Tutto come previsto: i manager delle Generali, appoggiati dalla Mediobanca di Alberto Nagel, vincono il primo round sulla governance del Leone. Ieri a Trieste il 52,38% dei presenti in assemblea ha votato la lista di maggioranza per il nuovo cda presentata dall’istituto di Piazzetta Cuccia confermando così per il prossimo triennio il tandem al vertice, ovvero il ceo Philippe Donnet e il presidente Andrea Sironi. Nel nuovo board, su 13 membri 10 vanno al fronte manager-Mediobanca e 3 restano in quota Caltagirone, con la conferma di Flavio Cattaneo, Marina Brogi e il nuovo ingresso dell’ad di Acea, Fabrizio Palermo.
Al Convention center delle Generali si sono presentati oltre 650 azionisti e a votare è stato il 68,7% del capitale. L’elenco di candidati presentato da Francesco Gaetano Caltagirone ha ottenuto il 36,8% delle preferenze, quello di Assogestioni il 3,67% , mentre si è astenuto il 7% dei presenti, una percentuale in gran parte attribuibile alla famiglia Benetton. Considerando il totale del capitale sociale, Mediobanca (primo azionista con il 13%) ha preso il 36%, Caltagirone il 25,3% e la lista Assogestioni il 2,5%. Chi ha appoggiato la lista dell’imprenditore romano? Al suo 6,82% si è affiancato il 9,93% di Delfin, l’1,9% di Fondazione Crt (come invito a riprendere il confronto tra soci rilevanti con un livello più ampio di condivisione) e anche Unicredit che a sorpresa si è presentato in assemblea con il 6,51% (cui va aggiunto un altro 0,19% in capo a una partecipata che però ieri non è stato depositato).
Fonti vicine al gruppo Caltagirone fanno notare che nel 2022 la lista del cda aveva raggiunto il 39,6% del capitale sociale, mentre ieri Mediobanca ha ottenuto il 36%. Tre anni fa Caltagirone aveva ottenuto il 29,5% e adesso, senza aver portato avanti una campagna di voto, è riuscito a mantenere una quota intorno al 28-30 per cento.
Sin qui la cronaca. Vanno però analizzate le singole mosse. A cominciare da quella del ceo di Unicredit, AndreaOrcel, sembra scommettere sul secondo tempo della partita sul Leone che si giocherà solo dopo i risultati dell’Ops lanciata dal Monte dei Paschi su Mediobanca. Secondo fonti di mercato, più che un tentativo di lanciare un messaggio al governo per ottenere un Golden Power più morbido sul Banco Bpm, dietro alla mossa di ieri a sostegno di Caltagirone ci sarebbe la volontà di cambiamento a livello manageriale per le Generali e anche il fatto che l’operazione Natixis su cui potrebbe intervenire il Mef con i poteri speciali – non è visto dall’istituto guidato da Orcel come un deal che vale la pena di portare avanti. Di certo, dopo il voto di ieri la partecipazione in Generali di Unicredit non può essere più considerata solo finanziaria ma assume anche una valenza decisamente industriale e strategica. In questo primo round saltano però all’occhio altri due dettagli: il primo è l’astensione della holding Edizione dei Benetton, al 4,8% del capitale, che nel giro precedente aveva invece appoggiato la lista di Caltagirone (come aveva fatto anche Fondazione Crt). Il secondo è il risultato di Assogestioni che non ha consentito di ottenere posti in consiglio perché la lista proposta dal comitato dei gestori ha ricevuto solo il 3,67% dei voti del capitale presente in assemblea (il 2,5% del capitale totale) e non ha quindi superato lo sbarramento del 5 per cento. Segno che gran parte del voto degli investitori istituzionali è finito sulla lista di Mediobanca.
Al termine dell’assemblea, l’ad Donnet si è presentato soddisfatto davanti ai giornalisti. «Era una scelta di visione sul futuro del gruppo, o come public company o controllato da un paio di soci. Non era un referendum sulla joint venture con Natixis e se lo fosse stato, sarebbe stato vinto.
Sono pronto a spiegare la bontà di questa operazione a tutti gli stakeholder. Sono fiducioso di poterlo fare anche con il governo». Quali saranno le conseguenze dell’offerta del Monte dei Paschi su Mediobanca? «Vediamo le cose un giorno dopo l’altro», ha risposto.