In un mondo segnato da tensioni geopolitiche, transizione ecologica accelerata e competizione sulle risorse, l’energia torna prepotentemente al centro del dibattito pubblico. Non solo come bene primario, ma come chiave strategica per il futuro. È in questo contesto che nasce la ricerca “Italia: energia sicura?”, realizzata da Gpf Inspiring Research per il Festival dell’Energia, che si svolge da giovedì 29 a sabato a Lecce, con l’obiettivo di indagare come i cittadini percepiscano la sicurezza energetica oggi.
Percezione diffusa di incertezza, ma conoscenze fragili
I dati, raccolti tra il 30 aprile e il 5 maggio 2025 su un campione rappresentativo di 2.000 italiani, restituiscono un quadro complesso: il 91,8% degli intervistati percepisce l’attuale momento storico come incerto, e l’84,4% si dichiara sensibile alla sicurezza energetica. Tuttavia, solo il 23,8% afferma di conoscerne bene i meccanismi. A preoccupare maggiormente è la dipendenza dall’estero, percepita come il principale rischio per la sicurezza energetica nazionale, anche se spesso sottovalutata nella sua reale entità. Non stupisce quindi che il 42,9% degli italiani ritenga plausibile un blackout, pur considerandolo inaccettabile nel 2025 (72,4%).
Tra fiducia nel pubblico e contraddizioni quotidiane
Il 32,4% teme che i costi dell’energia possano diventare proibitivi, ma una larga maggioranza (67,6%) si affida comunque all’intervento statale per contenerli. Questa fiducia nel pubblico si accompagna, però, a una scarsa disponibilità a modificare le proprie abitudini: molti italiani sostengono a parole la necessità di ridurre i consumi, ma pochi sembrano pronti a farlo davvero. “C’è una frattura tra paura e conoscenza. La sensibilità è alta, ma spesso emotiva. Serve educazione energetica”, osserva Carlo Berruti, direttore scientifico di Gpf Research.
Apertura verso nucleare e fossili: i giovani più ricettivi
Uno dei dati più sorprendenti riguarda il nucleare. Ben il 58,4% degli italiani si dichiara favorevole a reinvestire in questa tecnologia, con punte del 62,3% tra gli under 35. Anche le fonti fossili trovano una certa accettazione: il 75,2% si dice favorevole allo sfruttamento dei giacimenti italiani, purché nel rispetto dell’ambiente. Il fenomeno Nimby (“Not In My Backyard”) appare in calo tra i giovani: il 38,8% degli italiani accetterebbe un impianto vicino casa, una percentuale che sale proprio tra gli under 35. Al contrario, gli over 65 restano più restii sia sul nucleare sia sull’accoglienza di nuove infrastrutture sul territorio.
Disinformazione sul mix energetico e sulle fonti domestiche
La ricerca evidenzia una forte confusione su dati e concetti chiave. Molti italiani sovrastimano il peso dell’elettricità nei consumi energetici complessivi, stimandolo oltre il 50% quando in realtà è intorno al 20%. Solo il 16,7% fornisce una stima corretta delle rinnovabili utilizzate in casa propria. Oltre la metà degli intervistati non sa da dove provenga l’energia che consuma quotidianamente. “L’energia non è solo un tema tecnico. È sempre più una materia di opinione pubblica, che influenza le scelte democratiche”, sottolinea Alessandro Beulcke, presidente del Festival dell’Energia. “Dobbiamo promuovere un’informazione consapevole e autorevole.”
Relazioni internazionali e compromessi etici
Il 90,2% del campione ritiene fondamentale mantenere buoni rapporti con i Paesi fornitori per assicurare continuità e prezzi sostenibili. Tuttavia, solo un quarto (25,8%) sarebbe disposto a farlo a qualsiasi costo, anche a discapito di principi etici.
Un patrimonio utile per le politiche del futuro
I risultati completi della ricerca saranno presentati domani al Teatro Apollo di Lecce, in occasione dell’inaugurazione del Festival dell’Energia, alla presenza del ministro dell’Ambiente Energetica Gilberto Pichetto Fratin e del presidente di Arera Stefano Besseghini.
“La sicurezza energetica riguarda tutti noi, non solo gli addetti ai lavori. Questa indagine offre una base preziosa per orientare politiche pubbliche, investimenti e scelte quotidiane. Dobbiamo trasformare i dati in consapevolezza diffusa”, conclude Beulcke.