Il giro d’affari delle agromafie ha raggiunto la cifra record di 25,2 miliardi di euro, raddoppiando nel giro di un decennio e recuperando rapidamente le perdite causate dalla pandemia. È quanto emerge dall’ottavo Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia, presentato a Roma da Coldiretti, Eurispes e Fondazione Osservatorio Agromafie. Un fenomeno che si è esteso a nuovi ambiti, coinvolgendo non solo il caporalato e le frodi alimentari, ma anche logistica, cybercrime, appropriazione indebita di terreni agricoli e fondi pubblici.
Il settore agroalimentare, uno dei più strategici dell’economia italiana, è diventato terreno fertile per le mafie, che puntano al controllo della filiera dal campo alla tavola. «Molte aziende agricole, pur operando nel contesto del successo del Made in Italy, faticano a sostenere l’aumento dei costi, la riduzione delle rese, i prezzi imposti dalla Gdo e la difficoltà di accesso al credito», ha denunciato Gian Maria Fara, presidente di Eurispes. «Le mafie, grazie alla loro liquidità, offrono prestiti usurari o acquistano aziende agricole in difficoltà, seguendo un modello simile al land grabbing (l’accaparramento di terreni come forma di investimento; ndr)», ha aggiunto.
Coldiretti ha messo in evidenza il ruolo fondamentale del nuovo ddl promosso dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che introduce nel codice penale un intero titolo dedicato ai reati contro il patrimonio agroalimentare, tra cui il reato di agropirateria. «Finalmente si fornisce una risposta penale organica al crimine agroalimentare, con sanzioni proporzionate al fatturato aziendale e misure a tutela di Dop e Igp», si legge nel rapporto.
«Se i consumatori comprano prodotti a prezzi stracciati, quel sottocosto qualcuno lo paga e sono quasi sempre gli agricoltori e i lavoratori agricoli», ha affermato Vincenzo Gesmundo, segretario generale di Coldiretti. «È fondamentale che il Parlamento approvi rapidamente questa legge, superando le resistenze di pezzi della grande industria e della Gdo», ha proseguito.
Il presidente di Coldiretti Ettore Prandini (in foto) ha ribadito il ruolo della Confederazione nella lotta alle agromafie. «Siamo stati i primi a sostenere con forza la legge sul caporalato e continuiamo a denunciare lo sfruttamento in ogni parte del mondo. L’Europa deve adottare il modello italiano di controlli», ha dichiarato.
Il rapporto denuncia anche l’emergere del caporalato transnazionale, con lavoratori
reclutati attraverso canali illeciti tra Italia e Paesi extra-Ue, spesso tramite cooperative fittizie, le cosiddette «imprese senza terra», che garantiscono manodopera a basso costo con salari ridotti fino al 40 per cento.