo ceo e sarà una persona brillante, di livello internazionale, che farà tutto il suo meglio per mantenere e motivare tutto il personale attuale e attrarre i talenti». L’ad del Monte ha comunque assicurato che il nome Mediobanca «resterà perché è uno dei valori in cui crediamo, è un forte valore. Uno dei punti del progetto è che lo stiamo costruendo su due brand, Montepaschi e Mediobanca, con la qualità e le eccellenze che sono in entrambi gli istituti», ha aggiunto. Verranno mantenuti anche i marchi Compass e Mediobanca Premier, si tratta, infatti, di «una combinazione di due realtà e non di una fusione» e in questo senso, «l’aspetto più difficile in operazioni di questo tipo è conciliare due diverse culture», sostiene Lovaglio. Quanto al ruolo dei grandi azionisti privati di Mps come il gruppo Caltagirone e Delfin, Lovaglio ha sottolineato che «sono stati di supporto sin dall’inizio» dell’operazione, «ma mi hanno lasciato decidere tutto, non ho avvertito alcuna interferenza nelle mie attività».
Il banchiere ha poi detto che se all’inizio, a gennaio, la discussione era sul perché fare l’operazione, e su quale era la logica industriale, «adesso è: cosa succede dopo settembre, quando inizierete ad avere il controllo di Mediobanca?». L’Ops partita il 14 luglio si concluderà l’8 settembre, «quindi ora è un dialogo molto più proattivo», ha aggiunto riferendosi agli investitori istituzionali e rispondendo a una domanda sull’obiettivo del roadshow londinese.
«Penso che il razionale sia piuttosto semplice, ovvero creare molto valore per tutti gli stakeholder. E con questo intendo dire: per i clienti, perché stiamo ampliando la proposta di valore; per i dipendenti, perché sarebbe un posto fantastico per sviluppare il loro potenziale; per l’economia, perché sosterremo le aziende nella loro crescita», ha poi spiegato l’ad dell’istituto senese ai microfoni di Bloomberg. «Ma soprattutto per gli azionisti, in quanto sarebbe un deal fantastico, li stiamo ricompensando con un dividendo del 100% mantenendo al contempo una posizione forte in termini di capitale per ulteriori potenziali ricompense». D’altronde, «se una crescita dei dividendi a doppia cifra è mancanza di valore, penso proprio che dovremmo andare a rivedere aritmeticamente qual è il significato di doppia cifra».
La grande sfida sarà ottenere la fiducia del team di Mediobanca, «e per farlo è chiaro che molto dipenderà dal nuovo ceo, sono fiducioso che sarà una persona eccellente e che saprà fidelizzare le persone che lo circondano», ha ribadito Lovaglio. Che non ha, però, ancora un nome in mente.
Intanto, fonti vicine a Mediobanca ribadiscono la posizione già
comunicata da Nagel nella call con gli analisti di lunedì e ribattono che la scelta di fissare la soglia minima di adesione al 35% non sarebbe sufficiente a garantire un controllo di fatto dell’istituto di Piazzetta Cuccia.