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De Meo scuote l’Europa: “Subito una strategia”


Da Imola per il Gran premio di F1, dove ha gareggiato la sua Alpine, all’audizione, ieri, davanti alla Commissione attività produttive della Camera. Tra le interviste a Le Figaro e il Financial Times, con il presidente di Stellantis, John Elkann, e gli impegni sportivi e istituzionali, ultimamente c’è tanta Italia nell’agenda di Luca De Meo, ceo di Renault Group. E per chi già ipotizzava possibili nozze tra le due realtà, la smentita è subito arrivata nei giorni scorsi.

A Roma, il top manager ex Fiat, ha risposto alle domande dei deputati sulla grave situazione del settore automotive in Europa. Cosa fare, dunque? Costi elevati, elettriche al palo, incentivi stoppati, assenza di politica industriale, mercato in rapida evoluzione, nodi Usa e Cina: questi i temi affrontati.

Il primo allarme lanciato riguarda i costi energetici esagerati e la competitività. «Qui in Europa – ha subito rimarcato De Meo – l’elettricità ha un costo doppio rispetto alla Cina e tre volte sugli Usa, i costi di produzione sono superiori del 30% rispetto alla Cina. I nostri concorrenti, inoltre, ricevono aiuti di Stato molto più sostenuti. C’è bisogno di energia a basse emissioni, a prezzi competitivi. Per produrre una R5 in Francia il costo dell’energia è quasi il doppio di quello della manodopera».

Riflessioni che hanno riproposto concetti già espressi nelle recenti interviste con l’amico Elkann, come «l’esigenza di reinventare il concetto di automotive». «Il 2025 – ha ribadito – sarà fondamentale. C’è una finestra di 3-5 anni per reagire alla potenza del sistema cinese». Chiodo fisso di De Meo, anche se un po’ allentato viste le reazioni del mercato, è l’elettrico che però, afferma, «anche se il progresso è in gran parte in quelle alimentazioni a batteria, ora dobbiamo cercarlo pure nelle tecnologie dei motori convenzionali quando questo ha senso. Il nemico non è una tecnologia o un’altra, ma è rappresentato dalla CO2». Il numero uno di Renault Group ha quindi sferzato Bruxelles affinché «torni a occuparsi di una strategia industriale: l’Europa era la culla della nostra industria, di fatto ne ha perso la leadership a favore della Cina».

E ancora: «Si è alle prese con la più profonda trasformazione che il sistema abbia mai dovuto affrontare, tra urgenza della decarbonizzazione, rivoluzione digitale e aumento dei regolamenti sulla sicurezza. Parliamo di 13 milioni di posti di lavoro e dell’8% del Pil europeo. Se perdiamo questa industria ci metteremo dieci anni solamente per compensare questo risultato, con la bilancia commerciale in deficit strutturale».


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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